28. Dress for (in)success

Cosa crede, la gente, che basti innamorarsi per sentirsi completi?

La platonica unione delle anime?

Io la penso diversamente.

Io credo che tu sia completo prima di cominciare.

E l'amore ti spezza.

Tu sei intero, e poi ti apri in due.

Philip Roth, L'animale morente

La succursale milanese di Brancia, Malaguti & Associati si trova in Corso Europa, nei pressi di Piazza San Babila.

L'inaugurazione si terrà giusto in orario di ape quindi Stefano aveva ragione, potrei spacciare il mio vestito rosso come abito da cocktail, abbinandoci uno spolverino cammello che copra il tutto quanto basta, senza sfigurare neanche un po'.

E non lo faccio, a giudicare dall'occhiata carica di sottintesi con cui mi individua tra la folla emergente dalla stazione della metro in ora di punta. Mi fissa con il suo solito sorriso sghembo ma non è abbastanza, stavolta. Voglio che lo dica a voce alta, quanto sono bella. Che lo sia lui è scontato, grazie al solito makeover che lo fa assomigliare a tutt'altra persona.

Quindi lo sfido, con un sopracciglio sollevato: ‹‹Allora? Nulla da dichiarare?››

‹‹Mi sto quasi pentendo d'averti ricomprato sto vestito›› afferma, tra il serio e il faceto. ‹‹Ché magari qualche pezzo grosso ti vede e s'innamora, e poi mi pianti di nuovo e te ne vai, un'altra volta››.

‹‹Già dato con i golden boy, grazie tante›› sentenzio sullo stesso tono ‹‹Pare che non siano il mio tipo››.

‹‹Adesso ti piacciono i tamarri›› replica Colui Che Lo È Per Eccellenza ‹‹Ma ti avverto che pure qua ci sono parecchi cattivi ragazzi››.

Con un gesto da perfetto gentiluomo, in netto contrasto con quanto abbiamo appena concordato, mi porge un braccio che io afferro nel varcare la soglia del nuovo studio legale.

‹‹Tipo?›› indago, facendo scorrere lo sguardo sull'arredamento in legno dai toni minimal, con tanto di targa in ottone all'ingresso:

Studio Legale - Brancia, Malaguti & Associati

‹‹Beh, Alvaro Malaguti era parecchio noto tra le matrone romane e non solo, da scapolo›› riferisce ‹‹Pure Brancia e gli altri non scherzavano, anche se non ai suoi livelli››.

‹‹Posso immaginare›› commento, beccandomi un'occhiata di tutt'altro tipo, così da giustificarmi: ‹‹Ho letto i libri di Elizabeth Jane››.

E proprio sulla scalinata centrale, fasciata in un Atelier Monti svasato blu notte ad accogliere gli ospiti accanto al marito, sta Anna De Giorgis, la mia autrice preferita del momento.

Singolarmente non li guarderesti due volte, eppure i coniugi Malaguti sono dotati di un magnetismo ipnotico per cui non riesci a staccare loro gli occhi di dosso. Il modo in cui si osservano, si cercano, si attraggono inconsapevolmente è il sogno proibito di ogni romantica che si rispetti. E pure di quelle meno rispettabili, a dire il vero.

Anche Alberto e Marina Brancia Testasecca, di fianco, trasmettono un'immagine di grande complicità, seppur un po' più algida. Ripenso al libro che sta leggendo Sveva e non posso fare a meno di confrontare l'idea che mi sono fatta delle due coppie leggendone sulla carta e il loro aspetto in carne ed ossa.

Considerando i vent'anni circa dalla pubblicazione di Quando ci siamo ritrovati e Verrà la Morte e avrà i Tuoi Occhi, sembrano tutti invecchiati molto bene.

Capelli imbiancati e rughe dell'età a parte, non mi riesce difficile immaginare Marina Benedetti, Alberto Brancia Testasecca, Anna De Giorgis e Alvaro Malaguti come rampanti alto borghesi in carriera, con tutte le carte in regola per governare il mondo.

Impressione confermata dal modo in cui salutano Stefano e me, cortese ma distaccata. Solo Anna De Giorgis, a sorpresa, si sofferma un attimo:

‹‹Mi fa piacere vederti, Step›› esclama.

‹‹Anche a me›› replica ‹‹E pure ad Alba, è una tua grande fan››.

‹‹Sì, ho letto di recente i suoi libri e visto la serie tv che ne è stata tratta›› mi inserisco ‹‹Complimenti, spero di leggere presto altro››.

‹‹Potresti essere accontentata prima di quanto creda›› confessa ‹‹Magari ci rivediamo a qualche presentazione››.

‹‹Mi piacerebbe, sì›› le assicuro, rivolgendole il mio sorriso migliore ‹‹Siete proprio una bella coppia››.

Capisco di aver esagerato dall'espressione che le si dipinge in viso ma, per fortuna, il marito salva la situazione: ‹‹Grazie, anche voi››.

È evidente che Alvaro Malaguti abbia ascoltato la nostra conversazione e voglia liberare la moglie dalle attenzioni di un'ammiratrice molesta, quindi con questa battuta Stefano e io ci riteniamo congedati, allontanandoci verso la sala.

‹‹Attenta, regazzina›› mi ammonisce lui a bassa voce ‹‹Ci mancava poco che le saltavi addosso››.

‹‹Saltassi›› non riesco a fare a meno di correggerlo, forse perché sono io a sentirmi in difetto. ‹‹Comunque scusa, non ho resistito››.

‹‹Borghi, anche tu qui››. Ad apostrofarlo in questo modo è un uomo che non ho mai visto di persona, pur sapendo benissimo di chi si tratta.

‹‹Sant'Orsola›› ricambia Stefano ‹‹Sì, mi ha invitato Franz››.

‹‹Bene›› replica l'ex datore di lavoro di mio zio ‹‹Mia moglie e io ci tenevamo a esserci per sostenere Alberto e Alvaro››.

L'accenno all'attuale contessa Valderamo Sant'Orsola mi spinge a cercarla tra la folla, con successo dal momento che la scopro poco distante, intenta a chiacchierare fitto con una donna bionda altrettanto distinta.

Mi muovo verso il gruppetto per presentarmi: ‹‹Contessa, sono Alba Pavesi, piacere››.

La nobildonna si volta nella mia direzione, impiegando qualche istante a ricordarsi di me: ‹‹L'amica di Sirio, certo›› mi riconosce ‹‹Chiamami solo Carolina, per favore››.

‹‹Volevo solo ringraziarla per la disponibilità dimostrata l'altra volta›› esclamo ‹‹Il suo aiuto mi è stato davvero prezioso››.

‹‹Ne sono felice›› dichiara con un mezzo sorriso ‹‹Sei la nipote di Moratti, giusto?››

Annuisco: ‹‹Sissign... ehm, Carolina››.

‹‹Portagli i miei saluti››. Il tono è gentile ma è chiaro che non abbiamo altri argomenti, perciò la assecondo nel porre fine alla conversazione: ‹‹Certamente, faccia lo stesso con suo figlio››.

‹‹Oh, non ce ne sarà bisogno›› ribatte la contessa ‹‹Dovrebbe arrivare tra noi a momenti››.

Non fa in tempo a dirlo che Sirio Valderamo Sant'Orsola, un po' sgualcito e spettinato, si materializza nella stanza.

‹‹Ehi, ma', che mi sono perso?›› chiede, piazzandole un bacio sulla guancia per poi notarmi. ‹‹Ciao, Alba››.

Gli faccio l'occhiolino: ‹‹Contino››.

‹‹Ancora nulla›› lo informa sua madre, fissando me, però. ‹‹Ma i discorsi stanno per iniziare, sei sempre il solito ritardatario››.

Sirio non fa in tempo a scusarsi perché suo zio, affiancato dal socio, fa tintinnare un cucchiaino contro un calice di champagne richiedendo l'attenzione generale.

‹‹Parlo anche a nome dell'avvocato Malaguti qui presente, che mi ha concesso diritto di parola in virtù della mia anzianità›› esordisce Alberto Brancia Testasecca ‹‹Magari all'inaugurazione della prossima succursale ti libererai di me, eh, Alvaro?››

Moto di ilarità generale, subito dopo il quale riprende il discorso:

‹‹Ringrazio tutti voi che siete intervenuti a brindare a un altro successo di questo studio legale›› esclama ‹‹Se ripenso a tutti gli anni trascorsi da quando Marcello Benedetti, compianto e stimatissimo mentore, e mio padre Eugenio decisero di cominciare insieme la loro avventura legale fino a oggi, non posso che essere orgoglioso di quello che siamo diventati››.

Scoppia un applauso, in seguito al quale prende la parola Alvaro Malaguti:

‹‹E di quello che diventeremo, grazie alle giovani nuove leve che, in futuro, guideranno Brancia, Malaguti & Associati all'espansione verso nuovi campi del diritto e continenti››.

Riparte l'applauso, rivolto principalmente a due ragazze che si ritrovano al centro della scena.

Una è la rossa boccolosa dagli occhi verdi che ho già scorto a Villa Diamante, qualche tempo fa. L'altra, invece, non l'ho mai vista dal vivo eppure, a giudicare dalla bellezza bruna tanto simile a quella di Dafne Malaguti, non stento a credere che siano parenti.

‹‹Passaggio di consegne anticipato, chissà perché›› mormora Stefano, di nuovo al mio fianco, al contrario dei Sant'Orsola che sembrano essersi volatilizzati.

‹‹Virginia Brancia Testasecca ed Emma Malaguti prenderanno il posto dei genitori, è chiaro, ma da quello che so manca ancora un po' alla laurea di entrambe››.

‹‹Pensi che l'inaugurazione di questa succursale segni l'inizio di una scissione?›› domando, osservando le due ragazze che, per quanto simili nel vestire e osannate, non mi paiono granché affiatate.

‹‹Può darsi›› mi asseconda Step ‹‹Secondo Franz, suo cognato e Malaguti non vanno molto d'accordo ma si sono divisi i mercati e la clientela in modo da non pestarsi i piedi tra loro, quindi reggono››.

‹‹Ma con le figlie le cose potrebbero cambiare›› ipotizzo.

‹‹Se subentrano direttamente ai padri no›› obietta lui ‹‹Brancia si occupa delle succursali estere europee al momento, mentre Malaguti della sede romana e di quelle negli Stati Uniti››.

‹‹Un lavoraccio, considerando che sono over sessanta›› mormoro di rimando ‹‹Forse entrambi vogliono un po' tornare alla base e dividersi i compiti in maniera più equa e contenuta››.

‹‹Dici?›› domanda il mio accompagnatore.

‹‹Mi sembra plausibile come idea›› affermo ‹‹Magari puoi chiedere a Lorella, visto che l'altra volta pareva informatissima. O al tuo capo, che ci ha invitati ma non si vede››.

‹‹Non riesce a passare, mi ha scritto poco fa›› rivela ‹‹Forse Kitty farà un salto più tardi ma non è sicuro››.

‹‹Senti, l'altra sera non ho voluto insistere ma allora è vero che sono in crisi?›› indago.

‹‹Di sicuro non lo è la tua amica, là›› commenta lui, osservando un punto ben preciso della sala.

Seguo il suo sguardo, trovandomi a fissare Mariele Sabatini, che mi indirizza un cenno del capo in risposta.

‹‹Non lo è, al massimo sarà il mio capo, un giorno›› puntualizzo ‹‹Però è un bene che mi abbia vista, così capisce che faccio sul serio››.

‹‹L'ho capito pure io, regazzina››. Il tono è cupo mentre si allontana in direzione dell'uscita, nonostante abbiano appena aperto il buffet.

Gli vado dietro: ‹‹Che intendi?››

‹‹Che mi sono rotto di stare qua e me ne vado›› sbotta ‹‹Tu invece resta a parlare con i signori, si vede che ci stai bene in questi ambienti››.

‹‹Stefano, aspetta›› provo a fermarlo ‹‹Avevamo detto che saremmo andati via insieme››.

‹‹Lascia perdere, non ti voglio guastare la festa›› ribatte lui, continuando a camminare ‹‹E poi non c'ho manco più voglia››.

‹‹Mi sa che è il vestito che porta sfortuna›› sbotto, esasperata ‹‹Ogni volta che lo metto, la serata va malissimo››.

La mia considerazione strampalata ha il potere di fermarlo.

Si volta, sorridendo: ‹‹In effetti››.

‹‹Cambiamo il finale, stavolta?›› propongo.

La mia espressione dev'essere più buffa delle mie ultime parole, perché il Tamarro ride apertamente adesso:

‹‹Se ci tieni proprio›› mormora, tornando sui suoi passi, in senso letterale e figurato.

‹‹Ci tengo tantissimo›› gli assicuro, appena prima che le nostre labbra si incontrino. Ci stiamo ancora baciando sul marciapiede, come due adolescenti, quando comincia a piovere.

Stefano si tira indietro per tentare di fermare un taxi ma quelli se ne fregano e tirano dritto.

‹‹Corsa in metro?›› chiedo, considerando che la fermata non è molto distante.

‹‹Con quei trampoli ai piedi?›› borbotta lui, che oltre al completo sartoriale e al cappotto, stasera ha pure il vantaggio di comode scarpe di pelle scura cucita a mano.

‹‹Sottovaluti le mie capacità›› ironizzo ‹‹E comunque preferisco una caviglia slogata alla polmonite››.

‹‹Vabbè›› taglia corto il Tamarro, che stasera non lo pare affatto, riparandomi alla meno peggio con una falda del suo cappotto mentre ci lanciamo verso la discesa alla stazione della metro.

La banchina è vuota, il treno è in arrivo e troviamo persino posto sui sedili colorati del vagone semivuoto. Mi accoccolo contro Stefano, tirando un respiro di sollievo.

‹‹Ti immagini restare tutta la notte fino alla chiusura, sballottati da un capolinea all'altro?›› mormoro, godendomi il senso di vicinanza, visto che mi ha stretta istintivamente al suo fianco.

‹‹Io direi invece di andare dove possiamo toglierci questi vestiti bagnati›› rilancia ‹‹Ché non sono il tuo bel dottorino, non so curare manco un raffreddore››.

‹‹Non mi importa›› dichiaro ‹‹Con lui non mi sono mai sentita come adesso, con te››.

Per tutta risposta, il mio tamarro preferito riprende a baciarmi con una frenesia elettrizzante, tanto che rischiamo di mancare la fermata.

Quando scendiamo, ha smesso di piovere ma la fretta con cui ci muoviamo verso il mio appartamento non ha più nulla a che vedere con le condizioni meteo.

E, chiusa la porta di casa alle spalle, riprendiamo dallo stesso identico punto dell'altra volta, stavolta senza fermarci.

Stefano Borghi è un uomo di parola, onesto.

Se non fossi troppo presa dalla foga di baci e carezze, gli riconoscerei ogni merito.

Ma, al momento, sono troppo impegnata a godere, in ogni senso, delle sue attenzioni da cattivo ragazzo che mi regalano il miglior amplesso della mia vita.

Quando anche lui si lascia andare sulle lenzuola accanto a me, sto ancora cercando di ricordarmi come si fa a respirare.

‹‹Stai bene?›› chiede, con un tono roco, basso, che potrebbe diventare uno dei miei nuovi preferiti. Magari dovrei registrarlo e impostarlo come suoneria personalizzata.

Mi volto verso di lui, stringendomi un po' addosso il lenzuolo attorno al seno e annuisco.

È un gesto pudico un po' inutile, considerato che ha già visto tutto quello che c'era da vedere, sul tavolo prima, dove ha realizzato la nostra fantasia del ristorante, e a letto ora, accoccolati sotto le coperte. Eppure assecondo il riflesso istintivo perché comunque, sotto il suo sguardo pigro e soddisfatto, mi sento nuda. E non sono abituata, a essere così esposta agli occhi di qualcuno.

Faccio scorrere una mano sul suo petto tatuato prima di rigirargli la domanda: ‹‹Tu?››

‹‹Nessun problema›› conferma, abbracciandomi per poi cominciare a tracciare con le dita il profilo della mia clavicola.

‹‹Un giorno mi spiegherai i significati di tutti questi tatuaggi›› mormoro, continuando a percorrerli con le mie, di mani.

‹‹Un giorno, magari›› concede, eppure smette di giocherellare e capisco che è distante, perso, lontano da qui con la mente.

‹‹Che c'è?›› domando ‹‹Il sesso con me ti intristisce?››

‹‹Non ti facevo tanto insicura›› ribatte e spezza l'incanto. Mi tiro su, scocciata:

‹‹Non lo sono›› sentenzio, alzandomi per andare in bagno dopo aver recuperato una vestaglia.

Mi chiudo la porta alle spalle e apro l'acqua del lavandino, dandomi della stupida.

Perché devo sempre rovinare tutto con gli uomini?

Mi tornano in mente le sedute con la psicologa della scuola, tutte più o meno incentrate su mio padre, la sua assenza e i traumi che la cosa mi ha provocato.

Li chiamano daddy issues e pensavo di averli superati. A quanto pare, mi sbagliavo.

Quando torno in camera, Stefano si sta rivestendo.

‹‹Che stai facendo?›› gli chiedo.

‹‹Me ne vado›› conferma i miei sospetti ‹‹È chiaro che ho fatto o detto qualcosa che ti ha dato fastidio, quindi...››

‹‹No, non sei tu... È complicato›› balbetto.

‹‹Seh, ciao›› mi liquida ‹‹Pensi ancora al tuo ex? Non sono stato all'altezza?››

‹‹No... Cioè sì... Non è questo il punto›› mormoro, confusa, peggiorando la situazione.

Potrei dirgli del vero motivo che mi ha mandata in crisi e sto per farlo ma una parte di me, quella più vulnerabile, prende il sopravvento imponendomi di tacere.

Così sto impalata a osservarlo mentre indossa di nuovo i panni del manager rampante, azzimato e tutto d'un pezzo, uno come tanti in questa città che corre sempre e non si ferma mai, al posto del Tamarro che ho imparato ad apprezzare.

‹‹Chiamami se ti va di rifarlo›› esclama senza guardarmi prima di uscire.

E di lasciarmi in pezzi, a terra dove sono scivolata, tra le lacrime che hanno preso a scendere copiose quando una parte del mio cervello ha realizzato di come abbia sminuito tutto quello che c'è stato tra noi, relegandolo a una squallida notte di passione, mentre il resto confermava i timori e la sfiducia verso il genere maschile.

Il sole è appena sorto quando riesco a trascinarmi sotto la doccia, iniziando la giornata.

Dovrei cambiare il letto e pulire un po' ma mi limito ad aprire la finestra per cambiare aria, infagottandomi in un tutone informe preso a una svendita dell'emporio cinese all'angolo.

Il morale è talmente basso che non bastano due caffè e mezza confezione di biscotti al cioccolato per tirarmi su, perciò prendo il telefono per disdire gli appuntamenti con due potenziali coinquiline che vorrebbero vedere casa ma ci trovo due messaggi da parte di Emilia, di cui non ho notizie da quando è tornata in Veneto per l'anniversario dei suoi:

E: Congratulazioni!

E: Meritavi più di tutti un posto in redazione

E: Ci vediamo prima della cerimonia di fine master?

Con tutti i casini dell'ultimo periodo sono stata un po' meno sul pezzo.

Il mio cuore perde un colpo e poi comincia a battere all'impazzata.

Sono uscite le graduatorie con i punteggi dei pezzi conclusivi del master utili per il tirocinio a Feminine.

Il mio è al primo posto.

Alba Pavesi: ammessa

Lo confermano anche un paio di mail della W.W.W e del giornale dei miei sogni, che mi dà il benvenuto come stagista

in redazione con, in allegato, un contratto di sei mesi da firmare e rimandare.

Ce l'hai fatta, Alba, mi ripeto, lavorerai nel giornale dei tuoi sogni.

E allora perché non sento niente?

Spazio autrice

Per il titolo di questo capitolo mi sono ispirata a un commento che

lasciò a un capitolo di Quello che siamo diventati: vedi, Paola, tutto torna e, anche se dopo anni, il tuo suggerimento è stato utile, grazie!

Questo capitolo, in realtà, è nato come un omaggio alla Austenland Revisited Series, di cui trovate i primi (quasi, visto che Clair de Lune è ancora in corso di pubblicazione) due volumi sulla piattaforma.

La storia di Alba e Stefano si svolge circa vent'anni dopo la chiusura della serie, di cui ho scritto tutti i volumi principali, seppur inediti.

Al momento starei lavorando alla serie spin off sulle seconde generazioni (es. Stella e Sirio), che invece sono contemporanei ad Alba e Stefano (il quale, giovanotto, aveva già fatto un'apparizione in uno dei volumi non pubblicati della serie principale.)

Qui ho avuto voglia di scoprire come fossero invecchiati i miei personaggi: voi che ne dite?

A parte ciò, ci sono comunque importanti sviluppi per la regazzina e il Tamarro, ergo vi chiedo: secondo voi cosa ha scatenato reazioni del genere dopo un momento così intenso?

Se vi va, come sempre, vi aspetto nei commenti.

Grazie, buona Festa della Repubblica e a presto!

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