Capitolo 11 Di nuove riunioni, di un arciere brontolone e di un cane fortunato
«Vieni qui, sei troppo lontana» Clint sollevò Julia per i fianchi, mettendola a sedere sul ripiano della cucina, dove stava preparando la loro colazione.
A notte inoltrata, dopo innumerevoli baci e carezze che avevano fatto toccar loro vette di un immenso piacere vicendevole, le aveva dato uno dei suoi pigiami affinché non prendesse freddo. L'indumento era piuttosto grande per la sua taglia e forse fuori moda o da anziano, come gli aveva detto lei a suo tempo, ma la rendeva ugualmente bellissima. Lui indossava il proprio azzurro e Fenice uno analogo, verde, col colletto girocollo più chiaro, che richiamava il cannolé alle caviglie e ai polsi e poneva in risalto la sfumatura degli occhi.
«Non vado da nessuna parte, Falco» gli aveva sempre parlato nella mente, durante le ore della notte e al mattino, quando, destatasi, lo aveva scoperto a fissarla. Non aveva indagato: certamente si era svegliato prima o non si era addormentato affatto e aveva tenuto gli occhi puntati su di lei, gli occhi grigiazzurri ed espressivi che non la abbandonavano mai, emozionandola.
La proposta divenne ad ampio raggio e non se ne meravigliò «Resta qui con me per l'intero weekend, per piacere. Il mio nido è vuoto senza la sua Fenice» gli sembrò assurdo che non rimanesse lì. Al solo pensiero gli mancò l'aria.
«Certo» la bruna allungò le gambe e lo imprigionò a sé, ripiegando le ginocchia con i piedi incrociati dietro la sua schiena, le manine sul petto a giurare ciò che lei desiderava «Se mi prometti che mi coccolerai come stanotte».
«Promesso, ovviamente» infilò la lingua nella sua bocca per stuzzicarla, mentre con la mano destra girava le uova da strapazzare con un paletta di silicone.
«Potrei comperare un cambio di vestiti nei negozi qui sotto senza tornare a prenderli a scuola. Apprezzo il tuo pigiamino ma non posso indossarlo per tre giorni di seguito e neanche il vestito nero, ho pure le calze rotte» la lingua di Clint era dolce, gentile, sapeva del primo caffè del mattino che aveva bevuto, forte e amaro. Si crogiolò del sapore di buono, in una lenta spirale che interruppe per ascoltarlo con attenzione.
«Fenice, sei un'illusa se pensi che ti permetterò di lasciare il mio letto se non per andare in bagno. Sarò il tuo servitore, ti cucinerò piatti appetitosi e te li porterò su un vassoio, vedremo i film romantici che desideri, ti leggerò Romeo e Giulietta fino alla noia. Per queste attività non hai bisogno di abiti, il pigiama è più che sufficiente, forse superfluo, i tuoi vestiti saranno i nostri abbracci» l'altra mano le accarezzò la schiena nuda con complicità. Stava rasentando folli picchi di romanticismo: sperò di non apparire troppo stucchevole nelle sue manifestazioni affettuose.
«Ci sto, è un programma perfetto per noi. Aspetta, è il mio cellulare» la mutante, all'avviso, scese dal top della cucina e cercò in borsa. C'erano due messaggi. Il primo era di Charles, un invito a una riunione presso la X-Mansion, indetta da lui e da Nick Fury di ritorno dall'Europa; il secondo di Hank, che l'avvisava di aver riparato l'apparecchio acustico di Barton, recapitatogli la sera precedente da Natasha Romanoff. Li mostrò al Falco, che aveva preso in contemporanea il proprio smartphone, dove un analogo messaggio di Steve lo informava dell'incontro.
«Potrai udire di nuovo, con l'apparecchio acustico aggiustato e smetterò di parlarti nella mente; è una notizia eccellente e Bestia è un mago della tecnologia, auto storiche a parte» Julia si soffermò sullo sguardo deluso dell'arciere «Clint, si tratterà soltanto di poche ore da trascorrere coi colleghi; preparerò uno zaino e passeremo qui il resto del fine settimana fra cenette e film, come mi hai proposto un minuto fa. E poi» lei sospirò «dobbiamo parlare di quanto accaduto ieri, e se esista un modo per rintracciare Erik».
«Hai ragione, scusa» le uova erano pronte e le divise in due piatti, celando il suo rammarico. Avrebbe mantenuto la sua professionalità e si concentrò sulla questione di Magneto «Sei scettica che sia possibile perché indossava l'elmo, vero?».
«Tendenzialmente se lo porta è improbabile che si possa capire dove sia, anche attraverso Cerebro. Bisognerebbe stare connessi tutto il giorno, sperando che lo tolga. Ma persino per un telepate potente come Xavier o come me si tratterebbe di uno sforzo immane, vorrebbe dire guardare fra tutti gli uomini e i mutanti al mondo in cerca di uno solo di loro».
«Ho tentato» il professore, al limite della disperazione, sostenne la stessa tesi durante l'incontro organizzato nella sala annessa al proprio studio «ma non ho trovato tracce di Erik né dei due gemelli Maximoff». Aveva i capelli scomposti e indossava la tuta, messa in fretta e furia nel corso della notte, appena saputo del disastro. Erik aveva manifestato da sempre una sorta di ostilità per il genere umano e per i mutanti che non condividevano le sue idee ma, col trascorrere degli anni, e complici un insieme di eventi - fra cui proprio l'incidente in cui Xavier aveva perso l'uso delle gambe a causa sua - si era riavvicinato al vecchio amico e a una convivenza meno animosa con il resto dell'universo.
«Wanda riesce a manipolare le menti, certamente starà schermando la propria e del fratello. In teoria potrebbero trovarsi ancora a New York oppure in Bulgaria e sarebbe lo stesso» Julia intervenne, scoraggiata. Si era cambiata con un paio di jeans e una camicia rosa chiaro con i bottoncini di madreperla bianca a forma di fiorellino, prima di scendere alla riunione, con Ororo alle calcagna che aveva preteso i dettagli della cena e del dopo cena con Clint, oltre a quelli dello scontro con Lehnsherr.
Tony masticò tabacco dall'estremità del sigaro spento, con un'espressione di disgusto «Ho mobilitato i tecnici che gestiscono i satelliti delle Industrie Stark e dell'agenzia, fornendo loro le foto dei tre fuggiaschi. Con i programmi di riconoscimento facciale, forse, se facessero un passo falso o si esponessero, potremmo rintracciarli. Parliamo anche di un potenziato che si muove a una velocità sovrumana, le riprese saranno mosse» si esibì nella battuta del secolo in un tono più nervoso del solito.
Nick sistemò il bavero dello spolverino di pelle nera, che non aveva alcuna necessità di sistemazioni rivolgendosi ai mutanti presenti al tavolo «Secondo voi cos'ha in testa Magneto? Lo conoscete meglio di tutti, siete amici da sempre. Che ne pensate?».
Raven rispose, la mano in quella pelosa di Hank, presentatosi all'incontro con l'aspetto della propria bestiale mutazione «Erik è sempre stato fautore della causa mutante. Soleva ripetere la frase Mutante e fiero. E non che io personalmente non fossi d'accordo. Non mi vergogno di ciò che sono, né me ne sono vergognata in passato; nonostante l'avversione degli umani per la nostra razza, però, non li ho mai visti come nemici. Per lui, invece, era auspicabile una netta separazione».
«Se posso» Julia ricordò una conversazione di alcuni anni prima «Quando stavamo insieme mi disse che avrebbe voluto un mondo di soli mutanti, un luogo idealizzato di fratelli e sorelle lontano dal resto dell'universo popolato dagli uomini. Indicò il poster che ho in stanza, quello con la spiaggia di sabbia bianca. Credetti si riferisse a un'isola» forse non era un'informazione utile, lo riferì ugualmente. Era seduta accanto a Clint, finalmente tornato a sentire, e aveva infuso per entrambi due tazze di tisana, stavolta alla camomilla, zenzero e cannella. Gli toccò il ginocchio sotto il tavolo, e lui le afferrò la mano e la tenne nella sua, con fermezza, per rassicurarla e dimostrarle che le era vicino, con lo spirito.
«In fondo sarebbe ciò che hanno fatto Logan e Miriam, in modo molto differente e senza sotterfugi, quando il loro viaggio di nozze a Tamani Island è diventato a tempo indeterminato» Ororo ricordò Logan alias Wolverine, che aveva lasciato la scuola con la moglie, la principessa Miriam di Valleogra, detta Dark Arrow, per restare in un luogo incantato, lontano da battaglie e intolleranze. I due mutanti, entrambi dotati del dono dell'autoguarigione e della virtuale immortalità, unitisi in matrimonio, davano, comunque, frequenti notizie sulla loro felicità e sulla vita incantata nell'isola, diventata la loro casa definitiva. (*)
«Non possiamo fare il giro di ogni isola della Terra per scovarli. Temo un gesto improvviso e avventato, eclatante» Fury sollecitò Xavier.
«Il mio vecchio amico è razionale, un calcolatore. È stato un caso fortuito che abbia deciso di prendere lo scettro. Se non avesse saputo dei gemelli e della possibilità che Wanda era in grado di utilizzare la Gemma della Mente non si sarebbe mai mosso in modo tanto repentino e avventato. Probabilmente ha un piano più elaborato, differente da un'azione improvvisa e prossima. Stiamo all'erta, per quanto possibile».
«La pietra pulsa di un cuore interno giallo, emette raggi. Voi scienziati potreste mapparla?» Thor intravide una possibilità di rintracciarli attraverso la Gemma.
«Ad oggi non abbiamo uno strumento che legga la frequenza delle Gemme dell'Infinito, perché gli elementi di cui sono composte non sono fra quelli terrestri. Potremmo lavorarci insieme, Tony e Bruce?» il dottor McCoy si offrì di collaborare con Stark e Banner.
«Ovviamente sì, sarà un piacere» il fisico accondiscese immediatamente, Tony annuì «Buona idea, tentiamo ogni strada». Si erano perse le tracce dello scettro quando l'HYDRA lo aveva sottratto ed era stato recuperato per l'abilità degli agenti dello S.H.I.E.L.D. che si erano messi sulle tracce dell'oggetto magico.
«Un fronte comune contro un nemico comune. Mi spiace solo che sia Erik» Kurt si rammaricò. Aveva ammirato Magneto, uno fra i mutanti adulti più potenti, per la sua freddezza e autorevolezza, nonché per le lezioni di storia che non si stancava mai di ascoltare. Era un'anima tormentata, Lehnsherr, forse più di tutti loro ma non ritenne fosse una giustificazione valida per i suoi comportamenti. Osservando la vicinanza fra Julia e Occhio di Falco intuì che dietro il misterioso ammiratore della sua amica si celasse proprio l'arciere, che aveva inviato la pianta con i fiori a forma di cuore. Se ne rallegrò: Fenice era stata una delle poche ad aver accettato completamente il suo strano aspetto, sin dai primi momenti di conoscenza.
«Vi inviterei a giocare un po' con me, che ne pensate?» Hank fu subito seguito da Banner e Stark che commentò «Non ci crederai, McCoy, ma ho un'intensa vita sociale e una bellissima fidanzata che mi aspetta a casa. Dimmi che almeno nel tuo laboratorio si può fumare e mi renderai felice».
«C'è uno sgabuzzino per custodire i materiali per le pulizie, ha una finestra basculante, puoi andare lì. Intanto, accodati!» Bestia strappò il primo sorriso ai presenti, accomiatandosi.
«Io e Steve dobbiamo recuperare le energie dopo la nottata in bianco, potremmo aggiornarci a domani?» Natasha, a seguito della fuga di Erik e i Maximoff, aveva immediatamente cercato di raccogliere prove e indizi alla base degli Avengers, coadiuvata dal Capitano.
Avevano contattato sia Fury e i colleghi in trasferta sia Xavier e si erano recati alla scuola per consegnare a Hank l'apparecchio acustico di Barton, lasciando libero quest'ultimo e Fenice. Erano grati alla mutante di essere venuta in loro soccorso e, soprattutto, sapevano che Clint tenesse molto al loro appuntamento. Pareva saltato in maniera tragica a causa di Magneto, ma quando Rogers aveva visto la coppia baciarsi teneramente aveva concordato con Vedova Nera che avrebbero potuto contribuire a salvare la loro serata, forse non irrimediabilmente compromessa.
Era raro che uno dei sei Avengers avesse una relazione sentimentale stabile. Tranne Tony, che si era accasato da tempo con Pepper, per gli altri cinque i rapporti col sesso opposto si erano rivelati fallimentari. Thor, nonostante l'avvenenza fisica e i modi principeschi aveva difficoltà nel corteggiamento alle donne del terzo millennio, poco avvezze alle sue maniere sorpassate. Bruce era terrorizzato dalla sua ombra a forma di mostro verde, che immaginava manifestarsi nel bel mezzo di un appuntamento galante. Natasha risultava talmente aggressiva e volitiva che gli uomini scappavano a gambe levate dopo il primo aperitivo. Lo stesso Steve, catapultato dagli anni Quaranta direttamente nel mondo moderno, si sentiva inadatto agli approcci con presunte coetanee, troppo sciocche e superficiali. Occhio di Falco, infine, era timido e chiuso, a causa delle ferite del passato familiare, sfiduciato sull'amore su tutta la linea. Finché una Fenice dagli occhi verdi e dai lunghi capelli scuri non lo aveva placcato con la forza del pensiero sopra un tappeto persiano. Era diventato un po' meno brontolone, aveva ripreso a studiare e il viso si apriva in un sorriso ogniqualvolta la nominava. Ed era raro che sorridesse. Per cui il Capitano Rogers e Romanoff non avevano potuto che vestirsi da Cupido e regalare all'amico un po' di tempo libero.
«Non a domani, ma a lunedì» Fury capì l'antifona e li liberò, scambiata un'occhiata professionale col suo dirimpettaio Charles «Casomai avessimo novità, vi contatteremo. Grazie della collaborazione, professore, ti terrò costantemente informato».
«Perfetto, ti accompagno all'auto, Nick» la sedia a rotelle elettrica di Xavier lo precedette.
«Posso chiedervi un passaggio a New York? Ero venuto con Bruce, e credo che dormirà qui, visti gli occhi dolci che faceva al dottor McCoy» il principe domandò all'agente Barton.
«Ho un posto che mi avanza, ti porto io con piacere» Romanoff aveva preso la sua auto, un fuoristrada rosso fuoco comodo per cinque passeggeri, che avrebbe ospitato anche il direttore e Rogers.
Lesse un grazie sulle labbra di Clint che aveva aperto lo sportello della jeep per Julia. Steve era stato tanto cortese da passarli a prendere con il fuoristrada, saputo che Hank avesse riparato l'apparecchio acustico, affinché fossero autonomi negli spostamenti.
«Ti scrivo» la mutante lasciò Ororo con un abbraccio e si legò con la cintura di sicurezza. La borsa a zaino marrone depositata fra le gambe era il segno che avrebbe trascorso un'altra notte lontano dalla scuola. Alzò la mano, salutando il professore per dedicarsi solo a Barton «Hai parlato poco».
«Intervengo solo se ho qualcosa di intelligente da dire, per il resto ascolto. Vorrei contraccambiare la gentilezza di Hank, avrà lavorato al mio apparecchio acustico per tutta la notte» concentrato sulla guida, commentò il proprio atteggiamento e il miracolo compiuto dal dottor McCoy.
«Penseremo a un modo per sdebitarci, in fondo ti doveva un favore per la riparazione della Dodge. Ciascuno di noi ha dormito poco per un motivo diverso, noi due almeno per una ragione più piacevole. Attento, attento» strillò, alla vista di un cane di taglia grande sbucato sul lato destro della carreggiata che si accingeva ad attraversare.
Clint riuscì a tenere la vettura, sterzando e fermandosi nella corsia d'emergenza. Per fortuna il traffico era scarso, dietro non c'erano vetture e quella di Natasha, amante della velocità, lo aveva già superato da un pezzo.
La massa di pelo color champagne, in apparenza un incrocio fra un labrador e un golden retrivier, non si era affatto spaventata della frenata sull'asfalto e del forte rumore conseguente. Al contrario, era tornato indietro verso la vettura, dalla parte di Julia, posando il muso sul vetro del finestrino del passeggero.
«Sei tutta intera?» il Falco si accertò che la giovane fosse sana e salva.
Lei, incolume, nemmeno lo ascoltò, presa dal cagnolone «Oddio, Clint, lo avranno abbandonato? È ferito...». L'animale aveva l'occhio sinistro coperto completamente dalla palpebra gonfia e abbassata.
«Non possiamo prenderlo, Julia, non pensarci nemmeno» il tono della voce femminile era di una bimbetta questuante, si sentì suo padre nell'avvisarla, non un partner sullo stesso livello.
«Nemmeno mollarlo qui. Portiamolo dal veterinario più vicino, poi cercheremo il suo proprietario. Forse si è perso» aprì lo sportello e il cane le leccò il viso «Bello, sta giù».
«Diamine, puzza come un cassonetto dell'immondizia e no, non si è perso» si erano fermati in un punto della strada da cui non risultavano visibili abitazioni, a perdita d'occhio c'erano solo campi. L'animale aveva bisogno di un bagno per lavar via l'odoraccio e la terra da sotto le zampe. Il pelo era sporco in più punti e con fili d'erba incastrati fra le ciocche bionde.
«Ho sempre voluto un cane» Julia lo grattò sotto il mento con le dita, nel punto in cui avrebbe dovuto indossare il collare che non aveva.
Anche io e mio fratello, ma i nostri genitori non ce lo hanno mai voluto prendere. Mio padre diceva che eravamo già in troppi da sfamare. Barton rimandò indietro il triste ricordo e cercò di dissuaderla con un piccola bugia bianca. «Io no! E ora ti sta baciando al posto mio. Fenice, stamattina ti sei prodigata in tutte quelle moine e già mi sei infedele?» la guardò, disgustato: il cane aveva ripreso a leccarle le guance, rumorosamente.
«Stai zitto un attimo e usa la bocca per altro, arciere brontolone» Fenice si voltò di scatto e gli scoccò un bacio appassionato sulle labbra, punto che il cane aveva evitato. In fondo si trattava di una buona azione, usò la sua arma più efficace: i baci.
Barton la ricambiò con un sospiro e poi la fissò «Julia, non ho notato animali alla scuola e casa mia è davvero minuscola. Io e te non potremmo comunque tenerlo. Sei sicura?».
«Sì, non me la sento di lasciarlo qui. Facciamolo visitare, ti prego» il cane si era accucciato fra le sue gambe, schivato lo zaino, e li guardava, in attesa, puntandoli con il solo grosso occhio marrone scuro, il muso sul ginocchio sopra i jeans della bruna.
«E sia, cerca sul web, dal telefono, il veterinario più vicino» la invitò a chiudere lo sportello e lei lo fece con una nota di complimento «Sei il migliore! Grazie, Clint, non sai quanto significhi per me».
«Lo so, invece» rimise in moto, dirigendosi all'indirizzo dello studio veterinario che la mutante aveva reperito, uno dei pochi aperti di domenica, provvidenzialmente sulla superstrada per New York, all'uscita ovest.
Una giovane donna dai capelli rossi, il viso ricoperto di efelidi, li accolse già nella sala d'aspetto, preavvertita da Green «Sono la dottoressa McDonald. Vediamo di che si tratta, portatelo dentro».
Lo studio era semplice e classico: linoleum azzurro a terra, seggiole di plastica e portariviste nella saletta d'attesa, poster pubblicitari di prodotti per cani e gatti sulle mura, una parete divisoria con lo studio vero e proprio composta in parte da un vetro, la cui vista era oscurata da veneziane verdi tirate giù.
Il cane si era mosso da solo, immettendosi sala visita e saltando sul tavolo di metallo che troneggiava al centro della stanza.
«È molto intuitivo, ha capito che doveva salirci per essere curato» Julia gli fece una carezza sulla testa, a fianco del Falco, rigido e a braccia conserte.
«I golden retrivier sono una delle razze di cani più intelligenti e affettuose, è vero. Hanno un'ottima indole, vanno d'accordo coi bambini» confermò la veterinaria.
«Quindi non è un meticcio o un bastardino. Pensa appartenga a qualcuno?» Barton lo sperò.
La dottoressa indossò dei guanti di lattice verdi come la sua divisa e iniziò la visita «A giudicare dalle condizioni generali sembra star bene, è balzato sul tavolo con energia. No, non ha tatuaggio né chip sottocutaneo» spiegò, osservando accuratamente le zampe, il corpo, il collo e le orecchie «Non è raro. Spesso le persone acquistano dei cuccioli in occasione del Natale o del compleanno dei figli ma il regalo si trasforma presto in una tragedia. Il cagnolino, col trascorrere del tempo, perde le fattezze del pupazzo di pezza e si trasforma in un problema. Cresce di stazza perché diventa adulto, sporca in casa, non si vuole più sopportare l'impegno per gestirlo e portarlo a fare i bisogni e lo si lascia sul ciglio della strada o peggio».
«E l'occhio?» Fenice aveva teso la mano a Clint, che l'aveva stretta. Era fredda e sudata, la giovane pareva davvero agitata.
«L'ha perso, non ho la certezza se in un litigio con altri cani oppure per delle percosse ricevute, propenderei per la seconda ipotesi» la dottoressa disinfettò il bulbo vuoto più per precauzione che perché ve ne fosse un reale bisogno «È accaduto da mesi, la ferita si è cicatrizzata naturalmente. Il vostro cane ha circa un anno e mezzo ed è un bel ragazzo, leggermente sottopeso».
«Non è il nostro cane» il Falco lo sottolineò «Anzi, suggerimenti per trovargli un proprietario?».
«Agente Barton, ehm, l'ho riconosciuta dalla tv. È difficile piazzare un cane adulto senza un occhio e di grossa mole. Potrei darvi l'indirizzo del canile municipale, ma credo che ci passerebbe tutta la vita, nonostante il pedigree».
Gli occhi verdi di Fenice si velarono di commozione «Non lo prenderà nessuno, Clint, non possiamo permettere che accada, ti prego».
Abbandonato, disabile, un musetto che conquistava. Gli rammentava qualcuno di sua conoscenza: se stesso, mannaggia! L'Avenger borbottò «È un combattente, il cane. Però sporco in quel modo non viene da nessuna parte». I giovani mutanti avevano preso la Dodge per il riscatto morale di una vettura, figuriamoci se Fenice avrebbe desistito!
«Abbiamo un toelettatore, qui accanto, potrebbe lavarlo lui e passargli un antiparassitario; c'è pure un negozio per animali, se voleste comprare qualcosa, vi scrivo una lista» la veterinaria lo suggerì, mentre osservava la ragazza bruna riempire di baci il viso del suo fidanzato, per la felicità e la gratitudine.
«Grazie infinite» Fenice non smetteva più di mormorarlo.
«Prego, professoressa Green. Sai, vero, che pretenderò una ricompensa ulteriore per la mia bontà d'animo?» Julia era talmente entusiasta che non si era sentito di distruggere le sue aspettative né di deluderla. Con calma avrebbero cercato una soluzione alternativa per far adottare il cane.
Nel frattempo che il golden retrivier era a fare il bagno auspicato scelsero insieme un guinzaglio e un collare, due ciotole, una per l'acqua e una per il cibo, oltre che diverse confezioni di crocchette, dal negozio limitrofo «Costa più la roba per il sacco di pulci che la cena con l'anatra laccata» Barton si lamentò di nuovo, pagando il conto, dopo aver rubato alla mutante lo scontrino dalle mani.
«Sei un brontolone pazzesco, però. Facciamo così. O la smetti di lamentarti e accetti che Lucky venga nel tuo appartamento assieme a me per ottenere la tua ricompensa, oppure mi riporti indietro alla scuola e lo terrò lì, così tu trascorrerai il fine settimana solo e triste. Non vederlo come un ricatto, perché sai bene che desidero stare con te più di ogni cosa e sarebbe una punizione pure per me». Non voleva porgli un ultimatum ma a volte l'arciere era più testardo di un mulo. Seppe di aver toccato la corda giusta, udendolo annuire languidamente. «No, non se ne parla, avevi promesso che ci saremmo coccolati a letto senza pigiama tutto il weekend. Verrà con noi, Lucky, o come vuoi chiamarlo, uffa» si chiese se avrebbe mai potuto negarle qualcosa, per ciò che provava per lei, se sarebbe mai riuscito a dirle di no. Ebbe la strana sensazione di essere caduto in una sorta di incantesimo e di starci benissimo, sacco di pulci compreso.
«È Lucky, sì, un cagnolone fortunato. Sono certa che starà buono, Clint, non ci darà alcun fastidio, credimi» incrociò le dita, auspicandolo.
«Sul letto no, non esiste. Lucky, no, scendi, maledizione».
Arrivati a casa, il cane, tolettato, col pelo lucido e profumato, si era fatto liberare da Julia dal guinzaglio e aveva esplorato l'appartamento, incuriosito, e mangiato una dose tripla di crocchette.
La mutante si era tolta gli abiti per iniziare le coccole, entrando nel letto in attesa del Falco, che era andato in bagno a lavarsi mani e denti dopo di lei, e al suo ritorno aveva trovato Lucky al proprio posto, sopra il piumone accanto alla giovane.
«Non strillare» non era servito a nulla gridare, il cane era ancora lì.
«Strillo quanto mi pare perché nonostante la toeletta le sue zampacce e il suo pelo se ne vanno e se ne andranno in giro per le strade di New York che non sono poi tanto pulite. Julia, per piacere, lo abbiamo portato con noi ma questo è un limite igienico che non si può oltrepassare» era pronto per la sua dose di tenerezze, e la visione di Lucky sul letto gli aveva mandato il sangue al cervello.
Con le mani sui fianchi, nudo tranne che per i boxer bianchi di foggia demodé, inveiva contro il cane.
Fenice cercò di non ridergli in faccia per non offenderlo, poiché andava al di là del buffo «Va bene, ci penso io, cambiamo maniera. Lucky, tesoro, scendi, su, hai occupato il posto di Clint e lui è il proprietario dell'appartamento che ci ospita. Anzi, per il futuro ti consiglio di seguire ogni suo ordine o richiesta perché qui comanda lui, è Occhio di Falco, un vero duro» esortò con dolcezza il golden retrivier che obbedì, posizionandosi ai piedi del letto dal lato esterno.
«Ruffiano che altro non sei e pure tu, mutante cattiva» Barton doveva avere l'ultima parola persino con il quattrozampe.
Le mani di Julia sull'elastico della biancheria lo distrassero «Sei molto, molto carino, Clint, e sei stato tanto caro a permettermi di portare qui Lucky, non lo dimenticherò. Sarò brava a sdebitarmi, resterai contento». Le dita affusolate lo accarezzarono sulla sua virilità, nel modo zuccheroso e sensuale, tipico della mutante. Adorava accarezzare il corpo dell'arciere, in pochissimo tempo erano arrivati a un livello di intimità che non aveva vissuto mai con nessun altro, compreso Erik. Con Clint era tutto naturale e bellissimo. Disobbligarsi non sarebbe stato affatto un sacrificio.
Lui chiuse gli occhi alla moina, impazzito di desiderio, sbirciato il seno nudo della giovane, messasi a sedere, e la cui visione gli dava sempre un brivido. Il pensiero della prossima passione da condividere gli fece scordare del piccolo problema del cane.
«Contento è poco, professoressa». Si infilò di corsa sotto il piumone, scavalcando il golden retrivier, che alzò la palpebra destra, pigramente annoiato «Hai ragione tu. Lucky non ci disturberà, mi sembra il tipo che sa farsi gli affari suoi, un tipo alla Falco. Fenice, non ho pensato ad altro da stamattina se non a te, continuamente».
«Pure io, Clint, e non vedo l'ora di sdebitarmi» inarcò il collo per offrirlo alla bocca maschile, che lo riempì di baci, mentre le loro mani cercavano reciprocamente i fisici pronti per le promesse coccole, nel sottofondo del respiro pesante del già addormentato e docile golden retrivier.
💘
(*) Segnalo la bellissima ff di LadyAngelFanwriter "The Princess and the Wolverine", che cito con piacere, avendola letta a suo tempo e che vi invito a leggere; l'incrocio del mio lavoro con il suo (terzo crossover, è diventato un poker di fandom e di ff?) giustifica l'assenza di Wolverine dalla scuola.
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