26. Il capovillaggio (prima parte)

DUNCAN

Pensavo che ottenere un colloquio con il capo villaggio sarebbe stato complicato, invece quando ne parlai con il mio accompagnatore, lui e Takoda mi spiegarono che, fintanto che eravamo ospiti delle Idrometre, condividevamo gli stessi diritti e doveri degli abitanti, incluso sottoporre questioni all'attenzione del consiglio degli anziani. Nemmeno a farlo apposta, la riunione successiva era fissata per l'indomani mattina, quindi non dovettero far altro che aggiungermi all'ordine del giorno.
La nostra guida ci accompagnò in una capanna destinata agli stranieri, dove potemmo fare una doccia. Quindi ci fu servita una zuppa di pesce assai saporita, mentre due donne preparavano i giacigli per noi con lenzuola fresche di bucato. Ero davvero colpito dall'ospitalità disinteressata di quel popolo, così disprezzato dal mio, che del resto riservava lo stesso trattamento a tutti gli altri. Cominciavo a rendermi conto che il mondo era un luogo ben diverso da quello che avevo sempre creduto, e finalmente intuivo anche io la bellezza che Ashlie, con curiosa meraviglia, sembrava saper scorgere in ogni dove.

Credevo di essere troppo emozionato per dormire, sia per la giornata appena trascorsa, sia per il discorso che avrei dovuto pronunciare l'indomani. Pensai quindi che sarebbe stata un'ottima idea cominciare ad imbastirlo nella mia testa.

Ma ero davvero esausto, e mi addormentai appena posata la testa sul cuscino.

Quando il mattino seguente Takoda mi scosse, avevo l'impressione di aver dormito per giorni interi, e il desiderio di dormirne altrettanti.

Per colazione ci portarono del pane scuro da intingere in una salsa rossastra, ricavata dalle uova dei gammarus; tentacoli di hydra fritti, e una sorta di mousse di diatomee. Ero affascinato da quei sapori nuovi ed esotici. 

Naalnish venne a prenderci poco dopo e ci condusse alla Grande Casa.
Gli anziani avevano già preso posto: erano in sei, seduti tre per parte ai lati del capo villaggio. Quest'ultimo era nella stessa identica posizione del giorno precedente, neanche fosse mummificato. L'ambiente, in penombra nonostante il sole fosse già sorto, era una cacofonia di bisbigli e risatine tipiche di quel genere di consessi umani. Tutti chiacchieravano nell'attesa del segnale che avrebbe dato inizio all'incontro; quando esso arrivò, il silenzio calò improvvisamente e tutti sedettero a gambe incrociate, lasciando sgombro lo spazio al centro, proprio davanti ai consiglieri.

Il capo rivolse un cenno all'uomo alla sua destra, che dichiarò aperta la seduta. Quindi anche i saggi sedettero, e il primo postulante uscì dal pubblico, prendendo posto nell'area deputata.

Avevo sempre ritenuto alcune lezioni all'Accademia estremamente barbose, ma quel giorno scoprii di non sapere ancora nulla sulla noia.

Assistetti a una sequela praticamente infinita di discussioni, talvolta perfino animate, su argomenti che non ne richiedevano affatto. Giusto per fare qualche esempio, trascorremmo una ventina di minuti a disquisire se fosse opportuno attendere il giorno che per tradizione era quello destinato alla semina dei miceti o se, considerate le condizioni climatiche favorevoli, non fosse il caso di anticiparla di una settimana. Gli animi si infiammarono quando alcuni pescatori sostennero che la carne del girino che avevo notato il giorno prima dovesse essere essiccata e salata per conservarla, mentre un nutrito gruppo sosteneva che quella cattura fosse un inaspettato dono degli dei e che, per meglio glorificarli, fosse una buona idea organizzare un banchetto e consumarla fresca.

Lo schema era sempre lo stesso: chi aveva chiesto la parola perorava la propria causa, quindi il pubblico veniva chiamato in causa e ognuno poteva esprimere il suo pensiero. Ad un certo punto, gli anziani chiedevano il silenzio e, a turno, esprimevano il proprio parere personale.

Infine, il capo villaggio decretava quale sarebbe stato il comportamento dell'intera tribù a riguardo.

Non vidi mai nessuno contraddire queste sentenze, così come, per quanto alzassero la voce e si infervorassero, non sentii mai un insulto o una parolaccia.

Dopo quella che mi parve un'eternità, e proprio mentre mi sforzavo di ricacciare indietro uno sbadiglio, Naalnish mi invitò a prendere posto nello spazio dell'oratore.

Mentre tutti gli occhi si puntavano su di me immaginai che, se già non doveva capitare spesso che ci fossero ospiti esterni in quelle riunioni, il fatto che essi intervenissero doveva essere una cosa più unica che rara. Presi un profondo respiro ed iniziai a parlare.

«Popolo delle Idrometre, sono qui tra voi oggi per portarvi cattive notizie. Come forse avrete capito dai miei lineamenti, io sono un'Ape. Ebbene, pochi giorni fa sono venuto a conoscenza di un terribile complotto ordito dai nostri vertici militari. Essi puntano a soggiogare con la forza tutte le genti dell'Immensità, renderle schiave e dominare così la nostra terra. Hanno rovesciato la nostra regina e, alle spalle dei loro stessi connazionali, si sono preparati alla guerra. Cominceranno dalle Formiche, ma il loro progetto è molto più ambizioso e presto arriveranno anche da voi!»

Girai intorno a me stesso mentre parlavo, con l'intento di comprenderli e coinvolgerli tutti, spettatori e consiglieri, come credevo avrebbe fatto Ashlie. I volti color del rame, però, erano completamente inespressivi, neanche fossero scolpiti nel legno. «Imploro il vostro aiuto! Così come ieri siete accorsi a soccorrere un equipaggio in difficoltà, a prescindere dalla sua etnia, così oggi vi chiedo di appoggiarmi, non solo nel contrastare la fame di potere dei militari, ma anche nell'unire tutte le tribù contro il nemico comune: soltanto insieme avremo una possibilità!»

Avevo il fiato corto come dopo una corsa. Era quello il meglio che ero riuscito a mettere insieme per convincerli? Il mio discorso mi sembrò ben poca cosa, una misera ombra di quello che, al posto mio, avrebbe detto la mia ragazza.

"Devi crederci, e gli altri ti seguiranno" aveva detto.

La verità era che, per quanto mi sforzassi di farla tacere, nella mia testa una vocina continuava a ripetere che, pur radunandosi in un'unica armata, quegli straccioni non avrebbero potuto mai competere con l'esercito più potente del mondo.

SPAZIO AUTORE


Cari lettori,

eccoci qui: Duncan ce l'ha messa tutta per coinvolgere i Navaj... ehm, volevo dire, le Idrometre ad unirsi a lui nella lotta per un mondo libero e unito.
Come reagiranno?

Lo scoprirete girando pagina ;)

Mi sono divertito un sacco ad immaginare il "menu" della tribù che vive in riva al mare.
Che ne dite?

I gammarus sono dei gamberetti d'acqua dolce lunghi da pochi millimetri a poco più di un centimetro; le Hydra sono minuscoli invertebrati simili a degli anemoni che, con i loro tentacoli, possono catturare il plancton; mentre le diatomee sono alghe unicellulari.
Spero vi sia  piaciuto: se vi ha divertito, potremmo concederci queste digressioni alimentari anche quando visitiamo gli altri popoli :p

A presto con la seconda parte!

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