23. Piccoli problemi di cuore

I wish I was special

You're so fuckin' special

But I'm a creep

I'm a weirdo

What the hell am I doin' here?

I don't belong here

Radiohead, Creep

Testa bassa e lavorare.

Questo il nuovo mantra, da perfetta milanese d'adozione, fino alla fine del master. Finché non avrò ottenuto quantomeno il tirocinio a Feminine, basta festini e distrazioni di sorta.

Per fortuna, a cementare il proposito ci sono le ultime tre lezioni teoriche, ridotte a due dopo il forfait di Anna De Giorgis, che non terrà la masterclass in scrittura creativa per via di alcune questioni organizzative, secondo il comunicato ufficiale della W.W.W.

‹‹Macché, lo sanno tutti che non le è andata giù la presenza di Yael Mattei tra le relatrici del corso›› commenta Emilia ‹‹Gira voce che tra le due non corra buon sangue da quando la Mattei stava col nipote, quello che poi ha sposato Ella Rubenstein››.

‹‹Mi sembra un po' eccessivo annullare la lezione, considerando che non sarebbero neppure state lo stesso giorno›› commento ‹‹Però, dai, almeno Altieri e i suoi amici saranno contenti››.

La mia collega osserva di sfuggita il gruppetto che ho menzionato, distogliendo subito lo sguardo: ‹‹Già››.

‹‹Io invece sono preoccupata per la lezione conclusiva della Sabatini›› le confido. ‹‹Chissà che pezzo vorrà e quanto inciderà sulla scelta per il tirocinio in redazione››.

‹‹Parecchio, con ogni probabilità›› conferma i miei timori ‹‹Ma secondo me la Miranda Priestly dei poveri è una che guarda molto anche all'aspetto pratico della situazione››.

‹‹Che vuoi dire?›› indago.

‹‹Beh, lo sanno tutti che le tirocinanti sono l'ultima ruota del carro›› afferma Emilia ‹‹Devi essere molto motivata per lavorare senza garanzie e con ritmi da schiava per una come lei e penso che la fedeltà conti più di tutto il resto››.

‹‹Fedeltà›› ripeto ‹‹Come fossimo cani››.

‹‹O sposine innamorate›› rilancia Emilia.

Se fossi la mia donna, non esisterebbe nessun'altra sulla faccia della Terra.

Non devo pensarci. Non devo riandare con la mente alla cena del congresso di veterinaria né lasciare che Stefano Borghi condizioni ulteriormente la mia vita già incasinata.

Yael Mattei è bella ma non balla.

Ha qualcosa di triste e insieme selvaggio nello sguardo che la rende simile alla donna afghana ritratta da Steve McCurry, però, pur parlando con cognizione di causa di reportage di inchiesta e scatti dal fronte, argomento che sembra appassionarla molto dato anche il suo curriculum di tutto rispetto in tal senso, dà l'impressione di non essere del tutto presente a sé stessa.

Mariele Sabatini, al contrario, lo è pure troppo, e dopo un ennesimo monologo sul significato della narrazione della fashion industry di oggi, ci dà da scrivere un pezzo su un argomento a piacere che, tuttavia, riguardi il settore.

‹‹Forse è la volta buona che mia madre mi lascia fare un giro nella sua cabina armadio›› esclama Emilia ‹‹Sarebbe d'ispirazione, quantomeno››.

‹‹Quindi prevedi di tornare a casa questo fine settimana?›› indago, visto che non ne parla mai.

‹‹Sì, beh, mi tocca a prescindere›› mi informa ‹‹I miei fanno venticinque anni di matrimonio e hanno organizzato una festa con centinaia di invitati››.

‹‹Wow›› commento. ‹‹Sembra figo››.

‹‹La penserei anch'io così, se non dovessi avere a che fare con i miei genitori›› sospira la mia collega ‹‹Il Grande Imprenditore Vitivinicolo e la Grande Pittrice insieme al Figlio ed Erede Perfetto. Solo io non c'entro nulla››.

‹‹Dai, non ti abbattere›› provo a rincuorarla ‹‹Sono sicura che anche tu troverai la tua strada››.

‹‹Magari quella per dormire sotto un ponte›› borbotta, cupa ‹‹Ci si vede quando torno, forse››.

‹‹Ti aspetto›› dichiaro, prima di salutarla e andare nella direzione opposta.

Tutto questo parlare di cabine armadio e ispirazione mi ha fatto tornare in mente che alla sede locale della Bertrand Foundation c'è una retrospettiva sul rapporto tra moda e ambiente, con una sezione in particolare che espone gli abiti cuciti a mano da Raoul Monti per la prima collezione eco friendly del suo Atelier.

Sarebbe un tema interessante per il pezzo commissionato dalla Sabatini e il biglietto di ingresso è a una cifra simbolica per finanziare non so quale causa benefica che sta a cuore ai patroni della Fondazione, quindi mi ci reco subito.

Ed è un bene, perché la mostra è davvero ben fatta, tanto che ne traggo la giusta dose di informazioni e ispirazione per un articolo a prova di Mariele Sabatini. O almeno spero.

Quello che invece non credevo possibile è un nuovo, fortuito incontro con Sirio Valderamo Sant'Orsola, anche lui presente presso la sede meneghina di Bertrand Foundation e di certo non per ammirare una collezione d'alta moda vintage.

Lo vedo infatti discutere animatamente con una bionda nei pressi delle scale che portano agli uffici nell'area non aperta al pubblico, allontanandosene più a grandi passi, tanto furioso da travolgermi.

‹‹Mi scusi›› smozzica senza guardarmi ma io sono troppo impegnata a raccogliere da terra il contenuto della mia borsa, perché ho dimenticato di cambiarla dopo l'uscita con Gabriele e stavolta la tracolla sembra aver ceduto definitivamente.

Il rumore dello strappo ha fermato il contino che, mostrando una vena nobile anche di fatto, torna sui propri passi e mi aiuta.

‹‹Maledizione, gliel'ho proprio rotta›› constata ‹‹Mi permetta di ricomprargliela, altrimenti mi sentirò terribilmente in colpa››.

Faccio un po' di resistenza ma non troppo, perché quando mi ricapita un'occasione del genere? Sant'Orsola junior, infatti, insiste per accompagnarmi in una boutique di pelletteria a Montenapo e prendere un esemplare identico, ma originale, alla mia Birkin di Hermès, prezzo di listino un rene per una comune mortale, lista d'attesa infinita.

Sono così scioccata che fraintende il mio silenzio e si sente in dovere di giustificarsi:

‹‹Purtroppo non me ne intendo di accessori femminili, è mia sorella la stilista›› si schermisce ‹‹E mia madre è architetto e ha un ottimo gusto ma credo sia troppo impegnata per una videochiamata con cui chiedere consiglio››.

‹‹Non c'è problema, grazie, io...›› balbetto.

‹‹Non mi sono nemmeno presentato›› si scusa ancora ‹‹Sirio Valderamo Sant'Orsola››.

‹‹Alba Pavesi›› ricambio ‹‹Compra borse griffate a tutte le donne che incontra?››

‹‹Solo a quelle a cui le rompo›› replica, galante ‹‹E poi ho come l'impressione di averla già vista da qualche parte››.

Decido di assecondarlo, dopotutto la verità potrebbe venire presto fuori visto che i miei parenti abitano a un passo da casa sua a Como:

‹‹Beh, può darsi›› commento ‹‹Sono la nipote di Ambrogio Moratti››.

‹‹Moratti il maggiordomo?›› chiede il contino.

Annuisco.

Scoppia a ridere: ‹‹Com'è piccolo il mondo, mia sorella stravede per lui››.

‹‹E lei?›› indago, curiosa.

‹‹Diamoci del tu, per favore›› mi implora ‹‹E parliamone davanti a uno spritz››.

‹‹Non posso accettare, sul serio, mi hai già comprato la borsa›› tento, anche se è tutta scena. E Sant'Orsola junior ci casca in pieno, infatti: ‹‹Appunto, che sarà mai un ape a questo punto?››

Ci accomodiamo in un locale poco distante, su Corso Venezia, dopodiché torno sull'argomento che mi sta a cuore: ‹‹Dicevamo di mio zio››.

‹‹Un uomo singolare›› commenta il contino ‹‹Claire sosteneva che l'avessimo importato dall'Inghilterra, ché Mr. Parnish, lì a Bertrand Park, non fosse così attento alla forma››.

‹‹Capisco›› replico soltanto.

Sant'Orsola junior mi guarda di sottecchi, forse teme di avermi offeso, perché puntualizza: ‹‹È un complimento, ça va sans dire››.

Ma io sono concentrata su un altro particolare:

‹‹Questa Claire è la bionda di prima?›› domando ‹‹È la tua ragazza?››

‹‹Sì e no›› replica lui, piuttosto schietto ‹‹Cioè mi piacerebbe che lo fosse ma a lei no››

‹‹Nel senso che non ti ricambia?›› insisto, un po' scettica, perché Sirio Valderamo Sant'Orsola è quello che, in altri tempi, si definirebbe uno scapolo d'oro.

Osservo i capelli castani viranti al rosso ramato che si appaiano a una spruzzata di lentiggini sul naso, i lineamenti efebici messi su cui spiccano occhi castano verdi, il sorriso gentile, gli abiti freschi di sartoria e penso che a questo ragazzo non manchi nulla per essere felice. Niente tranne, a quanto pare, l'amore di una ragazza che non lo vuole.

‹‹Ho creduto di poterle far cambiare idea ma sembra sia impossibile che un tipo intelligente, responsabile e con la testa sulle spalle come lei possa perdere il suo tempo prezioso con uno scapestrato come me›› mi confida ‹‹Money never sleeps, è questa la filosofia di famiglia, e lei che un giorno dovrà guidare la multinazionale di suo padre l'ha già intesa benissimo. Di sicuro non avrebbe ricomprato una borsa costosa a una sconosciuta, ecco››.

‹‹Perché ti piace così tanto?›› indago, ormai appassionata a questo amore infelice, sorseggiando lo spritz che ci è appena stato servito.

Il contino fa spallucce: ‹‹È estremamente saggia, non parla spesso ma quando lo fa dice cose che ti sbalordiscono e ha un modo di guardarti che... Sono un idiota, vero?››

Scuoto la testa: ‹‹Sei solo molto preso››.

‹‹Già, ma non è importante›› minimizza lui ‹‹Perché a lei non interesso››.

‹‹Ne sei proprio sicuro?›› domando ‹‹Io me ne assicurerei prima di gettare la spugna››.

‹‹E come?›› mi interroga lui ‹‹Mia cugina è la sua migliore amica ma non mi dice niente e ho fatto di tutto perché mi notasse, anche farmi stracciare a Monopoli ogni singola partita durante le settimane bianche che abbiamo trascorso insieme ogni anno in Svizzera, dai Landmann››.

‹‹Beh, forse non basta e nemmeno lo spot che hai girato seminudo per la casa di moda di tua sorella aiuta›› ipotizzo ‹‹Se ho capito il tipo, credo dovresti puntare su qualcosa di concreto per fare colpo››.

‹‹Qualcosa tipo?›› vuole sapere.

È il mio turno di stringermi nelle spalle ‹‹A questa Claire piacciono i numeri, giusto? Punta su una dimostrazione pratica e incontrovertibile, un segno tangibile che puoi essere al suo livello o, quantomeno, provare a tenerle testa. A noi ragazze piace, di tanto in tanto, una piccola sfida››.

Il suggerimento pare andargli a genio: ‹‹Una sfida, eh? Sono bravo in queste cose››.

Gli faccio l'occhiolino: ‹‹Sei un campione››.

Il complimento lo blandisce e gli strappa una risata: ‹‹Grazie››.

‹‹Figurati›› replico.

La suoneria di uno smartphone irrompe tra noi e il contino si scusa: ‹‹È mia madre, devo rispondere››.

‹‹Fa' pure›› esclamo, guardandolo allontanarsi un po' in cerca di privacy.

Chi lo avrebbe mai detto che Sirio Valderamo Sant'Orsola e io saremmo entrati così in confidenza? Campione di motonautica, ragazzo più desiderato dei social nonché figlio dell'ex datore di lavoro di mio zio. Se mi vedesse Borghi, gli verrebbe come minimo un travaso di bile. La prospettiva mi provoca un certo compiacimento, anche se non ho secondi fini sul contino. E ci ho comunque guadagnato una Birkin Hermès originale. Pazzesco.

Il mio nuovo amico torna al tavolo mentre sto spazzolando i salatini: ‹‹Scusa ma ogni volta che mia madre torna a Bracciano diventa sentimentale e fa di tutto per convincermi ad andare anch'io ma a me non piace tanto quanto a lei e Stella››. Sorseggia il suo drink ‹‹Io amo Como e Villa Diamante, è quello il mio posto››.

‹‹Per portare avanti il buon nome di famiglia o perché ti piace proprio?›› indago, perché sento che c'è qualcosa che mi sta sfuggendo.

‹‹È il mio posto nel mondo›› afferma Sant'Orsola junior ‹‹Al di là di tutto, delle trasferte per le gare, dell'università qui o del fatto che sono cresciuto in Svizzera perché i miei lavorano lì, Villa Diamante è casa mia, quella in cui voglio tornare sempre e comunque››.

‹‹Ma tua madre non la pensa in questo modo?›› insisto, come fosse un'informazione di vitale importanza.

‹‹No, lei è legata al castello che le ha lasciato sua nonna, a Bracciano›› conferma il contino ‹‹E anche a Stella piace molto, perché sua madre Serena e la famiglia di suo marito abitano nei dintorni, perciò ho già chiesto a mamma di lasciarlo a lei, anche se il loro rapporto non è sempre dei migliori››.

‹‹Castello?›› chiedo, perché qualche rotella sta girando per il verso giusto.

‹‹Ma sì, il castello Capranica›› sbuffa, spazientito, Sant'Orsola junior ‹‹È il gemello meno sfigato dell'altro, quello dove tutti divorziano dopo essersi sposati. Da noi non è ancora mai successo››.

‹‹Capisco›› mormoro ‹‹E, Sirio?››

‹‹Sì?›› ribatte lui.

‹‹Sai se tua madre ha mai sentito parlare di una certa Patrizia Bianchi?››

Se la risposta è quella che penso, questa potrebbe essere la mia giornata fortunata.

Spazio autrice

Finalmente un confronto diretto tra Alba e il giovane Sant'Orsola.

Per le lettrici di Quello che siamo diventati: c'è un mega Easter Egg che ancora nessuna di voi ha colto.

Per aiutarvi, puntualizzo che questa storia è ambientata nello stesso universo narrativo, circa vent'anni dopo...

Come sempre, mi auguro sia stata una buona lettura e vi aspetto nei commenti.

Il prossimo capitolo è già scritto E NON VEDO L'ORA di condividerlo, anche se ho appena finito di scriverlo e sono ancora leggermente sotto shock per la piega che ha preso la situazione...

Grazie per il supporto, a presto!

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