Capitolo 1.2

Cosa ci era capitato? Eppure all'inizio era stato così piacevole stare l'uno nelle braccia dell'altra, fare l'amore in penombra, con dolcezza. Un po' alla volta ci eravamo allontanati. Così, senza accorgermene, i miei sentimenti, le mie paure, i miei stessi desideri si erano ritrovati intrappolati in un corpo che non serviva più a nulla, confinato in un gelo che si era fatto via via più profondo.

Ma a quanto pare lui non aveva impiegato molto a trovare una sostituta ansiosa di compiacerlo con sesso orale e posizioni da Kamasutra e al diavolo tutte le promesse di amore eterno e ai mille sogni costruiti insieme e mai realizzati. Tutto era andato in fumo, per colpa sua e di quella sgualdrina. Non c'era un altro modo in cui avrei potuto definire colei che così bene aveva saputo interpretare il ruolo da protagonista nel fotoromanzo che narrava la storia della giovane segretaria con gli occhiali che aveva impiegato solo pochi mesi per prendere possesso della scrivania di mio marito e delle sue mutande. Un cliché dal fragrante e dolce profumo di fiori d'arancio, da quanto si vociferava negli ambienti frequentati da amici comuni.

Il risultato di tutto questo era che adesso, quando tornavo dal lavoro, ad attendermi c'era solo il silenzio di una casa troppo grande, troppo in ordine, troppo vuota e l'eco dei miei pensieri finiva per rimbalzare così tante volte sulle pareti e negli spazi rimasti vuoti negli scaffali che a volte mi pareva che, se fossi rimasta lì dentro troppo a lungo, il rischio di impazzire non sarebbe stato solo una ipotetica eventualità.

Così, senza quasi che me ne rendessi conto, le ore al lavoro erano passate da otto a dieci, finché non avevo più nemmeno tenuto il conto. Davide e Riccardo, i miei due collaboratori, e Michela, la giovane tirocinante, dopo qualche settimana avevano smesso di fare domande e si limitavano ogni pomeriggio a salutarmi e a tornare alle loro vite. Una volta a casa mi limitavo a fare una doccia, mangiare un'insalata e prendere un blando sonnifero, dopodiché mi infilavo sotto le coperte con un libro di cui leggevo a malapena poche righe ogni sera. Il mattino dopo sveglia presto e un'altra giornata identica alla precedente. Quella routine aveva un che di confortante, di sicuro. Era qualcosa su cui potevo contare, senza temere sorprese e mi permetteva di mantenere quell'equilibrio di cui avevo sempre avuto bisogno e che, in quella fase della mia vita, era rimasta la mia unica certezza.


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A breve la terza parte :-)    

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