9. Milan l'è semper on gran Milan
Lassa pur che 'l mond el disa,
ma Milan l'è on gran Milan
Giovanni D'Anzi, Alfredo Bracchi, Lassa pur ch'el mond el disa
Sono così piena rasa di quanto successo ultimamente che, quando torno a casa, annuncio a mamma:
‹‹Vado a Milano da Sveva, non aspettatemi per cena››.
Recupero la valigia non ancora del tutto disfatta e chiamo un taxi per la stazione, prima che qualcos'altro vada storto e mi faccia cambiare idea.
Chiamo quindi la mia migliore amica per avvertirla e, per fortuna, risponde al primo squillo: ‹‹Alby, ma che fine hai fatto?››
‹‹Sto venendo da te›› vuoto il sacco ‹‹Mi puoi ospitare per il weekend? In realtà non so per quanto ma mi va bene pure dormire a terra, okay?››
‹‹Giusto oggi che sono incasinata con il tirocinio di fine lezioni›› esclama lei, in preda al panico ‹‹Vabbè, ti lascio le chiavi sotto la pianta dell'ingresso, l'indirizzo lo sai. E quando torno mi racconti tutto››.
‹‹Grazie Viv, sei la migliore›› mormoro, un attimo prima che cada la linea.
Sospiro, infilo le cuffie e lascio che la musica scorra insieme al paesaggio fuori dal finestrino. Sarebbe un'ottima occasione per continuare la lettura del romanzo della De Giorgis ma, nella fretta di andarmene, l'ho lasciato a Como.
In realtà i romanzi di Anna De Giorgis alias Elizabeth Jane non raccontano molto del personale di servizio di Villa Diamante e, finora, l'unica governante a cui viene accennato, sempre secondo le mie ricostruzioni, è quella della nonna dell'attuale contessa, residente però in un paesino del Lazio.
Sbuffo di frustrazione e chiudo gli occhi.
Ma che mi importa, poi, di questa storia? Se la mia vita fosse uno sceneggiato, sarei Premio Oscar per i migliori film mentali che mi faccio da sempre. Come quelli che, da bambina, vedevano mio padre tornare a casa a prendersi cura di mamma e me. O, stamattina, Gabriele Pascucci preso da un colpo di fulmine che lo avrebbe spinto a chiedermi di uscire o, magari, quantomeno il numero. La verità è che devo concentrarmi su me stessa. Devo capire chi sono, ciò che voglio davvero e cosa posso fare per ottenerlo.
Andare a Milano, anche solo per fare un giro e dire ciao alla mia migliore amica, potrebbe aiutarmi a capirlo.
Sveva abita ai Navigli, condividendo un appartamento con altri quattro coinquilini, ma non mi va di andarci subito, tanto più che lei è ancora impegnata.
Faccio quindi un po' la turista, tirandomi dietro il trolley fino a Piazza Duomo.
Chissà quante ragazze come me, con una valigia piena di sogni e tanta voglia di farcela, ha visto la Madunina lì in alto. Non sono una persona religiosa ma raccomandarsi per un aiutino non guasta, perciò chiudo gli occhi e mi prendo un momento, in mezzo alla ressa che corre e mi spintona, probabilmente assuefatta a questo splendore o troppo presa da altro per farci caso.
Chissà se Milano sarà sul serio la mia città. Sarebbe anche un po' tornare a casa, da parte mia, visto che i miei nonni erano meneghini DOC e sia zio Ambrogio che mamma sono nati qui. Faccio un giro in Galleria, a naso in su come una bambina e poi mi perdo, fino a Brera, dove visto la Pinacoteca. Tanto splendore negli occhi mi dà il coraggio necessario di sbirciare la sede della Writing Word Workshop, per chi aspira a frequentarla W.W.W., ossia l'accademia di scrittura e giornalismo dove si tiene il master dei miei sogni, poco distante.
È la prima volta che vedo dal vivo la facciata in stile neoclassico, l'ampio portone cesellato, i marmi e gli stucchi tutt'intorno. L'emozione mi stringe lo stomaco, però rimane una sensazione bellissima. Sto per incamminarmi, magari soltanto per chiedere info sui corsi, ma il momento viene interrotto da una chiamata, proprio da parte della mia migliore amica:
‹‹Ehi, faccio ancora in tempo a passare a prenderti in stazione o sei già a casa?››
‹‹No, sono a Brera›› la informo.
‹‹Grande, io sono in zona!›› esclama ‹‹Ci vediamo davanti alla Pinacoteca e facciamo un giro?››
‹‹Veramente l'ho già fatto e sono stanca morta›› le confesso ‹‹Ti va se andiamo direttamente a casa?››
‹‹Andata›› accetta ‹‹Ma stasera usciamo, non puoi dire di no››.
‹‹Se non posso dire di no›› la assecondo, chiudendo la chiamata.
Quando però mi appare davanti in carne e ossa, capisco che pure la mia migliore amica deve aver avuto una giornata movimentata.
‹‹Viv, che è successo?››
‹‹La domanda giusta sarebbe cosa non è successo›› replica lei ‹‹Di tutto, ecco cosa››.
Resto in attesa di saperne di più mentre Sveva riesce a fermare un taxi che ci porti da lei ma è solo quando tra le mura del suo appartamento, dopo essersi accertata dell'assenza dei suoi coinquilini, che si decide a parlare:
‹‹Il tirocinio di fine lezioni è stato un disastro, ho quasi dato fuoco alla divisa di chef Castelli durante la prova di cucina flambé›› confida, lasciandosi andare sul letto ‹‹La cerimonia dei diplomi sarà fra due settimane e non sono pronta, Alby, non ce la faccio per nulla››.
‹‹Sono sicura che è tutta ansia da prestazione›› esclamo ‹‹Il tortino ai funghi che mi hai fatto assaggiare l'altra volta era spaziale. I tuoi saranno fieri di te››.
Il volto della mia migliore amica si contrae in una smorfia ma non aggiunge altro, spostando invece il focus su di me: ‹‹E tu? Questa fuga da Como significa qualcosa?››
Mi sdraio vicino a lei e la aggiorno sulle ultime novità.
‹‹Immagino che dopo quest'ultima carognata non ti andrà di mettere piede al pub dei Kittander›› borbotta ‹‹Peccato pure per il veterinario, pareva promettente››.
Faccio spallucce: ‹‹Non ho intenzione di farmi condizionare, solo di divertirmi un po'››.
‹‹E divertimento sia, allora›› sentenzia Viv ‹‹Ma prima ci vuole un po' di restauro››.
Passiamo quindi il resto del pomeriggio a prepararci, tra maschere di bellezza coreane, abbinamenti strategici e prove di trucco e parrucco.
Il pub dei Kittander apre a tarda sera, quindi per cena ci fermiamo in un locale di cui Sveva ha sentito parlare molto bene, il Belli e Dannati.
Ispirazioni letterarie a parte, il posto è molto popolare, soprattutto sui social, perché coniuga cucina di alto livello, cocktail eccellenti e un evento settimanale che sembra sia un must per i single della Milano da bere e non, ossia uno speed date danzante.
Quando Viv me ne ha accennato, sono scoppiata a ridere, non sapendo bene cosa aspettarmi, invece, trovandomici dal vivo, il ristorante mi fa un'ottima impressione, confermata dall'aver praticamente divorato i piatti della casa.
Anche la mia migliore amica, da addetta ai lavori prima e buona forchetta poi, è parecchio soddisfatta, perciò non mi stupisce che voglia fare i complimenti allo chef:
‹‹Aspettami due minuti›› mi prega dopo che abbiamo saldato il conto: ‹‹Voglio fare una capatina in cucina››.
‹‹Okay›› acconsento, accomodandomi al bancone ‹‹Magari ne approfitto per fare due chiacchiere col barista››.
La mia migliore amica scuote la testa, giocosa, mentre la osservo spingere la porta delle cucine, oltre la quale mi sembra di scorgere... No, aspetta, non può essere. Stefano Borghi mi urta così tanto che sto cominciando a vederlo ovunque. Perfetto, ci mancavano pure le allucinazioni.
‹‹Tutto bene?›› mi chiede il barman, cortese ma preoccupato.
Annuisco: ‹‹Me lo prepari un gin tonic?››
Mi scocca un sorriso a trentadue denti che lo renderebbe il beniamino dei dentisti: ‹‹Ti scaldi per scendere in pista?››
Lo osservo, confusa per un attimo, prima di capire che si riferisce allo speed date danzante: ‹‹Ah, no, io non ho bisogno di ballare per trovare l'anima gemella, grazie››.
‹‹Perché l'ha già trovata, beata lei›› esclama una voce al mio fianco.
Mi volto per protestare: ‹‹No, io...Gabriele!››
‹‹Alba›› ricambia il dottor Pascucci, sollevando il suo drink a mo' di brindisi verso di me per poi berne un sorso.
‹‹Cosa ci fai da queste parti?›› gli chiedo, sorpresa.
Fa spallucce: ‹‹Quello che ci fai tu, immagino››.
‹‹Una serata tra ragazze?›› replico, scettica, affrettandomi a precisare ‹‹La mia amica sta tornando››.
Pascucci scuote la testa e finisce il suo cocktail in un sorso, poi si alza in piedi: ‹‹Ti va di ballare?››
Sto per rifiutare di nuovo ma parte l'attacco di Friday I'm in love dei The Cure, Sveva non si vede ancora e Gabriele ha un'espressione tanto irresistibile che non riesco a dire di no. Dai che forse non tutto è perduto e posso rimediare alla figuraccia di stamattina!
Lo seguo nella mischia e cominciamo a muoverci senza pensare più a nulla. Sotto le luci stroboscopiche che dipingono di colori diversi la sua camicia immacolata e adesso un po' spiegazzata, il veterinario mi scocca un sorriso irresistibile, apparendo più sexy che mai.
Quando sto per fare una follia, tipo strusciarmici contro, al suo posto compare la mia migliore amica:
‹‹Spiacente di guastarti la festa, Alby›› urla, facendosi sentire a malapena ‹‹Ma dobbiamo andare››.
Sbuffo, ma Sveva mi prende per mano trascinandomi via dalla pista.
‹‹Dai, rischiamo di non entrare al pub dei Kittander›› mi incita mentre recuperiamo i cappotti al guardaroba. Lancio un'occhiata a chi sta ancora ballando, solo per scoprire che Gabriele sta continuando tranquillamente a flirtare con tizie che non conosco, senza nemmeno accorgersi che non ci sono più.
E siamo a ben due occasioni sprecate. Che palle.
Sveva, intanto, sta quasi correndo, tanto che fatico a tenere il passo:
‹‹Ehi, Viv›› la richiamo ‹‹Mi spieghi perché questa fretta del diavolo?››
‹‹Il pub dei Kittander qui a Milano non è il solito locale aperto al pubblico ma uno speakeasy›› confida, rallentando il passo mentre abbassa la voce.
‹‹Si accede su invito ed entro una certa ora, perciò dobbiamo sbrigarci››.
La rivelazione mi colpisce: ‹‹Ma uno speakeasy originale, di quelli dove si fuma, si beve e si ascolta il jazz come facevano negli anni Trenta i detrattori del Proibizionismo oppure una roba rivisitata, tipo club esclusivo e un po' losco?››
La mia migliore amica ride: ‹‹Non ne ho idea ma tutta l'intenzione di scoprirlo››.
Ecco spiegato perché era così fissata sul metterci in tiro, oggi pomeriggio.
Mi conduce verso un edificio con una facciata di mattoni è un portone verde dotato di batacchio in ottone, che batte contro il legno per tre volte prima che l'uscio, bloccato da una catenella, si schiuda:
‹‹Parola d'ordine?›› chiede una voce profonda e sconosciuta.
‹‹Jack Dawson›› replica Sveva.
Che c'entra il protagonista di Titanic?
Passano alcuni minuti e, proprio quando comincio a pensare che la mia migliore amica si sia bevuta il cervello, la catenella scompare e la porta si apre, consentendoci l'ingresso:
‹‹Benvenute al Blondie›› pronuncia la stessa voce, appartenente, adesso lo si vede con chiarezza, a un omone dalla carnagione scura vestito con una livrea viola che ricorda quella del concierge protagonista di Gran Budapest Hotel.
L'interno è ancora più bizzarro, in stile art decò, tanto da sembrare proprio di essere state catapultate indietro nel tempo, magari a una stilosa festa di Jay Gatsby. L'atmosfera è quella, data da soft jazz remixato in sottofondo e capannelli di gente che parlotta sorseggiando drink dai colori vivaci.
‹‹Come hai fatto a...?›› mormoro a Viv, ma lei, che si è fatta spillare due birre a tempo di record, quasi mi trascina verso un tavolino in fondo, tanto che finisco per inciampare e rovesciare la mia su una povera malcapitata, peraltro vestita di bianco.
‹‹Ma che modi!›› sbotta la malcapitata, alzandosi in piedi mentre cerca di asciugarsi alla bell'e meglio con alcuni fazzolettini.
‹‹Mi dispiace moltissimo, sono davvero mortificata›› esclamo, cercando di aiutare ‹‹Questo locale è così buio, al contrario di quello di Como che...››
Ma la tipa non mi ascolta nemmeno, marcia verso quello che credo sia il bagno.
Pietrificata dall'imbarazzo, con tutti gli occhi addosso, decido infine di seguirla per scusarmi meglio.
La toilette, al contrario del resto, è illuminata a giorno da faretti posizionati in punti strategici, che permetterebbero lo scatto di selfie da urlo, se solo fossi il tipo.
Roba da influencer, mi viene da pensare, ipotizzando lo zampino di Caterina Benedetti nella scelta di design.
‹‹Se non altro sono utili quando capitano incidenti del genere›› mormoro tra me e me, osservando gli sforzi inutili della vittima della mia sbadataggine di contenere il disastro.
‹‹Le pago la tintoria›› propongo ‹‹Non abito ancora qui ma posso lasciarle i miei contatti oppure...››
La donna si volta verso di me, infuriata, e solo adesso riesco a vederla bene in viso.
Ciuffo platino à la Miranda Priestly, accessori costosi ma sobri, incarna un perfetto mix tra donna in carriera e sciura milanese di mezza età.
‹‹Non ho bisogno d'altro se non che lei sparisca›› sibila, con marcato accento meneghino. ‹‹Non ha rovinato solo un Ella Rubenstein Privé, ma anche la mia serata››.
‹‹È una giornata storta›› mi giustifico ‹‹Ma mi dia modo di rimediare, la prego, allora non mi sentirò a posto››.
Fa' che non mi chieda di ricomprarle l'abito, prego, altrimenti potrò dire addio a un rene.
‹‹Dubito che possa permetterselo›› replica, squadrandomi da testa a piedi, con attenzione particolare al outfit messo insieme grazie ai saldi su Zalando. Il suo atteggiamento altezzoso però mi urta, dunque parlo senza pensare:
‹‹Beh, le apparenze ingannano›› esclamo ‹‹Perché conosco da vicino i Sant'Orsola ed Ella››.
Okay, l'ho decisamente sparata ma devo essere stata convincente, perché la mia interlocutrice mi osserva con interesse: ‹‹Per questo sei stata al pub di Como? Uno dei requisiti impliciti richiesti per metterci piede è far parte della cerchia dei Kittander e lo sanno tutti che lì si appoggiano ai Sant'Orsola e ai Malaguti, quando sono in città››.
Annuisco, rendendole una mano: ‹‹Alba Pavesi, piacere››.
‹‹Mariele Sabatini›› si presenta lei ‹‹Editor in chief di Feminine››.
Per poco non mi cade la mascella dallo stupore. Vuoi vedere che non tutti i mali vengono per nuocere?
‹‹Se davvero hai qualche storia da raccontare, teniamoci in contatto›› propone ‹‹Ti lascio il mio numero personale, a presto››.
‹‹Certo, ci sentiamo›› la assecondo, contenendo a stento l'entusiasmo. ‹‹E scusa ancora per il vestito!››
Torno in sala, ancora gasata per la svolta inaspettata, e becco subito Sveva che, tuttavia, non pare altrettanto allegra:
‹‹Ce ne dobbiamo andare›› mi intima sottovoce ‹‹Subito››.
‹‹Che succede?›› chiedo, ma la mia migliore amica si sta dirigendo a grandi passi verso l'uscita e non mi resta che seguirla, per l'ennesima volta stasera.
Appena fuori, col Naviglio Grande a fare da sfondo, Viv sbotta:
‹‹Quando sono venuta a studiare qui credevo che sarei rimasta giusto il tempo di prendere il diploma all'accademia di cucina››.
Prende un gran respiro prima di continuare: ‹‹Invece mi sono innamorata, Alba, di questa città, di tutte le possibilità che promette e non solo e non sono pronta ad andare via››.
‹‹Beh, manca ancora un po' al diploma›› osservo ‹‹E magari poi troverai qualcosa››.
‹‹Devo trovarlo adesso›› esclama lei ‹‹Oppure mia madre mi costringerà a tornare a casa il giorno del diploma stesso e finirò a servire birra e polenta ai villici in quel paesino di merda per il resto della mia vita!››
‹‹Io non la farei così drammatica›› tento di sdrammatizzare ‹‹Tua madre è un po' attaccata alle tradizioni, okay, ma Tista ti adora, sono sicura che se tu gli spiegassi il tuo punto di vista ti ascolterebbe››.
Ma Sveva scuote la testa: ‹‹Sono la loro unica figlia, che mandi avanti la locanda è quello che si aspettano, considerando che mi hanno pure fatta studiare per questo››.
‹‹Okay, quindi il piano è ritardare il ritorno al paese trovando un lavoro qui, giusto?›› domando.
‹‹Già›› conferma la mia migliore amica ‹‹Ma non è per niente facile e chef Castelli mi sta pure facendo terra bruciata intorno››.
‹‹Che stronzo›› prorompo ‹‹È stato lui a darti la parola segreta per entrare al pub stasera?››
‹‹Certo che no, era pure lì e parecchio incazzato di vedermi›› afferma Sveva ‹‹Ho i miei contatti, ma ho bisogno di te per sopravvivere in questa giungla››.
‹‹Di me?›› mi stupisco ‹‹Ma se sono solo passata a scroccarti un appoggio sul divano!››
‹‹Appunto, ma oggi›› obietta la mia migliore amica ‹‹Prossimamente però potresti trasferirti per il master e potremmo diventare coinquiline per davvero, tanto più che una delle mie se ne sta andando e ci serve un'altra persona per dividere le spese››.
L'idea non è male ma mi coglie un po' alla sprovvista: ‹‹Beh, devo sistemare le cose con mio zio a Como, lo sai››.
‹‹Se Agnese sopravvive a un weekend da sola con lui mi prometti che ci pensi seriamente?›› rilancia Viv.
‹‹Okay›› le concedo ‹‹Ci penso››.
‹‹Grandeeee›› urla, abbracciandomi ‹‹E poi fidati, Milan l'è semper on gran Milan››.
Speriamo non sia troppo grande, penso mentre ricambio l'abbraccio che non ci sono mica abituata, alla grandeur, nonostante tutto.
Ma forse, in fondo, è proprio questo il punto.
Spazio autrice
A volte ritorno, quindi ciao a tutti, spero stiate passando un bel periodo festivo.
In questo capitolo trovate molti riferimenti a classici della letteratura e grandi film ma, in particolare, data l'ambientazione, ho voluto omaggiare la mia amica gretaknightley : il Belli e Dannati, infatti, è il locale che gestiscono insieme a Milano i protagonisti del suo retelling Austeniano, La Ricetta del Vero Amore, che trovate qui su Wattpad e, sebbene sia di parte, secondo me merita tantissimo; tra l'altro, condividiamo anche il prestavolto del protagonista maschile quindi, davvero, se siete (anche) sue fan, date un'occhiata.
Per il resto, spero sia stata una buona lettura. Per me è stato un po' un parto scrivere questo nuovo capitolo ma mi sono pure divertita e mi auguro si noti.
Navigo un po' a vista scrivendo man mano, quindi vi chiedo: questo trasferimento di Alba a Milano s'ha da fare?
Grazie, a presto!
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