CAPITOLO QUATTORDICESIMO
Il trillo arrivò soffuso alle orecchie di Michael. Incerto se fosse incastrato nel mondo onirico o meno, lasciò la percezione dissolversi nel nulla.
Insistente il campanello suonò di nuovo e ora il dottore aprì gli occhi cercando di capire quanto fosse concreto quel suono.
Si guardò attorno spaurito. La sveglia segnava le tre e quaranta della notte.
Lo stridio alla porta venne accompagnato da colpi forti e irrequieti. Qualcuno cerca aiuto, si disse levandosi di scatto dal letto e precipitandosi al piano inferiore.
Nell'agitazione del momento mantenne la sua lucidità. E se fosse un pazzo? In piena notte chi va in giro a suonare per case, contemplò nella sua testa prima di scostare la tenda della finestra per vedere chi fosse lo scellerato alla porta.
La figura di una donna l'attendeva zuppa fradicia e fremente. La coda di cavallo ridotta a un ciuffo stopposo le si era appiccicata al volto dal quale colavano due enormi righe nere del mascara disciolto. Si stringeva le braccia al petto dentro i vestiti incollati addosso.
«Sara...» Ammutolì all'istante per poi precipitarsi ad aprire.
Lo spiraglio si schiuse e nella scura notte Sara restò silente fissando i suoi occhi.
«Vieni dentro. Dannata miseria!» L'afferrò per un braccio e la trascinò nell'ingresso accendendo la luce. «Dove diamine vai di notte! E con questo tempo di merda.»
«Scusami. Io... non sapevo che fare, dove andare...»
«Ti è dato di volta il cervello più di quanto pensassi? A casa dovevi essere!»
L'apprensione di Miller si fece largo abbastanza da fargli mordere la lingua subito dopo aver parlato.
L'aspetto di Sara era pietoso, e per essersi spinta fin lì, doveva davvero avere un grande bisogno.
«Siediti,» le indicò una cassapanca vicino la porta, «vado a prenderti qualcosa di asciutto e poi ne parliamo.»
«Grazie Michael. Io...»
«Non dire niente. Torno subito.» Le carezzò il volto e poi sparì per le scale.
Sara si guardò attorno: seppure l'ambiente fosse arredato con troppa essenzialità dando l'impressione di luogo scarno, lei ne percepì il tepore; una sensazione di sicurezza e protezione che non riusciva ad avvertire da molto tempo.
Lo vide scendere di nuovo i gradini velocemente: in mano portava degli indumenti e un telo da bagno.
«L'unica cosa che sono riuscito a trovarti è questa tuta.» La indicò con la coda dell'occhio sorridendo. «Il bagno è in cima alle scale a sinistra.»
«Ricordo...» rispose imbarazzata. «Grazie Michael.»
«Forza. Sistemati. Ti aspetto in cucina» le disse, mostrandole un sorriso rassicurante.
Mentre Sara era intenta a riordinarsi, il bollitore emetteva sbuffi di vapore sul volto di Michael; qualcosa di caldo avrebbe fatto bene anche a lui. Essere svegliati nel cuore della notte non era cosa di tutti i giorni e lui era il classico tipo da prendere le cose con calma sin da quando al mattino apriva gli occhi.
Non per sua scelta, no.
Ultimamente si sentiva sempre spossato, a volte confuso durante il giorno, a volte invece aveva problemi improvvisi alla vista.
Come in quel momento.
D'improvviso una fitta lancinante lo colpì al lato destro del capo. Vi portò il palmo di una mano e cominciò a premere, come se potesse alleviare quel dolore, mentre l'altra mano tentò invano di tenerlo in equilibrio.
La vista si offuscò rapidamente per poi diventare doppia e generare negli occhi di Michael ombre immerse nel bagliore in continuo movimento. Pochi secondi ma un tempo interminabile per l'uomo che, appena si riprese, restò stordito appoggiato al tavolo almeno un metro più in là da dove il bollitore continuava a soffiare e fischiare impavido.
Si avvicinò ancora disorientato e spense la fiamma. Cercò di recuperare velocemente il controllo di se stesso quando si accorse delle piccole sfere rosse sul bordo pallido della superficie del piano cottura. Sfregò le dita sopra e una scia gli imbrattò i polpastrelli. Si portò il dorso della mano sotto le narici, proprio dove sentiva l'odore di ruggine e ferro del sangue. La mano si colorò di rosso sbiadito e Michael capì che si era aggiunto un altro dei sintomi che il dottor Martin gli aveva indicato fra i possibili della patologia diagnosticata.
Si sciacquò il volto in fretta e con della carta pulì il pianale: lei non doveva sapere, almeno non ancora. Anche se nascondere una neoplasia del lobo occipitale non sarebbe stato facile. Una neoplasia probabilmente benigna, per la quale Michael avrebbe atteso un intervento delicatissimo.
Sara restò a osservarlo in silenzio voltato di spalle. Era entrata in cucina senza che Michael se ne fosse accorto.
Quell'uomo, quelle spalle che tanto la facevano sentire al sicuro con un solo abbraccio, quelle mente che tanto sapeva infiltrarsi nella sua, avrebbero davvero potuto aiutarla?
«Ho bisogno di mettere il telefono in carica, si è spento» esordì nel silenzio, facendo trasalire Michael. «Hai qualcosa di compatibile?»
«Oh... ah... Ricarica wireless?»
«Sì, va bene.»
«Sul piano alla tua destra.» Michael tornò a voltarsi.
Il bip segnalò il processo della funzionalità.
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