Capitolo 24 Di un tentativo di fuga e di un bracciale per un'arciera

«Fenice, un dolce prelibato, come tutte le pietanze ordinate al ristorante cinese» Angelo aveva appena terminato la seconda porzione del tiramisù al pistacchio di Julia, una vera squisitezza.

«Mamma cucina divinamente; zia Nives le ha insegnato al monito che gli uomini vanno presi pure per la gola e lei ha deciso di aprire il ristorante Barton» Kate parlava a macchinetta, seduta sullo sgabello della cucina alla fine della cena informale a cui i suoi genitori avevano invitato Warren. Aveva raccontato a Worthington III dei Dameron e degli amici, e dato una lunga spiegazione su ogni foto incorniciata nella sala da pranzo. Lui della vita da studente di matematica in Inghilterra, presunto luogo di provenienza.

«Veramente tua madre mi aveva conquistato da molto prima e per mio conto la sposerei cento volte pure se sapesse preparare solo una tisana» Clint bevve l'ultimo sorso di vino dal suo calice, strizzando l'occhiolino alla moglie. Julia si era appassionata alla cucina quando aveva avuto uno spazio suo, seppure minuscolo nel monolocale dell'inizio della loro convivenza, per dedicarcisi. Cucinavano spesso assieme, provando ricettine e ingredienti nuovi.

«In quelle sono brava, sì» ne avrebbe bevuta volentieri una calmante. L'agitazione della presenza di Angelo si era sommata all'insistenza dell'arciere. Certo che il mutante non fosse lì casualmente e che lo avesse mandato Erik, suo marito l'aveva pregata di usare la telepatia per leggergli nella mente. Lei si era opposta, sperando di trovare una soluzione alternativa per risolvere la questione.

Ora che si trovava a tavola con il giovane era più combattuta che mai. Angelo era intelligente, brillante, colto e simpatico. Molto ben educato, si era mostrato affettuoso in piccoli gesti verso sua figlia per cui mostrava una spiccata e contraccambiata predilezione. Aveva esaminato con attenzione le fotografie, facendo qualche domanda in apparenza casuale anche su Lucky, incontrato molti anni prima nelle Terre Selvagge con l'occhio leso. E il golden retrivier compariva così nelle pose fino ai sei anni di Kate.

«Abbiamo avuto diversi cani della medesima razza e portano tutti lo stesso nome, siamo affezionati» il Falco aveva tagliato corto sulla questione, anche se suonava piuttosto strano che non ci fossero immagini di cuccioli.

Warren aiutò la padrona di casa a sparecchiare, in modo familiare. L'appartamento dei Barton era accogliente, caldo nei toni dell'arredo, ammobiliato con gusto, la famiglia che lo abitava socievole, alla mano.

«Si è fatto tardi, devo proprio andare» passata mezzanotte, il ragazzo si apprestò a lasciarli.

«Scambiamoci i numeri di cellulare per restare in contatto, potremmo vederci prima che tu riparta» Kate era stata naturale e spontanea nel domandarlo; per Worthington III negarglielo diventò difficoltoso «Dammi il tuo, ti faccio uno squillo».

«È davvero tardi, uno strappo all'albergo con la mia jeep?» la Toyota di Julia era parcheggiata nel posto auto sotto il palazzo; si offrì, cercando un momento di confronto da sola con Angelo per capire cosa stava accadendo.

«Sì, mamma, buona idea; potrei accompagnarvi pure io» la figlia non perse l'occasione di farsi avanti.

«No, Kate, direi che la tua serata finisce qui. Scenderai con me a portare fuori Lucky per i bisogni» Clint si impose. Fenice avrebbe potuto tenere a bada Warren con le proprie abilità, lui sciorinare alla figlia la promessa ramanzina sulla sincerità mancata. Affondò, con un'abile punzecchiatura a cui la giovane arciera non poté replicare «Magari passeggiamo fino alla Stark Tower a recuperare il tuo zaino da Morgan e lasciamo le scarpe e il cappotto a zia Pepper».

«Prenderò un taxi, Fenice, non voglio disturbare ancora» Worthington III tentò di allontanarsi. Aveva mangiato la foglia. Julia Green, la mutante più potente della loro specie, possedeva innumerevoli poteri ma non sarebbe stata mai una giocatrice di poker vincente. Le si sarebbe letto in faccia il punto tenuto in mano.

«Insistiamo» il Falco alzò la voce e Angelo mosse verso la finestra che dava sulla strada. Non aveva ancora ripreso il proprio cappotto, appeso nel guardaroba dell'ingresso dell'abitazione. Tolse il maglione beige e la t-shirt che indossava al posto della canottiera in un unico veloce gesto per permettere alle ali di espandersi sulle scapole. Erano molto più grandi dell'ultima volta, la sola, in cui le aveva mostrate alla coppia. L'apertura alare impressionante misurava almeno tre metri di splendide e lucenti piume candide.

Kate lo fissò, turbata dalla situazione per lei poco chiara, e per la particolarissima mutazione; Lucky abbaiò comprensibilmente contro l'uccello.

«Aspetta, no, vogliamo solo parlarti»  viste le intenzioni del biondo, Barton gli gridò contro, sperando di fermarlo.

Mentre il mutante spalancava la portafinestra per uscire sul balcone e buttarsi di sotto, la sua mente si bloccò e, di conseguenza, le sue membra. Provò in cosa consistesse il potere della telepatia di Fenice che lo costrinse, suo malgrado, a ritornare sui propri passi, in senso letterale. Discese sul parquet e camminò all'indietro, le ali rimpicciolirono fino a sparire. Richiuse le ante del finestrone come un automa, si ritrovò seduto sul sofà dei Barton, la testa vuota ovattata da un vortice di forza non doloroso ma fastidioso, una voce che lo tranquillizzava.

Un curioso profumo di fiori si era sprigionato dalla piume bianche, un paio di esse si erano staccate e volano nella stanza in affascinanti spirali. 

«Ora interrompo il condizionamento, Angelo, resta seduto e non ti farò del male. Clint ti ha detto la verità, volevamo soltanto parlarti» Julia aveva usato il verbo passato dato che l'utilizzo dell'abilità le aveva permesso di leggergli parzialmente i pensieri, quantomeno i più recenti.

«Copriti, non sia mai ti venisse il raffreddore» il Falco gli lanciò il maglione raccogliendolo da terra.

Lui lo indossò dopo la maglietta intima rimasta appallottolata al suo interno.

L'Avenger si indirizzò verso il guardaroba, per recuperare il paltò e cercare lo smartphone da cui avrebbe estrapolato possibili informazioni utili. Un controllo si rendeva doveroso anche per verificare la presenza di trasmettitori o applicazioni di geo localizzazione, oltre che di armi.

Nella tasca interna trovò soltanto il cellulare, la carta magnetica della camera di un motel e, inaspettatamente, un bustina da regalo nera con un fiocchetto viola «Cos'è?».

«Nulla che ti riguardi» arrossendo Worthington III si difese; passato il telefono a Julia, Barton fu spronato ad aprire il pacchetto dalla reazione d'imbarazzo unita alle sue parole.

Strappata la parte superiore, il contenitore rivoltato sul palmo della mano svelò un bracciale artigianale unisex con arco e freccia dal sapore medievale, lavorato con un cordino nero e una chiusura a moschettone «E' un'idea che fa centro, grazie, lo apprezzo molto, non dovevi». Il Falco lasciò a bocca aperta il giovane e maggiormente sua figlia, che aveva sperato fosse un regalo a lei destinato.

«Clint, credo sia di Kate» Julia prese il braccialetto dalle dita del marito per passarlo all'arciera, mordendosi il labbro superiore per bloccare la risata che le stava uscendo dalla bocca alla battuta del marito «Mi toccherà comprarne uno uguale per il mio Romeo, Warren, per non sfigurare. È davvero un bell'oggetto». Era un presente che denotava sensibilità e azzeccatissimo, rifletté, toccando l'analogo in plastica nera e bianca che portava da più di diciassette anni.

«L'ho visto in una vetrina, mi è venuta in mente Kate» Angelo voleva aggiungere che era stata un'iniziativa innocente. Ipotizzando di non avere altre successive opportunità di rivederla, glielo avrebbe lasciato a fine serata senza malizia, a suggello del ricordo del loro breve ma significativo incontro. Temporeggiò, consapevole che i Barton non gli avrebbero creduto, dato il pessimo biglietto da visita con cui si era presentato.

«Va bene, biscottina, tieni, devo aver frainteso» Clint usò volutamente il vezzeggiativo della figlia, tenuto celato per tutta la serata al loro ospite, per discrezione.

«Grazie, papà» lei prese il bracciale rigirandolo fra le dita. Lo rimirò nei dettagli e nelle rifiniture, sospirando «È bellissimo». Era il primo regalo che riceveva da un ragazzo, in una circostanza divenuta avversa in pochi minuti. Diffidò della sua sincerità visto il tentativo di fuga e l'atteggiamento dei genitori. Nel momento in cui sua madre si era proposta di accompagnare Angelo, aveva compreso che volesse rimanere da sola con lui per estorcergli delle informazioni, immaginando si trattasse, tuttavia, di notizie diverse da quelle che stava per udire.

«Desiderava davvero regalartelo» Julia intervenne, sedendosi sul divano. Tolse le scarpe eleganti, restando scalza. Le ginocchia rannicchiate sotto il corpo, ritenne di spiegare «Io e tuo padre abbiamo conosciuto Warren molto tempo fa, nelle Terre Selvagge. Lui è Angelo, il bambino che aiutai a liberarsi delle proprie paure del volo». Suo marito lo aveva raccontato a Kate in decine di occasioni ma lei non aveva collegato il nome di battesimo con la storia ascoltata.

«Quindi non è una coincidenza che tu sia qui e che mi abbia avvicinato» l'arciera sprofondò sulla poltrona da lettura di Fenice, avvilita. Non era una domanda ma una certezza.

«Non credo. Ti conviene dirci la verità» il Falco, a braccia conserte, indicò la telepate con un movimento della testa. Suonò come una vera minaccia.

«Magneto mi ucciderà» Warren credeva in Erik. Quest'ultimo gli aveva fatto intendere che fosse il suo pupillo, uno dei suoi possibili successori alla guida della nazione e di ciò che sarebbe diventata nel proprio progetto di espansione.

«Ti ucciderà prima mio padre, se non parli» con un freccia ma senza scagliarla, piantandotela nel cuore e io la spingerò al suo interno. Kate si espresse con sarcasmo, accarezzando Lucky, avvicinatosi per accoccolarsi ai suoi piedi.

«Dopo gli eventi di Ginevra, Erik cercava qualcuno che vi seguisse per accertarsi delle condizioni di Clint. Ti dava per spacciato» il biondo si rivolse a Barton «I primi giorni mi sono appostato davanti al palazzo per seguire i vostri movimenti. Non ho visto uscire nessuno se non voi due, Julia e Kate. Ho ipotizzato che fossi gravemente ferito, era ciò che avevano mostrato i filmati della televisione».

«Sto bene, mai stato meglio» l'Avenger lo stoppò.

«Sì, ma non erano trapelate notizie. Ieri mattina, quando Kate si è incamminata con Lucky verso il parco, mi sono messo sui suoi passi».

«Perché Lucky ti ha ringhiato contro? Non è da lui, hai usato qualcosa per innervosirlo?» la giovane Barton mise in discussione anche le modalità del loro incontro.

«Ultrasuoni, mi spiace» gli occhi celesti intristiti ne confermarono il sospetto «Non gli hanno causato sofferenza a parte il fastidio momentaneo».

«L'invito di stasera, era parte del piano?» il giorno precedente avevano chiacchierato della sua famiglia ma mai prima e durante la proiezione del film, e l'incontro con i suoi era stato accidentale.

«Quello no, Kate» Julia ruppe la pausa di silenzio di Worthington III, non aggiungendo altro se non «È lo scotto di frequentare la figlia di una telepate, sono desolata. Ho visto un pezzetto di te, Angelo, il tanto che mi basta per confermare la veridicità della tua versione». E ciò che Avengers e X-Men già sapevano: che Magneto da tempo aveva spie in giro per il mondo e infiltrati in ogni gruppo terroristico. La scoperta della cura lo aveva certamente incattivito nei confronti degli umani, se mai ve ne fosse stato bisogno e aveva strumentalizzato la buona fede dell'angioletto seduto sul suo divano rivelandogli ben poco dei fini cui mirava. 

«Si può sapere che vuole Lehnsherr da noi? Mi scherniva per l'invalidità e l'assenza di poteri, adesso ha interesse per le mie condizioni di salute?» spalle al gruppo, osservando lo skyline newyorkese, il Falco sospirò. La mano sinistra corse a toccare uno dei cuori sanguinanti rosa della pianta oramai diventata alta come un albero. Non era lui il centro dei desideri di Erik, poteva metterci la mano sul fuoco e la faccenda non gli piaceva affatto.

Il biondo tentennò. Non aveva scelta. Se non avesse parlato, la signora Barton avrebbe rivoltato il suo cervello come un calzino sporco da mettere a lavare. O magari conosceva già ogni suo pensiero e ricordo ed era un test per verificare che dicesse loro il vero «Il Presidente, ehm, Magneto, è interessato a Fenice. Ne parla continuamente ed è convinto che, prima o poi, lo affiancherà nella causa mutante. Credeva che se Clint fosse stato ferito in modo grave o se fosse morto, tu, Julia, avresti potuto riconsiderare di trasferirti nelle Terre Selvagge».

Una risata sardonica uscì dalle labbra di Kate «È più scemo di quanto pensano di lui oppure non ha mai voluto bene a nessuno. Puoi dirgli che mio padre sta bene, che i miei genitori si amano e che noi non andremo da nessuna parte. Anzi vai a dirglielo subito» mosse la mano destra verso l'esterno, facendo roteare il polso. Voleva solo che il divano oscillasse in avanti e che Warren scivolasse col sedere a terra, indispettita dalla situazione, dall'essersi sentita usata. Invece, non utilizzando quasi mai il suo potere telecinetico se non per qualche incombenza domestica, lo aveva mal calibrato.

Il sofà si ribaltò nella direzione opposta. Julia lo bloccò opponendo la sua forza a quella della figlia ma Angelo fu ugualmente sbilanciato dalla manovra e scivolò sul pavimento. Si resse al bracciolo del divano con poca fortuna. L'urto della fronte con lo spigolo del tavolino da fumo in cristallo fu inevitabile. Il vetro robusto non si ruppe, ma l'angolo acuminato ferì il ragazzo in un punto del corpo ricco di terminazioni nervose. Un fiotto di sangue zampillò dalla ferita, tamponata dal biondo con la mano e senza un lamento.

«Non volevo, io-io» impressionata, l'arciera si crucciò. La smorfia sul viso di Worthington III era segno di una repressa sofferenza. 

«Clint, prendi la cassetta del pronto soccorso in cucina, sotto il lavello» e tu Kate, non pensarci, non azzardarti a curarlo. Julia - afferrati dei fazzolettini da naso sul tavolino - lo strillò nella testa della figlia, che, in piedi, vacillò.

I kleenex servirono ad asciugare l'eccesso di sangue e a limitarne la fuoriuscita «Lascia fare a me». In ginocchio accanto a Warren, la bruna cercò di fermare l'emorragia a mani nude.

«Ho sporcato il divano, mi spiace, Fenice» alcuni schizzi rossi avevano macchiato il cuscino della seduta del sofà oltre che il maglione indossato.

«Ti scusi tu quando dovrei farlo io per mia figlia?».

«Sei una mutante, Kate... lo immaginavo ma non ne ero certo. Non sei una telepate, però». Anche tale elemento era assente dai rapporti avuti da Lehnsherr poiché i suoi affiliati messisi sulle tracce dell'arciera non avevano alcuna prova tangibile della telecinesi.

«No, non lo è. Ha manifestato la mutazione da piccolina, l'unica che possiede ma la usa poco nella vita di tutti i giorni» tenne a sottolineare unica, osservando il marito tornare con la scatola.

«Ti sei scusata, Katherine Elizabeth Barton?» Clint indossò guanti di plastica usa e getta presi dal kit e invitò Warren a sedersi al tavolo del soggiorno. Aveva portato anche dei fogli di carta assorbente su cui posò ciò che gli serviva per pulire la ferita, insistendo «Allora?».

«Scusa, Warren, Angelo o come diamine ti chiami» la giovane lo digrignò, avvampando.

«Il mio nome è Warren Worthington III all'anagrafe, quello da mutante Angelo. Mi sono ficcato in questa situazione per colpa mia, arciera, tu non c'entri» strinse la mascella al passaggio del cotton fioc imbevuto di disinfettante all'interno del taglio.

L'Avenger era un asso nella cura di piccole ferite e contusioni: in anni di combattimenti aveva imparato a medicarsi da autodidatta. «Così non ti verranno infezioni. Con un cerotto teso i lembi della pelle si chiuderanno perfettamente e non avrai bisogno di punti». Tre pezzi di nastro appiccicati sopra una garza adesiva sterile, e il gioco era fatto. La bendatura coprì il taglio nella sua lunghezza e il Falco ci posò una bustina di ghiaccio secco già attivato affinché non si creassero ematomi. Dette un ulteriore colpo da maestro al ragazzo «Arciere sono solo io, lei è un'allieva».

Warren era rimasto chiuso in un timido mutismo durante la breve procedura, sotto lo sguardo delle due donne. Lo colse un leggero mal di testa dovuto all'urto, che lo costrinse a spostare la busta del ghiaccio, con un'altra smorfia di evidente fastidio.

«Ti darò una compressa per l'emicrania, ma se domattina non sarà passato un mio amico ti visiterà» Barton lo avrebbe portato da Hank «Sarebbe meglio se trascorressi la notte qui. Il posto c'è, abbiamo una camera per gli ospiti costantemente pronta per le amiche di Kate». Il letto era sempre rifatto con lenzuola pulite, nella stanza limitrofa a quella della figlia, che veniva occupata spesso da Morgan o da qualche altra compagna di scuola o da Matias.

«Non vorrei disturbare» più che altro si domandò che cosa gli avrebbero fatto, se l'indomani lo avrebbero lasciato andare. Il cerchio alla testa, però, era aumentato e tornare in albergo sulle proprie gambe gli parve difficoltoso.

«Aiutalo ad alzarsi, Clint, e accompagnalo in stanza» Julia si diresse nel guardaroba della camera padronale, dopo essersi lavata le mani. Il marito e Angelo avevano suppergiù la stessa taglia e l'ospite poteva indossare uno dei suoi pigiami per la notte. Dubitò sarebbe stato di suo gusto, ma tant'è, l'arciere vestiva esclusivamente quel modello antiquato! Warren avrebbe dovuto accontentarsi.

«Non hai paura che scappi?» steso nel letto della stanza degli ospiti, Angelo lo chiese a Julia. Gli aveva fornito un set da bagno con asciugamani e accappatoio, oltre a un bel paio di pantofole di spugna nei toni del blu e di un pigiama azzurro del marito, per poi presentarsi anche lei in abbigliamento per la notte con un tazza di tisana fumante di camomilla, melissa e lavanda che gli aveva lasciato sul comodino.

«Sì, che voli via. Non essere sciocco, riposati e domani parleremo più a fondo della tua missione» gli carezzò i capelli biondi, morbidi come li ricordava, dalla parte della fronte dove si era ferito.

«Perché siete così gentili con me?».

La bruna si alzò dal letto, dandogli la buonanotte «Se fosse accaduto a mia figlia, avrei sperato che qualcuno si sarebbe comportato con lei nello stesso modo». Inoltre Warren li aveva soltanto spiati per conto di Erik e non aveva provocato alcun male né a loro né a Kate. Magneto era stato un abile seduttore di menti in formazione, di mutanti che nell'esistenza avevano provato esclusivamente il modo di vivere delle Terre Selvagge. E lei aveva letto nello spirito di Worthington III l'assenza di cattive intenzioni. «Buonanotte».

«Buonanotte» esitò a spegnere la luce. Sorseggiò l'infuso oramai tiepido, esaminando la stanza che gli avevano destinato.

L'elemento più importante, non trascurato dai proprietari di casa, era il comfort. La camera accogliente conciliava il sonno, garantiva relax. Il rosa, colore utile, nelle sue sfumature più chiare, a lenire lo stress e migliorare l'umore, era stato usato da Fenice attraverso accenni sul total white, per alcuni dettagli: due pannelli da muro e due vasi di ceramica sul davanzale, in un abbinamento che risaltava particolarmente quando l'ambiente era inondato di luce naturale.

Poiché aveva spazio a disposizione, aveva aggiunto una scrivania di legno chiaro per stare al pc o per scrivere, una poltrona scandinava con poggiapiedi di tessuto patchwork corredata da una lampada a piantana in metallo cromato per un angolo lettura, la sua passione, una semplice cassapanca in mango scolpito beige ai piedi del letto dove inserire oggetti personali.

La cura nella gestione della superficie e la scelta per le sfumature tenui confermavano il carattere positivo della mutante dall'immenso potere, che sembrava innamorata del marito umano e felice della propria vita in una città priva di zone franche.

Il grattare sulla porta annunciò l'arrivo di un inarrestabile tornado di pelo.

«Lucky, no» Kate non era riuscita a fermarlo. Struccatasi il viso con il latte detergente e infilato il pigiama in jersey con la testa di Paperina sul davanti, aveva affrontato suo padre in una ramanzina suonata come un monologo.

Portato fuori Lucky, Clint l'aveva aspettata fuori dal bagno, le aveva parlato e lei era stata zitta, annuendo di tanto in tanto fra una pausa e l'altra. «Sarò breve, Katherine Elizabeth. Racconta anche una sola altra fandonia a me e alla mamma su qualsiasi argomento e hai chiuso col tiro con l'arco. Non ti allenerò più e cercherai un altro posto che non sia la base degli Avengers per esercitarti». L'aveva punta sul vivo, sulla cosa che contava di più per lei, sicuro che l'avrebbe preso sul serio.

Con Julia si erano divisi i compiti. La moglie era andata da Angelo, lui aveva fatto la voce grossa con la biscottina. Lì davanti, con indosso il pigiamone col musetto di Paperina e lo sguardo mortificato e deluso per il tradimento di Warren gli fece tenerezza. Ma non si distrasse, arrivò al punto «Ti credi furba e non lo sei. Non lo sei stata affatto, celandoci l'appuntamento, dato che abbiamo intercettato subito il tuo comportamento anomalo. E hai mostrato la tua ingenuità e immaturità» infierì meno di quanto avrebbe voluto. Il colpo ricevuto per l'inganno di Warren era stato micidiale per la ragazza e limitò la mortificazione.

«Scusa, papà, non succederà più, te lo giuro» le venne da piangere ma si trattenne, mordendosi la lingua. Si concentrò su quel fastidio, riuscendo a rimandare indietro le lacrime e a non mostrarsi ragazzina.

Il Falco era un uomo normale con tante responsabilità di padre, marito e Avenger «Kate, sono solo un tizio bravo con un arco e una mira infallibile, non faccio magie come te e la mamma. Siete voi la mia magia» sistemò i polsini azzurri del pigiama e la scrutò «Il mio istinto è quello di proteggerti, di non vederti soffrire: è ciò che si fa quando ami qualcuno ed è tutta la vita che ci provo con tua madre e credimi, è molto difficile, dato che lei può disintegrare l'isola di Manhattan alzando un sopracciglio e pure tu non sembri da meno. Ho fatto del mio meglio e continuerò a farlo, finché inspirerò aria nel petto» lo disse scandendo le parole di filato, senza accorgersi della presenza di Julia alle proprie spalle.

Lei fece un paio di passi in avanti, cingendolo con le braccia, proprio dalle terga «Mi sono sempre sentita tanto protetta da quando siamo insieme, e capita, benedico ogni momento in cui sei stato con me».

Kate tirò su col naso e lo rinfrancò con una frase matura, colma d'affetto e di stima «Se posso aggiungere una cosa. Sei tu la mia ispirazione, papà, mi spingi a superare i miei limiti, a fare meglio, nel tiro con l'arco e in tutto il resto» era la verità e Clint lo sapeva perfettamente. Che la figlia lo ribadisse, sollevò il peso che portava sul cuore.

«È tardissimo e abbiamo bisogno di dormire. Ah, domani avviserò Tony e Pepper di quello che combina Morgan quando non ci sono. Sei avvisata che sarà rimproverata per causa tua. Smamma a letto» certo che avrebbe scritto un messaggio all'amica appena avessero lasciato la sua stanza, si ritrovò la bocca della ragazza sulla guancia che gli scoccava un bacio sonoro «Grazie di avermelo anticipato. Buonanotte». Ripeté il tenero gesto con la mamma, prima di mettersi a letto.

«Mi prende in giro, secondo te?» Clint ruotò il viso indietro per ricevere un bacio diverso che desiderava ardentemente.

«Sì, Falco brontolone: ramanzina da manuale, complimenti» le labbra di Julia lo accompagnarono fino al limitare della camera padronale e oltre.

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