Il volto della morte (parte 3)


C'era qualcosa per terra, un oggetto di piccole dimensioni si trovava fra me e il mio torturatore. Lì per lì feci anche fatica a capire cosa fosse; guardavo quel cosino insignificante senza riuscire ad identificarlo, ma dopo qualche istante di troppo lo riconobbi per quel che era: un foglio ripiegato su se stesso più e più volte, fino a ridurlo ad un minuscolo quadratino di carta. Ero in preda al terrore più abietto, tremavo come una foglia, eppure anche in una situazione come quella non riuscii a soffocare la curiosità: lasciai allora perdere la ferita, e allungai il braccio sinistro per raccogliere il foglio. Quando lo strinsi fra le dita lanciai uno sguardo a Zosser. Non si mosse, né disse nulla. Mi lasciò fare, e la sua espressione sadica era quella del classico scienziato pazzo che osserva deliziato la sua cavia. Decisi di ignorarlo, e spiegai il foglio con difficoltà, costretto com'ero ad usare una mano sola.

Era il biglietto di addio di Martina. Me l'aveva messo in tasca lei poco prima, ed era scivolato fuori durante la lotta. E così, inginocchiato nella polvere come un penitente, lessi ancora una volta quel messaggio che avevo volutamente dimenticato.

Ho deciso di lasciarti, e credimi, non è stato facile. In questi giorni ho pensato tanto a noi, a quello che è stato, a ciò che saremmo potuti diventare come coppia... E sono convinta che non avremmo fatto ancora molta strada insieme, credo che ormai avessimo preso due direzioni diverse. Chissà, anche se tempo fa non l'avremmo mai ammesso, forse i nostri obiettivi sono sempre stati differenti, ma certo negli ultimi tempi sono diventati addirittura inconciliabili. Per costruire un futuro insieme serve una base comune, e noi non l'avevamo più. Ammesso ci fosse mai stata.

Ti chiedo perdono per il mio comportamento: avrei dovuto agire diversamente, magari aspettare, di sicuro muovermi alla luce del sole. Non sono stata sincera, ti ho fatto del male e me ne dispiace. Ci siamo allontanati troppo in fretta e nel peggiore dei modi, ma ormai quel che è fatto è fatto.

Spero che superi presto questo momento, di certo non ti mancano la forza e il coraggio. Ti auguro di incontrare un giorno qualcuno migliore di me con cui condividere il cammino, e che si realizzino tutti i tuoi sogni. Siamo stati bene finché è durata, e avrai sempre un posto nel mio cuore.

Perdonami

Martina

Mi aveva chiesto perdono, e avevo deciso di ignorarla. Ero stato meschino e vigliacco. Anzi peggio, mi ero reso colpevole del peggiore dei crimini per una ridicola questione di orgoglio. La sua lettera spiegava tutto, ma come al solito io non volevo ascoltare nulla, se non gli istinti peggiori. Due lacrime amare e silenziose presero a scorrere lente sul mio volto devastato, e in quel momento mi ritrovai a desiderare con tutto me stesso di poter tornare indietro e prendere la decisione giusta. Avrei dato la vita per resuscitare le mie vittime, lo pensai davvero, ma sapevo fin troppo bene che niente e nessuno era in grado di compiere un simile miracolo. Divenni consapevole, fin nei più profondi recessi del mio io, che per quanto si possa cercare di rimediare, il male fatto resta, e resta per sempre, con tutte le sue conseguenze. Finalmente ero diventato un uomo, anche se troppo tardi.

- Stai per morire. - sentii dire mentre riflettevo a capo chino.

- E' giusto. - farfugliai piangendo. Sollevai lo sguardo, pronto per la punizione.

- E' giusto! - ripetei più forte, assicurandomi che l'assassino capisse, senza fraintendimenti.

- No! - urlò egli sorpreso e adirato, mentre la sua espressione corrucciata si trasformava in una maschera demoniaca di puro odio. Per un attimo vidi stagliarsi alle sue spalle un mucchio di ombre deformi, forme spettrali di creature da incubo, totalmente aliene alla comune esperienza umana, mostri urlanti e furenti che bramavano insoddisfatti carne e sangue. Per un momento la mia mente si spense: fu un'estrema forma di difesa, altrimenti avrei perso la ragione. Durò il tempo di un battito di ciglia, poi quelle cose scomparvero, e Zosser tornò alle sue solite, disumane sembianze. Mi strappò il foglio dalle mani e lo gettò via senza nemmeno guardarlo, neanche fosse immondizia.

- Ti sei pentito... – dovette constatare con riluttanza, mostrando autentico disgusto – Non servi più a niente. Non sei più utile al sacrificio. -

Ma a dispetto delle sue parole tirò fuori un coltello.

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