CAPITOLO SEDICESIMO
Michael la vide apparire alla porta. Il volto assonnato, la bocca impastata, e i piedi trascinati nudi sul parquet.
Restò in bilico tra mille sensazioni e pensieri. Li tacque tutti.
Non aveva senso dargli voce, nemmeno nella testa. Sara era la sua paziente, seppur odiasse tanto quel termine accostato alla sua figura. Era sua amica, e che ricordasse non aveva mai parlato di relazioni con il sesso opposto.
Si avvicinava lenta, con addosso solo la biancheria intima e una t-shirt bianca che Michael aveva recuperato tra le sue. Le snelle gambe perlacee frusciavano tra il tessuto che le arrivava a metà coscia.
Il dottor Miller si levò seduto sul letto mentre la cassa toracica reclamava alla presenza di quella figura dolce e inarrivabile.
«Hai... hai freddo? Ti prendo la coperta?»
Sara non rispose, e come se niente fosse si infilò sotto le coltri.
Michael stette immobile a guardarla, confuso dalla sua azione. Il viso si imperlò lievemente di sudore quando una volta distesa posò le dita affusolate sulla sua coscia tesa e dalla carne calda.
Michael credette davvero che sarebbe andato a fuoco di lì a qualche istante.
«Ehi...» biascicò lei nel silenzio, «sta' tranquillo. Sei caldo, ma hai troppi peli per i miei gusti.» La sua risatina si disperse sul guanciale, mentre Michael si lasciò cadere come un tronco sul materasso.
«Idiota» borbottò lui avvampando. «C'è mancato poco rimanessi stecchito.»
«Mike!» Rise di nuovo voltandosi verso di lui. «Uno: sei il mio analista, e non sarebbe bene che... ehm... io e te... E, due: sono omosessuale. Non so se ricordi.»
«Smettila, cretina.» La guardò di traverso. «Sentiamo un po'? E cosa ti fa credere che sarei venuto con... cioè, che avrei accettato di... Insomma hai capito.» Fissò il soffitto impacciato e imbarazzato.
«Perché anche se gli uomini non sono il mio forte,» si accomodò cingendo la vita di Michael con la gamba, «non sono mica stupida. Riesco ad avvertire certe... cos...»
«Ah! Certo. No! No. Stupida non direi, e nemmeno...» Michael si arrestò, quando si accorse che gli occhi di Sara lo fissavano inchiodati al volto.
«Mike. Hai... hai del sangue sotto il naso.»
«Cosa...? Oh, sì!» esclamò impacciato, scostandosi. «A volte mi capita. Sai, lo stress.» Sorrise come se niente fosse.
Sara le porse un fazzoletto tirato via dalla scatola sul comodino: «Che vuol dire... A volte mi capita. Hai parlato con un dottore?»
«Ah! Dimentichi che sono un dottore,» ironizzò lui, «e tu devi stare tranquilla.»
«Mike, promettimi che ti farai vedere. E al più presto.»
«Aha. D'accordo! Se questo può rasserenarti.» Le sorrise dolcemente. «Ora però riposati. Altrimenti che scuse inventerò con i tuoi quando vedranno le tue occhiaie?»
«Mike!» Lo richiamò con un pizzico sul ventre. «Sei un cretino.»
Risero insieme, e poi restarono in silenzio finché il respiro profondo di Sara non invase la spalla sinistra di Michael.
Un dolce tepore che l'uomo avrebbe voluto vivere all'infinito, mentre il cuore gli schizzava via dal petto e la testa, invece, spengeva tutto con soffio. Come una candela che non aveva avuto tempo di ardere; una candela che non si sarebbe mai consumata, ma avrebbe lasciato lo stesso i suoi residui in fondo all'anima.
Era talmente incerto il suo futuro che diverse volte era stato sul punto di parlare apertamente a Sara, ma ogni volta il buon senso lo faceva tornare indietro.
La paura di poterla perdere gli troncava di netto le gambe: in fondo non aveva alcuna ragione per alimentare il suo sentimento.
A un passo dalla felicità, la realtà lo rigettava come vomito all'inferno.
Sarebbe riuscito ad avere autocontrollo, sicuramente, ma quella sensazione di vivere in balia delle sue emozioni lo rendeva fragile e a volte turbava il suo equilibrio interiore.
La sua malattia non aveva fatto altro che aggiungere benzina sulle fiamme già ardenti. Probabilmente sarebbe morto prima o poi. O magari no. Ma certo avrebbe lo stesso portato con sé quell'intimo pensiero.
L'alba cominciava a far filtrare la luce del sole tra i serramenti e il tempo sembrava essersi calmato, finalmente.
Michael pensò che la scelta migliore sarebbe stata quella di lasciare quel letto e, lì dentro, abbandonare tutte le sue emozioni e i suoi desideri.
Si scostò delicatamente per non svegliarla e dopo averle baciato la fronte si allontanò dalla stanza in assoluto silenzio.
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