Senza tregua (parte 1)
Camminavo ormai da ore, voltandomi di tanto in tanto per assicurarmi di non essere seguito. Di Max Zosser nemmeno l'ombra. Calpestavo quella polvere bianchiccia trattenendo a stento la nausea: ora che sapevo che non si trattava di sabbia, faticavo a non farmi trascinare da fantasie morbose. Il sole irradiava senza tregua il suo calore insopportabile, facendomi sudare come mai in vita mia; il paesaggio vuoto e sempre uguale era un'efficace metafora della disperazione. Non sapevo neanche se stessi procedendo nella giusta direzione: non avevo con me una bussola, né ero in grado di capire dove fosse il nord. Potevo solo sperare di stare ancora seguendo la via indicatami. Ad un certo punto trovai il primo mucchio d'ossa, e i miei dubbi svanirono di colpo. Procedevo a capo chino, stanco e semi stordito, quando vidi spuntare degli oggetti in mezzo alla polvere bianca. La loro natura era inequivocabile: erano ossa, delle più varie forme e dimensioni, alcune spezzate da traumi inimmaginabili, altre annerite dal sole cocente. Più andavo avanti, e più ossa rinvenivo; quel posto non era altro che un immenso cimitero a cielo aperto. Mi chinai a raccogliere un teschio deformato in maniera orribile, sfondato in più punti da un forza che non riuscivo ad immaginare. Non sembrava nemmeno più umano. Lo osservai per un po', abbacinato, poi lo scagliai lontano, urlando la follia che sentivo scaturire dalle viscere.
Qualche chilometro dopo mi imbattei in una lunga fila di croci. Erano tante, troppe, facevano male alla mente. Spuntavano dalla finta sabbia come tumori che sfiguravano il paesaggio allucinante. Ad ogni croce era appeso uno scheletro: alcuni erano incompleti, avendo perso alcuni pezzi caduti nel corso di chissà quanti anni, per poi marcire nella polvere biancastra. Spesso il legno presentava larghe chiazze scure, macchie di sangue rappreso che si erano fatte quasi marroni, bruciate dal sole rovente.
Osservai quello spettacolo sentendomi vulnerabile come non mai. I teschi ghignanti, col loro sorriso perenne sembravano deridermi senza pietà, quasi insinuassero che presto avrei tenuto loro compagnia. Mi parve di udire una risata lontana, ma non ne ero certo. Distolsi lo sguardo, e continuai la mia marcia verso l'ignoto.
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