42. Profughi

ASHLIE

La notizia che i rinforzi promessi stavano arrivando si diffuse nel campo molto prima che Duncan lo raggiungesse, e un gran numero di persone si radunò per conoscere i dettagli.

Lo guardai camminare sicuro di sé in mezzo a quella folla.
Tutti gli riconoscevano ormai una certa autorità, scansandosi quando passava, senza fermarlo nonostante bramassero di sapere di preciso cosa stesse succedendo.

Mi sembrò bello come non mai, e mi sentii molto orgogliosa di lui, e anche del fatto che fosse il mio ragazzo.

Una staffetta aveva provveduto ad avvertire quelli che ormai erano diventati membri stabili del nostro "consiglio di guerra", così, quando lui e le due Idrometre che lo accompagnavano raggiunsero la tenda più grande, tutti erano già in attesa.

Io l'avevo aspettato sulla soglia. Mi sorrise appena prima di entrare, facendomi l'occhiolino.

«Amici, costui è Helki, della tribù delle Idrometre. Credo sia il caso che tutti ascoltiate quello che ha da dire.» Esordì, presentando il nuovo arrivato con il braccio.
Quindi si fece leggermente da parte.

«Venerabili comandanti» iniziò questi, palesemente a disagio. «Il mio popolo è salpato due giorni fa, per fondare un nuovo insediamento nelle terre oltre la Foresta di Spine. Noi, invece, ci siamo messi in marcia per unirci a Duncan il Temerario...»

«Quanti?» lo interruppe Douglas.

Non ci fu bisogno di specificare meglio la domanda. «Me compreso, 42 dei nostri migliori guerrieri stanno per arrivare.»
Gli astanti si guardarono l'un l'altro di sottecchi: era un numero basso in maniera sconfortante.

Duncan fece un gesto per invitarlo a proseguire.

«Lungo la strada ci siamo imbattuti in una colonna proveniente da Aràcnia. Abbiamo consigliato anche a loro di dirigersi qui.»
«E questi in quanti sarebbero?» chiese ancora Douglas, stavolta senza troppa speranza.
L'uomo spostò il peso da una gamba all'altra, a disagio. «Difficile a dirsi. Alcune migliaia.»
Tossina si illuminò, tirandosi dritto. «Migliaia di soldati stanno venendo qui?» chiese conferma, quasi non potesse crederci.
«Grande generale, perdonami se non so spiegarmi bene. Non si tratta di soldati. O almeno, non solo...»

Duncan prese la parola, interrompendolo. «Le Api hanno bombardato di nuovo Aràcnia, interpretando il silenzio dei suoi governanti come indice del fatto che non li stavano prendendo sul serio. Stavolta non è stato un avvertimento: hanno sganciato bombe sui grattacieli, abbattendone alcuni e danneggiandone altri.»

I suoi meravigliosi occhi verdi si fissarono in quelli di ogni presente, uno per uno, quindi soggiunse: «Un fiume di profughi sta per riversarsi qui. Civili indifesi, compresi donne, anziani e bambini.»
«Non soltanto, però.» Si affrettò ad aggiungere Takoda, notando le espressioni degli altri. «Ci sono anche soldati tra loro, e mezzi militari.»

«Ci avevate promesso un esercito, e vi presentate invece con una massa di derelitti!» si lamentò l'ufficiale che spesso seguiva Tossina, del quale non riuscivo a memorizzare il nome.
«Stai calmo.» gli intimò il suo superiore e, anche se non aveva alzato la voce, il suo tono era così minaccioso che l'uomo si agitò, a disagio, sul proprio cuscino.

«Nemmeno tu sei nato soldato!» gli ricordò Duncan. «Per diventarlo, sei stato addestrato, e hai dovuto allenarti: forse, in mezzo a quella "massa di derelitti", ci sarà qualcuno in cui il desiderio di rivalsa prevarrà, al punto da convincerlo ad arruolarsi.»

Lo guardai. Da lui si propagava un'aura di positività, come se nessuno dei problemi che stavamo affrontando fosse davvero grave. Anche se in quell'atteggiamento io riuscivo ancora a cogliere una sfumatura della sua consueta spavalderia, per un attimo ebbi l'impressione di star osservando uno sconosciuto. In quel breve periodo si erano succeduti così tanti avvenimenti da cambiarlo profondamente; i suoi pregiudizi e le sue convinzioni erano stati scossi dalle fondamenta, come mai era accaduto prima per le mie parole. Anche io ero consapevole di essere una persona diversa, e non potevo fare a meno di domandarmi quanto ancora saremmo cambiati, e se la nostra relazione sarebbe sopravvissuta alla guerra.

Il nuovo Duncan poteva amarmi come il precedente? O le cose su cui prima lo facevo ragionare, ora gli sarebbero sembrate scontate? Forse io stessa potevo sembrargli banale e ordinaria!

E se invece non fosse stato lui il problema? Se fosse stata la nuova Ashlie ad apparirgli petulante e insicura? Di certo non avrebbe voluto starci ancora assieme!
Chiusi gli occhi, strizzandoli con forza.

Quei ragionamenti non erano d'aiuto, soprattutto in quel momento. "Affronta un problema alla volta!" cercai di impormi, quindi mi sforzai di concentrarmi sulla discussione, che nel frattempo era proseguita.

Tossina stava mettendo alla prova l'Ape, probabilmente per capire se aveva la stoffa del leader oppure no. «Quindi, cosa suggerisci di fare?» gli chiese .

Duncan rispose senza incertezze: era evidente che aveva già riflettuto sulla questione. Aveva aspettato che i presenti tirassero fuori una buona idea e, ora che non se ne erano viste, era pronto a trarre il proprio asso dalla manica.

«Come hai giustamente notato tu, non possiamo ospitarli qui: se le stime delle Idrometre sul loro numero sono corrette, questo luogo non riuscirebbe nemmeno a contenerli tutti. Inoltre, se vogliamo avere qualche speranza, non possiamo rinunciare allo spazio per l'addestramento delle reclute.»
Prese a camminare in circolo. Era chiaro che tutti morivano dalla voglia di sapere cosa avesse in mente, eppure nessuno interruppe il silenzio che si era creato, mentre lui lasciava percorrere al proprio sguardo i volti dei presenti.

Mi resi conto che, così come Tossina gli stava tastando il polso con le sue domande, quella stasi era una silenziosa prova di forza. I capi della Resistenza gli stavano già riconoscendo una certa autorità, quantomeno a sufficienza da consentirgli di prolungare quel momento finché lo riteneva opportuno, e da aspettare di sentire cosa avesse da dire.

«Chiederò a Elphitephoros di ospitare i civili nei suoi magazzini. Cercheremo di trarre comunque vantaggio dalla situazione. Chi non si sente ancora pronto a combattere, forse sarà disposto a supportarci in altri modi: cucinando, pulendo e rassettando, partecipando ai lavori di ampliamento della Cattedrale di Rovo. In questo modo, tutte le nuove leve potranno dedicare il cento per cento del loro tempo all'addestramento.»

«Chi ti dice che accetterà?» obiettò Tossina.

«È abbastanza intelligente da capire che una Immensità retta da un unico padrone significherebbe la fine di ogni commercio. Sono convinto che farà tutto quello che può per evitare che questo succeda.» Aveva una voce composta e decisa, come se avesse già discusso tutto col mercante.
«Come riusciremo a mantenere una simile quantità di persone?» volle sapere Douglas. «I rifornimenti che abbiamo portato dal Formicaio sono già agli sgoccioli!»
«Non ho una risposta per tutto.» ammise Duncan. «Ma intorno alle industrie e ai laboratori è sorta una vera e propria città: immagino possiedano già delle linee di rifornimento.»

Dopo aver lasciato aleggiare per un po' un silenzio eloquente, visto che non c'erano altre osservazioni, Duncan assegnò compiti a ciascuno; riservando a sé stesso e al sempre sorridente Takoda quello di andare a parlare col mercante, con la scusa che l'Idrometra era un suo ex dipendente.

Nessuno ebbe niente da obiettare sull'incarico ricevuto: la riunione si sciolse all'istante, e i partecipanti se ne andarono.
In un attimo rimasi l'unica occupante della tenda.

Stava andando tutto bene: il nostro gruppo aveva bisogno di un leader dal background militare, ma anche capace di vedere ogni sfaccettatura del sogno per il quale stavamo lottando. Inoltre, in quella prima prova, il mio fidanzato si era dimostrato altruista, sensibile e capace di trovare soluzioni a problemi inattesi.
Il fatto che nessuno avesse discusso le sue direttive mi sembrava un ottimo segno. Se proprio avessi dovuto fargli un appunto, al posto suo mi sarei portata dietro anche qualcun altro, per cominciare a cercare di stringere dei rapporti.

Una certa agitazione proveniente dall'esterno mi riscosse dalle mie elucubrazioni. Quasi non feci in tempo a uscire, che Tossina apparve al mio fianco.

«Il prigioniero ha ripreso conoscenza.» mi informò. «Vuole alzarsi contro il parere dei medici, e pretende di vedere subito la persona che lo ha portato qui.»
«Non è un prigioniero.» lo corressi. «È un ospite.»
Lui si strinse nelle spalle. «Comunque sia, sta terrorizzando tutti: devi andare a calmarlo.»
«Perché io?»
«Prima di tutto perché sei l'unica che non ha niente da fare!» sghignazzò. «In secondo luogo perché, in qualità di compagna del capo, è giusto che tu ti faccia carico di simili questioni.»

Lo fissai sbalordita, e lui di rimando si schermì, agitando le braccia con noncuranza. «Con questo non voglio dire che sia adatto a fare il capo... Ma sono disposto a concedergli di tentare, per il momento.»

Sorrisi. «Per il momento, è abbastanza.»

SPAZIO AUTORE

Vi aspettavate l'arrivo dei profughi? 

Duncan sicuramente no, ma a quanto pare non ha affatto l'intenzione di voltare la testa dall'altra parte e, anzi, vede un potenziale in loro.
Intanto sta facendo pratica nel gestire situazioni impreviste.

Fin dall'inizio della storia, ho sempre cercato di incentrare i capitoli di Duncan più sull'azione e quelli di Ashlie sulla introspezione.

La preoccupazione, però, è quella di far sembrare la nostra giovane Formica una lagna, o peggio ancora una paranoica! XD

Se volete, fatemi sapere se il mio personaggio femminile "funziona", secondo voi. ;)

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