35. Bombo (Prima parte)
DUNCAN
Quella sera bivaccammo appena oltre i confini della città, all'interno della corolla di una campanula, assicurando le libellule a una grossa foglia poco più sotto. Dopo aver visto la scolopendra in azione, non avevo nessuna voglia di trascorrere la notte a terra.
Il morale dei miei compagni di viaggio era alle stelle: Niyol in particolare era tanto euforico da sembrare ubriaco, e andava addirittura d'accordo con Takoda, senza provocarlo. Tutti si comportavano come se avessimo raggiunto un grande risultato, si sentivano carichi e fiduciosi.
Io purtroppo non riuscivo a condividere quello stato d'animo: eravamo molto lontani dall'obiettivo e, pur proclamandosi a favore della nostra causa, i potenti non osavano darci tutto l'appoggio necessario.
Ashlie era convinta che bastasse credere nel sogno per farsi seguire dagli altri. Ma io ancora non ci riuscivo del tutto, e alternavo momenti di euforia ad altri di sconforto. Come avrei voluto ascoltare qualche parola di incoraggiamento dalla mia ragazza! Avevo fatto diversi tentativi di contattarla da un CommPoint di Aracnia, ma il suo terminale risultava sempre spento, e non aveva nemmeno letto i miei messaggi. Tipico: le capitava spesso di abbandonare il device da qualche parte e scordarselo per giorni interi. Speravo che, data la situazione particolare, ci avrebbe fatto un po' più attenzione.
Poco male: ci avrei riprovato da Spirotropoli, la città delle Farfalle, che contavamo di raggiungere entro un paio di giorni.
Dovetti insistere per convincere gli altri a mettersi a dormire, ricordando loro che ci aspettavano ancora parecchie ore di un volo scomodo e pieno di vibrazioni.
***
Quando mi svegliai, il sole appena sorto lottava per scacciare le ultime sacche di oscurità.
Come sempre, mi ero tolto il Pungiglione dalla spalla e l'avevo lasciato accanto al mio giaciglio, nella sua forma di bolla. Notai che un minuscolo led rosso lampeggiava sulla sua superficie: forse era stato quello a svegliarmi.
Che si fosse scaricato? In effetti non avevo idea di quale fosse la sua fonte di alimentazione, né sapevo se necessitasse di essere ricaricata in qualche modo.
Lo indossai e premetti il pulsante alla base del polso: la lega a memoria di forma mi inglobò il braccio, rendendo visibile il pannello di controllo. Notai immediatamente che era diverso dal solito: invece delle consuete icone, su di esso s'intravedevano delle righe di testo.
Restai senza parole quando le lessi.
ATTACCO AEREO SUICIDA AL FORMICAIO DOMANI. POSSIBILI MIGLIAIA DI MORTI CIVILI. INTERVIENI SE PUOI.
Feci scorrere più volte lo sguardo sul messaggio, quasi facessi fatica a capirne il significato.
Cercai di riflettere con calma. Poteva essere una trappola per farmi uscire allo scoperto?
Ammesso che sapessero che ero ancora vivo, era improbabile che all'Alveare mettessero in campo delle risorse per dare la caccia a un disertore fuggitivo. E nel caso, perché attirarmi proprio verso il Formicaio, dove avrei potuto trovare degli alleati?
Qualcosa mi diceva che era tutto vero. E avevo anche un'idea ben precisa di chi avesse mandato il messaggio.
Svegliai i miei accompagnatori e li informai delle novità.
«Quanto è distante da qui?» chiesi a Takoda.
Lui rifletté qualche istante prima di rispondere. «Aracnia si trova circa al centro di una forbice: in linea d'aria, Spirotropoli e il Formicaio sono quasi equidistanti.»
«Possiamo arrivare prima di loro?»
«Forse. Se viaggiamo anche di notte, sfruttando le batterie di scorta che ci siamo procurati.»
«Ma all'arrivo saremmo esausti!» obiettò Enola. «E poi, anche ammesso che arrivassimo in tempo, cosa potremmo mai fare contro l'aviazione delle Api?»
«Ci penseremo quando saremo lì.»
«Scherzi? Non possiamo muoverci senza un piano!»
Non aveva tutti i torti, riflettei. Il messaggio parlava di "attacco suicida". Probabilmente avevano intenzione di utilizzare un aereo imbottito di esplosivo per... fare qualcosa.
In che modo potevo impedirlo?
«Ci sono!» esclamai. «Torniamo ad Aracnia, presto! Devo parlare con Inigo!»
«Non ci lasceranno mai entrare di nuovo. Il sindaco è stato piuttosto chiaro su questo punto.» obiettò Takoda.
«Non sarà necessario. Chiederemo al posto di guardia di essere messi in contatto con lui. Ci ascolterà, ne sono certo!»
Meno di due ore dopo stavamo sfrecciando verso il Formicaio alla massima velocità possibile.
Il mio piano era ormai delineato, e tutti si erano trovati d'accordo nel ritenerlo folle e suicida tanto quanto la missione che dovevamo contrastare.
In altre circostanze, sarei stato felice di notare come si spalleggiavano l'uno con l'altro, tentando di farmi desistere dai miei propositi.
La discussione ebbe fine quando mi dissi disposto ad ascoltare qualsiasi idea migliore.
Man mano che ci avvicinavamo all'obiettivo, però, sentivo la mia determinazione venire meno: cosa pensavo di fare? Io non ero un eroe, anche se Ashlie cercava di cucirmi addosso quella parte. E di certo non mi sentivo pronto a sacrificarmi per il bene dell'umanità.
E per la salvezza della mia ragazza, invece? Forse.
Era ormai l'alba del giorno successivo quando facemmo l'ultima sosta, a meno di mezz'ora dalla nostra meta, secondo le stime di Takoda. Ero distrutto. Le braccia mi tremavano e i polsi si erano gonfiati a causa delle continue vibrazioni. La schiena mi doleva da matti, e le gambe erano tutte informicolate.
Non avrei scommesso un soldo bucato sul mio successo, in quelle condizioni.
I miei compagni tornarono alla carica, ma io li zittii bruscamente: temevo che stavolta sarebbero riusciti a farmi cambiare idea. Stavamo ancora riprendendo fiato quando, in lontananza, Niyol notò dei puntini neri in cielo, alti sopra le cime della foresta, e ce li indicò col dito.
Il momento della verità era arrivato.
«Queste biciclette con le ali non possono nulla contro un Fuco da guerra, senza contare che siamo anche disarmati. Ascoltatemi: voglio che nessuno di voi rischi più del dovuto. Avete capito bene?»
Annuirono, seri. Niyol ed Enola erano ottimi piloti, mentre Takoda sapeva a stento reggersi in aria. Quella sarebbe stata la mia prima prova come capo: mi avrebbero ascoltato? Sarebbero stati disposti a fare come gli dicevo?
«Takoda, tu ci aspetterai a distanza di sicurezza. In vita mia non mi sono mai fidato di qualcuno come sto facendo con te, ma dobbiamo essere realisti: volare non è il tuo forte. Non su questi trabiccoli, perlomeno.»
Ci fissammo negli occhi per un lungo istante, quindi lui crollò la testa. «Va bene, questa volta aspetterò a bordo campo.»
Mi rilassai: quello era lo scoglio più grande, e non mi pareva vero di averlo superato così facilmente. Sorrisi e gli poggiai la mano sulla spalla. «Ci saranno presto altre occasioni.» promisi.
Quindi mi rivolsi agli altri due. «Nessun eroismo, nessuna stupidaggine. Li aspetteremo nascosti sulle piante, saliremo in verticale, creeremo un po' di scompiglio. Il vostro compito è distrarli il tempo sufficiente a permettermi di lanciarmi. Poi dovrete tuffarvi nella foresta e sparire. Se l'obiettivo è davvero il Formicaio, non vi seguiranno.»
Assicuratomi che tutti avessero ben compreso le mie direttive e fossero disposti a seguirle, feci qualche esercizio per sgranchire il mio corpo irrigidito, quindi inforcammo nuovamente le Libellule ed entrammo in azione.
Senza mai perdere di vista le sagome distanti degli aerei da guerra, che si ingrandivano a vista d'occhio, mi resi conto che non saremmo mai riusciti a precederle al Formicaio. Dovevamo cercare di intercettarle prima. Modificai quindi la nostra rotta, tagliando in diagonale la giungla d'erba lussureggiante.
Ero certo che i nostri mezzi fossero troppo piccoli per essere rilevati dagli strumenti del nemico, ma avevo comunque il cuore in gola e, man mano che ci avvicinavamo, mi aspettavo da un momento all'altro di vedere qualche aereo rompere la formazione e puntare su di noi.
Fortunatamente, non successe nulla di tutto ciò.
Guidai i miei compagni fin quasi sotto le ombre dei velivoli nemici, quindi diedi inizio alla manovra. Non avevamo delle radio, quindi potevo solo sperare che le Idrometre fossero pronte a imitarmi.
Feci impennare la Libellula, iniziando un'ascesa verticale. Appena fui certo che l'assetto fosse stabile, pigiai sul pulsante che attivava il getto d'aria compressa, e il mezzo venne catapultato verso l'alto a una velocità folle. Sfrecciai a pochi passi dall'aereo di testa, quindi compii una serie di rapide evoluzioni, zigzagando tra i vari componenti della squadriglia.
Vidi che anche Niyol ed Enola facevano lo stesso. Colti alla sprovvista, i Fuchi cominciarono ad allargarsi, per evitare di colpirsi tra loro.
L'apparecchio di testa, invece, continuò per la sua strada.
Era diverso dagli altri: si trattava di un Bombombardiere, affettuosamente chiamato solo "Bombo" dai piloti. Era un aereo grosso, tozzo e squadrato, oserei dire sgraziato.
Le due piccole ali sembravano a malapena in grado di sostenerlo in volo, la carlinga era spropositatamente enorme rispetto all'apertura alare. Il vano di carico era immenso: questi aeroplani, lenti e praticamente indifesi, erano nati per essere di supporto ai più agguerriti caccia, e potevano trasportare di tutto: dalle truppe ausiliarie, ai veicoli di terra, alle bombe che davano loro il nome. E probabilmente, il ventre di quel particolare esemplare era pieno di esplosivo.
Dando fondo alle ultime riserve di aria compressa, riuscii a superarlo, mantenendomi ad una altitudine leggermente superiore. Quindi bloccai le ali della mia Libellula e spensi il motore.
Il velivolo era dotato di un segnalatore che ci avrebbe permesso di recuperarlo più tardi, nel caso fossi sopravvissuto: a quanto pareva, era un meccanismo ideato nel caso qualcuno fosse precipitato in mare, lontano dalla vista.
Con un groppo alla gola verificai di avere con me il dispositivo che mi aveva consegnato Inigo, quindi mi tolsi l'Airboard dalla schiena e lo accesi.
Era la seconda volta nel volgere di pochi giorni che mi apprestavo a lanciarmi da un aereo in volo: stavolta però ero terrorizzato, nessuna traccia della rabbiosa adrenalina che mi aveva sostenuto quando mi ero calato nel Coleottero. Né del cavo che avevo potuto sfruttare in quell'occasione, del resto.
Preso un bel respiro, mi sporsi oltre il telaio e saltai, reggendo la tavola davanti a me con entrambe le mani. Mi tuffai nel vuoto e, sforzandomi di evitare ogni deriva imprevista, misi i piedi al loro posto e assunsi la posizione di guida.
Per quanto lento, il Bombo aveva guadagnato terreno, e stava rapidamente arrivando al punto in cui mi sarebbe stato impossibile raggiungerlo con la sola tavola a reazione.
Accucciandomi su di essa, portai il motore al massimo e mi lanciai in picchiata.
Quando fui in vista del portello, lanciai il rampino.
Avevo sfruttato praticamente ogni sosta per allenarmi, e il tiro fu preciso: riuscii ad agganciare la punta uncinata al maniglione.
Ringalluzzito da quel primo successo, spinsi il pulsante che recuperava la fune, mentre regolavo la velocità. In un attimo raggiunsi la via d'ingresso e, mentre l'aria mi sferzava, sballottandomi ovunque, inserii il codice di sblocco d'emergenza che ogni pilota imparava a memoria.
Per fortuna, nonostante la guerra in corso, nessuno aveva pensato a cambiarlo: la serratura si aprì con uno scatto, e io riuscii a fatica a muovere il pannello d'acciaio quel tanto che bastava ad entrare, quindi me lo richiusi alle spalle.
Ce l'avevo fatta! Mi guardai rapidamente in giro, cercando di farmi una mappa mentale di quanto mi circondava.
La stiva era letteralmente zeppa di esplosivo. I pittogrammi rossi di pericolo sembravano grottesche decorazioni. Il resto dell'aereo pareva deserto, ad eccezione del pilota.
Certo: perché mandare a morire più di una persona? Aveva senso.
Proprio in quel momento lo sconosciuto si alzò in piedi e mi venne incontro con fare bellicoso.
SPAZIO AUTORE
Stavolta aspetto un po' prima di pubblicare la seconda parte.
Questa mi è venuta un po' più lunga del solito, ma non avrei saputo come spezzarla altrimenti.
Vi lascio un po' di tempo per leggerla, prima di portarvi nel centro dell'azione.
Il nostro Duncan sta reagendo bene, cosa ne pensate? Non si tira indietro e pare che cominci a prendere sul serio il ruolo che io e Ash gli abbiamo cucito addosso. :p
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