Capitolo 4

«Ora ho compreso perché la principessa esiliata vi ha rifiutato.»

Seon si lasciò andare a un sospiro quando udì il commento di Kwan. Era improvvisamente diventato fastidioso e non se ne spiegava il motivo. Sollevò lo sguardo su di lui, mentre sedeva davanti a un tavolo quadrato, con la schiena appoggiata a uno schienale infilato su un cuscino basso.

«Perché? Voglio proprio sentire cos'hai da dire.»

Kwan sorrise furbesco e si avvicinò, chinandosi su un ginocchio. Con l'elsa della sciabola lo punzecchiò ad una spalla. «Le rughe. Siete così afflitto e concentrato quando leggete le lettere che vi arrivano, da farvi piegare la fronte in quel modo» indicò la parte che separava le due folte sopracciglia. «Dovreste rilassarvi, daegun mama

Seon ispirò a fondo, sfiorando la carta tra le mani, mentre lo allontanava affinché si sedesse lì accanto e si rendesse utile, magari versando del vino.

«Come posso farlo, Kwan? Il confine di Daeju non è sicuro, alcune città sono state saccheggiate e presto mio cugino, Hulan, riuscirà a entrare con le sue truppe di selvaggi.»

La loro famiglia aveva sempre creato problemi, soprattutto da quando era stato scelto suo fratello come erede al trono. Hulan aveva sperato fino alla morte del nonno reale di poter indossare la corona, ma la corte si era ribellata, perché era nato dal matrimonio con una principessa proveniente dalle tribù del nord. I ministri temevano che i selvaggi, prima o poi, avrebbero convinto Hulan a dar loro potere, a sfavore di Daeju. Alla fine, però, Hulan non aveva accettato la decisione della corte e da anni tentava di avanzare contro il regno, usando qualunque mezzo, dagli assassini alle armate.

«Se vostro fratello vi desse la placca delle armate reali, nominandovi generale, sarebbe ben diverso. Voi avete le capacità per affrontare grandi eserciti, sia in campo aperto che durante i saccheggi, ma il re si ostina a eleggere generale un uomo vecchio e insulso.»

Seon annuì, stringendo leggermente i pugni. «Ottenere il comando delle truppe reali è un onere gravoso. In passato, molti generali sono stati imprigionati per aver acquisito maggiore potere rispetto al figlio del cielo. Se io diventassi generale, Kwan, e riuscissi a sconfiggere Hulan, il popolo potrebbe...»

«Acclamarvi come un re» terminò la guardia, versando finalmente il vino di riso nella ciotola di legno. La locanda in cui avevano trovato ristoro era molto umile, ma a Seon andava bene così. «Tuttavia, in questo modo vostro fratello sta preservando solo il suo ruolo, mettendo a rischio il popolo.»

Una tale constatazione era rischiosa e Seon gli scoccò uno sguardo di rimprovero. «Se ti sentissero le orecchie sbagliate, saresti rinchiuso nelle prigioni del palazzo, e allora non ne usciresti che a pezzi.»

Kwan batté la ciotola sul tavolo. «Non sto forse dicendo la verità, daegun mama? Qualunque principe a Daeju ha sempre avuto un esercito privato, ma voi non potete difendere la vostra dimora, perché vostro fratello ve lo ha negato! E anche se prendete parte ai consigli di corte, avete un ruolo marginale, quando potreste essere un generale più valoroso di quel vecchio codardo che detiene ora il potere!»

Le parole dello zio Chin rimbombarono nella testa di Seon come un monito.

Capiterà anche a te.

No, impossibile. Suo fratello non avrebbe mai puntato il dito contro di lui. Seon lo aveva servito con ogni mezzo, con la testa china, e lo considerava un sovrano degno del suo nome. Nessuno dei due si sarebbe mai rivoltato contro l'altro.

«Vuole preservarmi, Kwan. Se avessi maggiore potere, i ministri cercherebbero di comprare la mia fedeltà, ma in questo modo posso difendere sia lui che me stesso» disse tutto d'un fiato, prendendo la tazza rimasta intonsa, e mandando giù il vino.

«Se questa è la storia che vi raccontate, chi sono io per far luce sugli errori?» sospirò l'altro, bruciando la lettera per precauzione. Andò ad aprire la grande finestra che si gettava su una strada secondaria. «Ormai è notte, daegun mama, non vorrete rompere la promessa con la vostra fidanzata?»

Vi era una leggera ironia nel suo tono di voce, ma Seon non vi badò. Nulla avrebbe potuto scalfire il suo umore, adesso.

«Xiăojiě

Qu la afferrò per le braccia prima che Ryung potesse crollare a terra. Esser rimasta inginocchiata  tutto il giorno davanti alle tavolette ancestrali, nella sala degli antenati, l'aveva indebolita. Non aver dormito durante la notte non era stato di aiuto.

«Sto bene, non preoccuparti» sussurrò Ryung, fissando il cuscino rotondo su cui era stata immobile così a lungo. Almeno glielo avevano concesso, solo per non mortificare la carne delle ginocchia, che altrimenti si sarebbe slabbrata.

Qu si asciugò le lacrime, non riusciva a smettere di piangere. «Mi dispiace, xiăojiě. È colpa mia se siete stata punita in questo modo. Farvi inchinare ad antenati che non sono ancora vostri, è stato deplorevole!»

Ryung posò una mano su quella della piccola dama, scuotendo la testa. «La mia futura suocera avrebbe trovato lo stesso il modo di punirmi. Non le piaccio, né condivide la scelta del marito, e ha voluto renderlo chiaro davanti a tutte. Anche le altre donne, quando verrò a vivere qui, mi tormenteranno.»

«Dovreste dar loro una lezione» borbottò Qu, mentre la aiutava ad uscire da quel posto ormai ombroso. Il cielo si era già oscurato, non si sentivano più i profumi della cena a cui si erano dedicati gli abitanti della casa.

Prima che potessero allontanarsi, Hexin comparve davanti a loro, seguito da alcuni servitori. Corse da Ryung e le afferrò entrambe le mani. «Ryung! Stai bene?» lanciò uno sguardo alle gonne sgualcite. «Mi dispiace per quanto accaduto. Quando ho saputo cosa era successo, ho provato a convincere mia madre a sciogliere la punizione, ma mi ha impedito persino di venire qui.»

«La mia padrona ha sofferto moltissimo!» esclamò Qu, parandosi davanti a lei. «Queste scuse non basteranno di certo.»

«Qu, moderati» la rimproverò Ryung, ancora una volta, poi chinò la testa. «L'errore è stato mio, sono stata ben felice di ricevere questa punizione. Ho imparato molto da essa.»

Hexin sembrò sollevato, rincuorato da quella risposta, così le strinse ancora le mani, con più dolcezza. «Sono felice di sentirtelo dire. Tuo padre è andato via prima che fosse servita la cena, mi ha chiesto di farti riposare qui. Ti ho fatto preparare una stanza dove potrai trascorrere la notte.»

Dunque, il suo futuro marito non l'aveva nemmeno difesa, non più del dovuto. Ryung sorrise di circostanza. In fondo, quale figlio sarebbe andato contro la propria madre? «Dovrei arrecare un tale disturbo? Preferisco tornare nella mia casa.»

Hexin si rabbuiò e le labbra si inclinarono in una smorfia scontenta. «Mia madre sa già che sarai nostra ospite per la notte. Ha ordinato che domani mattina ti fosse servita una colazione abbondante, per farti riprendere dal malessere della punizione. Non vorrai offenderla, andando via?»

In gabbia, ecco come Ryung si sentiva. Terribilmente in gabbia. Era nata come una principessa, ma viveva come una donna di rango comune, che doveva adattarsi al volere di altre famiglie. Questo la disturbava non poco, soprattutto che suo padre avesse deciso di lasciarla lì.

«Non oserei mai. Mi farò scortare subito nella mia stanza. Non ti dispiace se non mi intratterrò con te, vero? Sono molto stanca.»

Il ragazzo annuì, pur con una lieve patina di scontentezza. «Ci vedremo domattina.»

Una volta sole, i servitori della dimora Lan le condussero nella stanza che la futura suocera aveva fatto preparare per lei. Ryung sperò di poter trovare un momento di tranquillità, pur sapendo che non avrebbe dormito neppure quella notte.

«Ho bisogno di un bagno caldo, Qu, puoi occupartene?»

La dama annuì e corse subito fuori per accontentarla. Ryung si sedette sul bordo del letto rotondo, con i pugni chiusi. Detestava le umiliazioni, ma ancor di più dover dipendere dagli umori altrui. Inoltre, quella notte fuori casa le avrebbe impedito di incontrare Seon.

Era innegabile. Per tutto il giorno non aveva fatto altro che pensare al principe di Daeju, al fidanzato che avrebbe voluto al posto di Hexin. Sospirò, con un peso che le gravava nel petto. Era folle, se credeva di avere futuro con lui.






Le acque calde - come Ryung aveva immaginato - furono in grado di ristorarla, permettendo ad ogni agitazione di sfumare via. Affondò con il mento nel liquido cosparso da miriadi di petali di rosa, mentre Qu si ostinava a pettinarle i capelli con estrema dovizia.

«Stai ancora piangendo, Qu?» domandò alla dama, mentre si guardava intorno in quella stanza piena di luci e ombre. Le lucerne erano appese alle pareti, sul paravento pendeva la veste da notte insieme alla sopravveste di broccato.

«No,  xiăojiě» tirò su con il naso l'altra, terminando di passare il pettine sui nodi. «Deve essere entrato un moscerino negli occhi.»

Ryung ridacchiò fra sé, senza farsi vedere per non farla sentire in ridicolo. Si voltò verso di lei e le fermò una mano. «Vai a prendere un altro secchio di acqua calda, il bagno comincia a diventare freddo e non vorrei prendermi un raffreddore.»

Qu intinse un dito nella vasca e quando scoprì che era vero squittì: «Vado subito, xiăojiě

Quando fu sola, Ryung sospirò, giocando con i petali sparsi tra le acque. Un piccolo pensiero di Hexin, peccato che quella premura non sarebbe bastata a migliorarle l'umore.

Poi, lo scricchiolio di un passo la fece destare. Qu non si muoveva in modo così cauto, era sempre rumorosa, e a nessuno era stato accordato di poter entrare nella stanza. Ryung guardò subito verso lo specchio dorato che si trovava proprio davanti alla tinozza e quando vi riconobbe il corpo di un uomo vestito in nero deglutì a vuoto. Sfoderò il solo spillone di legno che aveva lasciato in cima ai capelli, si alzò di scatto e lo puntò alla gola dell'aggressore.

«Ryung, smettila con questi tentativi di omicidio!»

Seon?

Non poteva credere ai suoi occhi. Non lui, non lì.

Non appena Ryung si rese conto di essere coperta soltanto dai capelli che le scivolavano sui seni e dai petali che si erano attaccati alla pelle, arrossì e crollò subito giù nella tinozza. Si sentì improvvisamente inerme.

«Cosa ci fai qui?» lo rimproverò, preoccupata dalla situazione.

Il ragazzo si chinò sul bordo della tinozza, con un leggero rossore in volto. Doveva aver guardato, anche troppo. «Mi dispiace, non credevo di trovarti nuda...» si colpì le labbra. «Ero convinto che fosse la stanza da letto.»

«Questo non ti rende meno colpevole!» Ryung lo fissò con acredine, coprendosi le spalle e avvicinando i petali affinché non si vedesse nulla. «Pensi che lasciar entrare un uomo nella stanza di una donna nubile non mi svergognerebbe?»

«Io, Ryung, davvero...»

«Non balbettare, e passami quei vestiti! Sei uno sfrontato, avrei dovuto ucciderti la scorsa notte!»

Seon chinò di nuovo la testa e afferrò la veste da notte bianca abbandonata sul paravento. «Chiuderò gli occhi, te lo prometto» le fece segno di uscire.

«Non mi fido di te.» Ryung gli strappò di mano la veste e lo costrinse a voltarsi. Poi si sollevò dalla tinozza e uscì vestendosi in tutta fretta, sebbene la stoffa avesse iniziato a premere contro la pelle. «Puoi voltarti, ora.» Quando provò a fare un passo avanti, le ginocchia cedettero per il dolore.

Seon, che si era girato, se ne accorse subito. «Ieri sembravi stare bene, cosa ti succede?»

Se gli avesse detto la verità, di certo avrebbe scatenato in lui un fastidio tale da renderlo avventato e non poteva permettersi di mandarlo in escandescenza. «Solo un mancamento.»

Il principe si lasciò andare a una smorfia e, slanciandosi in avanti, le sollevò le gonne fino alle ginocchia, notando subito i segni sulla pelle.

«Cosa credi di fare?» lo rimproverò Ryung, scansandolo via, mentre si ricopriva affinché non osasse guardare ancora.

Lui, intanto, si era incupito a tal punto da aver perso il rossore sulle guance. «Sei stata punita» sibilò. «Chi è stato?»

Lo sapeva che sarebbe andata a finire così. Ryung non gli diede troppo conto e si diresse dietro il paravento, infilandosi una sopravveste gialla che chiuse con una fascia morbida. «Sarò parte di questa nuova famiglia, quindi...»

L'ombra del ragazzo si fermò dietro la carta di gelso dipinta con ombre nere, che richiamavano i bambù. «Non dovresti farti trattare in questo modo. Se fossi io, il tuo fidanzato, impedirei a chiunque di alzare un solo dito su di te.»

Ryung fissò i piedi nudi, stringendosi fra le braccia. Nonostante Seon fosse cresciuto, era rimasto lo stesso. Buono, leale e intraprendente. Non disse nulla a riguardo ed uscì lentamente da dietro il paravento, pettinando con le mani i capelli su una spalla, ancora umidi e gocciolanti.

«Rispondi alla mia domanda, perché sei venuto qui?» insisté Ryung.

Seon tornò a guardarla, con un sorriso più dolce e meno colpevole. «Ti avevo promesso che sarei tornato, ma quando ho scoperto che avresti dormito nella casa del generale Lan, ho deciso di venire lo stesso.»

«Sei uno sciocco» borbottò la ragazza, recuperando lo spillone di legno che infilò nei capelli, ma lui le bloccò il polso.

«Uno sciocco di cui conservi ancora il dono, a quanto pare.»

Ryung sospirò, liberandosi dalla sua presa. Si appoggiò alla tinozza, da cui aveva ormai non sbuffava più vapore. «Non posso darti ciò che vuoi, Seon, cerca di capirlo.» Questa volta usò un tono più sereno. Si era resa conto di come in quegli anni avesse preso a imitare il padre.

Il ragazzo la affiancò, appoggiandosi allo stesso modo. Incrociò le braccia al petto e la fissò di sottecchi. «Ho provato a dimenticarti, Ryung, anche con altre donne, ma non ci sono riuscito. Forse sono soltanto un folle, o un idealista, ma non riesco a convincermi che la mia vita possa andare avanti senza di te.»

Un moto di gelosia colpì Ryung allo stomaco, così forte da farle sentire la nausea arrancare in gola. Ciò le fece capire che teneva ancora a lui e che era ben felice di ricevere le sue attenzioni, nonostante lo avesse messo da parte per tanto tempo.

«Eravamo fidanzati da bambini, ma adesso siamo cambiati. Io non sono più la persona che ero prima. Potresti persino capire che non sono adatta a te» sbuffò lei, districando alcune ciocche con eccessiva forza.

Seon si lasciò andare ad una mezza risata, ponendosi di fronte a lei perché fosse costretta a guardare i suoi occhi lunghi e scuri. «Questo non è possibile.»

Ryung posò una mano sulla sua guancia. Si stavano facendo del male, in quel modo. «Stai solo perdendo tempo.»

Lui curvò le sopracciglia in basso, ne approfittò per baciarle le dita e stringerle fra le sue. «Non è forse il mio tempo? Decido io come usarlo, e so che vale la pena spenderlo per chi amo. Non mi arrenderò, Ryung, vedrai che...»

Qualcuno busso così ferocemente alla porta della stanza, che Ryung sobbalzò, come se si fosse risvegliata da un sogno. Oltre le porte comparve la lunga ombra di un uomo. «Daegun mama, mi dispiace interrompere le vostre confessioni amorose, ma non possiamo rimanere! Le guardie dei Lan si stanno avvicinando.»

Seon strinse un pugno, poi si voltò verso di lei. «Tornerò domani notte, ti troverò ovunque tu sia, Ryung.» Le sorrise furbescamente e le lasciò un bacio sulla guancia.

«Non osare mai più, non devi farlo!»

Inveire fu del tutto inutile, poiché Seon si gettò rapidamente fuori dalla stanza, come una nuvola sospinta dal vento. Ryung, una volta sola, crollò a sedere su un cuscino e premette il dorso della mano sulla fronte. Non poteva riceverlo in quel modo, doveva farlo desistere o cosa ne sarebbe stato di lei e dell'accordo di suo padre?

«Xiăojiě!» Qu entrò immediatamente nella stanza rimasta aperta, con un secchio di acqua calda. Il viso arrossato denotava una corsa affrettata. «Perché siete lì fuori, ho tardato troppo?»

«Sì, Qu. Non avrei dovuto mandarti via.»

Ryung socchiuse gli occhi, maledicendosi per esser stata tanto sciocca.

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