44. Il diavolo veste Atelier Monti
The mirror's image,
It tells me it's on time,
But I'm not finished,
'Cause you're not by my side.
And as I arrived I thought I saw you leaving,
Carrying your shoes,
Decided that once again I was just dreaming,
Of bumping into you.
Arctic Monkeys, Why'd You Only Call Me When You're High
Un anno dopo
Il diavolo veste Atelier Monti.
Ne ho la conferma osservando Mariele, accanto a me, durante il lancio della nuova collezione autunno/inverno della maison fondata dallo stilista cubano, che dovrebbe palesarsi al termine della sfilata.
Riporto lo sguardo in passerella, facendo del mio meglio per nascondere la noia.
Dopo l'ennesima modella, tutti gli abiti di haute couture cominciano a sembrarti uguali. Non è così per Mariele, che parlotta fitto con altri grandi nomi della stampa e dello star system qui presenti, come Caterina Benedetti o Rebecca Michelle Kauffman, brand ambassadors di casa.
Non vedo l'ora che la serata finisca per andare a bere qualcosa con Emilia la quale, di certo, condividerà la mia stanchezza.
Essere l'assistente personale di Ella Rubenstein Malaguti, nata Valderamo Sant'Orsola, non è affatto facile.
‹‹Se penso che dovrò rifare tutto questo a Parigi, mi viene voglia di buttarmi ora nella Senna›› sbotta la mia amica, lasciandosi cadere sulla sedia di fronte a me, al bancone del locale in cui ci siamo date appuntamento.
‹‹Magari non morirai annegata ma, considerando quanto è inquinata, qualche malanno lo becchi di sicuro›› la assecondo ‹‹Oppure potresti fare come me e cambiare lavoro. Che fine ha fatto l'idea di quotarti come influencer?››
‹‹È sfumata definitivamente›› mi informa lei ‹‹Aspetta, quindi è ufficiale? Molli Haute Couture e la Sabatini?››
Annuisco: ‹‹Le consegnerò il preavviso domani e poi preparerò i bagagli per Roma. L'ufficio stampa della Bertrand Foundation mi attende››.
La luna di miele con il nuovo giornale di Mariele Sabatini, infatti, è finito abbastanza presto ma finora sono riuscita a rendere il tutto tollerabile perché, esattamente come mi aveva prospettato un anno fa, sono stata libera di gestire l'enorme carico di lavoro redazione e intervallarlo con viaggi, trasferte e altri incarichi che decomprimessero il tutto. Ma qualche giorno fa Sirio Sant'Orsola, con cui sono rimasta in contatto, mi ha fatto sapere che si era liberato un posto nell'organico delle pubbliche relazioni della fondazione benefica della sua ragazza, ragion per cui ho tentato il grande salto. E ce l'ho fatta.
‹‹Ma non hanno una sede qui a Milano?›› chiede Emilia.
‹‹Sì e, con ogni probabilità, ne apriranno pure una a Como, dopo il matrimonio di Claire Bertrand e Sirio Sant'Orsola›› la informo ‹‹Però io ho bisogno di un cambiamento e, durante il colloquio con le risorse umane, ho chiesto di poter essere assegnata alla sede di Roma››.
‹‹Capisco›› commenta lei ‹‹E non ci sono altri motivi? Magari hai conosciuto qualcuno?››
‹‹Con questi ritmi non ho tempo per respirare, figurarsi conoscere qualcuno›› ironizzo ‹‹Dovresti saperlo anche tu››.
Ride, mi dà ragione, poi beviamo i nostri drink e ci salutiamo.
In realtà non è del tutto vero quel che ho detto a Emilia e ci rifletto su mentre torno a casa, il solito trilocale da universitari sui Navigli in cui, alla fine, ho continuato ad abitare quando sono tornata qui a Milano per lavorare con Mariele a Haute Couture.
La verità, infatti, è che non ho voluto conoscere nessuno, almeno non in quel senso. Nell'anno che è passato ho avuto la possibilità di viaggiare e incontrare persone nuove più di quanto abbia fatto nel resto della mia vita eppure il mio cuore è rimasto lì, incastrato nell'ultimo posto che avrei desiderato ossia l'Antico Taverniere di Bradighera, dopo essere stato ridotto in mille pezzi dall'unico uomo che abbia mai suscitato in me un vero interesse. Rivelandosi poi il più sbagliato di tutti, almeno per quanto mi riguarda.
Stefano Borghi, al contrario, è andato avanti alla grande, seguendo i lavori di ristrutturazione dell'ex locanda dei Dalmasso per poi affidarla a Miriam Pascucci.
Mi sono giunte voci discordanti su come si sia arrivati a una tale scelta. Sveva, infatti, si attribuisce il merito della svolta, perché pare abbia spinto la futura cognata a lanciarsi in un'attività imprenditoriale diversa dall'azienda agricola di famiglia che, ad oggi, è gestita egregiamente dalla mia migliore amica insieme ai suoceri. Che Sveva e Gabriele Pascucci sarebbero finiti insieme, infatti, non è stata una sorpresa per nessuno tranne che per i diretti interessati, pare, i quali, testoni come sono, ci hanno messo più tempo del necessario ad ammettere i loro reciproci sentimenti. Come hanno fatto Patrizia Rinaldi e zio Ambrogio, ormai pendolare esperto Como - Bracciano. Forse il mio trasferimento nella Capitale lo spingerà a fare lo stesso grande passo.
Anche perché al simil cottage nei pressi di Villa Diamante che tanto ha faticato per riscattare, non è rimasto più nessuno.
In seguito alla pronuncia della sentenza di divorzio, infatti, mamma ha deciso di cominciare a viaggiare, per conoscere tutto ciò che si era persa negli anni in cui era stata troppo impegnata a tirarmi su da sola. Grazie al mio stipendio, sono stata ben felice di finanziarla e continuerò a farlo anche quando comincerò il nuovo lavoro.
La prospettiva di vivere con mia madre nella Città Eterna, quando ne avrà avuto abbastanza del resto del mondo, non mi dispiace affatto.
A dispiacerti è altro, sussurra una fastidiosissima vocetta interiore che tento di soffocare.
Magari con l'alcol ci riuscirei meglio, penso passando davanti al Blondie, come se stasera non abbia già bevuto abbastanza.
Il pub milanese dei Kittander è rimasto uguale a quando lo frequentavo con assiduità, almeno in apparenza. Come la coppia di influencer, che vengono dati in crisi costante e sempre tornano più forti di prima. Ormai ho smesso di indagare su quanto sia vero e quanto, invece, faccia parte di una strategia di marketing volta a tenere vivo l'interesse dei followers. Non mi interessa più. Così come non mi importa di fare incontri sgradevoli, per cui varco la soglia di uno dei posti da cui tutto ha avuto inizio.
La regola della parola d'ordine valida nello speakeasy che era quando ci sono venuta con Sveva per la prima volta non è più valida ma, del resto, non mi pare ce ne sia bisogno perché il locale è tutt'altro che affollato anche così. Sarà che è tardissimo, notte fonda in pratica, ma l'atmosfera è diversa, quasi oscura. E intima.
C'è qualcosa che mi mette a disagio. Sto per fare dietrofront, dopotutto non ci tengo tanto a bere ancora.
E poi lo vedo, scritto a caratteri cubitali nella lista dei cocktail del locale.
Alba sulla Darsena.
Il cuore comincia a battere all'impazzata.
Non significa nulla.
Potrebbe aver avuto successo come drink, quindi lo hanno lasciato in menù.
So di ex che, al termine di una relazione, hanno buttato via ogni cosa, cambiato casa, lavoro, città.
Stefano Borghi avrebbe potuto cambiare il nome di una stupidissima bevanda a base alcolica, con cola e liquirizia a completare il tutto.
Invece non l'ha fatto.
Non so se arrabbiarmi, esserne lusingata o...
Chiudo gli occhi e indietreggio lentamente verso l'uscita ma questo mi porta a sbattere contro qualcuno che sta entrando.
‹‹Mi scusi, devo essere un po' brilla›› bofonchio, voltandomi con gli occhi bassi per la vergogna.
‹‹Scusa tu›› replica una voce che conosco troppo bene e speravo di ascoltare ancora, temendolo al tempo stesso. Alzo gli occhi a incontrare quelli dello sconosciuto che non è tale, perché mi trovo di fronte Stefano Borghi. Lo scontro l'ha colto di sorpresa quanto me, pare, perciò ne approfitto per aggirarlo e guadagnare l'uscita.
Scusa tu.
Quanto avrei voluto che queste parole fossero riferite alla discussione avvenuta l'ultima volta che ci siamo visti.
Quante volte ho pensato alle accuse che mi ha rivolto, in parte vere, che ho cercato di smentire correggendo il tiro nei rapporti personali e lavorativi durante questi dodici mesi trascorsi lontano da lui.
Quante volte ho desiderato di scusarmi a mia volta per non averlo saputo amare come meritava.
Ma è anche il motivo per cui sto andando via senza guardarmi indietro perché, a dispetto delle apparenze, nel profondo non sono poi cambiata molto.
Sono la zia single che porta i regali per le feste ma, il più delle volte, a quelle stesse feste non riesce a esserci perché lavora troppo.
Sono sola, per scelta ma anche perché, in fondo, non credo che qualcuno potrebbe amarmi nel modo in cui io vorrei essere amata. In questi ultimi mesi, quindi, ho imparato a mettere al centro me stessa e volermi un po' più bene, eppure ci sono sere come questa che rischiano di rimettere in discussione tutto.
Soprattutto se il mio ex mi sta seguendo, pronunciando a voce alta il mio nome.
‹‹Alba›› esclama ‹‹Regazzina, aspetta››.
Al momento non posso permettermelo, quindi affretto il passo, mi infilo nel portone del mio palazzo e me lo chiudo dietro.
Ma il Tamarro non è uno che molla.
Infatti sta parlando a una porta chiusa, dietro cui mi sono barricata pur poggiandovi l'orecchio, in ascolto.
‹‹So che è passato tanto tempo e probabilmente mi odi ancora ma io no›› esclama ‹‹E niente, volevo solo dirtelo, che mi dispiace veramente per come ci siamo lasciati››.
Sospira, poi riprende:
‹‹Non so nemmeno se sei più là dietro e sto parlando con un pezzo di legno, come uno scemo›› commenta ‹‹Va bene, in caso non essere troppo arrabbiata. Ciao››.
Ho il cuore a mille ed è quasi un dolore fisico trattenermi dall'aprire questa maledetta porta e urlargli contro tutto ciò che sento, che mi ha fatto provare, in questo anno in cui sono stata da schifo. Ma lo faccio perché tanto non cambia niente e non basta, sussurrare due paroline dolci per sistemare tutto.
E, al momento, non posso permettermelo.
Passo i giorni seguenti preparandomi per l'ennesimo trasloco.
Mariele ha accettato le mie dimissioni senza batter ciglio, segno che un po' lo immaginava.
‹‹Spero che tu sappia cosa stai facendo›› ha esclamato quando stavo per lasciare il suo ufficio ‹‹Sei stata la delusione più grande della mia vita››.
‹‹Bene, significa che non ne hai avute poi molte›› ho ribattuto ‹‹Comunque vale lo stesso per me nei tuoi confronti. Buona fortuna››.
Roma mi dà la stessa impressione di bellezza decadente della prima che ci sono stata. Con Stefano.
Pensare a lui dopo l'altra sera è diventato ancora più struggente. E doloroso.
Però non temo di incontrarlo di nuovo qui.
Del resto, siamo riusciti a evitarci benissimo a Milano per un anno intero.
Il lavoro è più impegnativo di quel che sembra, perché mi occupo di tutte le comunicazioni ufficiali della fondazione benefica dei Bertrand e devo coordinarmi anche con le altre sedi sparse per l'Italia e il mondo, tuttavia l'affiancamento della precedente responsabile - un'inglese di nome Calliope Cartwright che ha lasciato l'incarico per aprire una propria agenzia di comunicazione a Mayfair - rende tutto più semplice.
Alla mia prima cena di gala, sono emozionata come una bambina la sera di Natale. Il paragone non è casuale, perché alla ricorrenza manca poco e nella Capitale è addirittura prevista neve.
Passo tutta la serata a vigilare che tutto vada secondo i piani e soltanto quando volge al termine riesco a tirare un sospiro di sollievo. Sto giusto per tornarmene a casa, un grazioso monolocale vicino ai locali della Fondazione nei pressi di Villa Borghese che sono riuscita a trovare per miracolo, quando ricevo un messaggio da parte di Emilia:
E: Birretta al Pincio?
È una tradizione che abbiamo inaugurato da quando mi sono trasferita in città e lei ha seguito Ella Rubenstein, al momento in forze alla sede romana dell'Atelier Monti e in ritiro creativo al castello Capranica.
Sono talmente su di giri per il buon esito della serata che non ci penso due volte ad accettare.
Dopo esserci salutate e lamentate per un po' delle rispettive occupazioni, come da prassi, Emilia passa agli argomenti succosi mentre sorseggiamo le nostre birre:
‹‹Ci credi che, per una volta, sono soddisfatta di me stessa? E anche i miei lo sono, tanto che Cosimo rischia di rubarmi il titolo di pecora nera della famiglia›› comunica.
‹‹Perché?›› le chiedo ‹‹Che ha combinato tuo fratello?››
‹‹Mio padre, dopo la laurea, lo ha spedito nelle Langhe a dirigere un ramo acquisito di recente dalla loro azienda›› racconta la mia amica ‹‹E pare che abbia problemi con una concorrente, che gestisce pure un pub. Una certa Miriam, mi pare››.
Quasi mi verso addosso la birra: ‹‹Stai parlando di Miriam Pascucci, per caso?››
‹‹Qualcosa di simile›› commenta Emi ‹‹Cosimo non la sopporta proprio, a suo dire, ma secondo me un po' lo intriga››.
‹‹Ma lei sta con Borghi, il mio ex›› obietto.
‹‹Non credo proprio›› mi smentisce la Zanier ‹‹È passato qualche giorno fa in Atelier a ritirare uno smoking cucito su misura e, durante il fitting con Stella, è venuto fuori che è tornato qui in pianta stabile e sta pensando di mettersi in proprio con un suo pub da aprire alla Garbatella››.
Le informazioni appena ricevute mi lasciano di stucco perché immaginavo tutt'altro.
‹‹Ma non ha senso›› balbetto ‹‹Ha venduto il pub dello zio a Franz Landmann che, in cambio, lo ha nominato general manager della catena››.
‹‹Pare che abbiano avuto dei dissapori in seguito all'ultima conclamata crisi sentimentale tra i Kittander e che Borghi abbia fatto presente al suo capo che si era stancato di fare da consulente di coppia e che l'unico a rinunciare a una relazione importante fosse stato lui››.
‹‹Perché non me lo hai detto prima?›› le chiedo.
Emilia fa spallucce: ‹‹L'ho saputo da poco e credevo fosse una storia chiusa››.
Invece no, non lo è per niente.
D'un tratto ho una fretta pazzesca di finire la serata. Altrove, però.
Pago la mia birra, saluto la mia amica e mi scapicollo verso Piazza del Popolo, nei cui pressi sorge la mia ultima destinazione della serata.
Quando entro al The Lion King, faccio fatica ad avvistare il bancone per via della calca eppure, una volta individuato il mio obiettivo, non c'è più nulla a trattenermi:
‹‹Odio il modo in cui mi parli›› esordisco ‹‹E il modo in cui ti tagli i capelli››.
Sul locale scende un silenzio surreale, ho tutti gli occhi puntati addosso compresi i suoi ma non importa, che guardi, anzi, che mi veda pure per quella che sono davvero e capisca che c'è molto di più, dietro l'apparenza.
‹‹Odio il modo in cui guidi quella tua stupida moto e mi chiami regazzina›› continuo ‹‹Odio quando mi fissi, come ora, e mi sorridi beffardo sminuendo entrambi e quello che siamo insieme››.
Come per riflesso condizionato, lo fa anche adesso ma smette subito.
‹‹Odio quando non credi abbastanza in te stesso, pensando di non essere all'altezza, e il modo in cui invece mi incoraggi a seguire i miei sogni, rivelandoti il complice perfetto da desiderare accanto in ogni momento›› proseguo ‹‹Ti odio così tanto che mi fai star male, mi fai essere gelosa come non lo ero mai stata in vita mia››.
Il mio ex lascia il bancone e si fa strada verso di me, però non ho ancora finito:
‹‹Ti odio perché avevi ragione, perché mi hai mentito, perché mi facevi ridere come nessun altro e piangere anche di più››.
È di fronte a me, ora, e sento la mia rabbia scemare pian piano, la mia filippica perdere smalto e le lacrime rigarmi le guance.
‹‹Odio che tu mi abbia lasciato, che non abbia più chiamato né ti sia fatto vivo per più di un anno, ma più di tutto odio il fatto che non ti odio nemmeno volendo, per sbaglio, per niente››.
‹‹Ti amo anche io, Alba›› esclama serio, guardandomi negli occhi.
Per dimostrarlo mi asciuga le lacrime con le dita, come io ho fatto quando mi ha parlato dei suoi, e poi mi bacia.
Mi scappa un gemito, perché Dio solo sa quanto agognavo questo momento pur essendo convinta che non si sarebbe mai verificato, ma il rumore è sovrastato da quello degli applausi dei presenti che si trovano a essere testimoni involontari della nostra riconciliazione.
Se è vero che bisogna scrivere di quello che si conosce, allora posso anche smettere.
Perché la mia storia con Stefano mi ha portata dove non avrei mai sognato, alla scoperta di lidi ignoti che mi hanno insegnato a godermi il viaggio per una meta insperata.
E molto più bella di quanto potessi mai immaginare, a riprova che la vita, a volte, sa avere più fantasia di noi.
Basta lasciarla fare, conoscersi, avere fede. E amore.
Spazio autrice
That's a wrap! Se scorrete, ci leggiamo nei ringraziamenti ;)
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