Capitolo 23 Di una figlia cresciuta e di una serata per due coppie

«Che novità sarebbe?» entrando in cucina Clint segnalò la padella in cui sua figlia aveva preparato una crêpe, tipica pietanza della cucina francese. Il ripiano di marmo era sporco ovunque di schizzi di impasto, i fornelli di gocce di unto.

«Una colazione diversa, meno americana» al posto di uova strapazzate e pancetta, che i genitori predisponevano alternandole a cibi più sani cucinando una mattina per ciascuno, aveva voluto riproporre la frittatina dolce gustata con Warren.

«Lo sapevi già, Falco brontolone. Non alterarti e mostrati più aperto ai cambiamenti» Julia, seduta sullo sgabello alto della cucina, le gambe incrociate, intervenne a placare gli animi «ieri, di ritorno dall'allenamento, vi siete fermati al supermercato e avete comprato un barattolo di marmellata di marroni e una confezione di panna da montare. La panna ha due utilizzi. Il primo lo conosci, il secondo è questo. Osserva con attenzione!» col dito prelevò un po' di nuvola bianca dalla ciotola e la spalmò sulla bocca dell'arciere, esibendosi in un bacio mozzafiato per ripulirla. Un bacio assai gradito.

«Mi piacciono le crêpe, Kate. Io e la mamma le pretendiamo, ogni mattina da oggi in avanti» Barton, le labbra ancora sporche di crema su cui passò il pollice, smise di borbottare, rimirando la splendida moglie in pigiama e coi calzini col fenicottero rosa. Forse per la guarigione improvvisa, aveva gli ormoni più in tempesta del solito e nemmeno Ororo con un tornado avrebbe abbassato il grado di brama per la sua Giulietta.

«Smettetela, già ieri sono scappata per non assistere alle vostre effusioni esagerate. Tenetevi per stasera» la figlia servì le crêpe nei loro piatti e i genitori vi aggiunsero la panna, intanto che lei continuava «C'è una festa a casa di un amico di Morgan, ci prepareremo alla Stark Tower, se a voi sta bene».

«Una festa? Così, all'improvviso? Perché non ce ne hai parlato prima?» l'Avenger, sospettoso, indagò.

«Papà, lo sapevo già ma negli ultimi giorni ho avuto altro a cui pensare» si riferì alla perdita dell'udito, dispiaciuta di aver deciso di mentir loro. Rientrata a casa dopo la passeggiata a Central Park, su una nuvoletta rosa, aveva riflettuto di non poter rischiare un rifiuto. Nemmeno voleva che le facessero il terzo grado o chiedessero di conoscere il ragazzo che l'aveva invitata. Si era ingegnata e con la collaborazione della sua amica avrebbe potuto recarsi al cinema indisturbata.

«Chi c'è alla festa?» Fenice, dubbiosa, spalleggiò il marito; era anomalo che la giovane non ne avesse accennato in precedenza.

«I suoi compagni di classe. Mi accompagnerà a casa l'autista di Tony con la limousine, così voi potrete passare una serata da fidanzatini» capitava che i genitori si avvicendassero nel riportare le figlie a casa in caso di uscite serali e anche che venissero scortate dallo chauffeur della famiglia Stark. Pepper e Tony sarebbero andati fuori New York per affari dell'azienda, Morgan effettivamente a un party di alunni della sua classe e credette che la fandonia sarebbe passata in sordina.

«Va bene, ma non fare tardi. Il coprifuoco è alle undici» Julia mangiò un boccone di crêpe. La pasta risultava decisamente troppo spessa, ma il sapore era gustoso, e nel complesso un buon risultato per essere la prima prova.

«Ma domani è sabato, non c'è scuola!» la ragazza si lamentò, divorando la propria colazione con l'abituale appetito.

«Senti, Kate, se non ti basta, non vai per niente e la serata dei fidanzatini si trasformerà in una maratona di film che sceglierà tua madre, sul divano e senza popcorn» Clint la ricattò, fregandosi le mani. Sapeva già dove portare Julia, era preparatissimo.

«Ho capito il messaggio. Pulisco e vado a scuola» Lucky la guardava, bloccato come una sfinge, in attesa che le scivolasse a terra un pezzetto di crêpe, come quello ricevuto da Warren al locale a Central Park.

«Sacco di pulci, non corteggiarla. Vai, biscottina, metteremo a posto noi la cucina» il Falco la esortò a muoversi.

Appena si allontanò, infilò lui le dita nella ciotola di panna, porgendole a Fenice che leccò lentamente i polpastrelli, fissandolo negli occhi «So cosa ti passa per la testa, sporcaccione».

«La panna è afrodisiaca, la crema di marroni peggio. Strane scelte alimentari per una bambina come biscottina».

«Interessiamocene quando sarà il momento» la bruna evitò di mettergli la pulce nell'orecchio ma l'espressione sognante di Kate le era parsa avvisaglia di novità. Il Falco, padre protettivo per principio e per natura, non si era reso conto che aveva ben poco della biscottina di qualche anno prima. Alta come lei, spiccava per un bel personale e un visetto imbronciato che si apriva subito in un sorriso sociale. La parlantina affrettata l'avrebbe aiutata a vendere ghiaccio agli eschimesi.

«Comunque la festicciola di stasera capita a fagiolo, ti stupirò. Prendiamo la Mustang, sei avvertita» quando Barton decideva di usare l'auto d'epoca per spostarsi - di cui era quasi più geloso che della figlia - le premesse per una serata da ricordare c'erano tutte.

«Allora indosserò qualcosa di speciale» le mani sul petto del marito attraverso il pigiama, si sentì sollevare dai glutei. «Doccia, amore mio?». Incrociò i piedi dietro la sua schiena, facendosi portare verso il bagno.

«Ti adoro» gli offrì il collo, alla proposta di lavarsi assieme.

«Prometti di sistemare la cucina con i tuoi incantesimi, dopo? In caso contrario faremo tardi al lavoro tutti e due». Clint doveva recarsi al quartier generale degli Avengers, lei a tenere la lezione alla scuola.

«Fenice si esibirà in una magia per il suo amante arciere» avrebbe fatto un'eccezione alla regola di non utilizzare i poteri. La tentazione di amare suo marito sotto l'acqua calda mentre si massaggiavano a vicenda con l'olio da bagno all'aroma di lavanda, acquistato nella vacanza in Provenza, la convinse.

La mente vagò, per un attimo sulla riunione del giorno prima; era stata lunga e relativamente produttiva. Nessuno si era stupito che Kate avesse usato la propria abilità per curare il padre.

«Prima o poi avrebbe provato a utilizzare il potere con un essere umano o mutante. Sarò sincero, ho sperato che Clint fosse la sua cavia ma non l'ho proposto perché si trattava di una decisione troppo personale» Tony si era seduto sul muretto della terrazza della sala riunioni di Xavier per fumare un sigaro. Oramai era un'eccezione per i momenti di tensione. Aveva una predilezione per Kate, di cui era pure padrino di battesimo assieme a Poe; che fosse di un anno più grande di Morgan lo faceva sentire coinvolto come si trattasse di sua figlia «Signorina Barton, tu hai il dono che vorremmo tutti e se l'avessi posseduto io, non credo avrei avuto la tua lungimiranza di obbedienza ai dettami di Clint e Julia. Se ti va di darmi una toccatina qua e là, ti pagherò l'onorario del medico estetico, e così avrò il viso liscio come il culetto di un neonato» il riferimento fu all'arciere e al suo ringiovanimento.

«Stark, smettila» il Falco gli mostrò i pugni chiusi; il miliardario sfoggiò, di rimando, il bracciale giallo e rosso che richiamava i componenti di Iron Man, tirando su la manica della giacca.

«È un effetto collaterale, Kate» Charles, Natasha in piedi alle sue spalle dietro la sedia a rotelle con le mani appoggiate sulle sue scapole, spiegò alla ragazza «Succede anche a Fenice; a volte è riuscita a connettersi con tuo padre passandogli il proprio potere di telepate e Clint ha potuto leggerle la mente. Accade per pochi minuti, in maniera non definitiva. Lui non trattiene l'abilità o la mutazione».

«Non lo sapevo. In quale occasione vi siete connessi?» Kate non ne era a conoscenza e non glielo aveva mai visto fare. Si chiese quando e lo intuì da sé; il padre era diventato del colore dei capelli di Vedova Nera, sulle guance, ed era rimasto assorto sul viso di Julia.

«È accaduto mentre facevamo l'amore, tesoro. Non tutte le volte, quando mi emoziono maggiormente. Non si tratta di una facoltà che posso controllare» Fenice fu diretta e concreta.

«Capito» i suoi si amavano e non si meravigliò della circostanza. Che la loro intimità fosse argomento di dibattito scientifico la infastidì, data la riservatezza della coppia, soprattutto di suo papà.

«Per te è differente» Hank nel suo aspetto bestiale camminava nella stanza con le mani dietro la schiena «Dagli esami effettuati, il nostro arciere sente anche le vibrazioni più lievi, la muscolatura è più soda. Nel suo sangue si notano delle cellule di dna atipico per un essere umano. Non lo avevamo verificato con Lucky, poiché il passaggio cellulare fra specie non è possibile». Con il papà c'era stato un trasferimento di matrici biologiche!

«Il Falco è diventato un mutante?» Julia gli strinse la mano.

«Non crediamo che avrà capacità di rigenerarsi ma che il suo fisico godrà semplicemente di un beneficio che gli permetterà di mantenersi in forma più a lungo» Bruce cercò di dirlo in modo delicato.

«Sedici anni di un cane della taglia di Lucky equivalgono a circa centoventi di una persona» Raven li aiutò con un esempio comprensibile a livello numerico. Sempre snella, aveva mantenuto lo stile aggressivo. Pantaloni in ecopelle nera, stivaletti stringati beige in camoscio con un plateau notevole e un maglione di cachemire dal collo ad anello marrone chiaro si addicevano alla figura umana della mutante.

«Il nostro cane ha più di diciotto anni!» Kate capì dove volessero arrivare «Allora papà vivrà altrettanto a lungo!».

«Sembra di sì, che romperà le scatole e brontolerà a tempo indeterminato» Steve, alzatosi per un caffè, dette una pacca sulla schiena del collega «Almeno non sarò l'unico centenario del gruppo». Volle essere spiritoso, lui che restava sempre serio, perché il Falco si era stranito, uscendo a raggiungere Stark nella speranza che il fresco gli placasse le rapide del cuore; Rogers non ebbe difficoltà ad afferrarne il motivo e nemmeno Fenice, che si mise in piedi e si indirizzò verso la terrazza.

«Clint, amore, non pensarci» era sempre stata empatica, con lui soprattutto, non le servivano virtù legate alla mutazione per leggergli nell'anima.

«Al fatto che andrò via dopo di te, che resterò solo per troppi anni?» i mutanti avevano una longevità normale e nessuna protezione dalle malattie. Immaginare di vivere senza la sua Fenice, probabilmente di vederla morire, era insopportabile, un coltello infilato nel petto.

«Non rimarrai solo, ci saremo sempre io e il Capitano» Thor provò a risollevarlo, consapevole che vivere per secoli o, come nel suo caso, per millenni, comportava il dolore della dipartita delle persone amate che non avevano le medesime caratteristiche di longevità.

«Tre ragazzoni in giro per New York City, auguri, che la nostra metropoli si prepari» l'accento tedesco di Kurt fece gongolare persino Tony che lo fiancheggiò «Poveri noi».

«Ec-co, io po-trei» Kate lo balbettò ma Fenice stroncò sul nascere l'intenzione affettuosa con la stessa espressione usata per Clint, in un altro tono «Non pensarci, Kate, lascia da parte i tuoi poteri e concentrati sulla scuola; sennò resterai in punizione per l'eternità e non ci saranno più né amici né arco».

Presa dalla vicinanza in doccia col marito rimise i ricordi nella tasca della mente a essi dedicata, trascorrendo successivamente il resto della giornata fra lezioni e commissioni abituali.

Fu davanti alla stampella vuota del proprio guardaroba che si domandò se non sarebbe stato meglio iniziare da subito la punizione per la figlia.

Asciugati i capelli e raccolti in uno chignon basso, un trucco leggero, stava scegliendo cosa indossare per la serata misteriosa organizzata dal Falco. Aveva apprezzato che lui, accompagnata Kate a casa di Stark, la ripassasse a prendere; l'assenza di alcuni abiti e lo zaino di sua figlia in spalla, eccessivamente gonfio da non chiudersi, l'avevano convinta che nascondesse un segreto.

Optato per un completo nero intero, molto attillato, dai pantaloni a sigaretta e dalla blusa con lo scollo a cuore, la cui parte superiore e le maniche erano in voile, una pochette squadrata in mano e il cappotto sul braccio, scese dabbasso alla chiamata del marito, data un'ultima carezza a Lucky.

«Sei la più bella» Clint volò letteralmente ad aprirle lo sportello. Hank aveva ideato un apparecchio acustico finto che teneva nell'orecchio e un breve comunicato stampa inviato ai giornali aveva diffuso la notizia che Occhio di Falco si era ripreso dall'incidente di Ginevra. Per cui l'interessato poteva guidare e riprendere una vita normale senza destare sospetti.

«Anche tu non sei male» un bacio a fior di labbra per non rovinare il rossetto, gli sfiorò la mano sul cambio manuale. I jeans stone washed erano tesi sui muscoli delle cosce, la camicia azzurra con le cifre che gli aveva regalato al compleanno ravvivava l'azzurro dei suoi occhi e il giubbotto di pelle gli conferiva l'aria da duro, sexy come mai «Falco, ascolta senza dare in escandescenze. Credo che Kate ci abbia detto una bugia e che non ci sia nessuna festa».

«Cosa te lo fa pensare?» mantenne la calma richiesta, grattandosi la punta del naso.
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«Dal mio armadio manca la camicia nera e il top scollato a fantasia animalier, ugualmente i calzoni eleganti. Io e lei abbiamo la stessa taglia, potrebbe averli presi per vestirsi in modo più adulto e sensuale, per un appuntamento».

«Con chi? Quei vestiti sono da arresto, maledizione. La chiuderò in casa da qui all'eternità, giuro» sudato in viso, sbraitò. Sua moglie sceglieva capi sobri, sportivi e casual per il lavoro e la vita di tutti i giorni, con alcune eccezioni per eventi più particolari e quelli citati... beh, li ricordava perfettamente, sia quando l'aveva vista indossarli, sia quando glieli aveva tolti.

«Se avesse voluto, lo avrebbe detto. Non lo ha fatto perché probabilmente per lei è importante e perché certe cose non si raccontano al papà e alla mamma. Né tu ne io abbiamo avuto un'adolescenza normale e in una famiglia tradizionale, per cui andiamoci piano prima di trarre conclusioni affrettate» parlò più a se stessa che al marito.

«Trovala con la telepatia e la riporto a casa a calci nel di dietro» il Falco escogitò una soluzione drastica.

«Clint, sei un agente di massimo livello. Sono certa che sai dove possa essere Kate, no?» Fenice lo adulò, non era difficile capirlo.

«Da quella ruffiana della sua amica Morgan Stark, a indossare abiti da peccatrice» ingranò la prima, grattando la marcia e partì a tutta birra. Ruffiana non era proprio un termine che rimandava all'amichetta della figlia. Timida più di un orsetto lavatore, diversa dall'istrionico padre, l'aveva sentita pronunciare tre frasi in croce anche nelle occasioni sociali in cui si frequentavano. Morgan era l'esatto opposto di sua figlia, e per questo si compensavano in un'amicizia sana.

«Mantieniti sotto il limite di velocità consentito in città, però. Quando arriviamo sotto la Stark Tower, parcheggia distante dal portone perché la Mustang dà nell'occhio» Julia aveva un piano e lo espose «Mi spiace per la serata a sorpresa che hai organizzato per noi, ma seguiremo Kate per vedere chi frequenta. Le menzogne non sono tollerabili nella nostra famiglia».

«Uffa, però, che sfortuna» urtato, fece come concordato. La previsione di sua moglie si rivelò esatta. Kate scese con gli abiti della mamma, sopra delle eleganti décolleté di tacco medio e un soprabito nero.

«Le scarpe e il cappotto sono di Pepper. In teoria, più tardi tornerà qui a cambiarsi e a togliere il cerone dal viso» si era truccata in modo impeccabile, senza esagerare. Non era abituato a vederla tanto curata e... adulta «È bella come te». Sospirò. L'abbigliamento non era volgare, addosso a lei risultava fine, Kate sofisticata.

«È una giovane donna, affascinante perché ha preso da noi, Barton! Seguila!». La Mustang con le doppie frecce accese andò a passo d'uomo, mantenendo la destra, in scia a Kate.

Diversi isolati più avanti, nel silenzio dell'abitacolo, l'arciere, riconosciuta la traversa, si sbilanciò sul luogo dell'appuntamento «So pure dove sta andando, ed è lo stesso posto dove desideravo portare te. Tale madre, tale figlia». Sorrise dolcemente a una cinquantina di passi dal cinema d'essai che proiettava Romeo e Giulietta. Almeno la loro seratina non sarebbe sfumata del tutto.

«Che bel pensiero» Julia si emozionò, suo marito aveva avuto un'idea romantica. «Le abbiamo fatto il lavaggio del cervello: quante volte avrà visto il film con noi? Duecento?».

«Tremila, secondo me» il Falco imboccò la discesa di un garage a pagamento «Per non parlare delle nostre serate a tema». Almeno una volta l'anno indossavano di nuovo i costumi regalati da Tony, ballavano in salone sulle note di A Time for Us e cenavano a lume di candela. Quando Kate era stata in grado di capire, avevano comperato un vestito in stile per lei, cambiato di volta in volta al modificarsi della taglia, per festeggiare insieme.

Preso il tagliando dal parcheggiatore, Clint entrò nell'ascensore, la moglie accanto, le mani gelide «Avevi già acquistato i biglietti?».

«Sì, amore» aveva organizzato ogni dettaglio: prima cinema e poi una cena al ristorante dove servivano l'anatra laccata, debitamente ordinata per ottimizzare il tempo e riuscire a essere al loro appartamento alle undici, lo stesso orario di coprifuoco della figlia, per controllare che lo rispettasse e darle il buon esempio.

«Speriamo che non siano troppo attaccati a quelli di Kate e del suo amico, non vorrei che ci vedesse. In fondo, formalmente siamo qui per goderci la pellicola e non per spiarla. Scoprire con chi sia uscita alle nostre spalle è una mera coincidenza, giusto?» Fenice si sentiva quasi in colpa, cambiò leggermente la sua prospettiva.

«Giusto il cavolo. Guarda. Lo ammazzo!» Barton, attraverso la porta a vetri, intravide la figlia accedere alla sala, con un ragazzo dai capelli biondi, ben vestito, più grande e non del suo giro. Le teneva la mano sulla parte bassa della schiena e aveva spostato la tenda di velluto rosso per farla accomodare.

«Per cosa? Per averla invitata al cinema o per averle comperato una bibita e un mastello di popcorn? Dai, prendili pure per noi due e dammi i biglietti» doveva accertarsi dove fossero i loro posti e si divertì, scoprendolo. «Clint, hai prenotato in ultima fila come un adolescente!» commentò, con un grano di ironia. Era la posizione più nascosta della sala, la preferita delle coppie che si scambiavano baci da togliere il fiato, durante la visione del film. Persino il giovane accompagnatore di sua figlia aveva acquistato dei posti intermedi e centrali, i migliori per lo schermo relativamente grande.

«Sono ragazzino dentro e negli anni dell'adolescenza non eri con me, per cui accontentati di un marito innamorato più del primo giorno».

«Perdonato! Entriamo dall'ultima porta e andiamo dritti fino ai posti, senza dare nell'occhio» lo prese per mano e con l'altra si coprì il viso. Clint teneva una confezione gigante di popcorn con la destra e due bottigliette di Coca Cola nelle tasche al giubbotto.

«Sei armato, altro che frecce» sua moglie lo canzonò, sedendosi, nell'attimo in cui le luci si abbassarono. La sala era gremita, nell'unico spettacolo serale del venerdì «Romeo e Giulietta ha molti estimatori».

«Pure troppi» l'Avenger si riferì al ragazzo dai boccoli biondi che abbassava il viso verso Kate troppo e troppo spesso. Troppo, un termine che iniziò a detestare.

Una mano birichina lo accarezzò sopra i pantaloni risalendo verso l'inguine, senza arrivarci. Era l'inizio di un approccio abbozzato, Julia lo sottolineò «Non farti strane idee, è solo per rabbonirti, il resto lo avrai a casa. Questo film significa tanto per noi, lo vedemmo la sera che poi mi addormentai nel tuo monolocale. Che tu mi abbia regalato una serata simile mi fa stringere il cuore e vorrei godermela ugualmente» sussurrò al suo orecchio, lasciandogli un succhiotto sul collo. Percepì i suoi brividi che erano pure i propri.

«Va bene, amore» sarebbe stato inutile fare scenate a Kate in quella sede. La promessa di una notte di passione lo distrasse.

«Non è bello che nostra figlia ci abbia mentito. Però lo ha fatto per venire al cinema, certo non per compiere un'azione illecita o cacciarsi nei guai» Fenice cercò di vedere il bicchiere mezzo pieno. Kate non si stava drogando o ubriacando o aveva rubato un auto. Avrebbero indagato, con calma e al momento opportuno, cercando di capire perché non avesse raccontato loro la verità.

«Popcorn, Giulietta?» parlando in modo buffo per via del chicco di mais scoppiato fra i denti, Barton si sporse per un bacio, offrendoglielo.

«Ovvio, voglio mangiarli tutti così. I baci sono la mia malattia inevitabile» dopo un intermezzo di bacini la sua attenzione si indirizzò allo schermo.

La melodia dei titoli di testa la rapì, vedere l'opera restaurata al cinema era un'esperienza unica. Viverla mano nella mano con il suo Romeo la rendeva magica. Il tempo era trascorso meravigliosamente, l'assenza voluta dell'intervallo e di pause aveva impedito troppe chiacchiere col marito, che l'aveva, comunque, baciata e tenuta stretta per l'intera proiezione.

A differenza dell'amico della figlia, che si era limitato a parlarle, evidentemente commentando le scene più salienti.

«È un film bellissimo, Kate» Warren si era commosso, sul finale, che conosceva. Non credeva che la pellicola potesse colpirlo tanto: Zeffirelli era riuscito a rendere realistico e attuale l'amore di due giovani di una Verona di un'epoca lontana, in cui molti potevano immedesimarsi. Il legame fra gli attori protagonisti era moderno, ricco di pathos. «Senza di te non l'avrei mai scoperto, sono sincero. E poi sapevi tutto, sei un'enciclopedia interattiva» durante lo scorrere delle immagini, l'arciera lo aveva reso edotto di molte curiosità, di dettagli della lavorazione e dei costumi.

Le informazioni interessanti provenivano da labbra dipinte di una tinta opaca di rosso rubino, le ciglia allungate dal mascara che sbattevano all'impazzata lo avevano ipnotizzato. Il profumo di fiori, dalla tenue nuance, era stato il colpo di grazia alle sue difese razionali che avevano giustificato il loro appuntamento con lo svolgimento dell'incarico ricevuto da Magneto.

L'aiutò col soprabito, coprendo con la stoffa pesante la sorprendente e sensuale mise con cui si era presentata, differente dal cappottone grigio e bianco e i pantaloni della tuta con le toppe a forma di freccia sulle ginocchia indossati nel corso della passeggiata al parco.

«Grazie» sistemò il bavero del paltò, rimarcando la provenienza della predilezione per l'opera di Shakespeare «Mamma insegna letteratura, la mia madrina di battesimo è una poetessa. A casa mia parlano in versi, perfino mio padre, a piccole dosi». Orgogliosa che il Falco avesse preso il diploma in età adulta, lo osannò. L'orologio da polso le rimandò che fossero le dieci.

«Mangiamo un boccone, ti va?» Angelo la tenne per il gomito, indirizzandola all'uscita.

«Sì ma uno spuntino veloce, dovrò essere a casa fra un'oretta» e prima riprendere lo zaino da Morgan dove dovrò cambiarmi. Pensò che non ce l'avrebbe fatta, data la ristrettezza di tempi e che suo padre l'avrebbe spellata viva, quando si sentì osservata. Nel caos della folla, si voltò e le scese la mascella. Un caldo anomalo salì alle sue guance, incrociando proprio le iridi grigiazzurre di Occhio di Falco.

Julia e Clint avevano calcolato male i tempi di uscita e si erano ritrovati davanti alla biglietteria e alla figlia.

«Ciao» bloccata nel proprio disagio, li salutò con la mano. La delusione negli occhi dell'arciere la colpì più dello schiaffo che forse avrebbe meritato e che non ricevette.

Sua madre fu diplomatica e si presentò con un bel sorriso al giovane «Sono Julia, la mamma di Kate. Che coincidenza trovarsi qui». Il volto del biondino gli era familiare, gli ricordava qualcuno.

«È un onore, Kate parla di voi continuamente. Sono Warren» preso alla sprovvista, Angelo si domandò quanto avrebbe potuto reggere una possibile bugia sulla propria identità, se i due l'avrebbero riconosciuto. Mai immaginava di incrociare i Barton in quell'occasione.

«Di te non possiamo dire altrettanto, invece» il Falco gli mandò uno sguardo assassino con la fronte aggrottata e l'espressione arcigna.

Worthington III lo rammentava allegro, mentre gli mostrava arco e frecce sul Quinjet, alle Terre Selvagge. Constatò con piacere, da vicino, che non avesse riportato i danni dell'incidente avvenuto a Ginevra, come intuito dalla conversazione del giorno precedente con sua figlia, e che sentisse, alla luce della presenza dell'apparecchio acustico nell'orecchio sinistro.

«Veramente, io...».

«Ti conviene star zitta, Kate» Fenice la fulminò, augurandosi che non peggiorasse la situazione.

«Forse sarà meglio che vi lasci. Buona serata» i genitori non erano contenti che fossero usciti insieme, si vedeva lontano un miglio. Angelo ritenne opportuno togliere d'impaccio sé e Kate, e scappare lontano dal cinema.

«No, anzi, perché non vi unite a noi? Mio marito ha prenotato una cena cinese, la prenderemo a portar via e mangeremo a casa nostra. In frigorifero ho una teglia di tiramisù al pistacchio da leccarsi i baffi. Sempre se non avete altri piani» ricevendo un pizzicotto sul gluteo da uno scocciato arciere, Julia aveva avuto un'intuizione. La faccia della figlia si era velata di tristezza e d'imbarazzo e la soluzione proposta rappresentava una via di mezzo. Loro avrebbero conosciuto il suo amico, lei ci avrebbe trascorso un altro paio d'ore.

«Non vorrei disturbare» Warren titubò.

«Vieni, per favore» Kate lo implorò e fu costretto ad accettare. Non voleva staccarsi da lui e la sua presenza avrebbe rimandato il chiarimento con i genitori.

«Ho la macchina nel garage qui accanto» lo strusciare del seno della consorte che gli si metteva sottobraccio placò la bufera che soffiava nella testa di Barton.

La figlia camminava dietro di loro con il ragazzo biondo, gli occhi fissi sulle punte delle décolleté di Pepper.

«È la vostra? Ma è una Mustang del 1963!» Angelo studiò la vettura d'epoca, con ammirazione. Spiando la famiglia Barton aveva visto i rispettivi fuoristrada in garage, non la vettura strepitosa, verde sgargiante, su cui stava per accomodarsi.

«È un regalo della mia Giulietta, una lunga storia» nemmeno le bugie di Kate avrebbero potuto scalfire la felicità davanti alla Mustang e quello che rappresentava; fece un inchino e un baciamano alla moglie, aprendole lo sportello «Il ballo ve lo risparmio, lo avete già ammirato sullo schermo nelle immagini girate da Zeffirelli; salite dietro, dalla mia parte».

«Grazie, Romeo. Clint e io siamo fanatici del film che abbiamo appena visto. Ti è piaciuto, Warren?».

«Sì, signora» cercò di esporsi il meno possibile. Meno cose avrebbe detto, meglio sarebbe stato.

«Solo Julia, mi fai sentire vecchia se mi chiami signora» si schernì, simpaticamente. Non aveva intenzione di flirtare con il ragazzo con cui era uscita sua figlia, tuttavia si stranì perché, seppur in modo sfuggente, la guardava in maniera ambigua. Comprensibilmente era in imbarazzo con loro, ipotizzò, non certo interessato a lei.

Clint lasciò che fossero i due giovani seduti nel retro dell'auto a conversare con sua moglie. Si limitò ad annuire, di tanto in tanto, scrutando con interesse il viso di Warren dallo specchietto retrovisore, fino all'arrivo al ristorante «Vado a prendere la cena, mi fai compagnia, amore?».

«Sì, certo» Julia lo conosceva troppo bene per non capire che volesse parlarle e lo seguì con normalità «Che succede?». Aveva sposato Occhio di Falco e anche lui era un essere speciale. L'intuito dimostrato in quella circostanza glielo confermò, inequivocabilmente.

Le prese il viso fra le mani, sulla porta del locale e la fissò negli occhi verdi che avevano rubato la sua anima da tempo «Fenice, ci sono eventi che restano impressi nella memoria per una vita intera. Ti ho visto danzare nell'aria con un angioletto biondo dalle alucce piumate, lo stesso angioletto che mi fece mille domande sul Quinjet quando salì con noi per vedere il mio arco e le mie frecce. Ti avevo appena chiesto di sposarmi, avevi detto di sì, io ero pazzo di felicità. Il viso di quel bambino...non potrò mai scordarlo, mai» rammentò un frammento importantissimo della storia della loro coppia, lasciando la frase sospesa.

«Warren... lo stesso nome... Warren è Angelo!» i pezzi del semplice puzzle si incastrarono nella testa di Julia, dando un senso alla presenza del giovane mutante accomodato sul sedile posteriore della Mustang, accanto a sua figlia.

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