7. Atterraggio di fortuna
DUNCAN
«Duncan! Fa' qualcosa, per la miseria!»
Se l'istruttore non mi avesse chiamato col nome proprio anziché con quello dell'aereo, probabilmente oggi non sarei qui a raccontarlo. Mi riscossi e riuscii a guadagnare un barlume di lucidità, sufficiente a farmi rendere conto che in meno di un minuto mi sarei sfracellato al suolo.
Valutai rapidamente la situazione: il motore stava perdendo potenza e non riusciva più a tenere teso il patagio. In balìa del vento, la membrana alare si stava sbrindellando, seminando nella mia scia una miriade di frammenti, che si mescolavano al fumo dei meccanismi danneggiati. In qualche modo, pur nel blackout dovuto al panico, ero riuscito a mantenere in assetto il mio veicolo, ma le ali erano troppo mosce per manovrare: senza l'adeguato spunto da parte del propulsore, si sarebbero afflosciate su sé stesse, o peggio ancora avrebbero potuto spezzarsi.
C'era una sola possibilità: i jet per le evoluzioni ad alta velocità.
Solo i Fuchi acrobatici erano dotati di questo accessorio, che assicurava una notevole accelerazione, anche se solo per qualche breve momento. Esitai, col dito a meno di mezzo granello dal pulsante: se un proiettile aveva compromesso una delle camere di combustione, sarei saltato in aria all'istante con tutto il velivolo. Ma non c'erano alternative. La scelta, in fondo, era semplice: una morte probabile schiacciando il bottone, oppure una morte certa sfracellandomi al suolo.
Entro pochi secondi avrei superato il punto di non ritorno, oltre cui niente avrebbe più potuto impedire lo schianto.
Almeno morirò in aria, pensai azionando il comando.
Venni catapultato avanti con una tale potenza che l'inerzia mi schiacciò contro il sedile, togliendomi il respiro.
Guardai con apprensione le ali flettersi all'indietro, aspettando di sentire sopra ogni altro rumore lo schiocco secco della struttura che si spezzava. Invece il vento le gonfiò, ed esse ripresero a cavalcarlo, tendendosi ancora una volta.
Non avevo bisogno d'altro! Evitando i movimenti bruschi, manovrai la cloche per raddrizzare l'aereo. Mi produssi in una parabola perfetta, sfiorando la superficie a non più di un paio di steli. La spinta si esaurì circa a metà, ma ormai non ne avevo più bisogno: inclinai le ali in avanti, portandole in posizione quasi verticale, e puntai il muso dell'apparecchio verso l'alto.
L'intera struttura fremette, rallentando.
Feci scendere il mio Fuco mantenendo l'inclinazione, in modo da atterrare con la parte posteriore. Al contatto con il suolo, la sezione di coda si sbriciolò, letteralmente. Premetti il pulsante di arresto d'emergenza del motore, che riduceva il rischio di incendi. Una delle ali sferzò il terreno, e l'intero aeroplano fece una giravolta su sé stesso, frantumando completamente ciò che restava delle ali e scaraventando ovunque frammenti di carlinga e di membrana alare.
E poi, finalmente, si fermò.
Non ero morto!
Mi avevano sparato addosso, e non ero morto.
Avevo azionato i jet su un aereo ridotto a uno scolapasta, e non ero morto.
Ero atterrato senza motore, e non ero morto.
Non avrei potuto mai più dire la mia battuta: a quanto pare, la fortuna non serve solo ai mediocri. E a volte può fare la differenza.
***
Quando provai ad aprire il portello, scoprii che era stato incastrato dall'impatto; tutto sommato, comunque, non ne avevo bisogno: il cristallo anteriore era andato in mille pezzi. Scavalcando il quadro comandi, scivolai lungo la carcassa del mio mezzo.
Nessuno era più sorpreso di me dal fatto che, dopo tutto ciò che era successo, fossi sceso dall'aereo sulle mie gambe. A stento mi reggevo in piedi per l'adrenalina, e dovetti incrociare le braccia per nascondere l'incontrollabile tremore che si era impossessato delle mie mani.
Mi guardai intorno: nessuno della mia squadriglia volava più, dovevano essere tutti atterrati... Oppure abbattuti. Cercai di non pensare a quell'eventualità.
Due Fuchi da guerra stavano per decollare, quasi sicuramente con un equipaggio di veterani, stavolta. I ricognitori intanto sorvolavano a bassa quota l'area da cui erano partiti i colpi, facendo stormire la fitta vegetazione.
Il campo di aviazione era un unico e indistinto brulichìo di gente in preda al panico: chi si era riparato dietro ai chioschi enogastronomici, chi si accalcava all'ascensore per fare ritorno alla sicurezza dell'Alveare, chi ancora vagava senza meta, in preda all'agitazione.
«Eccoti qua!» Hudson sbucò praticamente dal nulla e mi afferrò per le spalle «stai bene? Ero...» Poi non riuscii più a sentire nulla, perché il Fuco più vicino diede gas e cominciò lentamente a sollevarsi, nascondendo tutto col suo fortissimo ronzìo.
Istintivamente ci abbassammo un po', premendoci le mani sulle orecchie.
«Ho temuto il peggio!» Esclamò il mio amico, appena gli fu possibile farmi arrivare la sua voce.
«Anch'io» ammisi.
«Ti ho trovato!» berciò una voce che conoscevo fin troppo bene. «Spero per te che tu sia morto, o almeno invalido! Altrimenti rimpiangerai che non sia così!» concluse O'Brian.
«Sergente... Io...»
«Non voglio sentire una sola parola!» ringhiò l'altro di rimando «farò in modo che tu sia consegnato in caserma per il resto dei tuoi giorni!»
«Non sia così duro con lui» ribatté Hudson, prendendo le mie difese «è stato l'unico con abbastanza fegato da affrontare il nemico!»
«Affrontare, dice? Gettarsi disarmati contro un pericolo di cui non si conosce l'entità, non è coraggio. È stupidità! Incapacità di valutazione!»
«Mi dica, Sergente...» insistette Hudson, paziente «quanti piloti conosce che sarebbero stati in grado di atterrare con il caccia in quelle condizioni?»
«Condizioni di cui era causa!» sbottò il mio caposquadriglia.
L'altro sorrise. «Questo però non risponde alla domanda.»
Il comandante masticava amaro, le narici dilatate dall'ira. Hudson, col suo grado di tenente, gli era superiore: non poteva contrastarlo apertamente senza mancargli di rispetto, ed era evidente che non fosse disposto a farlo solo per darmi la strigliata che secondo lui meritavo.
«Quanto è appena successo dovrebbe farci riflettere.» riprese il mio amico. «Può darsi che presto, più di quanto immaginiamo, avremo bisogno di tutti i piloti validi che abbiamo... e questo cadetto mi sembra decisamente valido!»
«Davvero? Anche se non è in grado di ubbidire agli ordini?»
«Un po' di intraprendenza è necessaria, talvolta.»
Sorprendendomi, O'Brian si appropinquò al suo interlocutore e, abbassando la voce, sibilò: «Mi sembra che qualcuno ne abbia avuta anche troppa, oggi.»
Ebbi la sensazione che non si stesse più riferendo alla mia bravata, ma non ci fu la possibilità di approfondire ulteriormente: il sergente indicò con due dita dapprima me, quindi i suoi stessi occhi.
«Stai attento...non ti perderò di vista, da oggi. Alla prossima stronzata, sei fuori!» esclamò. Quindi, senza aggiungere altro, ci lasciò.
Nonostante tutto quello che era successo, non potei trattenere un grande sorriso.
Rivolsi la mia attenzione a Hudson: mi aveva coperto, ma quella non era l'unica situazione in cui aveva cercato di essermi d'aiuto quel giorno, riflettei, ripensando a come quella stessa mattina avesse tentato di mettermi in guardia.
«Tu sapevi qualcosa, vero?» chiesi, la riconoscenza evidente nella mia voce. «Hai cercato di avvertirmi!»
Lui si strinse nelle spalle e mi affibbiò una gran pacca sulla schiena. «Va' a riposare, Duncan: credo proprio che l'assegnazione dei gradi sarà rinviata.»
Senza darmi modo di ribattere, s'allontanò con passo deciso; quasi subito, però, si fermò come per un ripensamento e, di sopra la spalla, soggiunse: «Domani mattina, dopo colazione, vieni alla mensa ufficiali. Voglio farti conoscere delle persone.»
Rimasi per un po' a contemplare la sua schiena che si rimpiccioliva.
Il cuore non voleva saperne di rallentare: avevo l'impressione di provare tante emozioni simultaneamente da non riuscire a distinguerle tutte.
Ero sopravvissuto al mio primo attacco!
Ero atterrato praticamente senza motore, con l'aereo semidistrutto!
E ora Hudson voleva presentarmi a... Chi? Non immaginare nemmeno lontanamente di chi si trattasse non faceva altro che alimentare la mia eccitazione.
Tutta quella tensione, però, mi aveva spossato: mi sentivo stanco più che dopo un'ora di marcia. Eppure, prima di seguire il consiglio del mio amico e ritirarmi per riprendere fiato, volevo ritrovare tutti i miei compagni e accertarmi che stessero bene.
La sfuriata del sergente mi aveva un po' rassicurato da questo punto di vista: se qualcuno fosse stato ferito gravemente, non si sarebbe attardato a discutere con me.
Nonostante i suoi modi, infatti, teneva molto ai suoi ragazzi, e...
Una serie di boati tremendi interruppe il flusso dei miei pensieri.
I Fuchi da guerra avevano lanciato un bombardamento e, nonostante la distanza, sentivo lo stomaco vibrare per il rumore. Guardando meglio, comunque, mi feci l'idea che quell'azione, piuttosto che una reale utilità bellica, avesse scopo soprattutto intimidatorio per i nemici e di conforto per gli alleati.
Il nemico misterioso si era ormai dileguato.
SPAZIO AUTORE
Cari lettori...
Vabbé, nessun vero colpo di scena in questo episodio: era abbastanza ovvio che uno dei due protagonisti principali non potesse morire al settimo episodio, direi! XD
Che ne dite, state con Hudson o con il sergente O'Brian? Io mi sento più dalla parte dell'istruttore, a dire il vero. :p
Ho rallentato un po' con la scrittura per rimettere mano ai capitoli precedenti: leggendo varie recensioni di altre opere in giro, ho notato che a molti viene fatta notare la carenza di descrizioni e, rileggendo criticamente, ho pensato che anche in questo testo alcune cose erano chiare solo nella mia testa.
Dunque, oggi 25/05/2020 ho aggiunto la descrizione dell'ambiente in cui vivono i nostri micro-uomini, di Gawayn, dell'hangar e dei Fuchi acrobatici... e fatto qualche piccolo ritocco! Se qualcuno ha letto i precedenti ed è curioso, ho messo una nota relativa agli aggiornamenti alla fine dello spazio autore dei capitoli modificati! (1-2-3-5)
Speriamo che, quando arriveranno dei nuovi lettori (se?) possano apprezzarlo ancora di più!
Vi anticipo che il prossimo episodio sarà un po'... diverso da quelli che l'hanno preceduto!
Ma niente spoiler!
A presto.
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