Capitolo 14 Di un esame superato e di una vacanza in North Carolina


Julia era sdraiata con la testa posata sul petto di Barton, spostata di lato, gli occhi chiusi, nella piccola camera della X- Mansion.

Clint la rimirava, al settimo cielo, esaminando nel dettaglio i suoi splendidi tratti somatici, le sopracciglia folte ad ali di gabbiano, il taglio degli occhi da gatta, il contorno delle labbra rosse e sensuali.

Sognava, Fenice, e lui non la disturbò né la interruppe, seguendo i rapidi movimenti oculari, cercando di immaginare quali sogni stesse facendo, sperando di esserne il protagonista indiscusso.

Si limitò a inanellare le ciocche scure dei capelli profumati di shampoo fra le dita, per qualche minuto, dovendo alla fine ammettere che la contingenza gli impediva di ragionare e di fermarsi dal toccarla; sfiorò con la punta delle dita il suo viso sulla guancia destra, per poi percorrerne il profilo fino alla punta del naso e all'incavo delle bocca socchiusa.

Le labbra dell'arciere si mossero verso il collo niveo, donandole piccoli succhiotti alternati a bacetti appassionati. Risalì verso il lobo dell'orecchio che suggette, percependo un leggero movimento e un gemito nella compagna.

Si stava destando, Julia, alle moine del suo Romeo, nel più bel modo possibile. La frequenza cardiaca aumentò, il respiro si fece più cadenzato. Il corpo reagì alla stimolazione affettuosa, la pelle si increspò, e la mutante si stiracchiò, inarcando la schiena e incrociando le braccia dietro la testa, in una posizione provocatoria in cui il gonfiore dei seni e il turgore dei capezzolini rosei spiccava maggiormente, nudo della coperta abbassata. Passò la punta della lingua sulle labbra, in modo inconscio «Buongiorno, amore» bisbigliò verso Barton, voltandosi per ricevere il primo bacio del mattino.

Le gambe cercarono quelle dell'Avenger in un incrocio che avvicinò i loro bacini, rivelandole l'evidente desiderio che era anche il suo.

«Ridimmelo ancora, Julia, chiamami ancora così» Clint non osò utilizzare esplicitamente il vocabolo, ma lei lo accontentò subito, con impeto, colpita dalla vocetta tenera che gli era uscita dalla gola, la voce di un uomo disilluso che non credeva più nei sentimenti e che aveva paura che ciò che stava vivendo non fosse reale, che la notte appena trascorsa potesse scivolar via come sabbia tra le mani «Amore, Clint, amore mio, è tutto vero».

Lo abbracciò, intrecciando le braccia dietro il suo collo, la plastica bianca e nera del bracciale al polso, specchiandosi nei suoi occhi felici, intrappolando il labbro superiore nel suo arco gioioso, strofinando i loro nasi, in un volteggio sempre più passionale.

Le orecchie le rimandarono soltanto tre parole, una litania continua e meravigliosa che le rimbombava nel petto e nel cuore. Ti amo, Julia.

«Piccioncini, Romeo e Giulietta, vi ho portato la colazione. La lascio ai piedi della porta. Clint, vieni a prenderla quando mi sarò allontanata, non vorrei che restassi scioccato» Raven aveva bussato alla stanza di Julia, certa che lei e Barton fossero svegli.

Al termine della festa gli Avengers erano tornati a New York sulla limousine di Tony senza nemmeno fare la mossa di cercare il collega che, salito al primo piano con la mutante, non ne era più ridisceso. Persino Charles aveva sorriso, compiaciuto di aver previsto in anticipo quanto sarebbe accaduto fra Fenice e l'arciere. E che quest'ultimo avesse trascorso la notte alla scuola non scandalizzava nessuno. Gli allievi erano abituati alla presenza di coppie che, fidanzate, dormivano nello stesso letto, e vivevano nella stessa stanza.

«Ho fame, amore, corri» Green lo spronò e lui si precipitò, convinto che in corridoio non avrebbe incontrato nessuno e che Raven si fosse già allontanata. Anche perché si era alzato senza coprirsi, nudo come un verme. Si affacciò alla porta, aprendola di pochi centimetri, il tanto per raccogliere da terra il vassoio d'argento ovale ricco di prelibatezze di un classico american breakfast.

Quando si rialzò - complice la spinta improvvisa e non calcolata di Lucky direttosi fuori dalla camera per sgranchirsi le zampe e fare i bisogni - lo sguardo incrociò due occhi gialli di pagliuzze dorate cangianti. Trattenne con forza i manici del vassoio per non farlo cadere dallo stupore. I topazi appartenevano a una creatura dalla pelle blu a squame e dai capelli rossi, la cui femminilità spiccata risaltava anche nell'altro suo aspetto più umano. «Ecco perché ti chiamano Mystica! Sei bellissima» si lasciò sfuggire alla vista del corpo flessuoso ed esposto alla sua disamina. Nulla era celato, l'epidermide grinzosa evidenziava ogni curva.

«Clint Barton, ti lascio in tronco» Fenice lo rimproverò simpaticamente, indossando una camicia da notte a minuscoli cuoricini rosa.

«Anche tu non sei niente male, hai un bel sedere». Santo cielo, il ragazzo umano di Julia aveva aperto la porta senza vestiti e, preso alla sprovvista, richiudendo l'uscio dopo la fuga imprevista del cane, aveva regalato a Raven la visione delle sue natiche.

«Julia, non dirlo neanche per scherzo, era un complimento innocente, mi è scappato» il Falco posò il vassoio a metà del letto.

«Lo so» gli carezzò la guancia «Sei stato carino a complimentarti ed è la verità» poi sbottò a ridere «ha ragione Raven, hai un posteriore da urlo, è solo questo il motivo per cui non ti lascio, Romeo» lo provocò, passandogli la tazza del caffè.

«Grazie, lo apprezzo molto, Fenice» Barton la schernì, assaggiando la pancetta croccante. La tenne fra le labbra dopo averne masticato un pezzettino e si sporse perché la mutante facesse lo stesso, unendo le loro bocche in un bacio alimentare.

Mangiucchiarono, baciandosi continuamente, con lentezza, fino a terminare la colazione.

«Che guardi?» Clint fissava al di là del vetro della finestra, nel parcheggio, dove era posteggiata la Dodge.

«Erik aveva fatto delle ricerche sull'auto, capito che era stata abbandonata a seguito di un furto. Si era interessato del progetto del restauro e aveva parlato con Charles perché gli studenti non restassero delusi di doverla restituire, me lo ha detto Xavier».

«Sì, ha rintracciato il precedente proprietario tramite le denunce di furto e l'ha convinto a vendere la Dodge al professore. L'ha pagata lui, Erik» Magneto aveva spiegato l'accaduto al suo vecchio amico, che, cercando nella sua stanza indizi per rintracciarlo, aveva, invece, trovato una busta con un considerevole numero di banconote di grosso taglio. Era posata sulla scrivania, in bella vista. Sulla busta Lehnsherr aveva scritto a penna Per l'acquisto della Dodge.

«È stato un bel gesto, e l'altro ieri sono arrivate le targhe, Hank le ha montate. Ora la macchina avrebbe bisogno solo di una rinfrescata alla carrozzeria. Conosciamo l'uomo giusto! Poe!» si voltò verso Fenice, accorato «Verresti con me in North Carolina? Sarebbe l'occasione per lasciargli la Dodge per il restauro. Sto pensando di accettare l'invito dei Dameron di trascorrere lì dei giorni di vacanza... con te, poiché senza la mia Giulietta non andrò da nessuna parte».

«Davvero, Clint? Oddio, che bello» non era mai stata in villeggiatura se non nei primissimi anni di vita con la famiglia che non aveva più. Se c'era da accompagnare Charles a eventi legati alla scuola e ai mutanti lasciava il posto a Raven, più spigliata e a suo agio nel mondo degli umani. Saltò giù dal letto per abbracciarlo «Sì, sì» si bloccò mentre si baciavano «Sei sicuro che non daremo fastidio a Poe e Nives? Magari il tuo amico l'ha proposto per educazione».

«Non credo proprio» la sollevò, stringendola dai fianchi «I Dameron hanno una casa sulla spiaggia e una dépendance per gli ospiti. Ho visto le foto e sembra un posto meraviglioso».

«Perché non ci sei mai andato prima? Ti ha invitato tante volte, lo ha detto all'autodromo».

«Sono un tipo solitario e non mi piace dare disturbo agli altri. Stare in una casa altrui con una coppia sposata con un figlio, da scapolo incallito e brontolone, proprio no. È più facile che venga Poe dalle nostre parti per il suo lavoro e l'autodromo o che io lo raggiunga alle diverse manifestazioni automobilistiche, in lungo e in largo per il paese» ammise.

«Quindi non conosci personalmente la moglie e il figlio?».

«No, ci parlo con la webcam, però; lei è molto simpatica, come può esserlo solo un'italiana. Gesticola più di te, preparati. Allora sei prenotata? Lo chiamo? Io, te e Lucky on the road, appena terminano le lezioni?».

«Non vedo l'ora» lo vezzeggiò sulle labbra, infilando le dita affusolate nella chioma color castagna, godendo della sua nudità, attraverso la stoffa sottile della camicia da notte dallo stile bambinesco «Ti amo».

«Io ti amo di più, soprattutto perché mi godrò il viaggio, comodamente, osservandoti guidare fino al North Carolina, magari con un paio di pantaloncini corti addosso alle tue splendide gambe». Fenice si era iscritta per sostenere gli esami di scuola guida: aveva superato i quiz della teoria col massimo dei voti e avrebbe dovuto affrontare la prova pratica il weekend successivo. Era preparatissima, essendosi dedicata a guidare la jeep di Barton che aveva continuato a darle lezioni nei ritagli di tempo.

«Sei troppo fiducioso che superi l'esame» lei, insicura, lo rimproverò «a parlarne così porta sfortuna».

«Sei nata per guidare; se non prenderai la patente sabato prossimo, smetterò di tirare con l'arco e te lo regalerò» Julia era bravissima nella guida, aveva solo bisogno di un po' di incoraggiamento per le sue paure ataviche.

«E poi che faresti tutto il giorno? Il baby pensionato?».

«Porterei a spasso il nostro cane, verrei a lezione, aspetterei che la mia Giulietta termini di lavorare, guarderei con lei film romantici da carie ai denti e le leggerei versi d'amore» aveva già in mente un programma intenso.

«Se molli il tiro con l'arco e gli Avengers, io mollo te sul serio. Possiamo fare tutte le attività dell'elenco nel tempo libero» non era immaginabile Occhio di Falco pensionato senza il suo arco.

«Non accadrà che tu fallisca» ribatté con convinzione.

E Julia Green aveva ottenuto la patente, il sabato seguente, come previsto da Barton, che l'aveva accompagnata all'esame di guida con la propria jeep su cui lei aveva sostenuto la prova pratica. Al termine del giro di prova, saputo l'esito, l'arciere aveva aperto il portabagagli del fuoristrada, dove era nascosto un mazzo di rose bianche comprato in anticipo, per festeggiare, e una bottiglia di champagne con due flûte, per brindare a un indubbio successo.

«L'esaminatore era abbastanza stupito, sembra che chi prenda la patente da adulto sia piuttosto imbranato alla guida» sciolta e tranquilla al volante della Dodge, la bruna, due settimane dopo, conduceva l'auto in direzione North Carolina, rammentando l'episodio.

«Aveva una faccia quando ho stappato lo champagne, vero Lucky?» l'Avenger, al posto del passeggero, si girò per chiedere conferma al golden retrivier. L'animale, accomodato su un telo a rombi che lo separava dalla tappezzeria del sedile posteriore, abbaiò, assentendo.

«Certo, perché Occhio di Falco lo ha quasi mandato all'ospedale con la sua mira micidiale. E meno male che mi aveva già promosso e dato il foglio che lo provava». Clint, preso dall'euforia, non aveva calibrato la traiettoria del tappo, che aveva mancato l'esaminatore per un soffio. «Tony se lo è fatto ripetere venti volte».

«Julia, quando il Signore ha distribuito la parola, Stark ha avuto in dono pure la mia e la tua, parla per tre e non bisogna dargli appigli per sfottere. Meno sa e meglio è» il Falco contemplò la sua Fenice alla guida. Non aveva indossato dei pantaloncini ma un morbido vestito di seta corto al ginocchio e senza maniche, di una fantasia sfumata verde chiaro e gialla. Quando cambiava le marce, l'orlo si sollevava fino a metà coscia, sensualmente.

«Bello il panorama?».

«Mi divido fra te e il paesaggio» le si avvicinò, posando la mano sul ginocchio e dandole un bacino sulla guancia destra «Quando sei stanca, ci fermiamo per un sosta, prendiamo un caffè e ti do il cambio» premurosamente si offri di sostituirla. La distanza fra New York e il North Carolina era di circa seicento miglia e l'avrebbero coperta in una decina di ore. Partiti all'alba, avevano previsto di arrivare a casa dei Dameron nel pomeriggio. A mezzogiorno Fenice era ancora alla guida, iniziata dalla scuola.

«Mi piace guidare, però vorrei gustarmi il mare» il percorso, controllato dalla cartina e studiato al pc, si sarebbe snodato più avanti in una strada che costeggiava le scogliere.

«Entra lì, c'è una pompa di benzina. Facciamo rifornimento, pausa idraulica e compriamo qualcosa da mangiare» indicò un benzinaio e Julia svoltò con decisione. Lasciò Clint alle prese con il rifornimento e si diresse all'interno della piccola tavola calda, un classico della ristorazione statunitense. Ordinò per entrambi, ma a portar via. Un hamburger con patatine per l'arciere, un french toast ripieno di prosciutto cotto e formaggio per lei, con due Coca Cola large. Pagando rifletté che la gastrite era un ricordo lontano, che da qualche settimana a quella parte riusciva a mangiare di tutto, senza bruciori o mal di pancia. Una parte del suo malessere era di natura psicosomatica: la felicità era stata la migliore medicina possibile per il suo pancino. Sorrise fra sé tornando dal Falco, con Lucky che girovagava nella stazione di servizio vuota «Sulla cartina è indicata un'area particolarmente suggestiva dove poter osservare il panorama a una decina di miglia, ho pensato che avremmo potuto mangiare lì».

«Ti quoto, professoressa Green, vado e torno» Barton si recò alla toilette, per mettersi lui al volante. Il cane si era sistemato ai piedi di Fenice, come faceva sempre quando guidava l'arciere «Lucky, se ci ferma la polizia, non ti darò le crocchette per almeno un anno per pagare la multa, mangerai pane e acqua» l'auto sportiva non permetteva il montaggio della rete di sicurezza prevista dalla normativa per il trasporto degli animali.

«Sfidiamo la sorte con audacia, mio Romeo» Julia intervenne. Avevano comperato la rete per la jeep dell'Avenger e sarebbero tornati in treno, ma per l'andata con la Dodge non avevano trovato una soluzione.

«Disse la mia Giulietta squattrinata».

«Ti sbagli. Non ne abbiamo parlato in precedenza ma ricevo uno stipendio, come insegnante. Nel periodo precedente alla laurea, Charles ha contribuito quasi completamente al mio mantenimento, perché mio padre non voleva avere a che fare con me, te lo dissi. Gli allievi che non hanno genitori perbene guadagnano qualcosina con i lavori domestici, per pagarsi un cinema o una pizza» gli spiegò, con amarezza.

«Mi spiace per tuo padre» Clint rallentò, prendendole la mano e tenendola sul pomello del cambio insieme alla propria «L'ignoranza sulle mutazioni lo ha destabilizzato: forse, se avesse scoperto in questo momento storico che la figlia aveva dei poteri, avrebbe reagito in modo diverso». Il senso di insicurezza e il terrore di essere tradita e abbandonata aleggiava su ogni fondamenta costruita dalla giovane mutante; Clint temette che non sarebbe mai riuscita a liberarsene completamente, nonostante la forza del sentimento che li stava legando.

«Non credo» finse che non le importasse «Prima dei dieci anni avevo una vita felice, i miei genitori erano amorevoli, affettuosi. Adoro il mare perché mi portavano in spiaggia tutte le estati e giocavo con loro, facevamo castelli di sabbia e lunghi bagni fra le onde, mi avevano insegnato a nuotare. Quando è comparso il mio potere e mia madre è morta, è finito tutto» aveva abbassato il finestrino e Lucky ci aveva posato il muso per godersi l'aria fresca che gli sollevava il pelo. La voce di Fenice proveniva dall'inferno dell'anima.

«È finita quella parte della tua vita, non la restante. Julia, amore, desidero che tu sia serena, durante questa vacanza. Che ti rilassi e ti riposi. Veniamo da mesi pesanti, ti sei dedicata agli allievi e alle ricerche di Erik, sostituendolo pure nel corso di Storia» fu quasi una preghiera, sincera e sentita. Green e Xavier si erano alternati con Cerebro per cercare di visualizzare i tre fuggitivi. Non li avevano rintracciati e secondo Hank era possibile che Magneto avesse forgiato degli elmi per i due potenziati, avendo a disposizione il proprio come modello. Manipolare i metalli era la sua specialità e poteva esserci riuscito benissimo.

«Clint» Fenice portò la sua mano alla bocca e la sbaciucchiò sul dorso «Sono di nuovo spensierata da quando ci siamo incontrati, così tanto che non credevo di poter essere mai più. Io ti amo, con tutta me stessa» gli gettò le braccia al collo, con attenzione, perché non si distraesse alla guida e lui l'accolse per pochi minuti fino al punto di osservazione da cui si vedeva l'oceano.

Il vento sferzava, tiepido, muovendo i flutti in spirali di schiuma bianca. Le illimitate spiagge erano scarsamente frequentate da pochi surfisti.

«Ti piace, Lucky?» il cane osservava incuriosito, arricciando il tartufo del naso «Sarà la prima volta che vede il mare? Chissà?» il Falco predispose la ciotola col pranzo del quadrupede, Julia gli versò l'acqua da una bottiglietta in quella speculare davanti al muso della Dodge.

«Non so, certo è che si divertirà. Gli animali soffrono meno il freddo delle persone, non avrà bisogno della muta» Clint aveva la propria, e gliene aveva regalata una nera e verde, oltre a delle pinne nello stesso abbinamento, per sfidare la temperatura dell'oceano che, a inizio giugno, poteva non essere sopportabile col solo costume indosso.

«Ti rubo una patatina, vuoi un morso di french toast?» infilò la mano nella busta per rubare una chips e gli offrì il suo sandwich fritto nel burro.

«Perché no? Da Nives godremo della cucina mediterranea che ha insegnato anche a Poe, più salutare e gustosa, per cui oggi chiudiamo i giochi con le schifezze» addentò il french toast, meritando l'ennesimo bacio. I capelli di Julia svolazzavano intorno al suo viso, il riverbero della luce diretta del sole aveva modificato la sfumatura dei suoi occhi rendendoli ancora più intriganti. Quando la guardava, innamorato perso, si aspettava di veder sbucare la fenice alle sue spalle.

«Che c'è? Che elucubra il cervello di Occhio di Falco?» lei intercettò l'espressione di quando voleva farle una domanda.

Clint staccò un pezzo del panino con l'hamburger con le dita e lo mangiò. Rispose con calma «Perché l'interconnessione fra noi è avvenuta solo la prima volta che abbiamo fatto l'amore?» arrossì, cercando una spiegazione logica «Lo domando perché non ci siamo risparmiati, e la nostra intesa è splendida. Non mi lamento, sono curioso». La connessione mentale non si era più ripresentata, dalla sera del ballo nonostante appassionati e caldi momenti fra le lenzuola.

«Non lo so, era la prima volta anche per tale aspetto. Il mio potere si è attivato talmente tanto che le nostre menti si sono scambiate a vicenda pensieri ed emozioni: secondo Hank e Charles perché ero particolarmente coinvolta, per qualcosa che è iniziato da me. Ti dispiace non sia accaduto più?» Fenice si era confidata con Ororo, che l'aveva convinta a chiedere a Xavier e McCoy. I due erano giunti alla conclusione appena esposta. Erano anche convinti che, se Julia avesse capito come gestire l'abilità latente in lei, emersa nel rapporto intenso con l'arciere, avrebbe potuto attivarla a suo piacimento.

«Un po' sì perché ho potuto sentire ciò che provi per me, che siamo anime gemelle» non si trattava del piacere fisico ma della percezione completa del suo amore «Julia, è stato il momento più bello della mia vita, quando ho scoperto che tu mi ami come e quanto ti amo io».

«Anche per me! Aspetteremo, forse riaccadrà o forse no» la inteneri' che avesse avuto un pensiero così dolce.

Senza commenti, terminato il panino, Clint si pose davanti a lei, spingendola giù verso il cofano dell'auto dove la bloccò fermandole le mani e la riempì di baci sul viso «Sai di french toast, golosona».

Non poté controbattere che pure Lucky saltò sul cofano e la leccò sulla guancia opposta a quella a cui si dedicava Barton «Soffoco, spasimanti, basta, riprendiamo il viaggio, non voglio ritardare per colpa vostra». Era emozionata, Julia, di presentarsi a casa di persone che non conosceva, umane per di più. L'ansia salì miglia dopo miglia, stemperata dalla magnifica visione del paesaggio. Fari marittimi, scogliere di ardesia, spiagge immense, la musica della radio dallo stereo, le chiacchiere dell'Avenger l'avevano distratta soltanto parzialmente.

«La bottiglia consigliataci da Stark e il pensierino per il bambino piaceranno ai Dameron?».

«La bottiglia è costata come un anno di stipendio di una persona normale, e la scelta è caduta sul bourbon perché è il liquore preferito da Poe. E Matias ha undici anni, non è propriamente un bambino, apprezzerà il Lego di Star Wars, fidati» l'arciere la tranquillizzò, esortandola a controllare la cartina «Stiamo entrando nella parte opposta al centro abitato della città, aiutami a trovare il numero civico della strada dei Dameron» le casette erano simili e coloratissime, delle nuance rosa, azzurre, blu e gialle pastello. Una villa, più spostata, corrispondeva all'indirizzo. Di legno bianco a due piani col tetto spiovente, le persiane verde scuro, la colonna del camino in mattoni cotti, spiccava per la grandezza. Una scaletta di legno conduceva direttamente alla spiaggia sottostante dal retro dell'abitazione che aveva due pertinenze.

A destra dello spiazzo del parcheggio una struttura simile a un hangar per aerei, in metallo dipinto di arancione con una scritta bianca Ala-X T-70, Nero Uno.

A sinistra una dépendance autonoma azzurra rifinita di bianco, destinata all'alloggio degli ospiti.

Il vialetto d'ingresso imboccato con la Dodge terminava in un'area adibita a parcheggio temporaneo. Poe non avrebbe mai permesso che le auto restassero a lungo sotto le intemperie e l'umidità tipica della costa, né quelle che restaurava - che trovavano posto all'interno del capannone - né le vetture della sua famiglia e degli amici.

«Sembra l'ambientazione di una fiaba» commentò la mutante. Sul porticato d'ingresso erano installate delle minuscole luci a led che si ricaricavano di giorno con i raggi solari e si illuminavano all'imbrunire.

Sul lato dei ciottoli bianchi del percorso fra il posteggio e la porta spiccavano piante dai fiori lilla, alternate a candele accese poste in vasi di terracotta vuoti «Sento un odore intenso, buonissimo, saranno i fiori o i ceri?» Julia scese dall'auto, aprendo lo sportello posteriore per Lucky.

«Sono le rose rugose provenienti dall'Asia, sopportano molto bene il caldo estivo delle località di mare grazie alla resistenza alla siccità e alla salsedine. Il nome deriva dalla particolare rugosità che possiedono le foglie della pianta, ma sono famose anche per il caratteristico profumo dei fiori» una donna dai lunghi capelli castani e un sorriso aperto scese i gradini della terrazza per raggiungerli. «Sono Nives» una lieve inflessione indicava i natali italiani, in un inglese perfetto senza accenti dialettali. Il fisico curvy, estremamente femminile, era messo in risalto dai pantaloni palazzo bianchi sfrangiati e dalla casacca nera, rallegrata da una collana di corallo rosso bamboo, conchiglie bianche e argento rodiato.

I sandali infradito di cuoio intrecciato di perline, anch'esse rosse, volarono sulle scale per accogliere i suoi ospiti.

Dietro di lei, timidamente, la testa di un ragazzino che le assomigliava nel volto come una goccia d'acqua, fece capolino, riscuotendo l'immediato interesse del golden retrivier.

«Lucky, con calma, però» Clint non poté fermare il quattrozampe: era già partito più veloce di una delle sue frecce, manifestando la propria simpatia con una leccata.

«Lui è mio figlio Matias, cioè quello che ne rimane» era finito sul pavimento, a metà dell'ingresso con il cane che lo coccolava, ma pareva esserne contento «Come sei bello, però».

«Occhio di Falco ha preso un cane! Me lo avevi detto, ma non potevo crederci, credevo stessi scherzando» Poe li raggiunse dal garage, salutando Julia per prima con due baci sulle guance, in un italico rito di benvenuto dai toni calorosi, divenuto consuetudine anche per lui «E' merito tuo, Fenice, se sta diventando normale?» scherzò, per metterla a suo agio.

«Non insultarmi, guarda che gioiello ti ho portato» l'Avenger gli strinse la mano.

«La Dodge è splendida, non ci vorrà troppo tempo a sistemarla, ma dovrete lasciarmela, come vi avevo anticipato, perché ho altri lavori da finire prima» l'occhio critico e professionale aveva subito notato che l'auto ritrovata dai mutanti fosse un tesoro.

«Pagheremo il tuo restauro fino all'ultimo centesimo, sia ben chiaro, i miei studenti hanno fatto una colletta» Julia tenne a precisarlo.

«Vedremo, signorina Julia. Vi va di vedere dove dormirete? Perché poi metterò Clint al lavoro» quasi minacciò Barton, cercando di aiutarlo coi bagagli senza riuscire.

Matias, seguito da Lucky, portò il trolley rosa della mutante e Barton la propria borsa morbida a spalla, l'equipaggiamento da sub e una pratica busta per l'indispensabile per il cane.

«Vi accompagnerà Nives» baciando la moglie sulle labbra, Dameron si accomiatò verso il retro dell'abitazione principale.

«Ragazzi, avrete il cottage a disposizione» un caccia da combattimento di metallo dorato era agganciato a un anello con una chiave «la criminalità è praticamente inesistente, noi lasciamo sempre le porte aperte. Vi consiglio di chiuderle per evitare che entrino i gabbiani alla ricerca di cibo o troppa sabbia se si alza il vento» la zona era tranquilla e lontana da New York, sotto tanti punti di vista.

«C'è un angolo cottura, per prepararvi i pasti o la colazione, e ho messo in frigo qualcosina, poi mi direte se avrete bisogno di una spesa diversa» entrata nel salottino all'americana, la proprietaria indicò i mobili della cucina e il frigorifero rosso di design, coperto di magneti che reggevano cartine e volantini delle attrattive turistiche della zona.

Un divano tappezzato a righe rosa e azzurre era stato posizionato al centro del soggiorno, davanti al grande camino di muratura, ai cui lati due librerie alte fino al soffitto piene di volumi fecero esclamare a Julia con le mani giunte «È un sogno».

Era chiaro che i Dameron amassero la lettura. Accanto a una delle finestre era posizionato un tavolino rettangolare antico. Il legno scuro era più rovinato nella parte in cui certamente veniva posato un computer portatile «Chi scrive? Tu, non Poe» Fenice lo intuì, facilmente.

«Mamma è una poetessa, una grande poetessa» Matias esaltò le doti letterarie materne. Da una scatola di cartone marrone su una delle mensole prese un libro e lo passò alla bruna. Il titolo era Anima nel vento. Di Nives De Giorgi (*). «E' una raccolta di poesie, la mia ultima opera. Puoi leggerla se ti fa piacere, so che insegni letteratura». (**)

«Sì, grazie, lo farò volentieri. Questo è il tuo regno e noi lo occuperemo per i prossimi giorni; come farai a creare?».

«Non preoccuparti, scrivo ovunque quando ho l'ispirazione, anche dal cellulare. Per di qua, vi mostro la camera da letto, e il bagno». Il letto imbottito di stoffa a coralli verde acqua richiamava lenzuola e cuscini, stelle marine dorate ricoprivano la parete sopra la testiera. Il resto del mobilio era laccato bianco, in puro stile Julia.

La vasca da bagno colpì Clint, invece. Era a forma di barchetta, con legno azzurro e marrone scuro, una vera sciccheria. Il lavandino, anch'esso di legno, aveva fatto parte dell'arredo della cabina di una nave.

«Grazie infinite, ci troveremo benissimo» Julia lo disse convinta.

Nives le sorrise, udendo da lontano la voce del marito che la reclamava «Papà ha bisogno della nostra collaborazione, Matias, muoviamoci».

Volle lasciare da sola la coppia; anche il golden retrivier, annusato in lungo e in largo per la casetta, preferì la compagnia della famiglia Dameron.

«Clint, qui è più bello di quanto pensassi» persino dal letto si vedeva la spiaggia di dune «La biblioteca è fornitissima, e Nives scrive, ti rendi conto?». La mutante aveva gli occhi luminosi di una gioia percepibile a pelle «E poi, più importante del resto, ci sei tu, amore mio» commossa, socchiuse le palpebre, temendo di perdere la sensazione che l'aveva invasa.

«È il momento di vivere appieno, Julia» ribatté il suo compagno, prendendola dai fianchi per un volteggio in tondo.

Fenice strizzò gli occhi chiusi, quasi resistendo a un'emozione nuova e straniera, mai provata, che trovò strada in un bacio appassionato al suo amore. Un'emozione strana. Quella che non avrebbe mai immaginato di saggiare in un luogo sconosciuto. Quella di essere a casa.

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(*) Il cognome di Nives è ispirato al Generale de Jarjayes, papà di Oscar François de Jarjayes, la mitica Lady Oscar.

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(**) Segnalo la meravigliosa raccolta della poetessa Nives_as_snow "Lacrima nel vento", che potrete leggere su questa piattaforma, sul suo profilo.

E' un piccolo omaggio a lei, dato che la vita o un dio o il fato ha fatto un omaggio più grande e generoso a me, mettendola sul mio cammino!


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