2. Sunday Morning

Sunday morning, brings the dawning

It's just a restless feeling by my side

Early dawning,

Sunday morning

It's just the wasted years so close behind

Nico & The Velvet Underground, Sunday Morning

Purtroppo alla madre di Sveva non è sfuggita la mia pausa sigaretta non autorizzata, perciò mi è toccato fare chiusura del locale aiutando Azim, un tunisino che lava i piatti in nero, a scrostare a mano le ultime pentole rimaste dopo che la lavastoviglie ha dato forfait per la terza volta questa settimana. Sono quindi tornata a casa alle due, con buona pace di mamma e del suo discorsetto di preparazione alla venuta dello zio, crollando sul letto ancora vestita. Circostanza di cui la sveglia vinta con la raccolta punti delle brioscine non tiene conto, suonando puntuale alle sette come ogni mattina, visto che ho dimenticato di disattivarla.

Ficco la testa sotto il cuscino, mollando un colpo alla cieca per spegnerla ma ottengo solo di attutirne il ronzio dopo che è finita sul tappeto sotto il letto.

Ormai però la frittata è fatta, considerando tutto il trambusto, infatti faccio appena in tempo a zittire il maledetto aggeggio che mia madre si è già affacciata sulla soglia: ‹‹Tesoro, sei sveglia?››

Rispondo con un mugugno perché di tutto potrebbero accusarmi ma non di essere una persona mattiniera, neppure quando non tiro tardi.

‹‹Ti aspetto di là con la colazione›› afferma ‹‹Ché il treno dello zio arriva alle nove e dobbiamo farci trovare in stazione››.

‹‹Ancora c'è tempo›› protesto, alzandomi per andare in bagno. Lo specchio mi restituisce un'espressione sfattissima, con gli occhi castani gonfi circondati occhiaie da panda dovute in parte alla carenza di sonno, in parte al trucco colato che ho dimenticato di rimuovere. I capelli della stessa tonalità, gonfi e crespi, completano il quadro del mio devasto psicofisico. Urge restauro immediato.

Sbuffo: ‹‹Magari il treno è in ritardo, con tutta sta neve››.

‹‹Ha smesso di nevicare ore fa ma la strada è ghiacciata›› mi informa mamma ‹‹Hai montato le catene a Po?››

Sorrido per il nomignolo che mamma ha affibbiato alla nostra vecchia Panda 4x4 dopo aver beccato Kung Fu Panda in tv.

‹‹Sì, tranquilla›› la rassicuro ‹‹Tu invece hai già cominciato a cucinare?››

Mamma abbassa gli occhi, colpevole: ‹‹No, zio Ambrogio vuole offrirci il pranzo››.

‹‹Alla locanda?›› chiedo ‹‹Non è già abbastanza che debba lavorarci?››

‹‹Zio Ambrogio non sa che è l'unico locale del paese›› si mette sulla difensiva lei ‹‹E poi potrebbe essergli utile per ambientarsi››.

‹‹In che senso, scusa?›› indago ma non troppo, perché il cellulare di mamma comincia a squillare.

‹‹Alla Gisa è saltata l'antenna›› mi annuncia ‹‹Non è che potresti andare a dare un'occhiata?››

‹‹Conciata così?!›› protesto, indicando la maschera viso che ho appena applicato insieme a quella per capelli.

‹‹La Gisa non si impressiona mica›› commenta mamma ‹‹Ti conosce da quando sei nata››.

Alzo gli occhi al cielo ma la assecondo, ché non so mai dire di no alla mami che, pure questa volta, si rivela dispensatrice di ottimi consigli visto che l'anziana vicina, prima di tornare ai torbidi intrighi delle sue soap preferite, ha premiato il mio impegno per il sociale con una mancia di ben dieci euro. Che finiscono per pagare il mutuo del benzinaio, visto che Po sta in riserva e nemmeno me n'ero accorta.

La sosta alla pompa di benzina ci fa accumulare altro ritardo che però si trasforma in perfetto orario quando, giungendo trafelate in stazione, ci accorgiamo che il treno dello zio sta facendo sosta al binario di fronte a noi proprio in questo momento.

Non ci vedevamo da una vita ma zio Ambrogio è esattamente come lo ricordavo: un Mr. Stevens che, quando sorride, somiglia a Jack lo Squartatore. Non è incoraggiante come inizio.

Intabarrato in cappotto e cappello scuri, con bastone da passeggio incluso, scende dal vagone come un royal in visita di Stato.

Dopo aver salutato mamma sottolineandone la magrezza, passa a squadrare me:

‹‹Alba, quanto sei cresciuta››.

Mi pare di cogliere un'inflessione interrogativa nel tono. Ma sarebbe contro i principi di un maggiordomo, giusto? Lo sanno tutti che non si chiede l'età a una donna, mica bisogna essere diplomata alla Scuola di Galateo.

‹‹Posso dire lo stesso di te, zietto caro›› gli rendo pan per focaccia.

Il disappunto nella sua espressione indica che ho colto nel segno.

Mamma capisce l'antifona, perciò mi esorta a recuperare i bagagli del fratello incamminandoci verso l'auto.

Il ghiaccio rende difficoltoso anche il viaggio di ritorno ma, se Dio vuole, dopo quaranta minuti di commenti non richiesti sul mio stile di guida, sulle condizioni del manto stradale e una sfilza di paragoni sul benessere di cui si godeva durante gli anni del boom economico, a differenza di oggi, riusciamo a tornare a casa.

Abbiamo stabilito che lo zio occuperà camera mia mentre io dividerò il lettone con mamma per tutta la durata della sua permanenza.

‹‹È molto colorato, qui›› osserva l'ospite, guardandosi intorno come se disapprovasse ‹‹Forse sarebbe bene passare a toni più neutri, Agnese››.

‹‹Lo terremo presente›› taglio corto ‹‹Quanto pensi di trattenerti, zio?››

Chiamato in causa, Ambrogio Moratti guarda la sorella:

‹‹Agnese, non le hai parlato?››

‹‹Possiamo farlo più tardi›› ribatte mia madre ‹‹Adesso andiamo a mangiare, altrimenti si accaparrano i tavoli migliori››.

‹‹No, voglio sapere che succede›› mi oppongo, nonostante l'occhiataccia di mamma. Lei e io non abbiamo mai avuto segreti da quando papà se n'è andato, o almeno così credevo, perciò che mi senta ferita è dire poco.

Zio Ambrogio sta per vuotare il sacco ma la sorella lo anticipa:

‹‹È un discorso lungo, di quelli che si fanno meglio con la pancia piena›› sentenzia ‹‹Perciò adesso si va a pranzo››.

Stavolta decido di assecondarla, perciò scendiamo fino all'Antico Taverniere, già aperto.

Ad accoglierci dietro al bancone della locanda c'è Battista Dalmasso, il padre di Sveva. Tondo, tarchiato e giovale al contrario della giunonica virago che s'è scelto per consorte, Tista ci rivolge un bel sorriso cordiale: ‹‹Gnesa, Alba avete ospiti?››

Mamma prende la parola: ‹‹Sì, mio fratello Ambrogio, da Como. C'è un tavolo libero?››

‹‹Certo che c'è›› esclama Dalmasso ‹‹Per Albina nostra, poi, c'è pure lo sconto dipendenti››.

L'occhiolino alla fine mi imbarazza, e a ragione, perché mentre ci accomodiamo zio Ambrogio chiede: ‹‹Tu lavori qui?››

‹‹Sì, come cameriera›› confermo ‹‹Essere domestici è una cosa di famiglia, eh?››

Niente, lo zio e io non ci prendiamo proprio, il modo in cui arriccia le labbra e distoglie lo sguardo dal mio lo conferma.

‹‹Tuo zio non è esattamente un domestico›› prova a metterci una pezza mamma ‹‹Un maggiordomo è qualcosa di più››.

‹‹Tra i compiti che mi sono stati assegnati c'è quello di sovrintendere al personale di servizio, sì›› precisa lui ‹‹Ma non è l'unico e non ancora per molto, temo››.

‹‹Ti licenziano alla tua età?›› mi indigno ‹‹Alla faccia del titolo e della ricchezza››.

Si impettisce come se l'avessi insultato personalmente: ‹‹I conti Valderamo Sant'Orsola sono nobili di nome e di fatto›› esclama con il tipico tono compassato che ti aspetteresti da un maggiordomo inglese dell'Ottocento ‹‹E hanno il massimo rispetto per chi li ha serviti per tanti anni››.

‹‹Però...?›› lo incalzo.

Mi guarda in cagnesco mentre puntualizza: ‹‹Tuttavia si trasferiranno in Svizzera in pianta stabile tornando a Villa Diamante solo in rare occasioni, ragion per cui mi hanno proposto il pensionamento anticipato››.

Oh, cavolo, questa non me la aspettavo. Sapevo che zio Ambrogio ha qualche anno in più di mamma ma non credevo fosse tanto anziano da andare in pensione. In effetti, sbirciandolo di sottecchi, noto qualche ruga di troppo che, insieme ai sottili capelli bianchi e occhi chiari velati dalla cataratta, avrebbero potuto mettermi sull'avviso.

‹‹E tu hai accettato?›› rilancio, giusto per capire ‹‹E programmi di venire a vivere a casa nostra perché mamma e io siamo le tue uniche parenti in vita nonostante ci siamo ignorati per anni?››

‹‹Alba›› esclama mia madre ‹‹Non essere maleducata››.

Zio Ambrogio, tuttavia, non sembra prendersela, anzi, contro ogni previsione scoppia a ridere:

‹‹Non si può dire che non ti manchi la schiettezza›› afferma ‹‹Comunque no, proprio per rimediare a questo inutile spreco di tempo, vorrei che tu e Agnese veniste a vivere da me, a Como››.

‹‹Così, dall'oggi al domani›› ironizzo ‹‹Ci trasferiamo perché ti sei ricordato che esistiamo e via, tutti insieme appassionatamente››.

‹‹Stai esagerando, Alba›› mi ammonisce mamma, la quale deve essere al corrente della proposta da un po', a giudicare dalla tensione con cui si è aggrappata alla tovaglia.

Zio Ambrogio fa un cenno noncurante: ‹‹Ovviamente no, bisogna considerare una serie di vantaggi della reciproca compagnia di cui tutti potremo beneficare››.

‹‹Sono tutta orecchie›› replico, ma lui si rivolge a Tista, che ci serve personalmente, per ordinare un vino d'annata tra i più cari del menù, che non ho mai visto ordinare da quando lavoro qui.

‹‹Prima brindiamo›› ribatte ‹‹Alle riunioni di famiglia e alle nuove possibilità››.

Metto su un broncio seccato, ma un calcetto della mamma sotto il tavolo mi spinge ad assecondarlo, nonostante il sorriso con tanto di dente d'oro mi inquieti come le serie true crime sui serial killer più famosi degli Stati Uniti.

Quando usciamo dalla locanda, tutti e tre a braccetto neanche stessimo facendo la sfilata per le vie del paese durante la processione del santo patrono, zio Ambrogio è un po' alticcio. Ha pure il singhiozzo, segno che non è abituato a ingerire alcol come a servirlo, perciò aspetto che vada a stendersi prima di costringere mia madre a sedersi al tavolo della cucina e cominciare a torchiarla.

‹‹Da quanto lo sai?›› esordisco ‹‹Che voleva dire con vantaggi della reciproca compagnia?››

‹‹Dovresti calmarti, Alba›› suggerisce lei ‹‹Quando lo zio si sveglierà, ne parleremo in maniera approfondita››.

‹‹Da quando abbiamo segreti io e te, mamma?›› sbotto ‹‹Ti ho sempre detto tutto, da quando prendevo quattro in matematica al mio primo bacio e tu sai questa cosa e aspetti che a parlarmene sia un estraneo?››

‹‹Zio Ambrogio non è un estraneo›› puntualizza lei ‹‹È mio fratello e l'unica famiglia che mi è rimasta a parte te››.

‹‹Appunto, ci sono io›› le faccio presente ‹‹Ci sono sempre stata ed è bastato, perché ora non più?››

‹‹Perché sono stanca, Alba›› prorompe ‹‹Ho cinquant'anni, mezzo secolo passato a spaccarmi la schiena per colpa di scelte avventate che ho fatto e adesso mi sono stancata di pagare››.

‹‹Quindi ti affidi all'Innominato così, di punto in bianco, e ti aspetti che lo faccia anche io?››

‹‹Tuo zio non è male, dovete solo conoscervi›› insiste lei ‹‹Dagli una possibilità, ascolta quello che ha da dire e poi decideremo››.

Il tono lamentoso la fa assomigliare a una bambina stanca che fa i capricci e io sono troppo arrabbiata per pensare con lucidità.

‹‹Ho bisogno di fare due passi›› le annuncio, mordendomi le labbra prima di aggiungere qualcosa di cui potrei pentirmi ‹‹Ci vediamo dopo››.

‹‹Alba, amore, aspetta›› mi supplica lei ma il rumore della porta che mi chiudo dietro è una risposta più che sufficiente.

Spazio autrice

Ed ecco apparire sulla scena il temibile zio Ambrogio!

Che ne pensate? Che intenzioni credete che abbia?

Fa bene Alba a prendersela in questo modo?

Se vi va, aspetto le vostre congetture

Grazie, a presto!

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