3. Termini e condizioni

Ma questo non vuol dire, naturalmente,

che non vi siano momenti di tanto in tanto,

momenti di estrema tristezza, quando pensi tra te e te:

'Che terribile errore è stata la mia vita'.

E allora si è indotti a pensare a una vita diversa,

una vita migliore che si sarebbe potuto avere.

Kazuo Ishiguro, Quel che resta del giorno

La tristezza della domenica pomeriggio si avverte di più se abiti in un piccolo paesino di provincia collegato male col resto del mondo, non ti va di guidare ancora, non hai amici fidati da andare a trovare e, in generale, sei in crisi esistenziale.

Ho bisogno di schiarirmi le idee e, data la scarsità di alternative, mi rifugio al parchetto di zona.

Attraverso le strade deserte, passando accanto al centro anziani che fra qualche ora si riempirà di vecchietti accaniti giocatori di briscola e bestemmiatori seriali che, dopo aver contato i punti determinanti per la vittoria, andranno a festeggiare dai Dalmasso con un bicchiere di Barolo di troppo.

A volte vorrei davvero essere vecchia fuori come mi sento dentro e accontentarmi di passatempi del genere, di una routine che mi renda felice e serena quando vado a dormire la sera senza sapere se il giorno dopo mi risveglierò.

Invece sono un'eterna insoddisfatta e ne ho fin sopra i capelli di questo posto, esattamente come i vandali che hanno devastato il parchetto, a giudicare dallo stato dei giochi per bambini di cui, ovviamente, non si vede l'ombra. E non solo per via di un sensibile calo demografico ma perché nessun genitore con un minimo di sale in zucca porterebbe i propri figli a giocare tra siringhe abbandonate e detriti, nel degrado più totale. Ma, dal momento che l'infanzia l'ho passata da un pezzo e non mi sento del tutto a posto oggi, sfido la sorte e mi siedo sullo schienale di una panchina vandalizzata.

Sono ancora incazzata a morte con mamma però il mio lato razionale è molto tentato dall'offerta di zio Ambrogio.

Como è una bella cittadina, con un discreto bacino turistico anche VIP, senza contare la vicinanza a Milano che, per chi vuole sfondare nel giornalismo o nell'editoria, è tipo la Terra Promessa.

Mi spremo le meningi per ricordare il nome dei datori di lavoro dello zio.

Hanno due cognomi e addirittura un titolo nobiliare tipo Serbelloni Mazzanti Viendalmare, di sicuro avranno le mani in pasta in mezzo mondo considerando il tipo...

Smanetto un po' ma, alla fine, riesco a trovare quello che cerco.

‹‹Caspita, zio›› mormoro ‹‹Non mi avevi detto di stare a Downton Abbey››.

Dalle informazioni raccolte dal web, infatti, i conti Valderamo Sant'Orsola vivono a Villa Diamante, residenza storica di famiglia vista lago tipo quelle che fanno visitare nelle giornate del FAI, con tanto di alloggi garantiti al personale di servizio.

Chissà se zio Ambrogio abita in uno di questi bei rustici ristrutturati che si vedono nelle foto.

La villa è addirittura finita su una rivista d'arredamento piuttosto famosa, in un articolo firmato dall'attuale contessa. È come pensavo, questa gente ha i soldi e i contatti giusti.

Dopotutto, forse è meglio tornare a casa e riprendere l'amabile chiacchierata con Zietto Caro.

La fortuna mi assiste, stavolta, perché quando rientro lo trovo da solo, seduto al tavolo della cucina, a fare le parole crociate. C'era da scommetterci, che fosse tipo da Settimana Enigmistica.

‹‹Ciao, Alba›› mi saluta ‹‹Tua madre è scesa un attimo dalla vicina››.

‹‹Okay›› replico ‹‹Ti va un caffè?››

‹‹Preferirei un decaffeinato›› rilancia lui ‹‹Altrimenti non dormo più››.

‹‹Beh, hai pisolato un po' dopo pranzo›› gli faccio notare ‹‹Secondo me non ti addormenterai a prescindere››.

‹‹Soffri anche tu d'insonnia?›› vuole sapere.

‹‹Non la definirei proprio insonnia›› puntualizzo, alla ricerca delle cialde per la macchinetta ‹‹Sono più un tipo ad alto funzionamento, che può stare sveglia per giorni ma poi, a un certo punto, collassa››.

Niente, le cialde sono finite e ho dimenticato di ricomprarle. Mi tocca ripiegare su una vecchia moka, ché offrire del caffè solubile al Mr. Carson de noantri suona sacrilego anche a una povera plebea come me.

‹‹Non è sano come stile di vita›› osserva zio ‹‹Sono i turni al ristorante a sfiancarti in questo modo?››

‹‹Beh, non solo›› replico, evasiva ‹‹La vita di una freelance non è semplicissima››. Eufemismo del secolo, ma non voglio che mi compatisca.

‹‹Agnese mi diceva che scrivi›› esclama lui ‹‹Che vorresti fare la giornalista››.

‹‹Io sono una giornalista, ho pure il tesserino da pubblicista›› affermo ‹‹Solo che qui è più difficile, non siamo mica a Como. O a Milano››.

Il borbottio della caffettiera agevola la mia pausa a effetto e mi consente di sbirciare di sottecchi zio Ambrogio, che si è fatto meditabondo e ha messo da parte i cruciverba.

‹‹A proposito di questo, c'è una cosa di cui vorrei parlarti›› esordisce, dopo un attimo di silenzio. ‹‹Io sono un uomo solo, negli anni a servizio ho risparmiato e la liquidazione si prospetta molto generosa››.

Stringo la tazzina di caffè tra le mani come se ne andasse della mia vita. Forse ci siamo.

‹‹Se tu e Agnese veniste a vivere con me, io potrei provvedere al sostentamento di tutti e tre›› ipotizza ‹‹Dispongo di un rustico in comodato d'uso fino alla mia morte e non dovreste pagare l'affitto né Agnese lavorare››.

‹‹Sarebbe fantastico, zio›› convengo ‹‹Ma, scusa la franchezza, chi ci assicura che non cambierai idea?››

L'espressione oltraggiata che gli si dipinge in viso mi obbliga a continuare il discorso, anticipandolo:

‹‹Mamma e io ce la siamo sempre cavate da sole da quando papà ci ha abbandonate e tu non hai mai mosso un dito per aiutarci›› affondo il coltello ‹‹Quindi non capisco davvero i motivi di questo improvviso ripensamento››.

‹‹La vita a servizio è stata bellissima, piena di esperienze e incontri indimenticabili›› dichiara zio Ambrogio ‹‹Ma adesso è finita e sento che mi manca... tutto questo››.

Fa un gesto ampio, a includere tutta la cucina.

‹‹Il caffè bruciato con la moka?›› ironizzo, nonostante abbia intuito dove voglia andare a parare.

Riesco a strappargli un sorriso triste:

‹‹Sono proprio un vecchio patetico, eh?›› ribatte ‹‹Comunque mi dispiace essere stato in disparte ma non riuscivo ad accettare che mia sorella avesse scelto quel... quel lavativo e poi l'orgoglio è stato più forte finché non è stata lei a chiamare››.

‹‹Ti ha chiamato mamma?!›› prorompo.

Questo cambia tutto.

E acuisce la rabbia verso Agnese Moratti, ancora più sordida doppiogiochista di quel che pensavo.

‹‹Per Natale, ci siamo scambiati gli auguri e raccontati un po' di quello che ci eravamo persi l'una dell'altro›› conferma zio Ambrogio ‹‹E quando il signor conte ha cominciato ad accennare al pensionamento, ho iniziato a pensare di contattarvi, di riallacciare i rapporti››.

‹‹Quindi il piano sarebbe che ci trasferiamo a Como con te e... poi?›› indago.

‹‹Agnese e io rimarremmo a farci compagnia›› illustra lui ‹‹Mentre tu... Potresti andare a Milano››.

Ho il cuore in gola. Non può averglielo detto...

‹‹Tua madre mi ha accennato che ti piacerebbe frequentare un master per lavorare al giornale dei tuoi sogni, a Milano›› mi smentisce zio Ambrogio ‹‹Io sarei felice di finanziarti, se decideste di trasferirvi. Dopotutto Como non è tanto distante, potresti tornare nel fine settimana e Agnese sarebbe contenta. Saremmo una famiglia, una famiglia vera››.

Sento il caffè risalire e bruciare lo stomaco.

Mi libero della tazzina, ancora tra le mie mani, come se scottasse.

Mia madre mi ha tradita.

Ha spiattellato tutti i miei segreti a un perfetto sconosciuto che, incidentalmente, è il fratello con cui non aveva contatti da una vita e ora vuole giocare alla famigliola felice del Mulino Bianco.

‹‹So che può sembrare tutto strano e brusco, infatti avevo chiesto ad Agnese di prepararti›› torna alla carica zio Ambrogio ‹‹Ma pensaci, Alba. Non mi serve subito una risposta, posso aspettare››.

‹‹Qui o a Como?›› mi lascio sfuggire.

‹‹Andrò via domani, se la mia presenza è d'intralcio›› propone lui, ma capisco che ci è rimasto male.

Provo a calmarmi, pensando con lucidità.

L'ultima cosa che mi serve in questo momento è offendere lo zio. Devo tenerlo buono finché non decido come muovermi.

‹‹Sono tornata!›› annuncia mia madre, apparendo sulla soglia di casa come una maga in un gioco di prestigio. Si guarda intorno poi, assicurandosi che ci sia anche io, aggiunge: ‹‹E guardate che bella sorpresa ho portato››.

Si sposta, lasciando entrare un'altra persona.

‹‹Sveva!›› urlo, andando ad abbracciare al volo la mia migliore amica ‹‹Perché non mi hai avvisata che saresti tornata?››

‹‹Non lo sapevo neppure io›› replica lei ‹‹Ho così tante cose da raccontarti››.

‹‹Anch'io›› esclamo ‹‹Andiamo a farci un giro?››

E senza lasciarle scelta, la trascino via dalla mia casetta claustrofobica.

Spazio autrice

Zio Ambrogio comincia a scoprire le carte... Ed è tornata Sveva!

Cosa vi aspettate da questi due personaggi?

Spero sia stata anche stavolta una buona lettura.

A presto!

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