Ritmo e Armonia
Buenos Aires, 1976
«Tuo cugino è muto?» Mariam sussurrò all'orecchio di una stupita Ana, mentre Samuele continuava a rimirarla, con la coda dell'occhio, senza proferire alcuna parola.
Un leggero accenno di sorriso modellò le labbra della ragazza al ricordo della goffaggine del giovane, che aveva palesato imbarazzo e, camminando all'indietro, era ritornato nell'ingresso, urtando la statua di marmo che troneggiava nel corridoio e che era stata sul punto di rovinare al suolo. Mariam aveva abbandonato il piano e, con passi lenti e misurati, aveva raggiunto Samuele tentando un approccio. «Siamo destinati a presentarci da soli.»
Samuele aveva mosso il capo in cenno di assenso e allungato il braccio per afferrare la mano che Mariam gli porgeva. Aveva sfiorato il palmo e percepito la delicatezza della pelle della ragazza a cui non era riuscito a dire neppure il proprio nome. Aveva fissato con occhi dardeggianti il viso diafano dell'argentina, scorgendo le quasi impercettibili lentiggini sulla punta del naso, che enumerò mentalmente.
L'arrivo di Ana aveva interrotto quel contatto, le dita si erano accarezzate appena e allontanate quando i due avevano avvertito un insolito calore avvolgerle. La giovane Herrera aveva finalmente trovato il vestito smarrito, finito per sbadataggine nel guardaroba di sua madre, di certo poco incline a indossare un abito corto a fantasie in cui predominavano il viola e verde.
«Vedo che vi siete già conosciuti, meglio così. Dov'è finito Rocco? I ragazzi ci attendono alla milonga .»
Un trillo ripetuto distrasse i tre ragazzi, Ana si avvicinò al telefono grigio che era appoggiato sulla madia di legno dell'ingresso e alzò la cornetta; alcuni secondi dopo, un centralinista la informò dell'arrivo di una chiamata intercontinentale dall'Italia.
«Samuele, vieni, è per te» Ana protese il palmo verso Samuele, ma il giovane osservava, ammaliato, unicamente la sua amica, calamitato dal sorriso casto e dalle pupille luccicanti. «Sam, ti riprendi? Ci sono i tuoi genitori al telefono.»
Il ragazzo si destò dall'intorpidimento e sfilò la cornetta dalle mani della cugina, la portò all'orecchio e attese di poter udire la voce di sua madre dall'altro capo del telefono. «Mamma, come stai?»
«Quindi parla? Ho temuto che fosse muto, non mi ha detto neppure il suo nome!» Mariam palesò il suo stupore a una divertita Ana che le fece cenno di tacere portando l'indice sul naso.
Una battuta che Samuele non udì, la sua attenzione era, ormai, rivolta alla madre e ai suoi moniti. Rocco aprì la porta e trovò la sorella e l'amica a confabulare dinanzi all'uscio, osservò i loro volti divertiti e le interrogò incuriosito: «Cosa fate? E dov'è Samuele?»
Ana alzò il braccio per indicare dove fosse il cugino, Rocco seguì la direzione del suo indice e lo vide spostare la cornetta dal suo orecchio e sbuffare spazientito.
«Sam, sbrigati, dobbiamo andare!» Rocco richiamò l'attenzione di Samuele, l'italiano approfittò della scusa che fosse atteso per porre fine alla telefonata con la madre, talvolta troppo apprensiva.
«Quanta fretta, Rocco! Ti attende qualcuna?» Ana colse al volo l'occasione per punzecchiare il fratello, la cui premura di esser puntuali celava l'ansia di voler incontrare una ragazza, un mistero che non era tale giacché ogni membro della compagnia ne era a conoscenza.
Rocco era riuscito a ottenere dal padre le chiavi della sua Falcon, una concessione rara da parte dell'uomo e dovuta alla presenza di Samuele.
Il viaggio in auto fu piacevolmente silenzioso, Rocco concentrò l'attenzione sulla strada. Samuele, seduto al suo fianco, osservava incantato il paesaggio dal finestrino, soffocando l'impulso di voltarsi verso i sedili posteriori, dove le due ragazze si lanciavano sguardi complici e ammiccavano in direzione dell'italiano.
Arrivarono alla milonga con dieci minuti di ritardo rispetto all'orario dell'appuntamento, la sala era ampia e vuota per tre quarti e su un lato erano allineati poco meno di venti tavolini. Trovarono i loro amici intorno a uno di essi, Ana presentò suo cugino ai suoi amici e Samuele si ritrovò a stringere la mano a cinque ragazzi: le due sorelle Torres, Agata e Bianca, la minuta Elvia che aveva accompagnato il fratello Mariano e, in ultimo, il taciturno Primo.
Samuele osservò minuziosamente ognuno dei presenti, voleva scoprire un dettaglio che gli permettesse di carpire la loro natura; capì che suo cugino aveva un debole, ricambiato, per Agata, la maggiore delle sorelle Torres. Dovette focalizzare bene i lineamenti delle due giacché molto simili e facilmente confondibili, dal colorito diafano della pelle agli occhi colornocciola e alla chioma castano chiaro.
Si sentì osservato, voltò appena il capo e vide la più giovane della compagnia, la bionda Elvia, fissare le iridi cristalline sulla sua figura con insistenza e curiosità, per poi chinare la testa quando colta in fragrante. Samuele si estraniò dai discorsi dei ragazzi, che vertevano sulla squadra di calcio per cui tifavano, e si smarrì a osservare le movenze di Mariam che gesticolava mentre parlava. La sala iniziava a riempirsi e i primi ballerini occupavano il centro della pista.
Rocco si alzò e, impacciato, invitò Agata a ballare, li seguirono Primo e Bianca, l'unica coppia della compagnia stando a quanto Samuele era riuscito a intuire. Un ragazzino si avvicinò a loro, era un compagno di scuola di Elvia che sopraggiunse per trascinarla al tavolo dove c'erano i loro amici. Mariano poggiò il bicchiere sul tavolo e osservò, distratto, i ballerini innanzi a sé. Ana cercò di attirare la sua intenzione affinché la invitasse, non per reale interesse ma per consentire a Samuele e Mariam di restare da soli. Un ciuffo biondo ricadde sulla fronte del ragazzo, coprendo le sopracciglia che erano guizzate all'insù quando aveva intuito i cenni che Ana gli rivolgeva; non gli sembrò vero poiché era quanto più bramasse dai tempi del liceo e nella fretta di alzarsi incespicò contro la gamba del tavolo.
La milonga era cessata e le prime note di un tango di Piazzolla riempirono il locale. Un ragazzo si avvicinò al loro tavolo, rivolse lo sguardo a Samuele e chinò e rialzò appena il volto, un cenno al quale il giovane non diede risposta. Mariam intervenne per spiegare l'insolito comportamento dello sconosciuto.
«Ti sta chiedendo il permesso, siamo qui da soli ed è convinto che tu sia il mio accompagnatore, ma per poter ballare il tango con una donna accompagnata devi ottenere il consenso di chi è al suo fianco.» La ragazza attese un segno da parte di Samuele, lui, però, non palesò alcun assenso e il ragazzo desideroso di ballare con lei tornò al suo posto.
Samuele portò il bicchiere colmo di tereré, bevanda che Ana gli aveva suggerito di ordinare, alla bocca e lo svuotò della metà. «Conosco bene le regole del tango, ho passato un intero mese a sorbirmi gli insegnamenti di Ana questo Natale. Sono diventato discretamente bravo, imparo subito.» Le pupille dell'italiano inchiodarono quelle di Mariam e sperò che la ragazza capisse l'invito celato nelle sue parole poiché non avrebbe osato chiederglielo esplicitamente. Mariam intese il tacito segnale che fosse lui a voler essere il suo compagno di tango; avrebbe dovuto attendere che esponesse le sue intenzioni, come le ferree regole del ballo imponevano, ma intuì la timidezza celata dalla reticenza e gli porse il palmo.
Samuele fissò stupito la mano di Mariam e l'afferrò con urgenza, si alzò di scatto e la condusse nell'area riservata ai ballerini, scegliendo una porzione di sala poco affollata. Si fermò nel punto prescelto e alzò il braccio della sua accompagnatrice per farla roteare; l'ossatura delicata della schiena di Mariam combaciò con busto di Samuele.
«Dovremmo aspettare che finisca questo ballo e attendere l'inizio di un altro, non è consentito partecipare quando la danza è partita».
Samuele sorrise all'affermazione della ragazza, circondò il suo addome e avvicinò i loro profili. «Temo di averti costretto a infrangere tante regole, questa sera. Ma credo che non sia affatto un problema per te, vero?»
Mariam strinse le labbra per evitare di erompere in una fragorosa risata, annuì appena e si adagiò al calore avvolgente del ragazzo. I volti erano allineati, la mano di Samuele si mosse sensuale sul braccio della ragazza e, quando giunse a sfiorare le dita, Mariam gli accarezzò il viso e lo trattenne per un attimo con il palmo che bruciava per il contatto.
Il giovane italiano non aveva nulla da invidiare ai compagni argentini, era stato un ottimo alunno della cugina e mostrò la sua bravura a un'estasiata Mariam che volteggiò su se stessa e si ritrovò con il volto pericolosamente vicino a quello di Samuele. Si aggrapparono l'uno alle braccia dell'altra, la pelle scottava e il calore penetrò fino al sangue, furono corpi combacianti in un unico ritmo e divennero armonia di anime che avrebbe trovato completezza in una notte pregna di passione e priva di speranza.
La musica affievolì fino a cessare, i due ragazzi, però, restarono abbracciati e quando nuove note si diffusero tornarono a muoversi in perfetta sintonia, gli sguardi erano incastrati tra loro e il petto vibrava per lo sforzo e per un desiderio che fioriva nelle menti di entrambi. Accaldati, sfiancati ma mai stanchi di stringersi e sfiorarsi, Ana li osservò in lontananza e le sue labbra s'innalzarono in un sorriso che Mariano credette rivolto a lui.
Agata era sfinita, le caviglie le dolevano, e Rocco l'accompagnò, malvolentieri, al tavolo. «Esco fuori a fumare, ti ordino qualcosa da bere?» La ragazza rifiutò, beandosi delle sue attenzioni, e Rocco puntò l'esterno del locale per scacciare l'insoddisfazione tra gli sbuffi di fumo. Aveva persino dimenticato d'indossare la giacca. Il freddo trapassò la camicia ma non fu reo dei brividi che lo scossero appena varcò l'uscio; la sigaretta era stretta, ancora spenta, tra le sue dita, la frantumò e la gettò per terra.
Tornò lesto nel locale e raggiunse Agata, s'inginocchiò accanto alla sua sedia e avvicinò le labbra all'orecchio per spiegarle cosa avesse visto e chiederle di raccogliere borse e cappotti mentre lui andava a recuperare gli amici sulla pista. Si affiancò dapprima alla sorella e la ragguagliò sugli ultimi eventi, i due fratelli si separarono e cercarono gli altri.
Fu Ana a intercettare Samuele e Mariam: «Ragazzi, dobbiamo andarcene subito!» impartì l'ordine a labbra serrate e strattonò il braccio del cugino affinché si fermasse.
«Cosa succede?» Samuele notò il volto sbiancato di Ana, Mariam, invece, non pose domande in quanto aveva intuito quale fosse la causa del tremore nella sua voce.
«Andiamo, Samuele, ti spiegheremo tutto in auto» Mariam afferrò la mano del ragazzo e lo spinse verso l'uscita dove erano già tutti ad attenderli; indossarono i cappotti alzando il bavero, con le sciarpe coprirono le bocche e i cappelli furono calati sulla fronte. Samuele saettò lo sguardo dalla ragazza fino ai cugini e li osservò mentre compivano i medesimi movimenti; Mariam, intuendo il suo smarrimento, si avvicinò a lui e innalzò il collo della sua giacca dopo averla abbottonata fino al mento.
«Andiamo! Non c'è nessuno!» Rocco aveva controllato attraverso i battenti socchiusi, condusse gli amici all'esterno e, dopo un breve saluto, salirono ognuno a bordo delle proprie automobili parcheggiate nella via laterale.
Rocco guidò percorrendo strade secondarie e a velocità sostenuta. «Potrei sapere cosa succede?» Samuele non badò al livore che aveva storpiato il viso del cugino, poiché era intenzionato a conoscere la verità.
«Sono andato a fumare e ho visto una Falcon priva di targa passare davanti al locale.» Rocco digrignò i denti mentre chiosava i motivi della fuga.
«Quale sarebbe il problema? È legale andare in giro con l'auto senza targa in Argentina?» Samuele attese una risposta di Rocco che, invece, sbuffava infastidito.
«È legale poiché gli unici a possederla sono i militari e quando la utilizzano è per andare ad arrestare qualcuno. Rocco, non mi accompagnare a casa perché potrebbe essere pericoloso. Verrò a dormire da voi, avevo già avvisato mia madre che non sarei rincasata.»
Samuele si era voltato verso i sedili posteriori per udire le spiegazioni pronunciate da Mariam benché non riuscisse a capire il loro timore; decise di non angustiarsi ma godersi le successive ore in compagnia della ragazza.
Non trascorse molto tempo prima di capire cosa significasse salire su una Falcon priva di targa: un viaggio che li avrebbe visti sprofondare all'inferno.
Note
(*) la milonga è una sorta di balera e anche un ballo considerato l'antenato del tango.
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