6. Dio perdona ma io no
Non si può vivere chiusi in stanze buie.
Francesca Diotallevi, Le stanze buie
‹‹La cameriera impicciona›› esclama, dando segno di avermi riconosciuta sul serio. ‹‹Sei venuta per un colloquio dell'ultimo minuto oppure per ficcanasare in giro prima dell'apertura?››.
Incrocio le braccia al petto, seccata: ‹‹Nessuna delle due, volevo solo fare aperitivo››.
‹‹Da sola?›› indaga lui, guardandosi intorno in cerca di altri eventuali intrusi.
‹‹Non mi pare sia reato›› ribatto senza scompormi.
‹‹Per gli habitué, sì›› replica lui, con lo stesso sorrisetto beffardo sulle labbra ‹‹Attenta a non farti sgamare subito. O forse è una tua specialità››.
‹‹Potrei dire lo stesso di te e del tuo capo›› gli faccio notare ‹‹Chiodo di pelle e occhiali da sole scuri per cenare in un paesino delle Langhe praticamente sotto zero?››
‹‹Non era una tappa prevista e abbiamo dovuto improvvisare›› rivela ‹‹Comunque avevamo tutto sotto controllo››.
‹‹Tanto da darvela a gambe davanti alla domanda di una cameriera, ho notato›› ironizzo ‹‹Un drink dovresti offrirmelo, anche solo per scusarti››.
‹‹E di cosa?›› vuole sapere.
‹‹Di avermi quasi fatta licenziare andandotene dopo aver ordinato›› elenco ‹‹Di aver rovinato la mia occasione di scrivere il pezzo della vita››.
‹‹Addirittura?!›› Si finge sorpreso, afferrando uno straccio con cui comincia a lucidare alcuni bicchieri disposti sul bancone ‹‹Quindi sei una giornalista, ficcanaso per definizione. Avevo ragione››.
‹‹E tu sei impossibile›› sbotto ‹‹Quando scriverò di questo posto, nessuno avrà più voglia di metterci piede››.
‹‹Non mi hai ancora detto per quale testata scrivi›› esclama ‹‹E nemmeno come ti chiami››.
‹‹Dovrai tenerti la curiosità ancora per un po'›› dichiaro ‹‹Almeno finché non leggerai il mio articolo››.
Ovviamente è un bluff, non c'è nessun pezzo, però non potevo farmi sfuggire questa opportunità di rendergli pan per focaccia, perché magari Dio perdona ma io no.
Mr Zigomi Affilati, però, non sembra preoccupato.
‹‹Gin Tonic›› esclama, ancora dietro il bancone del locale.
‹‹Come?›› Sarebbe stato un momento perfetto per andarmene con un'uscita a effetto ma non riesco a non cedere alla curiosità e sedergli di fronte, appollaiandomi a fatica su uno degli scomodi sgabelli di design.
‹‹È un drink semplice da preparare, molto diffuso›› mi informa lui, recuperando ingredienti e attrezzi da barman utili a prepararlo ‹‹Ma se non dosi bene gin, acqua tonica ed eventuali guarnizioni, finisci per renderlo troppo amaro o inacidirlo più del necessario››.
Termina la spiegazione guarnendo il cocktail con una scorza di limone, variante classica della bevanda, proprio davanti a me.
‹‹Non accetto da bere dagli sconosciuti, grazie›› sentenzio.
‹‹Peccato, perché è perfetto›› ribatte, prendendone un sorso ‹‹E conferma la mia teoria››.
Mi scocca un altro dei suoi sorrisetti beffardi ma non cedo alla provocazione:
‹‹Mi sa che quando distribuivano la modestia tu eri in fila per la faccia da schiaffi›› dichiaro tra il serio e il faceto ‹‹Che non ci tengo a rivedere. Addio, non è stato un piacere››.
‹‹Per me sì›› mi contraddice ‹‹Moltissimo››.
Sorride ancora mentre riprende a sorseggiare il gin tonic che aveva preparato per me, eppure lo sguardo che mi rivolge è da predatore esperto. Non mollerà finché rappresenterò un pericolo per la sua reputazione. O per quella del suo capo.
Poco male, non ho nessuna intenzione di lasciarmi intimidire:
‹‹Allora è tutto tuo›› ribatto, smontando dallo sgabello ‹‹Tienitelo stretto, perché non ti concederò altro››.
‹‹Questo è tutto da vedere›› replica, affatto spaventato ‹‹Belle gambe, comunque››.
Quasi non sento il suo ultimo commento perché sovrastato dal rumore di tessuto che si strappa. Non una stoffa qualunque bensì quella della mia gonna di jeans nuova, presa da Desigual con i saldi di metà stagione, che conciata così rischia di lasciarmi chiappe al vento se non torno subito a casa.
‹‹Non c'è proprio nulla da vedere›› ribatto, scocciata, infilando la porta a passo di carica mentre la risata di Mr Zigomi Affilati mi accompagna.
È la seconda volta che ci incontriamo ed esco ammaccata - in tutti i sensi - dal confronto.
Per fortuna la mia memoria fotografica mi aiuta a ritrovare la strada per il rustico di zio Ambrogio che, al momento, è vuoto in maniera provvidenziale.
Ho proprio bisogno di calma e silenzio per rivedere le priorità, in cima alle quali sta una doccia rigenerante.
Sistemo le mie cose nell'unico bagno a nostra disposizione, in fondo al corridoio del piano superiore e lascio che l'acqua lavi via questa giornata, ma la rabbia suscitata dall'incrocio fortuito con Stefano Borghi me la tengo ben stretta.
Ecco, almeno io so il suo nome, questo è un vantaggio.
La condiscendenza con cui mi ha trattata brucia più dell'acqua calda sulla pelle.
Potrei davvero scriverlo, un pezzo sulla catena di pub dei Kittander, dopotutto sono una giornalista.
E pure freelance, quindi una testata a cui proporlo la troverei.
Però l'occhiata superficiale di oggi non mi basta e scrivere qualcosa di negativo soltanto perché chi se ne occupa mi sta antipatico sarebbe poco professionale.
A proposito, recupero il pc e, stravaccandosi sul letto ancora in accappatoio, cerco informazioni sul master dei miei sogni. Le candidature potranno essere sottoposte fino alla fine del mese, esattamente fino al giorno in cui scade il periodo di soggiorno di prova che ho posto come condizione imprescindibile al trasferimento qui. Il costo totale dei corsi mi provocherebbe un mancamento se non ricordassi che sarebbe del tutto coperto da zio Ambrogio. Sempre che vada tutto bene e non si riveli uno psicopatico totale prima dei trenta giorni stabiliti.
Il pensiero mi fa sorgere un po' di senso di colpa nell'essere uscita subito dopo il nostro arrivo, lasciando mamma con lui.
Poi però mi ricordo che è stata lei a iniziare questo teatrino, mettendo in piazza le nostre difficoltà con un fratello che non sentiva da anni, quindi pace.
O almeno così dovrebbe essere, se riuscissi davvero a fregarmene.
Invece sembra che non ce la faccia proprio, perciò mi vesto in fretta e, approfittando della momentanea assenza di entrambi i fratelli Moratti in combutta, do un'occhiata in giro meglio di quanto abbia fatto non appena arrivata.
L'omonimo del protagonista di Moccia mi darebbe di nuovo della ficcanaso ma, come ho già ribadito a Sveva, non avrei problemi a mandarcelo.
Le pareti sono dipinte di colori chiari, neutri, quasi impersonali.
Abbondano mobili antichi, pizzi, merletti e cianfrusaglie orientaleggianti varie che, da quel poco che lo conosco, non sembrano affatto nelle corde dello zio Ambrogio.
Forse sono regali collezionati nel corso del tempo, ricevuti dai tipi che appaiono in diverse foto posizionate lungo una credenza riverniciata di fresco.
Prendo in mano le cornici e le osservo bene.
Sono tutti scatti che ritraggono lo zio in servizio, con gente importante che ho sempre visto solo in Tv oppure con altri domestici.
A colpirmi, in particolare, è quella che pare una cartolina natalizia, con tutto il personale di servizio di Villa Diamante intorno a due signori di mezza età che, a conti fatti in base alla didascalia sul retro, sarebbero troppo anziani per essere gli attuali conti Valderamo Sant'Orsola.
La fotografo col cellulare, poi la rimetto a posto.
È possibile che quest'uomo non abbia mai avuto nessuno di importante? Una fidanzata, una ragazza del mese, una cotta non corrisposta? Se davvero fosse così, mi dispiacerebbe per lui.
Un rumore di chiavi nella toppa mi fa sobbalzare, quindi mi fingo interessata ai dorsi dei libri che spuntano dalla mensola sopra il caminetto. C'è qualche classico, un manuale di giardinaggio, il Galateo di Della Casa e, notizia delle notizie, l'intera bibliografia di Elizabeth Jane. Autografata.
‹‹Alba, amore, sei tornata›› mi saluta mamma, carica di sacchetti ‹‹Zio Ambrogio e io siamo stati a fare la spesa››.
‹‹Fantastico, sto giusto morendo di fame›› commento ‹‹Ma forse è meglio che finisca di vestirmi, prima di scendere di nuovo››.
In realtà lo sono già ma ne approfitto per barricarmi in quella che è diventata camera mia ed essere esonerata dalla preparazione del pasto, anche perché sono una schiappa ai fornelli.
Il trillo di una notifica mi fa sobbalzare. È Sveva:
S.: Allora? Com'è il pub?
Eccola.
Per qualche motivo, non mi va di riferirle dell'ennesima figuraccia con Mr Zigomi Affilati.
A. : Ancora chiuso
S.: Peccato! :(
S.: Vabbè andiamo a quello che c'è qui quando vieni a trovarmi
A.: La domanda è: quando posso venire?
S.: Forse riesco a liberarmi nel weekend
A.: Grande! Vedrò di resistere
S.: Va già tanto male su quel ramo del lago di Como? <\3
A.: No ma è strano. E si fanno pure incontri che lo sono altrettanto.
S.: In che senso?
A.: Niente... Sai che zio Fester ha l'intera bibliografia di Elizabeth Jane AUTOGRAFATA?!
S.: Beh, lo avevi detto che era un frequentatore dei poteri forti xDD
S.: E poi, dalla pubblicazione del libro con il suo vero nome, quello con cui ha vinto quel premio, non è più un segreto di Stato chi sia E.J.
A.: Io non la seguo e non la leggo. Ma boh, mi sembra strano che lo zio sia fan
S.: Magari la conosce, hai provato a chiederglielo?
A.: No. E comunque è troppo giovane. Qui in casa non ci sono foto di zio con E.J., però ne ho trovata una di Natale che fa troppo Christmas Card dei reali
S.: Vedereee
File inviato da parte di Alba
S.: In effetti
S.: Qualche faccia però non mi è nuova
A.: Tipo?
S.: Non lo so, mi sembra di averla vista da qualche parte... Comunque il libro che ti dicevo si intitola Verrà la Morte e avrà i tuoi occhi.
A.: Tu l'hai letto?
S.: No, ma mia madre sì, e lo adora
Wow, Elizabeth Jane scrive roba a prova di Ornella Dalmasso, che credevo leggesse a malapena i menù del ristorante. Dovrebbero darle il Nobel solo per questo.
A.: Okay, allora forse potrebbe piacere anche a zio Fester...
S.: Non è un giallo con il maggiordomo colpevole, ti avverto xDD
A.: Meglio, sarebbe stato troppo scontato xDDD
Come lo sarebbe addormentarsi così, de botto, senza senso adesso, in attesa della cena, cullata dalla sensazione di benessere di un letto comodo e una doccia rigenerante.
Ma è quello che succede, perché il più delle volte la vita, una logica, non ce l'ha.
Spazio autrice
Verrà la Morte e avrà i tuoi occhi è, in realtà, il titolo di una poesia di Cesare Pavese tra le mie preferite, che dà il titolo a una raccolta omonima. E anche di una di Michele Mari.
Chi ha già letto Quello che siamo diventati forse avrà colto il riferimento a Elizabeth Jane e, per il futuro, ce ne saranno altri, perché mi piace pensare che le mie storie siano ambientate in un universo narrativo in cui i miei personaggi abbiano la possibilità di conoscersi e interagire tra loro. Spero vi piacciano le Easter Egg, perché io ne vado matta.
Detto ciò, vediamo per la prima volta Stefano in azione e zio Ambrogio sembra custodire qualche segreto di troppo...
Se vi va, attendo le vostre impressioni nei commenti
Spero sia stata una buona lettura, grazie, a presto!
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