Capitolo 16 Di un abito favoloso, di una cena romantica e di un cuore aperto
«Potevi andare alla spiaggia con i maschietti invece che restare con me!» Nives aveva invitato più volte Julia a trascorrere la giornata fuori; lei si era, invece, trattenuta a casa, per imparare a realizzare i mitici ferri di cavallo di pasta frolla con cioccolato fondente made in Bari.
«Ore e ore a nuotare con la muta fra gli scogli alla ricerca di polipi, con due uomini al testosterone che gareggiano fra loro, un adolescente annoiato col tablet in mano sotto l'ombrellone e un cane esaltato che si sgrulla di acqua di mare a ogni tuffo, facendoti la doccia? Passo. Povera te che dovrai pulire il bottino di guerra, se i nostri due pescatori prenderanno i polipi. C'è da sperare che Clint e Poe tornino a mani vuote» la mutante aveva impastato velocemente la pasta frolla, con le dita; ora la palla di pasta riposava in frigo per essere lavorata senza che si appiccicasse troppo alle dita per via del calore estivo.
L'italiana versò un bicchiere di limonata fatta in casa in due bicchieri per entrambe. Non aveva usato i propri poteri per refrigerare l'impasto, compreso che la giovane volesse parlarle di un argomento importante «Ti vedo sulle spine, è accaduto qualcosa?».
«Nives, sì, per la verità. Ho letto le tue poesie, e le ho amate moltissimo. Denotano la tua sensibilità nei confronti degli adolescenti, per un momento della vita in cui non ci si sente né carne né pesce. È la condizione di tanti miei studenti che credo potrebbero apprezzarle. Ogni anno accademico cerco di farli avvicinare a delle letture moderne, che possano condividere, e che esulano dal classico programma. Mi piacerebbe usare Lacrima nel vento come libro di testo, se mi darai il permesso» lo chiese con titubanza, non sapendo come avrebbe reagito. Preso con interesse il libro dal comodino, la sera precedente, giusto per leggere un paio di pagine prima di addormentarsi, aveva passato la notte avanti e indietro sui versi, coinvolgendo pure l'arciere.
«Certo che te lo do, è un onore» la poetessa era arrossita fino alla punta delle orecchie e non aveva nemmeno finito di ascoltare il piano della bruna.
Quest'ultima proseguì a esporlo, a tamburo battente. Era un caterpillar con un scopo ben preciso da ottenere «A metà anno potresti venire alla scuola per un momento d'incontro con gli studenti? Ne sarebbero entusiasta». Aveva pensato che Poe si recava spesso nello Stato di New York per via della gestione dell'autodromo. Muovendo le dita nell'aria in fantasiosi ghirigori si scusò in anticipo «Non abbiamo lo spazio per ospitarvi, Clint vive in un monolocale. Però potreste stare alla villa di Charles, ci sono delle camere libere e la compagnia è eterogenea e divertente» certa che i Dameron non si sarebbero formalizzati a dormire alla scuola di mutanti, Julia era ugualmente mortificata di non poter ricambiare la squisita ospitalità offertale.
«Matias impazzirebbe per trascorrere qualche giorno in una scuola simile e a New York, verremo volentieri» Nives si ritrovò ad acconsentire di nuovo. Alzatasi, controllò la durezza della palla di pasta frolla in frigorifero e la tirò fuori, per spiegare a Julia come stenderla e plasmarla.
«Posso farti una domanda, più personale?» Fenice si mordicchiò il labbro inferiore, passando il mattarello di legno sull'impasto, sopra una grande spianatoia già spolverata di farina «La tua mutazione non ha mai rappresentato un problema per Poe?».
L'italiana si bloccò, rimuginando. La mente andò al proprio passato «Io e Poe ci siamo conosciuti casualmente, in occasione di una mia trasferta negli Stati Uniti. Venni per stare con mio padre, alla base dove lavorava e alloggiava, per trascorrere del tempo con lui e mia madre e per motivi di studio. Mai avrei immaginato di restare e, soprattutto, di legarmi a un militare. Al contrario, ho sempre cercato un altro genere di figura maschile negli uomini che ho frequentato, proprio in contrapposizione alla figura paterna».
«Perché tuo papà era molto severo?».
«Rigido come può esserlo un ufficiale di un'altra generazione, un padre padrone che voleva comandare anche in casa e non sempre aveva ragione». Era evidente che Nives non fosse tipo da farsi indirizzare la vita da nessuno, che la volitività fosse un tratto indiscusso del suo carattere «La mia mutazione aveva generato ulteriori attriti fra noi. Mio padre aveva difficoltà ad accettare ciò che non capiva e che non poteva gestire, figuriamoci in una figlia. L'abilità di creare e manipolare il ghiaccio non lo spaventava di per sé, lo disorientava perché era un'ulteriore prova tangibile che non potesse controllarmi e che ero, comunque, per scelta, differente da lui».
«Non è stato l'unico a reagire in modo negativo alla comparsa di una mutazione in un figlio, non lo sarebbe nemmeno adesso» Julia fu solidale. Sotto le manine prendevano forma i ferri di cavallo, uno accanto all'altro.
«Ho incontrato mio marito in età adulta; prima avevo avuto le mie relazioni, piuttosto deludenti, ed ero disillusa di poter trovare un compagno, l'anima gemella di cui tutti parlano. Lui altrettanto. Credo di aver accettato il suo primo invito per i suoi occhi profondi, che mi avevano colpito. Non avrei mai scommesso su noi due, come coppia e a lungo termine» le accennò al suo legame con il pilota, ma la sua mutazione rimase sullo sfondo della narrazione, sfumata di una colorazione trasparente.
«Attrazione fisica per il tuo bel moraccione? È affascinante pure ora. Come darti torto?» Fenice si riferì all'oggettiva bellezza e sensualità del marito, i cui lineamenti scolpiti ricordavano un dio guatemalteco in abiti succinti ai tempi della civiltà Maya e il cui sorriso serafico conquistava anche i più timidi. Era un uomo di saldi principi, legato alla famiglia, dedito al lavoro, non sbruffone nell'approccio agli altri, di poche ma essenziali parole. L'insieme delle evidenti doti era anche il motivo dell'amicizia nata con l'arciere, chiuso e introverso, al di là delle passioni comuni.
«Ci siamo frequentati, e semplicemente aperti a vicenda, fino a una conoscenza completa. Passo dopo passo, fra discussioni e momenti romantici, la relazione è diventata amore. I poteri, la mutazione, rappresentano uno dei miei tratti distintivi, al pari degli altri, e Poe li ha accettati, come io ho accettato i suoi. Semplice, no?» la casacca di seta azzurra, indossata senza grembiule, si era impolverata di farina; la eliminò con il dorso delle dita, facendola cadere a terra sotto il tavolo: più tardi avrebbero riordinato e spazzato.
«Credo di sì» Julia infornò la prima teglia, calcolando il tempo di cottura col timer da cucina a forma di ananas «A meno che alzando un sopracciglio tu possa disintegrare l'isola di Manhattan, me lo disse Clint l'unica volta che abbiamo discusso, testuali parole».
«Poi l'hai distrutta, Manhattan? Mi pare sia ancora lì, Fenice, non me ne preoccuperei troppo. Per di più sei in grado di controllare perfettamente la telepatia, non leggi le menti di chi ti sta vicino per sapere cosa pensa» prima di incontrarla, l'italiana si era chiesta cosa si provasse ad avere una simile attitudine, se si potesse tenere a bada la curiosità naturale di sapere cosa pensavano gli altri. Ma la purezza di Julia era tale che, in nessun momento trascorso in sua compagnia, l'aveva vista approfittarsi dell'abilità.
«Il mio mentore, Charles Xavier, mi ha aiutato a capire come riuscirci e, no, non leggerei la mente di un amico se non con il suo permesso. Di nessuno, ma di un amico o dell'uomo che amo, meno che mai. E' più bella la sorpresa, più gratificante, soprattutto se è positiva. E con Clint lo è tutto» leggere la mente di un altro essere umana sbilanciava il rapporto, era un male, quasi un peccato.
«A proposito di amore e di momenti romantici, vieni con me» Nives si diresse nella stanza guardaroba annessa alla camera padronale. Avevano almeno venti minuti prima di sfornare la teglia e un'idea geniale era passata per la sua testa. «Ho pensato» si interruppe, cercando fra gli abiti appesi ciò che trovò subito «che ti starebbe bene questo». Da un porta abiti di plastica bianca con la chiusura lampo, comparve un lungo vestito a balze, rosso amaranto, con la gonna scampanata e il corpetto senza spalline, sensuale e femminile. Il taglio sartoriale e la qualità lo rendevano identico a quelli che si vedevano sulle più famose riviste di moda indosso alle modelle.
«È bellissimo, ma dove potrei andarci? Organizzerai un ballo di gala anche tu?» Green rise, riflettendo che Ororo sarebbe morta stecchita per un indumento simile.
«Non scherziamo, Fenice. Predisporrai tu una cena per Clint, proprio sulla spiaggia, e io ti aiuterò. Domani sera andrò al cinema con Poe e Matias e avrai campo libero per un momento dedicato solo a voi. Dovresti calzare il vestito alla perfezione, era mio, di un paio di taglie fa» con la gravidanza e il passare degli anni l'italiana si era leggermente arrotondata ma teneva l'abito per ricordo: era un genere di capo che non si poteva dar via o vendere.
«Lo hai preso per un evento? Ho visto delle foto in soggiorno, dove lo portavi» Julia non aveva fatto domande, pur incuriosita, ricordando innumerevoli scatti suoi e del marito, in cui lo indossava, uno anche sul comodino della camera da letto in una cornice d'argento dalla forma rettangolare, proprio dalla parte di Nives. Poe era in alta uniforme, e la coppia ritratta sorrideva, particolarmente felice.
«Credevo che lo avessi capito. Per il mio matrimonio!» confessò la nuova amica, stupendola «Sono sempre stata anticonformista, lo fui anche per la scelta del vestito. Rosso come la passione, rosso come l'amore! Ebbi un'intuizione giusta: io e Poe, nonostante il tempo e le difficoltà di un matrimonio, fatto di alti e bassi, stiamo ancora insieme e ci amiamo più del primo giorno».
«Per questo nelle foto eri così contenta. Allora, davvero non posso accettarlo» era splendido, l'iniziativa di Nives altrettanto gradita, ma preferì rifiutare. Non poteva accogliere una proposta del genere, l'abito si sarebbe potuto gualcire o rovinare; il significato intrinseco non risiedeva solo nel pregio della stoffa o nel valore oggettivo, andava al di là.
«Devi, è l'abito della felicità, ti porterà tanta fortuna. Credimi, Fenice. Facciamo un patto. Lo provi e poi decidi, non discutere con me» secondo Nives era un vestito magico. Se Julia lo avesse indossato, avrebbe concordato che aveva ragione e, di conseguenza, avrebbe ceduto alla sua proposta. Insistette, a motivo, sicura delle potenzialità e del fascino misterioso e autentico del proprio abito da sposa.
«Una doccia calda e sono da te» Clint era appena rientrato da un intero pomeriggio di tuffi con Matias e Poe e si era diretto in bagno, tolta la salsedine da sé e dal cane con il tubo dell'acqua fredda del giardino «Vieni, Julia? Mi fai compagnia?» desiderava crogiolarsi con lei, massaggiarle la schiena con la spugna naturale e il bagnoschiuma all'ylang ylang fornito dalla proprietaria di casa, incollati nella vasca a forma di barca.
«No, mi sono già lavata» con l'aiuto di Nives la mutante aveva preparato la cena, che doveva solo scaldare. Si precipitò fuori, dove Dameron, ancora in costume e accappatoio, aveva allestito un tavolino quadrato direttamente sulla spiaggia e il figlio stava accendendo le candele alla vaniglia, posizionate a terra in contenitori cilindrici di vetro smerigliato, in un cuore che faceva da perimetro tutt'intorno al tavolino stesso «Grazie, grazie, ce la fate?».
«Sì, pensa a te e smettila di ringraziare, sei diventata un disco rotto. E che Barton plachi i bollenti spiriti. Sai come si dice in barese: Va' ccazze le rizze cu' cule ovvero vai a schiacciare i ricci di mare col sedere. E' un modo simpatico e stravagante per mandare a quel paese una persona» Nives arrivò, agguerrita per più di un aspetto, con le stoviglie per apparecchiare. Recava su un vassoio i piatti rotondi del servizio buono di porcellana ereditato dalla nonna materna, le posate d'argento finemente cesellato, i bicchieri di cristallo sfaccettato, un secchiello da vino con una pregiata bottiglia di vino pugliese, in cui si divertì a creare cristalli con le iniziali dei due commensali e cuori trafitti da frecce. Avrebbero refrigerato il vino a lungo: il ghiaccio che produceva con la sua abilità raggiungeva temperature bassissime e si scioglieva lentamente.
«I ricci, no! Va bene!» Julia corse in stanza, ciabattando sulle infradito di plastica. L'abito rosso, alla fine accettato, aveva la zip laterale e poté chiuderla da sola, sotto lo sguardo divertito di Lucky «Beato te, che hai un solo vestito di pelo». Evitò di indossare le scarpe, si spruzzò il profumo al mughetto e mise un nastrino di seta rossa fra i capelli, sopra la fronte, nascondendosi, mentre Clint, in accappatoio, rientrava in camera per vestirsi. Chiuse la porta, andò in spiaggia e lo attese.
«Julia, dove sei? Stai diventando antipatica a sfuggirmi» in jeans e camicia quadrettata verde e bianca, l'uomo la cercò. Sapeva che i Dameron uscissero per recarsi al cinema e aveva pensato di portare Julia a cena fuori in un ristorante consigliatogli dal restauratore.
«Segui il cuore, amore, c'è una sorpresa per te» la mutante aveva creato un tunnel di energia color giallo oro, che iniziava dal piccolo soggiorno e si spostava via via verso l'esterno, attraverso la porta. Più Clint camminava in direzione della veranda, più la scia si consumava, finché non si smorzò nelle mani di Fenice, che la riassorbì completamente.
«Che hai combinato? Come hai fatto? Sei bellissima!» l'arciere diceva frasi sconnesse, con gli occhi fuori dalle orbite allo spettacolo che gli si presentò.
Lucky era seduto sulla sabbia fra le due seggiole del tavolino approntato, con l'aria di chi la sapeva lunga. Julia si trovava all'interno del cuore di candele accese, con un vestito principesco, che gareggiava in magnificenza con quello di Giulietta.
Il rumore della berlina dei Dameron che si allontanava gli confermò del piano architettato dalla sua dolce compagna con la collaborazione dell'allegra combriccola. «Da dove esce quest'abito?». Avevano l'armadio in comune e il capo non passava inosservato, per la forma, il colore e la struttura a vistose balze. Le dette un bacio sulla scapola nuda, assaporando l'odore del mughetto del suo profumo, mescolato alla vaniglia sprigionata dalla candele. «Non è il tuo genere ma ti dona moltissimo, sei favolosa». Aveva visto l'indumento nelle foto del matrimonio di Poe e Nives e ne intuì l'ovvia provenienza. A Occhio di Falco non sfuggiva nessun dettaglio, nemmeno il più insignificante.
Una musica romantica suonava da un Ipod con piccole casse di diffusione, il primo brano di una playlist creata per il loro evento: un classico senza tempo, Stand By Me di Ben E. King.
«Siediti, amore, e servici il vino, è stato stappato da Poe» Julia tolse i coperchi ai piatti che avrebbero gustato per antipasto, già lasciati a tavola. La scelta enologica era caduta su un Briosé del Salento, della cantina made in Puglia della coppia che li ospitava. Le bollicine facevano la differenza, l'aroma fruttato e il gusto pieno rendevano il vino bianco adatto a un aperitivo dal tono ricercato ma anche per accompagnare il pesce.
«Questa caprese è una simpatica e originale rivisitazione della classica. Le fette di mozzarella e pomodoro sono state condite con una salsa marinata di origano, olio e sale, guarnite con foglie di basilico e non si alternano disposte sul piatto ma si sviluppano in senso verticale, creando una torretta. Me l'ha insegnato Nives» Green aveva imparato le ricette, semplici e d'effetto. Si augurò di fare bella figura.
La caprese doveva essere appetitosa sul serio, perché l'arciere, sempre premuroso, aveva scordato di spostarle la sedia e si era accomodato, fissando la pietanza.
«Alla nostra» Clint, perlomeno mesciuto il vino, alzò il calice per brindare con lei, facendo tintinnare i loro bicchieri. I ghiaccioli creati da Nives erano talmente carini che non resistette: ne mise uno in ciascuna coppa affinché potessero rimirarlo, per nulla preoccupato che alterassero il gusto del Briosé del Salento. Affondò la forchetta nella torretta di pomodoro e mozzarella, aiutandosi per golosità con un grissino integrale ricoperto di semi di finocchio «Questa mozzarella è squisita: è la bufala che abbiamo mangiato sulle pizze, viene direttamente dall'Italia» commentò, certo del tipo di formaggio dal sapore intenso.
«Esattamente, e Nives mi ha dato l'indirizzo del negozio di New York dove lo vendono, non è lontano da casa nostra» Julia, emozionata, prese solo un paio di bocconi di antipasto.
Lucky aveva posato il muso sulla sua coscia, sopra il vestito, e le faceva gli occhi dolci, assuefatto all'odore di cibo e speranzoso di riceverne un pezzettino.
«Sacco di pulci, se Julia lascerà la sua porzione, la divideremo. O forse no. È troppo buono per finire nelle tue fauci» Barton rimproverò il goloso golden retrivier.
«Non litigate mentre vado in cucina, ho il pesce in forno» in piedi, la bruna dette un bacio a Clint per recarsi a recuperare il secondo.
Aveva optato per i gamberi, uno dei crostacei più saporiti, serviti in una ricetta orientale stuzzicante, arricchita dai porri e dall'inconfondibile profumo dello zenzero. Li sistemò nei piatti e tornò verso la spiaggia al momento in cui il sole era esattamente a metà con la linea dell'orizzonte.
Un semicerchio si era già tuffato nell'oceano, l'altro restava fuori, dando un colore particolare alle increspature delle onde, una sfumatura fra il rosso intenso e l'arancio mediterraneo. Continuò a guardare lo spettacolo della natura finché l'arciere non le prese i piatti dalle mani, spostandole, stavolta, la sedia, per farla accomodare.
«Grazie, amore. Eravate affamati, non avete lasciato una sola briciola». Avevano spazzolato tutto e se ne compiacque, pure se aveva solo assemblato gli ingredienti sotto le preziose direttive di Nives.
«Era buonissimo e i gamberi sembrano meglio. Posso?» Barton ne afferrò uno dalla coda e lo mangiò in un morso, apprezzando la marinatura e l'aroma speziato e piccantino dello zenzero. Che i crostacei fossero stati puliti e sgusciati perfettamente era un valore aggiunto, che aveva permesso alla tenera polpa di assorbire gli aromi «Divini, mia Giulietta. Secondo me Romeo non ha mai mangiato una prelibatezza simile. Vero, Lucky? Julia, la sera del ballo, Tony mi disse che di fortunato non avevo solo il cane. Si riferiva a te e non posso che concordare col mio amico miliardario. Sei la mia fortuna; che tu abbia voluto frequentarmi, stare con me, accettare di vivere insieme è un privilegio» la sfiorò sulla mano, attraverso il tavolo, con le dita unte del condimento dei gamberi, gli occhi nei suoi.
«È la prima volta che cucino per noi, di solito lo fai tu che sei più bravo. Se il cibo preparato da me ti provoca questo effetto, mi adoprerò per diventare una cuoca provetta» stemperò la propria reazione emotiva alle parole di Clint, portando la sua mano alle labbra, le gote più rosse del vestito alla sincera lusinga.
«Cucineremo insieme. Sarà divertente e avremo un assaggiatore reale. Ho capito, ho capito, evitiamo sensi di colpa, cagnolone» l'Avenger fu costretto a cedere un gambero a Lucky. L'occhio molle non lo abbandonò per ogni singolo boccone, finché lui e Fenice terminarono anche il secondo e dovette placare l'appetito irrefrenabile dell'animale con un lieve rimprovero, per evitare si sentisse male. «Niente dolce, bello, è troppo corposo per te» il dessert era un goloso e raffinato tiramisù al pistacchio, versione irresistibile del classico dolce italiano al cucchiaio. Strati di savoiardi al caffè erano alternati in bicchierini con una morbida crema d'uovo, mascarpone e pistacchio. La goccia di rum era un tocco che rendeva il sapore della farcia più adulta; la granella di pistacchio, spolverata su ogni strato e in superficie, completava l'opera con un tocco di croccante.
«La crema di pistacchio di Bronte, una piccola città siciliana, è una vera specialità, l'ho spalmata sul pane. Regala al tiramisù un colore incredibile e una nota intrigante e irresistibile al palato. Che ne dici?».
«Sì, sì. È finito?» il Falco aveva leccato il cucchiaino con disperazione autentica, dopo aver divorato il contenuto della sua coppetta. Si era leccato i baffi, letteralmente, togliendo con la punta della lingua una punta di crema verde sul labbro superiore.
«No spoiler. Facciamo due passi sulla spiaggia?» gli propose. Era comparso uno spicchio di luna, sottile e pittoresco. Il cielo terso permetteva di vedere le stelle, con nitidezza.
«Certo, ogni tuo desiderio è un ordine» l'arciere ripiegò l'orlo dei jeans per evitare di bagnare la stoffa con la spuma delle onde del mare, e le tese la mano, incamminandosi con lei verso la battigia.
Julia usò l'altra mano per tenere sollevata la gonna.
Lucky tallonava l'Avenger, col pelo a contatto della sua coscia destra, asciutto del bagno precedente, per nulla intenzionato a tuffarsi ancora nell'oceano.
«Clint, ho ripensato all'idea di lasciare Lucky a Poe e Nives, e a Matias, soprattutto. Non credo di potere. Quando ho accettato la tua proposta di convivenza, ti ho risposto che sarei venuta a vivere con te e Lucky, di getto, appena pochi minuti dopo aver avuto dei dubbi sul fatto che il cane stesse meglio qui». L'istinto e l'affetto per il golden retrivier l'avevano convinta a non separarsene.
«Lo sapevo già, è il nostro cane» l'uomo la baciò sulla guancia, rasserenato della sua decisione «E ti ho mentito, quando abbiamo trovato il sacco di pulci. Non era vero che non avessi desiderato un cane, da bambino. Io e mio fratello Barney lo avremmo chiesto ai nostri genitori centinaia di volte, ma non ci fu nulla da fare. Mio padre, l'unico che portava a casa uno stipendio, si rifiutò con decisione» lo disse piano, con il cuore colmo di amarezza, sfiorando con la mente i ricordi che proprio Julia aveva rimescolato nel loro primo incontro.
«Me ne vuoi parlare?» lei, ugualmente, controbatté in un soffio di alito misto a un dolore che ben intendeva «Senza impegno, non sei tenuto a farlo, ma in fondo sai più tu di me a parole, che io di te. E anche se non volessi, sarebbe lo stesso, Falco, non cambierebbe nulla fra noi» la telepatia le aveva permesso di vivere la sua sofferenza sulla propria pelle ma riteneva che un rapporto sano si basasse sulla fiducia, sincerità e apertura reciproca. Proprio osservare il legame fra Nives e Poe le aveva tolto ogni dubbio in merito.
«Julia, io» Barton si fermò, indicando la sabbia più asciutta in una duna della spiaggia. Avrebbero, comunque, portato l'abito di Nives in lavanderia, e sedette a gambe divaricate lasciando che la mutante si inserisse fra le sue cosce, nella stessa posizione in cui aveva imparato a guidare. Guardarono entrambi il riflesso della luna sull'acqua, Julia in un'attesa preoccupata.
«Mio padre Harold era manesco, aggressivo, irascibile. Vessava me, mio fratello e mia madre, fisicamente e psicologicamente. Era un maledetto ubriacone e sfogava su di noi le sue frustrazioni, con ogni oggetto possibile, non solo con le mani» le cinghiate che suo padre distribuiva selvaggiamente ed equamente erano cicatrici rimarginate sull'epidermide, non nello spirito.
«Cercavo di tenerlo lontano dalla mamma e da Barney, ma non riuscivo fino in fondo. In qualunque modo... sai che un giorno si mise alla guida della nostra auto completamente sbronzo. Alle rimostranze di mia madre di soprassedere, reagì con un pugno nel suo costato. Pioveva, della pioggerella tipica che nell'Iowa preannuncia un temporale, la strada era diventata scivolosa. Uscì dalla carreggiata in una curva pericolosa, azzardata a una velocità superiore a quella del codice e che non poté gestire. Uccise mia madre».
Fu Julia, stavolta, a pensare che la voce appartenesse a un Clint tornato bambino o almeno ragazzino «Si trattò di un omicidio a tutti gli effetti, pure per la legge. Avevo sei anni e mio fratello cinque, finimmo in affido ai servizi sociali; eravamo piccini complicati e con un brutto passato noto a tutti, in una minuscola comunità, non trovammo con facilità una nuova famiglia. Ci accolsero per primi degli agricoltori, che usavano i ragazzini come braccianti. Riuscii a fare una segnalazione e tornammo in istituto, poi finimmo in un paio di case-famiglia, una peggio dell'altra, intanto che gli anni passavano ed eravamo cresciuti troppo in fretta» sospirò.
Julia aveva posato la nuca sulla sua spalla, il viso era rivolto verso il compagno. «Siete scappati».
«Siamo fuggiti, esattamente sette anni dopo la morte di mia madre, per salire su un carro del circo itinerante Tiboldt, venuto per pochi giorni nel paese dove abitavamo in quel momento. Per colpa mia: avevo visto un circense tirare con l'arco e mi era venuta una fissazione. Lo spiavo, lo idolatravo. Ci prese con sé e mi insegnò la sua arte; divenni un arciere eccellente, miravo come nessuno, persino da piccolino al Luna Park al tiro a segno, ho l'occhio di un falco nel dna. Il circense mi insegnò anche la disciplina della spada: non mi hai mai osservato utilizzarla ma sono molto bravo».
«Ti credo sulla parola» non lo spronò a proseguire; imprigionò le dita fra le sue, notando che Lucky non si fosse allontanato. Era seduto accanto a Clint, sembrava volesse appoggiarlo moralmente e che aspettasse anche lui la fine del racconto.
«Mio fratello lasciò il circo alcuni mesi prima di me. Io ne ero diventato l'attrazione principale; Barney, invece di esserne contento, si era ingelosito, si vedeva eterno secondo e non resse a una rivalità esistente solo nella sua testa. Comunque, scoperti i traffici loschi dei circensi, in cui volevano coinvolgermi, andai via, dopo un violento scontro fisico». La mutante era pallida, si scorgeva chiaramente pure nel buio della spiaggia. Il Falco ipotizzò che, a suo tempo, avesse visto nella sua mente che lo avevano picchiato a sangue.
«Finii ugualmente in un brutto giro, mi misi nei guai per aver rubato una macchina e venni contattato in prigione da Fury e Rogers. Steve, soprattutto, mi convinse a cambiare vita. La mia natura ribelle e anti-autoritaria strideva con la ferrea disciplina impostami da Cap; ciononostante, ho instaurato con lui un profondo rapporto di amicizia e rispetto reciproco. Il Capitano è stato ed è un punto di riferimento e d'ispirazione e mi ha aiutato a essere meno irruente, arrogante e sfacciato».
«Lo sei rimasto un pochino e mi piace. Solo sulle prime, poi viene fuori il vero Clint, quello di cui mi sono innamorata» gli occhi verdi lucidi di commozione, Julia si sentì di chiedere, pur sapendolo già «E Barney?».
«È morto» gli sfuggì, con disperazione «Abbandonato, in una strada di Philadelphia, accanto a un cassonetto, per una coltellata al petto. Avrei potuto cercarlo, avrei dovuto, ma ero tanto impegnato come agente dello S.H.I.E.L.D. da non aver avuto tempo che per una missione di seguito all'altra. Le accettavo, pure se ero esausto, per avere la mente piena solo di lavoro, per non pensare. Ho rinunciato al resto, a ogni genere di vita privata o di legame, cercando di scordare un passato che era esclusivamente un peso e un dolore, di cui mi vergognavo, finché non ho incontrato te». Lacrime amare scesero involontariamente dai suoi occhi, senza che ne potesse fermare l'avanzata, soldatini di un esercito di sofferenza e sfogo dell'anima.
Era la prima volta che Julia lo vedeva piangere: l'unica altra occasione era stata per la felicità del ballo a tema shakespeariano e per la rabbia, quando lo aveva placcato coi poteri nello studio di Charles. Si rivoltò, completamente, affinché il loro abbraccio divenisse una culla di calore e di amore «Mi spiace tanto. Non darti colpe che non hai; tuo fratello non è stato fortunato, per mille ragioni e , probabilmente, anche a causa delle sue scelte sbagliate. Tu, invece, come diceva Tony, sei stato più favorito dalla sorte e più abile a cercare un riscatto morale, una vita diversa. Sfruttiamo la fortuna vicendevole di esserci conosciuti, di amarci, per portare i nostri fardelli con serenità, per guardare insieme al nostro domani».
Si espresse con le parole che avrebbe voluto udire lei stessa, al posto dell'arciere, ragionando sulle proprie paure «Ci sarò io con te, Clint, sempre, non ti abbandonerò mai, perché so cosa significhi essere rifiutati da chi dovrebbe amarti e proteggerti. Te lo posso giurare su quanto ho di più caro». E quel qualcosa, quel qualcuno era molto vicino.
Lo sguardo andò prima a Lucky, che le si accostò, leccandole una mano, intuitivo e fedele, e poi proprio a Barton, che nascose il voltò nel manto cioccolato fondente.
Con il cuore un pizzico più leggero, acconsentì alla dolce, concreta e invitante proposta che la sua Giulietto formulò «Ho una scorta di fazzolettini di carta sul comodino e una coppetta di tiramisù al pistacchio in frigo; vogliamo dividerla a letto, stretti stretti?».
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