5. Air Show

DUNCAN 

La mia presenza al simulatore suscitò diverse occhiate sorprese, ma nessuno si azzardò a fare commenti.

Infine giunse il momento del decollo. L'istruttore fece l'appello, ci augurò buona fortuna e ognuno salì a bordo del proprio aereo.

Io accarezzai la carlinga del mio e poi ci bussai sopra tre colpi in rapida successione, secondo il mio personale gesto scaramantico: quasi ognuno di noi ne aveva uno; gli aviatori sono molto superstiziosi.

Con uno sguardo abbracciai la macchina alla quale stavo per affidare la mia vita.

La parte anteriore o "testa", sferica e completamente trasparente, alloggiava il pilota. Il corpo ospitava l'unico, potentissimo motore: i veicoli da guerra invece ne avevano uno per ogni ala. La scelta del propulsore singolo permetteva di dosare meglio la potenza e dava un miglior controllo; di contro però comportava un enorme consumo di carburante e il bisogno continuo di manutenzione, dovuto alle prestazioni estreme che gli erano richieste. La sezione di coda a forma di goccia, solitamente chiamata addome, ospitava il serbatoio e i missili o, in questo caso, le bombole col gas colorato che avrei usato durante le evoluzioni. Le ali membranose consistevano di un telaio metallico, flessibile e resistente, su cui era teso un patagio trasparente di materiale plastico. Flosce a motori spenti, con il movimento esse si tendevano fino a permettere al velivolo di sollevarsi in aria.

Pur condividendone a grandi linee le forme, i Fuchi acrobatici erano comunque molto diversi dal modello militare da cui derivavano. Tutto ciò che non era assolutamente indispensabile al volo era stato eliminato, la fusoliera era stata riadattata ed aveva dimensioni leggermente più contenute mentre le ali erano maggiorate. Il serbatoio era molto meno capiente e perfino la strumentazione era ridotta all'osso.

"Per portare a ballare una di queste donzelle devi essere un vero pilota... Non una di quelle mezzeseghe, che non sono in grado di fare un atterraggio decente senza l'assistente computerizzato!" soleva ripetere il sergente O'Brian.

In effetti, ero davvero fiero di pilotarne uno.

Preso posto nell'angusta cabina, iniziai le verifiche finali.
Con uno scatto secco il portello dell'hangar cominciò ad aprirsi come una bocca mostruosa; la paratia inferiore avrebbe fatto da scivolo per il decollo. Il semaforo passò da rosso a giallo.

Avviai il motore e lasciai che prendesse giri a vuoto, quindi innestai la trasmissione.

Il rumore calò di botto e per un breve momento sembrò che si fosse spento tutto, poi, lentamente, il moto cominciò a propagarsi anche alle ali, che presero a vibrare sempre più in fretta. Le sottili nervature che costituivano la struttura inizialmente sembrarono accartocciare l'esile membrana trasparente tesa su di esse, ma appena il propulsore prese velocità si distesero nella loro configurazione definitiva. Il suono crebbe di intensità fino a diventare il familiare ronzio tipico dei Fuchi, e perfino l'aria intorno a me sembrò tremare.

Il capitano ci ricordò un'ultima volta l'ordine di decollo, quindi ogni pilota disse alla radio il numero del proprio velivolo seguito da una sonoro "Pronto!"

Quando ognuno ebbe parlato, il semaforo passò al verde e, senza ulteriori cerimonie, il nostro superiore latrò «Capo Acro, decollo!».

Gli attendenti nella sala di controllo azionarono il comando che sbloccava le ruote e l'aereo, non più trattenuto, ebbe come un fremito prima di rullare lungo la propria rotaia; quindi, presa velocità, si tuffò senza indugio giù per la rampa abbassata. Involontariamente, trattenemmo tutti il fiato nel vederlo scomparire sotto di noi, e non ricominciammo a respirare sino a quando non riapparve nel nostro campo visivo, mentre cabrava verso il sole.

Io ero il successivo nella lista di partenza.

«Acro Uno, decollo!» proclamai, cercando di tenere salda la voce.

Sentii il clangore del blocco meccanico che rilasciava le ruote, e l'intera fusoliera tremò quando le ali fecero presa e cominciarono a spingermi in avanti.

Non esiste simulazione al mondo che possa rendere davvero la sensazione del decollo da uno scivolo. Appena le ruote persero il contatto col suolo, l'intero abitacolo venne scosso da un tremore così violento che sembrava fosse preso a pugni da un gigante.

Lasciai che l'aereo acquistasse velocità, proseguendo verso terra con la stessa inclinazione, quindi tirai la cloche con un movimento fluido. Fu una manovra perfetta: il velivolo rispose docilmente, sfruttando l'inerzia accumulata, e cabrò fino a portarsi in una perfetta salita a candela.

Sorvolammo il pianoro alle spalle dell'alveare fino a quando tutti i cadetti non furono decollati, poi il capitano diede l'ordine e lo spettacolo iniziò.

***

Ci comportammo tutti da veri professionisti: l'esecuzione di ogni numero fu impeccabile, e ad ogni acrobazia riuscita mi sentivo sempre più esaltato. Eravamo l'orgoglio del nostro glorioso corpo.

Attraversai una serie di anelli di fumo colorato creati dai miei commilitoni, facendo ondeggiare al contempo il mio apparecchio a destra e a sinistra in modo buffo, quindi mi gettai in una picchiata a folle velocità mentre gli altri membri della squadra incrociavano continuamente la mia rotta; da terra l'effetto doveva essere quello di un pilota che precipita mentre gli altri cercano di salvarlo. Infine ci allineammo per la cavalcata trionfale, il gran finale dello show.

In fila l'uno accanto all'altro, ben più vicini di quanto suggerisse la prudenza in modo da far sembrare che le ali si sfiorassero, dovevamo sorvolare a bassa quota il pubblico, spargendo alle nostre spalle strisce alternate di fumo colorato giallo e nero, come la bandiera del nostro popolo.

Ero ebbro di soddisfazione al punto che ormai pilotavo quasi inconsciamente, come in un sogno.

Ah, se Ash mi avesse visto! Non so se sarebbe stata fiera di me, ma di certo non avrebbe potuto non ammirare la precisione delle mie manovre.

Tutt'a un tratto qualcosa richiamò la mia attenzione. Mi era sembrato di scorgere il riflesso del sole su una superficie lucida, forse metallica. L'avrei ignorato, se non fosse che proveniva dalla giungla e non dal pubblico.

Subito dopo, intorno a me s'alzò una nuvola di frammenti di membrana alare. Avrei pensato a  due piloti che avessero fatto avvicinare troppo i propri mezzi l'uno all'altro, se non avessi notato dei bagliori ritmici provenire dal luogo in cui avevo scorto il riflesso.

«Ci attaccano!» Sbraitai nella radio, gettando al tempo stesso il mio apparecchio in picchiata. «Rompete la formazione!»

Non spettava a me dare ordini, né avevo alcun titolo per poterlo fare; eppure tutti i membri della squadra mi diedero ascolto, abbandonando l'ordinata figura di poco prima.

Lo spettacolo era irrimediabilmente rovinato: pregai il cielo di non essermi sbagliato, o l'intera responsabilità sarebbe stata mia.

E se qualcosa avesse ingannato il mio sguardo? E se fossi stato troppo precipitoso nel mio giudizio? Gli istruttori ripetevano sempre che in battaglia non si avevano che pochi attimi per decidere, ma forse...

Improvvisamente la sezione di coda di Acro Cinque esplose in mille pezzi, inequivocabilmente sotto l'effetto di una mitragliatrice pesante.

«Mi hanno colpito! Mi hanno colpito!» La voce del mio commilitone mi rimbombava nelle orecchie.

«Mantenete la calma!» tuonò il caposquadra.
«Acro Cinque, spegni i motori, stendi le ali e cerca di planare! Tutti gli altri: manovre evasive! Cercate di non offrire bersaglio, muovetevi sempre e appena trovate un posto adatto all'atterraggio, buttatevici a pesce!» 

Parte della calma del nostro superiore sembrò trasferirsi anche ai cadetti; mi unii al coro dei "Ricevuto!" e cominciai a mettere in pratica gli ordini ma, mentre imboccavo una spirale discendente, realizzai di essere l'unico a sapere da dove stavano arrivando i colpi. 

Potevo fermarli... Potevo salvare tutti!

Diedi tutta potenza al motore e strattonai i comandi, lanciando il mio Fuco in un'ascesa verticale.
«Acro Uno, che diavolo fai!» la voce dell'istruttore era tanto forte da ferirmi i timpani.
«Non è il momento di farsi prendere dal panico!»

Lo ignorai e, compiendo un perfetto Immelmann, invertii bruscamente la direzione, puntando il muso del mio aereo dove sapevo celarsi il nemico misterioso. Andavo a una tale velocità che in un attimo fui a distanza di tiro.

«Acro uno, torna indietro o quando ti prendo ti strappo le palle e me le mangio!»
Mi lasciai sfuggire un sorriso a mezza bocca. "Mi darai una medaglia, invece!" Pensai.

Senza nessuna incertezza, come avevo fatto tante volte in simulazione, premetti i pulsanti di sparo, per inondare di piombo i nemici dell'Alveare. 

Ma non successe nulla. 

O per meglio dire, non accadde quello che mi aspettavo: l'unico effetto fu la fuoriuscita, alle mie spalle, di una lunga scia di fumo giallo. Nella foga del momento, avevo dimenticato di star pilotando un velivolo acrobatico, non un vero Fuco!

Non ci fu tempo per pentimenti e recriminazioni: una pioggia di proiettili infranse il cristallo della cabina, facendo letteralmente a pezzi il mio povero aereo.

«Togliti di lì, idiota!» gracchiò la voce di O'Brian alla radio.

Vorrei poter dire che l'addestramento prese il sopravvento, facendomi reagire d'istinto in modo impeccabile. La realtà è che brandii convulsamente la cloche, urlando in preda al terrore, certo che la mia vita fosse giunta al termine.

Commisi un errore da vero principiante. Per prima cosa, offrii il fianco al fuoco nemico con una virata goffa e imprecisa. I colpi crivellarono la fusoliera con un rumore agghiacciante, sbriciolandola come se fosse fatta di cartone: del Fuco, infatti, quell'apparecchio aveva solo le forme, non certo lo scafo corazzato. Infine, nell'ansia di fuggire, finii per far andare il mio aeroplano in stallo e ne persi il controllo.

Precipitai come un sasso, mentre le urla dell'istruttore mi riecheggiavano nel cervello senza che io riuscissi a dar loro un senso, spaventato com'ero: «Cabra! Cabra, imbecille!»

SPAZIO AUTORE

Cari lettori,

finalmente qui comincia l'azione!

Mi piacerebbe sentire i vostri commenti. Avreste voluto una descrizione più dettagliata del veicolo, in questo suo primo utilizzo? O vi è sufficiente conoscere la forma di un'ape per figurarvi un mezzo che ne ha le fattezze, anche se meccanico? Ero fortemente indeciso qui, non sapevo se lasciare più spazio alla vostra fantasia o spingermi oltre con i dettagli, con il rischio di diventare noioso.

Nell'entusiasmo, visto che mi ero documentato un po', ho inserito anche la manovra di Immelmann: altro non è che un repentino cambio di direzione dell'aereo, tramite quello che nell'immaginario collettivo di noi "profani" si dice di solito "giro della morte". Solo che nei vari esempi in giro l'ho sempre trovato solo in "orizzontale": spero non sia improprio usarlo come ho fatto io, per la "verticale": Duncan punta il muso verso l'infinito e oltre, e al termine della manovra si ritrova in picchiata, pronto a minacciare i nemici con i suoi terribili... sbuffi di fumo! XD

Vi ha colto un po' di sorpresa? Strani scherzi che giocano, l'adrenalina e l'eccessiva fiducia in sé stessi! Anche se so già che lui darà tutta la colpa all'addestramento, che ti fa agire senza pensare, come una macchina. Bella scusa!

Anche se sembrate tutti timidi, spero tanto che la storia vi stia piacendo.

A presto, se vorrete!

Aggiornamento del 25/05/2020 : aggiunto una descrizione più dettagliata del Fuco acrobatico, migliorato (almeno spero) il suono di alcune frasi, corretta una ripetizione.

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