Capitolo 2.1

9 aprile 2015

«Chi è lei?» mormorai, guardando la sagoma che si stagliava sull'uscio, in penombra.

Ero entrata e avevo dimenticato di chiudere la porta e di reinserire l'allarme. E di accendere la luce. L'illuminazione esterna si riversava in casa attraverso le grandi vetrate, ma non mi permettevano di vedere altro che una figura scura.

Ero impazzita, non c'era altra spiegazione. Chiunque fosse, avevo lasciato che, sera dopo sera, mi seguisse, avvicinandosi ogni volta un po' di più a me e all'appartamento in cui vivevo. Da sola.

Per un attimo davanti agli occhi vidi il titolo di un articolo: Donna stuprata e assassinata da uno sconosciuto. Stavo per diventare la prossima notizia di cronaca nera del quotidiano locale? Rabbrividii. Quante persone avrebbero letto l'articolo, magari al bar, prendendo un caffè? Cosa avrebbero pensato? Il giornalista avrebbe scritto che non avevo fatto nulla per evitarlo, pur potendo? In quel caso avrei fatto la figura della stupida e forse era ciò che ero. Stupida e incosciente, due aggettivi che tutti coloro che mi conoscevano avrebbero faticato ad abbinare alla sottoscritta.

«Non voglio farti del male» mi rispose una voce maschile, senza accennare a muoversi.

Dal profumo che accompagnava quella presenza alle mie spalle da diverse sere, avevo già intuito che si trattasse di un uomo. Doppiamente sciocco da parte mia lasciare che mi seguisse e arrivasse fin sull'uscio di casa. La sua voce era baritonale e calda e, per un attimo, mi sorpresi a immaginare come dovesse essere sentirsela scivolare addosso, tra lenzuola di seta aggrovigliate, intrise del sudore di due corpi uniti in un amplesso.

Ero davvero io ad avere quei pensieri così impudichi? Era la mia mente a produrre immagini così vivide ed esplicite? Ringraziai mentalmente me stessa per non aver acceso la luce. Sarebbe stato troppo imbarazzante arrossire davanti a uno sconosciuto come una scolaretta.

«Perché dovrei crederle?».

Cercai di dare alla mia voce un tono sicuro, ma l'ansia e la paura la resero più stridula del solito. Davvero stavo lì, a pochi metri da lui e non prendevo il cellulare per chiamare la polizia? Se non fosse sempre rimasto ad almeno qualche metro di distanza da me, avrei potuto pensare che mi avesse drogata. Qualcosa in grado di piegare la mia volontà. O magari mi aveva praticato una sorta di ipnosi. Ma sapevo di essere lucida e presente a me stessa, senza alibi.


A martedì per la prossima puntata! ;-) 

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