La tomba del mondo (parte 5)
Il silenzio, all'improvviso. Niente più immagini di morte né urla, nemmeno le mie. Mi sollevai dalla polvere e mi guardai attorno, smarrito. Non c'era nessuno, la sola compagnia era quella dei morti. Tornai ad aggirarmi fra le tombe senza sapere cosa fare, tormentato dal dolore alla spalla e dal ricordo di quell'esperienza sconvolgente. Tentai di pensare ad altro, di trovare una via di fuga, ma non era facile. Per niente. Non so quanto tempo sprecai in quella maniera, ma ad un certo punto notai un sentiero che portava ad un zona sgombra da lapidi. Fissai esterrefatto quella viuzza per alcuni istanti, stentavo a crederci. Quando mi decisi a percorrerla provai un senso di liberazione, anche se precario.
Mi ritrovai in mezzo al nulla, incerto su quale direzione prendere. Notai un movimento con la coda dell'occhio, e mi detti una mossa. Non riuscii per molto a resistere alla tentazione di guardarmi alle spalle, e quando lo feci ebbi un'amara sorpresa: un uomo con un cappello mi seguiva ad una certa distanza. Scappai in preda al terrore, come una lepre inseguita da un lupo, per andare a sbattere subito dopo contro un ostacolo improvviso. Quell'uomo mi stava proprio davanti. Poteva essere ovunque, in qualunque momento. Ero caduto col sedere per terra, ma mi rialzai all'istante, in un gesto magari ridicolo, ma dettato dall'istinto di sopravvivenza.
Quell'individuo non era chi pensavo: avevo davanti il defunto Mario, che indossava il cappotto e il cappello di Zosser. Era solo una farsa, un gioco crudele. Almeno per il momento.
- Non è possibile... - farfugliai a pochi centimetri da quell'apparizione – Tu sei morto! -
- Tu mi hai ucciso. - precisò il fantasma di Mario. Ma che razza di spettro era, fatto di carne e sangue come il sottoscritto!?
- La mia carne è diversa dalla tua. - rivelò come se mi avesse letto nel pensiero. E forse era proprio così. Per sottolineare le sue parole si tolse il cappello, rivelando il buco che gli sfregiava la tempia destra, da cui cadeva una polvere sottile e grigiastra, simile a quella dei fiori del cimitero. Mario si portò una mano ad una guancia e se la strappò via senza sforzo, a rivelare le nude ossa. Non stillò nemmeno una goccia di sangue, fu la polvere a cadere e posarsi sulla sua spalla.
- Visto? - chiese divertito – E' colpa tua. – aggiunse con astio, avvicinandosi con fare minaccioso. Spinsi via quell'apparizione e scappai, inseguito da una risata che ormai conoscevo bene. Quella di Max Zosser.
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