Capitolo 1
Un mondo diviso
Dalla collina vicino alla mia casa, il castello della capitale è sempre stato ben visibile. Anche se nell'aria è presente della foschia o non si è dotati di vista troppo buona, la roccaforte non potrà mai non essere notata, se si osserva con molta attenzione si può addirittura distinguere il simbolo del nostro paese: due spade di ferro battuto incrociate con un cristallo verde smeraldo nel mezzo. Non so quale sia il significato, ma quando ero ancora molto piccola mia madre mi raccontava storie, o leggende se si vuole essere più precisi, le quali narravano che centinaia e centinaia di anni orsono, nel punto più a est del territorio, dove tutte e cinque le terre si incontrano, i creatori del mondo che conosciamo oggi, tre uomini e due donne, ricevettero dal cielo i cinque cristalli della vita: Il cristallo blu dell'acqua, che aiutò a formare il paese delle cascate; il cristallo rosso del fuoco, con il quale fu formato il paese del vulcano; il cristallo bianco delle nuvole, con il quale si riuscì a creare il paese dei venti; il cristallo azzurro come i ghiacci, dal quale prese vita il paese delle bufere e infine il cristallo verde, grazie a cui prese vita il paese della terra, ovvero quello in cui vivo io insieme a mia madre.
È un po' imbarazzante dirlo, ma tra tutti questi credo che il nostro sia il più debole militarmente, fa ridere pensare che un tempo, quando io ancora dovevo mettere piede su questo mondo, il paese della terra era conosciuto per le sue armate e per i soldati valorosi e coraggiosi. Ormai i tempi delle sanguinose e interminabili guerre tra demoni e umani sono finiti da tanti anni, i giovani non vogliono più rischiare la vita arruolandosi, molti preferiscono una vita tranquilla come quella di contadini e artigiani e per questo motivo, con il passare degli anni, la nostra potenza militare è diventata sempre più debole.
Mi stendo per terra, stando attenta a non sporcare le ali di fango, ma pensandoci bene, anche se le avessi sporcate non credo me ne sarei accorta, sono nere, nere come la pece, nere come la più buia delle notti d'inverno. Non dico che non mi piacciano, anzi, possono essere molto utili avvolte, ma in alcuni momenti, non so perchè, credo di odiarle. Odio questa cosa che mi contraddistingue così tanto dalle persone considerate "normali." Io odio tutto questo. Odio il fatto che nonostante sia passato ormai un secolo dalle battaglie tra uomini e demoni, ci siano ancora persone che ci guardano con disgusto sui loro volti, odio il fatto che i demoni debbano camminare a testa bassa quando girano per le strade mentre gli umani possono fare quello che vogliono. Cosa ci contraddistingue così tanto? In fondo, anche se di razze differenti, siamo tutti persone e l'unica cosa a cui alcuni ancora pensano è come liberarsi di noi.
Tiro un sospiro mentre chiudo gli occhi e inizio a riflettere. Immagino un mondo in cui demoni e umani possono essere amici, in cui nessuno deve più avere paura di nessuno e dove un umano può amare un demone come ama un fratello, un amico, o addirittura anche come lo fa con un amante...
Mi perdo in questi pensieri finchè non riapro gli occhi al suono di campanelle che suonano e al rumore delle risate dei bambini. Ma quando diamine sono arrivati e come ho fatto io a non accorgermene?
"Io sono Lukas, capitano dell'Armata d'oro e voi cattivi contro di me non avete speranze." Dice un piccolo demone mentre cerca di tenere in equilibrio il bastone da lui raccolto e usato a mo di spada. Gli altri intorno a lui lo guardano ridendo e stanno al gioco, uno di loro fa il cattivo mentre gli altri fanno il ruolo degli eroi che devono sconfiggerlo. È il loro sogno poterlo fare davvero, essere visti come dei salvatori invece che dei mostri, poter far vedere a tutti che in realtà siamo buoni e che ormai nessuno di noi ha cattive intenzioni. A questi pensieri mi si stringe il cuore. Non potrà mai esistere un mondo in cui i demoni vivano bene insieme agli umani. Potrà esistere solo nella testa mia e di quei bambini. In lunghi sogni in cui il mondo è fatto di speranze e pace invece che di ingiustizia e guerra. Mi alzo spazzolandomi il dietro e il davanti dei pantaloni mentre mi dirigo verso i bambini
"Hey Lukas, attento, potresti farti male con quel bastone." Gli dico mentre mi abbasso alla sua altezza.
"Non potrà mai succedere una cosa del genere Margot, io sono un eroe e un giorno farò parte dell'Armata d'oro. Sarò il primo demone e tutti inizieranno a vederci di buon occhio!" Mi dice gettandomisi in braccio.
"Certo, certo eroe, ma attento a lanciarti così oppure la tua prima vittima sarò io." Gli dico sorridendogli e scompigliandoli i capelli. Però infondo, mentre guardo questi bambini mi torna la speranza, la speranza che un giorno, forse non troppo lontano, quella pace che tutti noi tanto sogniamo accadrà. Metto giù Lukas e mi dirigo verso la mia casa: è piccola ma accogliente, non ha i comfort di una casa nella capitale ma va bene così. Spalanco la porta di legno di salice e sento un fracasso provenire dal piano superiore, immediatamente alzo lo sguardo e di scatto corro di sopra, quasi inciampando sulle scale, per poi spalancare la porta dello sgabuzzino, la fonte del rumore, dove vedo mia madre seduta per terra con un secchio sulla testa e qualche scopa che le si appoggia addosso. Immediatamente sospiro e faccio un piccolo sorriso, mi chino e le alzo il secchio dalla testa, solo per rivelare la sua faccia tutta rossa, in tinta col colore dei suoi capelli, e lo sguardo basso.
"Quindi..." dico lentamente "Stavolta sei scivolata per colpa della scala a pioli, perchè ti sembrava di aver visto un ragno o perchè una mensola ti è caduta addosso?"
"Beh, due di queste in realtà." Dice mia madre con una leggera risata mentre si aggrappa alla mia mano per tirarsi su.
"Stavo cercando quel prodotto per pulire i vetri, quello fatto con le erbe profumate, ma mi è sembrato di aver visto un ragno e quindi mi sono aggrappata a una mensola che staccandosi mi ha fatto cadere buttandomi tutto addosso." Mi dice sconfortata mentre guarda tutto il disordine sparso in giro.
"Dai, non preoccuparti ora. Sono cose che possono succedere, inoltre, sei tu anche perchè sei sbadata, è una parte di te e ti rende ciò che sei." Le dico mentre appoggio il secchio sopra una delle mensole rimaste attaccate. Mi guarda sorridente e mi appoggia una mano sulla testa. Fa' sempre così per dimostrarmi il suo affetto, questo, per lei e per me, è molto più di un abbraccio o di un bacio.
"Ok, bene, che ne dici di darmi una mano sistemare? Vado a prendere dei chiodi e un martello giù per cercare di aggiustare la mensola." Mi dice scendendo le scale. inizio a raccogliere le scope quando mi accorgo che mia madre non torna più, vado quindi giù a controllare e la trovo intenta a "spiare" fuori dalla finestra alcune delle donne del nostro villaggio. Mia madre è l'unica umana qui, in questo piccolo villaggio fuori dalla capitale, composto si e no da cento persone. Non so il motivo per il quale lei non viva nel centro del nostro paese, come la maggior parte degli umani del resto, ma ha sempre detto che non le piace il caos che c'è lì e che preferisce una zona tranquilla di campagna.
"Dovresti andare a parlarci, sai? Non ti farebbe male farti delle nuove amiche." Le propongo avvicinandomi a lei.
"Lo so, solo che non saprei di cosa parlare, poi so che loro mi vedono come quella strana o pazza. Sai, quando ti trovai alla mia porta, ancora dentro un fagotto di coperte ormai diciassette anni fa, loro cercarono di prenderti dalle mie braccia perchè secondo la loro opinione un demone non avrebbe mai potuto essere cresciuto da un umano, parole loro, non mie. Da quel giorno mi hanno sempre guardata male. Non so, forse pensano che io ti abbia adottato soltanto perchè ero sola e volevo un po' di compagnia, ma era più di questo, io lo so e lo capisco, ma loro no." Mi dice con un sospiro. Io la guardo triste. È proprio come avevo pensato prima. Le persone del villaggio non volevano che mia madre si prendesse cura di me solamente perchè credevano che mi avrebbe fatto del male soltanto per la differenza delle nostre specie, ma mia madre è la persona più gentile e generosa del mondo, ha convissuto con loro per anni, dovrebbero saperlo, tutti dovrebbero saperlo!
Una rabbia immensa mi assale. Dico a mia madre che ho da fare e che la mensola l'avrei sistemata io la sera stessa. Esco di casa e mi dirigo alla collina. Li posso di nuovo ammirare la maestosità del castello, mentre le sue bandiere svolazzano mosse dal leggere vento. Si possono distinguere anche delle case, piccoli puntini quasi tutti uguali cosparsi intorno alle mura che dividono i nobili all'interno dalla gente comune all'esterno. Qui nessuno potrà mai sentirmi. Ho bisogno di sfogarmi, di urlare e far uscire tutta la mia rabbia.
"Hey!" Urlo con l'eco che inizia a riempire l'aria mentre i corvi dell'albero vicino svolazzano via spaventati dall'improvviso rumore.
"Mi sentite? Io sono Margot Cloudshot, una demone adottata da un'umana, giuro qui e ora che un giorno, non so come e non so quando, riuscirò a rendere tutti liberi e a fare in modo che ci sia per tutti felicità e libertà!" Grido a squarciagola nella direzione della capitale, se mi vedesse ora qualcuno, sicuramente mi prenderebbe per pazza.
Tiro poi un lungo sospiro di sollievo e una risata un po' imbarazzata mi sale dalla gola. Non mi sono mai sentita così libera, mi sembra di poter far tutto, ora l'ho promesso e lo so, un giorno io farò in modo che ciò accada. Lo farò per mia madre, per i bambini del villaggio e per tutti quelli che verranno dopo di me.
Continuo a guardare la capitale mentre il sole si abbassa lentamente dietro il castello. Il tramonto? Com'è possibile? Sono stata fuori davvero così tanto? Oh no, mamma sarà preoccupata fino all'osso. Corro a casa e entro solo per vedere mia madre stesa sul divano a riposare. Tiro un sospiro di sollievo. Bene, almeno non si è resa conto della mia prolungata assenza. Prendo il martello e i chiodi e vado a sistemare la mensola, ci vuole molta precisione e un po' di tempo ma il lavoro finito non è per nulla male, anche se per sicurezza non ci appoggierei troppe cose sopra. Scendo al piano inferiore e non volendo stancare ulteriormente mia madre, decido di preparare la cena per conto mio. Tiro fuori tutto il necessario e inizio a tagliare le verdure e a far bollire l'acqua e, cercando di non sporcare la cucina, inizio a tagliuzzare gli ortaggi per preparare una zuppa, alla fine, anche se con una scottatura e due momenti in cui per poco non mi tagliavo un dito, riesco a terminare il mio lavoro. Metto il cibo dentro due piatti e vado a svegliare mia madre.
"Oh, Margot, non dovevi. Avresti dovuto svegliarmi e ci avrei pensato io." Mi dice mentre le porgo la ciotola e il cucchiaio. Mangiamo in silenzio, tranne per qualche sporadica domanda di mia madre su cosa avessi avuto intenzione di fare il giorno successivo. Quando finisco di pulire mi accorgo che ormai è molto tardi e decido di andare a dormire.
"Margot." mi chiama mia madre.
"Mi dispiace davvero tanto non poterti dire nulla su chi tu sia veramente. Quando ti presi quel giorno non vidi nessuno davanti alla mia porta e nessuno del villaggio aveva visto chi ti avesse messo li. Ho provato per tanto tempo a trovare delle risposte, ma non ci sono mai riuscita." Mi dice mentre stringe la coperta di lana tra le mani.
"Lo so, ma sai, in realtà non mi importa. Voglio dire, certo, alcune volte ci penso a chi possano essere la mia vera madre e il mio vero padre, ma se mi hanno abbandonato ci sarà stato un motivo che per loro era abbastanza buono, tu non credi?" Lei mi guarda, sorride e fissa il pavimento
"Già, probabilmente hai ragione. Oh, sarai molto stanca, hai fatto tanto per me oggi, dovresti andare a riposare, sai?" Mi augura buona notte e io vado in camera mia. Mi inizio a preparare per andare a dormire quando sento qualcosa colpire la mia finestra. Avvicinandomi e aprendola la prima cosa che sento è un piccolo sasso che mi colpisce la fronte. Indietreggio di colpo premendo il punto dove l'oggetto mi ha colpito e guardo di nuovo fuori dove vedo Leroy, il mio migliore amico, salutarmi dal prato.
"Hey, Margot, sono io! Aspetta, per caso ti ho colpito? Oh no, mi dispiace!" Esclama mettendosi le mani in testa e rovinando la sua pettinatura tanto curata. Rido mentre mi arrampico fuori dalla finestra dove spalanco le ali e con un piccolo sforzo, riesco a volare abbastanza in alto da riuscire a planare proprio davanti a Leroy. Lui è l'unico altro umano con cui io abbia mai avuto contatti oltre a mia madre, ed è anche una delle ragioni per cui di tanto in tanto mi intrufolo furtivamente all'interno delle mura per andarlo a trovare. Leroy è un nobile, anzi, il nobile dei nobili, primogenito del re e della regina del nostro regno, prossimo al trono e al comando di un intero paese.
Ricordo che il nostro primo incontro avvenne tanti anni fa nel bosco vicino al nostro villaggio: io stavo raccogliendo delle bacche per mia madre quando tutto d'un tratto sentii qualcosa muoversi in mezzo ai cespugli, controllai e la prima cosa che notai fu uno spaventato Leroy che mi diceva di essere uscito a giocare e mi chiedeva di aiutarlo perchè non riusciva più a trovare il suo cagnolino. Quel giorno lo aiutai fino al tramonto e quando lo trovò, mi promise che sarebbe tornato a trovarmi, da quel giorno non ci siamo mai separati.
"Hey, perchè sei qui? Sai che tua madre darà di matto se scopre che non sei al castello. Non ricordi l'ultima volta? Per poco non le veniva un infarto!"
"Lo so, lo so, ma sono qui per darti grandi notizie!" Mi annuncia iniziando improvvisamente a sorridere come un bambino a cui hanno appena regalato il proprio dolce preferito.
"Sai l'Armata d'oro, no?"
"Certo, è l'esercito del nostro paese composto dalle dieci persone più forti e coraggiose del nostro regno. Ma perchè me lo chiedi?"
"Beh vedi," mi dice lui prendendomi le spalle.
"Stanno facendo le selezioni per dei nuovi membri! Ti rendi conto? È fantastico!"
"Cosa? Selezioni? Ma nessuno ormai vuole più entrare nell'esercito. Non ci sono guerre." In quel momento un brivido mi percorre la schiena. Aspetta, non ci sono guerre in corso, vero? Leroy vede la mia faccia e ride, probabilmente intuendo la causa mia preoccupazione.
"No tranquilla, nessuno dei paesi ha dichiarato guerra ad altri, non c'è pericolo, ma innanzitutto, dove sei stata l'ultimo anno Margot? Ora tutti i giovani vogliono diventare dei membri dell'armata. Hanno finalmente capito che è motivo di prestigio e di orgoglio. Oh, io e mio padre presidieremo da giudici, non vedo l'ora di vedere le prove per le selezioni!" Afferma lui mentre inizia a saltellare qua e là.
"È fantastico Leroy, ma perchè lo stai dicendo a me?" Lui si ferma improvvisamente, iniziando a guardarmi con area perplessa.
"Aspetta un secondo" inizia.
"Vuoi dirmi che tu non vuoi provare a fare le selezioni? Stai scherzando vero?" Mi chiede con gli occhi che si spalancano per lo stupore.
"Cosa? Come ti salta in mente! Quando mai ho detto che sarei diventata un membro dell'Armata d'oro?" Gli rispondo ridendo.
"Ma tu devi farlo! Sei più veloce, più scaltra e più agile di tutte le persone che io abbia mai conosciuto e fidati che ho incontrato una marea di persone, tu devi partecipare!" Lo guardo e sorrido alla sua ingenuità. Lui è convinto che una persona come me possa davvero entrare nell'armata.
"Leroy, guardiamo in faccia la realtà." Inizio a dirgli mentre incrocio le braccia davanti al petto.
"Cosa pensi possano pensare tuo padre, tua madre e tutte le altre persone quando si renderanno conto che un demone sta partecipando alle selezioni per la protezione del paese? Probabilmente non mi faranno neanche entrare all'interno delle mura per partecipare alle prove. Inizierebbero a pensare che cerco di portare guai, fidati, è meglio se non mi faccio notare.
"Ma come fai a sapere che accadrà proprio in questo modo? E poi che ti costa? In fin dei conti se non ci riesci non perdi nulla, anzi, magari ti fai anche dei nuovi amici, conosco delle persone che tu troveresti adorabili, te lo assicuro." Mi dice con un sorriso stampato in faccia. Sorrido anch'io alla felicità del mio amico e gli appoggio una mano sulla testa proprio come fa mia madre con me.
"D'accordo, d'accordo mi hai convinto ma ora abbassa la voce o rischi di svegliare tutti quanti. Ci penserò, ma adesso è tardi ed è meglio per te partire, devi sbrigarti a tornare a casa prima che qualcuno si accorga della tua assenza o saranno davvero guai seri."
"Già, hai ragione. Mi sembra già di sentire mia madre urlare il mio nome seguita dalle cameriere mentre corre per i corridoi del castello." Entrambi scoppiamo a ridere e ci auguriamo buona notte, sto per spiccare il volo per tornare alla mia finestra quando lo sento di nuovo parlare.
"Hey, Margot." Mi giro e noto che ha lo sguardo perso nel cielo stellato, lo fa sempre, quando pensa o ha qualcosa in mente inizia a guardarlo, chissà cosa ci trova di così spettacolare in cui puntini luminosi sparsi nel cosmo
"Io non ti ho mai chiesto una cosa molto importante." Continua.
"Oh, dimmi pure." Lo guardo perplessa aspettando che finisca
"Qual è il tuo sogno?" Mi chiede iniziando a guardarmi negli occhi
"Il mio... sogno? È una domanda un po' strana da fare sul momento, non ne ho idea in realtà." Gli rispondo fissandolo e mentre inizio a sentirmi imbarazzata tutto ad un tratto per non sapere la risposta a una domanda così stupida.
"Va bene, non ti preoccupare." Mi dice lui girandosi e slacciando le redini del suo cavallo bianco latte. Come ho fatto a non accorgermi del cavallo legato a pochi metri da noi mentre parlavamo? Sono davvero molto stanca a quanto pare.
"Ma sappi che un giorno" Dice facendo un piccolo balzo e sistemandosi in groppa al suo destriero
"Vorrò avere una tua risposta." Continua sorridendo e partendo a grande velocità verso la capitale. Lo guardo scomparire piano piano dentro il fitto fogliame degli alberi mentre una leggere brezza notturna mi arriva in viso, mi muove piccole ciocche di capelli e mi fa salire uno strano brivido lungo la schiena. Alzo anche io lo sguardo in alto, guardando le stelle e la luna piena mentre mille pensieri mi continuano a girare per la testa. Apro le ali e con un movimento veloce riesco facilmente ad arrampicarmi di nuovo sulla mia finestra, la chiudo, spengo la candela appoggiata mio comodino e mi metto a letto. Guardo il soffitto di legno e sento gli occhi che piano piano si fanno sempre più pesanti e, mentre li sento iniziare a chiudersi lentamente, l'unico pensiero che mi passa per la mente è solo e soltanto uno:
Qual è davvero il mio sogno?
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Ma buonasera/buongiorno, se state leggendo questo messaggio vuol dire che avete deciso di dare una possibilità a questo mio nuovo progetto e di questo ve ne sono davvero grata♡
Spero possa piacervi e spero che Margot e tutti gli altri personaggi vi entrino nel cuore.
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