11. Il generale supremo (prima parte)
DUNCAN
Attraversai sconvolto i corridoi dell'Alveare a passo svelto, vagando senza una meta precisa. Preda delle mie stesse emozioni, mi ritrovai, senza nemmeno sapere bene come, in uno degli anelli centrali, sede dell'amministrazione e della dirigenza.
Senza incertezze, mi diressi verso la sala del trono: la Regina doveva essere informata.
Gli echi di quell'assurda conversazione mi risuonavano ancora in testa.
«Siete pazzi!» Ricordavo di aver gridato.
«Piano con le parole, ragazzino!» Mi aveva subito ripreso il maresciallo baffuto.
Mi sembrava tutto così sbagliato: per la prima volta mi ero trovato nella stessa stanza con alcune tra le massime autorità del nostro esercito e dei più famosi eroi di guerra e, anziché provarne deferenza, avevo osato insultarli.
«State provocando un conflitto che causerà migliaia di morti... E per cosa? Alimentare il vostro ego?»
Hudson mi aveva appoggiato una mano sulla spalla. «Non si tratta di questo. Nessuno avrebbe avallato una decisione tanto grave se la situazione non lo giustificasse».
Era l'unico dei presenti a non sembrare né irritato né sorpreso dalla mia reazione.
«E cosa può giustificare un massacro?» Avevo chiesto.
Il tenente mi aveva invitato a sedermi, forse nella speranza che questo mi calmasse, quindi aveva ricominciato a parlare col tono di chi spiega una ovvietà ad un bambino.
«Ascolta, Duncan: l'energia scarseggia. Le bottinatrici tornano con sempre meno nettare, a volte anche completamente vuote. La Regina non ha voluto rendere pubblica la situazione... In compenso ora sta centellinando il carburante per l'esercito. Ci siamo trovati costretti a contingentare le uscite degli esploratori, e questo ha reso i pirati più baldanzosi, facendo sì che parte di quel poco che riusciamo a raccogliere ci venga addirittura sottratto, rendendo la situazione ancora più grave.»
«L'unica soddisfazione è che a quei maledetti neri non va certo meglio: secondo la nostra intelligence, anche la linfa con cui alimentano i loro sistemi si sta esaurendo.» aveva interloquito un generale, facendomi rabbrividire per il disprezzo con cui si era rivolto al popolo della mia fidanzata, e per il fatto che non avesse minimamente cercato di nasconderlo.
«Inoltre» aveva ripreso Hudson «moltissimi operai delle fabbriche ci stanno abbandonando, nemmeno avessero percepito la mala parata. I quartieri popolari a livello del terreno si stanno svuotando, e gli impianti produttivi lavorano al trenta per cento della loro capacità».
«E in che modo il genocidio delle Formiche ci aiuterebbe? Avete detto che anche loro sono in difficoltà... E comunque noi non siamo in grado di raffinare la linfa per farne carburante.» avevo osservato.
«Se solo si tappasse la bocca e aprisse le orecchie, perfino un imbecille come te potrebbe capirlo.» Aveva detto il sergente O'Brian a mezza voce. Mi guardava con aperto disgusto, come se la mia sola presenza lì fosse un grave insulto nei suoi confronti.
«Il Generale Supremo ha un piano preciso.»
Mi ero sentito smarrito, inadeguato di fronte all'enormità della situazione che mi si presentava davanti.
«Sii dei nostri, amico mio... entro due mesi, le Api domineranno l'intera Immensità, dalle rive del Mar Pozzanghera al confine con la Foresta di Spine! Costruiremo nuovi impianti alimentati con i derivati della linfa, e li useremo per rifornire di energia le nostre industrie.»
«E chi ci lavorerà?» avevo domandato. Poi avevo avuto un'illuminazione. «Schiavi!»
«Noi preferiamo definirla manodopera a basso costo.» Hudson mi era sembrato a disagio.
«Volete schiavizzare le Formiche!»
«In realtà» si era inserito l'ufficiale baffuto «non solo loro. Ragni, Idrometre, Farfalle... tutti dovranno inchinarsi al volere del Supremo, o verranno annientati.»
«È una follia!»
«Le risorse non bastano più per tutti. I popoli dell'Immensità hanno bisogno di una guida comune.» Hudson, conciliante, aveva cercato di farmi vedere le cose dal suo punto di vista.
«Una guida non è un padrone!» avevo gridato. «Parliamo con loro. Convinciamoli a partecipare a un progetto comune! Non è questo il modo.»
«Le Api sono superiori in ogni cosa, a qualsiasi altro abitante del prato.» aveva detto un graduato del Corpo di Difesa Interna, una specie di polizia militare. «Noi abbiamo il dovere morale di farci carico dell'inettitudine dei terricoli. Anche contro la loro volontà, se serve: poiché essi non sono in grado di decidere per conto loro.»
Mi ero guardato intorno, il respiro mozzato: erano quelle le persone che avevo ammirato per tutta la vita, che avevo desiderato emulare?
«Non posso crederci. Quando la regina lo saprà...»
Il sergente O'Brian si era alzato in piedi e mi aveva puntato contro l'indice, usando ancora quel tono disgustato, a bassa voce. «Attento. L'uomo saggio sa scegliere i propri amici, ma quello che vive a lungo sa scegliersi anche i nemici.»
Improvvisamente mi ero sentito tutti gli sguardi addosso. Ero abbastanza sicuro che non mi avrebbero fatto del male lì, ma non potevo più restare. Così mi ero alzato e avevo fatto per andarmene.
«Duncan, aspetta.» aveva detto Hudson, prendendomi per un braccio. «Se adesso te ne vai, niente sarà più come prima.»
***
Quell'ultima frase continuava a rimbombarmi nella testa mentre raggiungevo la mia meta.
Mi sentivo in colpa: Hudson mi aveva coinvolto in ciò che riteneva certamente un'impresa grandiosa, e io stavo tradendo la sua fiducia, denunciando lui e tutti gli altri.
Nessun amico che faccia qualcosa di simile può definirsi tale.
Eppure, la situazione era terribile: troppo per poterci passare sopra. Ciò che provavo in quel momento sarebbe stato nulla in confronto al rimorso che avrei sperimentato in seguito, sapendo che avrei potuto tentare di impedire quella tragedia e non l'avevo fatto.
Rinfrancato da quelle considerazioni, ma con il cuore pesante, raggiunsi gli enormi portoni che davano accesso alla sala del trono... e sorprendentemente li trovai sguarniti.
Nessuna guardia, nessun controllo: molto strano. Uno dei due immensi battenti era socchiuso.
Seppur titubante, mi infilai dentro. Arrivato a quel punto, non potevo tornare indietro.
Probabilmente i sorveglianti erano stati invitati a entrare dalla regina in persona, pensai.
Ma non ero preparato alla scena cui assistetti.
SPAZIO AUTORE
Cari lettori,
torno dopo un periodo di assenza dovuto a qualche difficoltà di connessione. Per pubblicare, infatti, preferisco usare il computer: mi trovo più comodo. Anche se poi spesso mi tocca rivedere da app tutti gli spazi che la piattaforma mi genera a suo piacere.
Questo è il primo (ma non sarà l'unico) capitolo "spezzato". Avevo inizialmente ipotizzato di mantenere l'alternanza Duncan/Ashlie nel susseguirsi dei capitoli, con qualche intromissione particolare (come l'episodio "corale" narrato in terza persona nel quale, se siete arrivati qui, vi sarete già imbattuti, e altre che scoprirete in seguito).
Tuttavia, per far succedere tutte le cose che ho ipotizzato nella scaletta e mantenere la progressione di trama che ho in mente, alcuni episodi vengono troppo lunghi (a mio avviso) per il tipo di media utilizzato, ovvero la piattaforma Wattpad.
Per questo motivo, ho spezzato in due parti il capitolo undici, e nella seconda parte, che pubblicherò a breve, il protagonista sarà ancora Duncan.
Ma non temete: anche Ashlie ha in serbo qualche novità e ve la racconterà nel dodicesimo. ;)
Passato il periodo di "ambientamento", la trama ora dovrebbe progredire più rapidamente: spero che la storia possa catturarvi e (continuare a ?) piacervi.
La prossima settimana pubblicherò la seconda parte di questo capitolo. :)
A presto!
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top