Capitolo 2
La stoffa rossa su cui correvano i ricami dorati formavano fiere fenici.
Ryung le osservava, capendo già quale fosse il loro significato: simboleggiavano il potere della regina. Non era un caso che il padre di Hexin avesse fatto preparare una veste simile.
«Non sembrate soddisfatta, xiăojiě!» pigolò Qu, fissando meravigliata la lunga veste nuziale. «Se fossi io a indossarlo, sarei la donna più felice del mondo!»
«Che lingua impertinente.»
Ryung si voltò. A parlare era stata Su, la primogenita del mercante Wei, l'uomo più rinomato della capitale. La fronte alta della ragazza, appena sporgente, denotava una certa sicurezza. «Dovresti tenere a bada la tua dama, Ryung, o finirà per credere di poterti dare degli ordini.»
Ryung accennò a un mezzo sorriso, mentre Qu apriva le labbra con sdegno, pronta a replicare. La bloccò subito, mettendola dietro di sé. «Hai ragione, Qu è ancora giovane e non ha imparato a stare al suo posto.»
«Dovresti prendere una dama con esperienza, ora che diventerai una donna sposata. Hai idea di quanto sia difficile vivere nella stessa casa con altre donne?»
Le parole di Su erano vere. Non aveva pensato, in effetti, a quella circostanza. Avrebbe dovuto ascoltare la suocera e le cognate, come ultima arrivata. Per fortuna, sapeva essere accondiscendente, prima di mettere del veleno nelle sue azioni.
«Io saprò difendere la mia padrona!» aggiunse Qu in un moto di orgoglio. «Sarei disposta a inginocchiarmi al suo posto ogni giorno per fare ammenda!»
«Quindi, credi che verrà punita perché mancante?» sospirò Su, facendosi avanti. «Di male in peggio. Dovrei istruirla nella mia dimora.»
Ryung sorrise cortesemente. «Saresti molto gentile, Su, ma così finirei per essere davvero mancante nel non aver istruito a dovere la mia dama e allora mio marito cosa penserà di me?»
Su si lasciò andare ad una mezza risata e annuì. «Alla fine, Ryung, sei sempre tu ad avere la meglio.» Si avvicinò alla veste e la sfiorò con delicatezza. «Ho scelto la stoffa migliore su ordine di tuo suocero, desterai stupore in tutta Shilan.»
Ryung deglutì a vuoto, con un gesto fece segno a Qu di nascondere la veste. Ne aveva avuto abbastanza. La dama, impettita, corse a sistemarla, lasciandole sole.
Entrambe si sedettero davanti ad un tavolo di legno finemente intagliato, su cui sorgeva un portaincenso a forma di fiore di loto, da cui sbuffava un aroma dolce.
«Sei la sola amica che ho, Su, perciò posso porti una domanda?»
«E in quanto confidente ti aspetti che risponda con sincerità» la incoraggiò la ragazza, muovendo la manica amaranto che scendeva lungo il braccio. «Cosa ti preme sapere?»
Non appena sopraggiunse una domestica con un vassoio su cui erano disposti dei dolci dal notevole spessore e delle tazze, Ryung aspettò di parlare affinché non corressero troppe voci nella propria dimora. La congedò subito, e fu Su a versare il tè in entrambe le tazze, mostrando la sua perenne eleganza.
«So che Hexin frequenta spesso il Lago del Cielo, la tua casa da tè, dunque credo tu abbia maggiori possibilità di studiarne il comportamento.»
Su mascherò una mezza risata con la manica, mentre gli occhi si riempivano di lacrime sarcastiche. «Non vorrai conoscere tutte le sue abitudini per sapere se si tratta di un uomo dignitoso? Quale giovane nobiluomo non si concede dei piaceri?»
Ryung rimase in silenzio e per un attimo si domandò come fosse diventato Seon. Nella sua mente era solo un bambino, niente di più, una vacua immagine che ondeggiava tra i pensieri. Doveva smetterla di esserne curiosa e relegarlo per sempre al passato. Presto o tardi sarebbero stati nemici. Inoltre, non poteva concedersi niente, se non sposare Hexin e accontentare suo padre. Non aveva altri mezzi per aiutarlo.
«Sei diventata così seria» borbottò Su, afferrando un dolce per morderlo lentamente. «Ad ogni modo, non dovresti preoccuparti. Quando Hexin viene al Lago del Cielo racconta alle sue conoscenze di quanto non aspetti altro che sposarti. Sei la donna perfetta per lui, a suo dire.»
«Eppure non faccio che pormi immensi dubbi» sussurrò Ryung, voltando lo sguardo verso le tende di mussola che si sollevarono al vento, davanti alle porte della stanza rimaste aperte, affinché entrasse maggiore luce. «Ho sempre desiderato vivere un amore profondo come quello dei miei genitori, perciò mi chiedo se con Hexin sia possibile. Lui sembra amarmi davvero.»
Ogni gesto era dolce e misurato. Se le fosse capitato di sposare un uomo più vecchio, o qualcuno con una pessima indole, sarebbe stata infelice per sempre. Doveva solo abituarsi a quella idea.
«Diffida dei grandi amori.» Su terminò di mangiare il dolce e sollevò la tazza di tè, nascondendo in parte il viso. «Mio fratello, per amore, è stato diseredato. Tutto per una cortigiana del Vaso di Giada, un luogo squallido che frequentava solo per lei. Adesso ha perso tutto e non so nemmeno dove sia, ma dubito che stia davvero bene.»
Ryung non aveva mai rivolto la parola a Liang, il fratello di Su, soprattutto da quando aveva sposato la figlia del primo ministro di Daeju. «E immagino che la moglie, quella ufficiale...»
«Scomparsa, chissà dove.»
Su mentiva, era evidente, ma Ryung non voleva conoscere davvero le questioni private degli Wei. Sorrise di circostanza e si alzò in piedi. «Ora temo di dover continuare le mie lezioni di calligrafia.»
La ragazza la seguì, spostando i lunghi capelli dietro la scia arancione della veste. «Non voglio rubare il tempo alla tua devota educazione.»
In realtà, Hexin sarebbe presto venuto a trovarla e lei sentiva il bisogno di prepararsi al meglio, per non sembrare così distaccata.
«Siete sicuro, daegun mama? I vostri occhi potrebbero avervi ingannato.»
Kwan insisteva sullo stesso argomento da quando si erano accomodati ad una locanda di Shilan, su un'ampia terrazza che svettava sulla grande strada al di sotto. Le lanterne colorate scendevano giù ad illuminare la via, mentre i rumori assordanti dei commensali disturbavano le orecchie di Seon.
«La riconoscerei fra mille, Kwan.» Seon non voleva essere scostante con la sua guardia del corpo, ma un improvviso moto di gelosia si era ancorato in gola, tanto da impedirgli di respirare correttamente. «Lei era Ryung, la mia Ryung.»
Dannazione.
Non appena aveva trovato la dimora di suo zio, ben più umile del suo rango, si era introdotto di nascosto nel cortile e, occultato da un pruno, aveva spiato ogni movimento. La donna che aveva visto non poteva che essere lei, sebbene tra le braccia di un altro uomo. Un povero idiota, robusto e affascinante, aveva osato tenere una mano attorno ai fianchi stretti di Ryung, mentre lei aveva appoggiato la guancia al suo petto.
«La vostra Ryung non sa di essere tale, temo, da quanto mi avete detto.»
Kwan si versò del vino di riso in una ciotola e lo ingollò in fretta, per poi scoccargli una rapida occhiata. I capelli lisci e ordinati - come un artista marziale doveva tenere - scivolavano sulle spalle come il manto di una foresta.
«Sono certo che sia costretta ad una recita» borbottò Seon, chiudendo un pugno. «Non può avermi dimenticato. Io e lei siamo legati dalla volontà del cielo.»
La guardia scoppiò a ridere in modo sguaiato, rompendo la sua compostezza. Scosse velocemente la testa e batté la ciotola vuota sul tavolo. «Non siete sin troppo sicuro di voi? I cieli non hanno tempo da perdere con i vecchi fidanzamenti, daegun mama.»
Ma lui ci credeva, ed era rimasto attaccato a quella convinzione per anni.
«Devo almeno tentare, Kwan. Lo devo fare per noi, se è ancora rimasto un barlume della nostra luce.» Seon si alzò in piedi, senza nemmeno aver toccato il vino. «Andrò da lei, devo impedire che si sposi.»
Kwan lo imitò, afferrando la brocca di vino per bere direttamente da essa. «Allora vi guarderò le spalle, sperando che non sia la vostra amata a pugnalarvi.»
Se la sua guardia parlava in modo così avventato era solo perché Seon la lasciava fare. In fondo, oltre lui, nel palazzo reale era impossibile sentire parole veritiere dalle bocche dei servitori, così come dei familiari.
Uscirono in fretta dalla locanda e tornarono nei pressi della dimora dello zio. Camminarono silenziosamente lungo le mura esterne e scavalcarono i tetti, coprendosi il volto con un fazzoletto scuro. Seon gettò uno sguardo nel giardino. Come immaginava, Ryung era seduta sotto la veranda con il mento appoggiato alle braccia e lo sguardo rivolto alla candida luna. Sin da bambina si comportava in quel modo: di giorno una perfetta principessa, di notte una ragazza normale, piena di sogni. Ed era incredibilmente bella. Il viso ovale, dalle guance leggermente gonfie, era pallido e privo di trucco. Solo un belletto rosa illuminava le labbra. Nessun orecchino pendeva lungo il collo, il carboncino non passava sulla linea delle palpebre e i capelli neri erano raccolti in una folta treccia abbandonata sulla schiena.
«Ora capisco perché vi affannate tanto a riprenderla con voi» commentò Kwan, in un modo che a Seon non piacque. Difatti, lo colpì con un pugno alla spalla.
«Modera i tuoi pensieri, o ti farò davvero tagliare la testa, oltre che la lingua.»
Kwan soffocò una risata e annuì, indicandogli di scendere giù. «Andate, prima che si decida a rientrare nelle sue stanze. Sembra che i servitori siano tenuti a distanza in questa casa, ma farò in modo che nessuno si avvicini mentre siete da lei.»
Seon sorrise e balzò giù dal tetto usando il qingong. Si guardò attorno, tutto sembrava tranquillo. Solo una lanterna era stata lasciata su un tavolo basso, quello usato per il gioco del go, che illuminava parte del viso di Ryung. Seon si nascose dietro un pilastro della veranda, doveva prendere coraggio e...
«Chi ti manda? Il re di Daeju?»
Una lama affilata si spinse sotto il fazzoletto nero. Seon si voltò e incontrò lo sguardo di ghiaccio della donna che amava. Doveva essersi esercitata molto per essere così sensibile a ogni minimo rumore.
Seon abbassò il fazzoletto, senza allontanare il pericolo del pugnale dalla pelle. «Non mi riconosci, Ryung?»
La donna sollevò un sopracciglio, ma non abbandonò la presa, che anzi si fece più incisiva. Un rivolo di sangue scivolò sul collo, ma Seon non se ne preoccupò.
«Se anche ti conoscessi, cosa di cui dubito, non ti lascerei vivo. Sei entrato qui di soppiatto, come un assassino.»
La sua voce era così perentoria, ma vi erano ancora tracce di dolcezza in essa. Nonostante fosse cambiata, vi era qualcosa del suo passato in quegli occhi aspri.
«Eppure ti ostini a minacciarmi, senza tagliarmi la gola» sussurrò lui, afferrandole il polso per allontanarlo. Con un gesto veloce le bloccò la schiena contro il pilastro, sovrastandola con la sua altezza. Sfiorò uno spillone di legno che emergeva dalla cima della treccia, su cui erano inserite due perle dalle sfumature celesti. «Dopo tutti questi anni, non solo hai conservato il mio regalo, ma continui a indossarlo.»
Ryung abbandonò la forza nella mano armata, le sopracciglia si curvarono verso il basso. Quasi non riusciva a guardarlo negli occhi. «Seon.» La luce nello sguardo si spense lentamente. «Sei tu, non è così?»
«Sono qui per...»
«Vattene.»
Seon non fece in tempo a replicare, o a dire una sola parola, che Ryung lo spintonò via, liberandosi dalla sua presa facilmente. Non si era quasi accorto di come ci fosse riuscita.
«Perché vuoi mandarmi via? Io non ti ho dimenticata, Ryung, e so che nemmeno tu lo hai fatto.»
«Come puoi crederlo, solo per questo?» la donna sfilò subito lo spillone dalla treccia e lo scagliò sulla veranda con forza, rompendo anche una parte del cuore di Seon. «Non era altro che un comodo gingillo, niente di più. Io e te non abbiamo più nessun legame.»
Lo stava respingendo in modo così brusco, e lui non riusciva ad accettarlo. Si fece avanti, scuotendo la testa. «Sì, invece.» Le afferrò la mano e la costrinse a sciogliere la presa sul pugnale, che cadde ai loro piedi. «Non mi arrenderò così facilmente, Ryung.»
«Invece dovreste, o taglierò la gola di questo imbecille.» Seon si voltò di scatto all'udire della voce cinguettante. In giardino era appena comparsa una ragazzina dal viso pulito e ombroso che teneva uno spillone appuntito contro la gola di Kwan, il quale si lasciava manovrare come un burattino.
Cosa stava facendo quello sciocco? Avrebbe potuto liberarsi con un semplice movimento!
«Daegun mama, ci tenete alla mia vita, vero?» mormorò la guardia, con un tono di falso tremore.
Seon roteò gli occhi al cielo. «Lascialo andare, subito.»
La ragazzina diniegò con il capo. «Non so perché la mia padrona non vi abbia ancora ucciso, sarà per il vostro bell'aspetto?» si morse le labbra. «Ciononostante, io non mi farò comprare dal vostro fascino. Se non ve ne andrete via subito, urlerò, e il giardino si riempirà di soldati! Allora non avrete davvero scampo.»
Ryung annuì alle sue parole e poi fissò Seon, con quella che gli parve nostalgia. «Qu ha ragione. Vi lasceremo andare, ma se insisterete, non potremo fare altrimenti.»
Seon strinse i pugni. Non era così che doveva andare. Si inumidì le labbra e contorse i pugni con rabbia. «Per questa notte farò come mi chiedi, Ryung.» Si chinò a raccogliere lo spillone e glielo lasciò fra le mani. «Ma domani tornerò di nuovo.»
Non sarebbe stato debole, ma determinato. Sapeva che Ryung lo meritava e non avrebbe permesso ad un uomo qualunque di prenderla con sé. Sfilò accanto a Kwan, che intanto ridacchiava come un bambino.
«Qu, ti chiami così?» disse alla ragazzina. «Credo sia il momento di lasciarmi andare, ma sembra che ci vedremo presto.»
Lei, adirata, lo spintonò lontano.
Seon non perse tempo e gli fece segno di uscire dalla dimora. Entrambi saltarono sul tetto, ma non se ne allontanarono.
«Perché non ti sei liberato? Con una mossa soltanto avresti potuto bloccare i punti energetici di quella dama» rimproverò la sua guardia.
Kwan inspirò e scrollò le spalle. «Siete stato troppo frettoloso, daegun mama, vi ho salvato da un evidente rifiuto. E poi, quella ragazzina mi era simpatica, volevo farle credere di avere qualche capacità più di me.»
Seon sbuffò alle sue parole e contrasse i muscoli del volto. Gettò uno sguardo verso la veranda illuminata dalla lanterna lasciata sul tavolo. Ryung era ancora lì, insieme alla sua dama, e lo guardava con lo spillone tra le mani.
Le sorrise, provocandole una girata di spalle.
Non importava: non si sarebbe arreso finché non l'avesse di nuovo conquistata.
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