1. Un giorno questo dolore ti sarà utile

Mi sono detto,

ci sono cose nella vita che non vuoi fare

ma che devi fare lo stesso;

non puoi sempre fare quello che ti pare

e andare dove ti pare:

la vita non funziona così,

e questo è uno dei momenti in cui non hai scelta.

Peter Cameron, Un giorno questo dolore ti sarà utile

Scrivi di quello che conosci.

È la regola aurea per chiunque abbia mai sognato di fare della scrittura la propria professione. O la propria ragione di vita.

Nel mio caso, le due ipotesi coincidono.

Ed è anche il motivo per cui non riesco a buttare giù un maledetto pezzo decente sull'ennesima presunta crisi tra i Kittander.

In fondo, cosa ne so io, single da tempo immemore e povera da praticamente tutta la vita, della scintillante vita di coppia da influencer più amati al mondo?

Chiudo gli occhi e per un attimo provo con l'immaginazione. Cosa farei se fossi Kitty Fashion MUA, bionda mozzafiato vagamente somigliante a Marylin Monroe e, pare, affetta dalle stesse fragilità e sfortuna con gli uomini?

Probabilmente mi tirerei su con una seduta di shopping terapeutico, un giro alla SPA del Country Club nelle vicinanze della mia costosissima villona situata in un quartiere esclusivo e bollicine.

Le ultime posso permettermele anche io, Alba Pavesi, trentenne sull'orlo di una crisi di nervi e non solo, perciò, considerando anche l'ora, mi preparo un aperitivo casalingo niente male, nonostante le mie scarse capacità da bartender e gli stuzzichini sotto marca presi al discount, di tutt'altro tono rispetto agli ape dei locali fighetti che frequenta gente come i Kittander.

O Sveva, la mia migliore amica, che mi manca un sacco da quando si è trasferita a Milano per frequentare una quotatissima scuola di cucina, e proprio per lavoro bazzica posti simili.

Mi sta giusto videochiamando, quindi colgo l'occasione di indagare in cerca di gossip succulenti.

‹‹Ehi, Viv›› esordisco ‹‹Ti stavo pensando. Che per caso hai beccato i Kittander, in giro per la Grande Metropoli?››

‹‹Ciao Alby›› esclama lei, parecchio seccata ‹‹Anche io sto bene e sono molto contenta di vederti››.

‹‹Ma tu lo sai che sono sempre felice quando mi chiami›› mi giustifico ‹‹Comunque scusa, hai ragione, come va?››

‹‹Uno schifo, grazie per aver chiesto›› replica, sarcastica. Eppure la sua faccia stravolta in video assume un'aria sollevata. Perché ci sono delle verità che, se pronunciate ad alta voce, ti fanno stare subito meglio e ammettere che la vita nella Mecca del sogno italiano non è poi così favolosa come ci si aspettava è una di queste.

‹‹Figurati, benvenuta nel club››.

‹‹Stasera non hai il turno alla locanda?›› si informa ‹‹Da quando non ci sono i miei battono la fiacca, eh?››

È ironica ma, nella voce della mia migliore amica, si avverte forte e chiaro un pizzico di nostalgia.

‹‹In realtà non ci sono molti turisti›› le faccio presente ‹‹Perciò tua madre mi ha scalato un'ora dal turno serale e io ne approfitto perché devo ancora consegnare un pezzo e sono in alto mare››.

La strada per arrivare alla redazione di Feminine, il magazine femminile di punta di Athena Group, è lastricata da trafiletti clickbait per testate online, pezzi per qualche quotidiano locale e una sporadica collaborazione con l'emittente radio finanziata dalla parrocchia per raccontare la vita del santo del giorno prima della trasmissione della recita del Rosario. Il tutto integrato da un lavoro part time presso la locanda dei Dalmasso, genitori di Sveva, i quali mi hanno presa a servizio più per riguardo all'amicizia che mi lega alla loro unica figlia che perché me la cavi davvero in sala.

Del resto, se abiti in un paesino delle Langhe dove l'evento clou è la festa della vendemmia, ai montanari alticci che ti apostrofano con i vezzeggiativi più stucchevoli mentre servi loro il menù del giorno ti ci abitui. Soprattutto se non sei una stronza totale e ci tieni ad aiutare tua madre a sbarcare il lunario.

Ed è proprio mamma che fa capolino dalla porta mentre parlo con la mia migliore amica:

‹‹Alba, amore, sono a casa›› mi avverte con la sua vocina pacata.

È ancora bella Agnese Moratti, nei suoi cinquant'anni, sebbene la vita non sia stata generosa nei suoi confronti. Sposata giovanissima a un uomo che le ha preferito la bottiglia e una vita on the road in Sudamerica, si è trovata a fare più lavori insieme, con lo sporadico aiuto economico del fratello, pur di garantire una vita decente a me, la sua unica figlia. Ancora oggi continua a farlo, badando a un'anziana vicina e ricordandomi le cose importanti. Tipo il turno al ristorante: ‹‹Non farai mica tardi al lavoro?››

‹‹Stavo giusto andando›› replico, mentre lei si accorge del volto sorridente di Sveva sullo schermo e la saluta, come mi affretto a fare io.

Resta sulla soglia della stanza, in attesa della conclusione della videochiamata, poi aggiunge: ‹‹Quando torni, dobbiamo parlare››.

L'ansia comincia a montare: ‹‹Che succede, mamma?››

‹‹Domani viene a pranzo lo zio Ambrogio›› annuncia ‹‹E ci sono alcune cose che devo dirti, prima››.

‹‹Non puoi adesso?›› la incalzo.

Scuote la testa: ‹‹A Nella Dalmasso non piacciono i ritardatari e tu non dovresti approfittare dell'amicizia con la figlia. Vai››.

Davanti a un ordine così perentorio non posso che obbedire eppure questo non impedisce alla mia mente di prefigurare gli scenari peggiori. Chiunque conosca Ambrogio Moratti mi darebbe ragione, perché il temibile zio incute una sorta di soggezione naturale che, personalmente, non ho mai superato. Impressione, forse, derivante anche dalla sua professione. Da anni infatti vive a Como, dove lavora come maggiordomo presso una nobile famiglia decaduta, i Valderamo Sant'Orsola perciò, complici anche le rare occasioni in cui ci siamo visti, l'ho sempre ricordato come il personaggio di Anthony Hopkins in Quel che resta del giorno.

Mentre mi infilo di corsa negli spogliatoi del personale della locanda, provo a ricordare qual è l'ultima occasione in cui l'ho incontrato. Forse il mio diciottesimo? La festa di laurea? Qualche compleanno di mamma?

Niente, è tutto confuso nella mia testa. E non solo lì, perché la sala è piena, con pure clienti in attesa.

‹‹Ben svegliata, bella addormentata›› mi apostrofa Ornella Dalmasso ‹‹Muoviti, che siamo al completo stasera››. La mia solita sfiga.

Solo la necessità di questo lavoro e l'affetto che nutro verso sua figlia mi frenano dall'uscirmene con una battuta sarcastica, dunque eseguo con tablet delle ordinazioni alla mano e un sorriso plastico stampato in faccia.

Mi avvicino a un tavolo a cui sono sedute due persone.

‹‹Benvenuti all'Antico Taverniere›› esordisco con il saluto d'ordinanza ‹‹Cosa vi porto?››

Alzo gli occhi sui due commensali, studiandoli con attenzione. E subito mi saltano all'occhio alcune anomalie.

Si tratta di due uomini, e fin qui nulla di strano, sennonché nessuno dei due ha un abbigliamento adatto a Bradighera in questa stagione e uno, quello seduto a destra, indossa un cappellino da baseball e degli occhiali da sole scuri.

In un locale.

Di sera.

Con la neve fuori.

Lo osservo meglio, notando dei capelli biondi mossi, un accenno di barba e mani interamente tatuate che sbucano dalle maniche di un chiodo di pelle marrone.

‹‹Il piatto della casa andrà benissimo››. A prendere la parola è l'altro commensale, quello a volto scoperto. Lineamenti peculiari, penso, osservando gli zigomi affilati, come scolpiti da un cesello, perfettamente abbinati a grandi occhi nocciola, della stessa sfumatura di baffi e capelli.

‹‹Polenta e vin brûlé?›› domando, per essere sicura.

Annuisce: ‹‹Se non avete di meglio da queste parti››.

‹‹E dai, Step›› interviene il biondo ‹‹Non siamo mica a Roma››.

Oh. Mio. Dio.

Se non avessi passato notti intere a piangere cullata dalla riproduzione casuale dei suoi album su Spotify, probabilmente lo scambierei per un semplice straniero, magari un po' bizzarro nel vestire. Invece l'ho fatto, ho perso il conto delle volte in cui Stupida Bionda e il resto della discografia di Franzlander ha fatto da colonna sonora alla mia vita di merda e stasera il teorema di Peter Cameron ha avuto dimostrazione.

Oggi il dolore mi è stato utile, finalmente.

Perché ho davanti a me una metà dei Kittander.

E, a fine serata, avrò anche la verità sul gossip del momento da parte di uno dei diretti interessati. Significa scrivere il pezzo della vita o, quantomeno, quello della svolta.

Un lampo attraversa gli occhi dell'altro tipo. Ha intuito le mie intenzioni e sa che io so.

‹‹Non lo faccia›› mi intima ‹‹Altrimenti ce ne andiamo subito e se ne pentirà››.

La freddezza del tono, unita all'impassibilità dell'espressione mentre lo dice, mi convince della serietà delle sue minacce.

‹‹Okay›› mormoro ‹‹Ma il suo amico risponderà a qualche domanda a fine serata››.

Le labbra sottili si tendono in un ghigno ferino sotto i baffi:

‹‹Allora non ha capito››.

‹‹Solo una›› mercanteggio ‹‹E nessun altro saprà che siete stati qui››.

Mr. Zigomi Affilati fa per replicare quando il suo sguardo si sposta su un punto alle mie spalle:

‹‹Qualche problema, Alba?›› si inserisce Ornella Dalmasso, fissando i due clienti con un sorriso affettato.

‹‹Non qui, ma al due›› tento il depistaggio ‹‹C'è un cliente che chiede una variante vegana››.

La madre di Sveva alza gli occhi al cielo, imprecando sottovoce in dialetto stretto, ma per fortuna si allontana. La tengo d'occhio per calcolare i tempi di tenuta del diversivo, pregando che ci sia davvero un vegano tra i commensali di quel tavolo, poi mi rivolgo di nuovo al mio cantante preferito e al suo assistente: ‹‹Allora, siamo d'accordo?››

‹‹Okay›› replica Franzlander ‹‹Aspetto la tua domanda insieme al conto››.

Annuisco e sgattaiolo in cucina, per tenere fede alla mia parte del patto.

Mi sistemo i capelli in un attimo, notando con orrore il trucco sbavato che, però, non ho tempo di sistemare prima di tornare in sala con le ordinazioni.

Quasi non ci credo, alla fortuna sfacciata di stasera. E faccio bene, perché il mio cantante preferito e il suo collaboratore sono spariti.

Volatilizzati, insieme alla mia occasione di scrivere un pezzo con i fiocchi. E di avere un autografo da Franzlander, magari.

‹‹Non c'era nessun vegano al tavolo due›› mi riprende Ornella Dalmasso ‹‹E i clienti che stavi per servire se ne sono andati, seccati per l'attesa››.

‹‹Non è stato per quello›› ribatto ‹‹E poi ho fatto prima che ho potuto››.

‹‹Questo atteggiamento non mi piace, Alba›› sentenzia ‹‹Sei svagata e ritardataria, non darmi altri motivi per pensare male di te››.

Abbozzo ma, nonostante la ressa all'interno del locale, sgattaiolo sul retro per una pausa sigaretta.

Dovrei proprio smettere ma è in situazioni come questa che una Chesterfield fa la differenza, aiutandomi a mantenere la calma anziché sbroccare di brutto e rovinare tutto.

Chiudo gli occhi aspirando il primo tiro ma il rumore di un motore me li fa riaprire. Mr Zigomi Affilati sta per salire su un SUV scuro pronto per partire.

‹‹Ehi›› esclamo, correndo verso di lui ‹‹Avevamo un accordo››.

Il tipo mi guarda e sulle sue labbra si disegna un sorriso da Joker:

‹‹Pensi di essere la prima stronzetta che tenta di approfittarsi di Franz?›› domanda ‹‹Beh, ti è andata male››.

‹‹Siete voi a non sapere cosa vi siete persi›› replico ‹‹E, per la cronaca, nemmeno tu vinci il premio per la simpatia››.

‹‹Menomale›› ribatte lui, fissandomi ‹‹Altrimenti sarebbe stato un problema››.

Che vuol dire?

Sto per chiederglielo ma il tipo approfitta della mia confusione per aprire lo sportello posteriore e saltare sul fuoristrada.

‹‹Aspetta›› urlo ‹‹Il tuo capo mi deve ancora una risposta››.

L'auto scura, però, è già ripartita e io mi accorgo che è ripreso a nevicare mentre la osservo scomparire oltre la curva, nella notte.

Pesto i piedi dalla frustrazione ma le mie gambe, intirizzite dal freddo, sembrano essersi addormentate e cado lungo distesa sul sentiero, in mezzo al nevischio che sta cominciando a depositarsi.

Mi rialzo a tentoni imprecando, per tornare dentro, con la speranza che Ornella Dalmasso non mi licenzi per davvero.

Un giorno questo dolore ti sarà utile, sì, magari. Quel giorno, comunque, non è oggi.

Nota dell'autrice

Bradighera non esiste, è un luogo fittizio di mia invenzione a finalità narrative

Spazio autrice

E quindi si comincia!

A proposito di Easter Egg, vi è piaciuta la comparsa di questa vecchia conoscenza?

Se vi va, come sempre, vi aspetto nei commenti.

E passate anche a dare un'occhiata al dreamcast, in aggiornamento man mano che andrò avanti con la storia.

A presto!

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