Il debito
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La pioggia picchiettava leggera sull'asfalto, formando grandi pozzanghere informi in corrispondenza di grosse buche. Per la seconda volta un'auto passò a velocità spruzzando acqua sulle due figure che si muovevano a bordo strada. La più piccola imprecò facendo un passo indietro e cercando di evitare le gocce fredde che gli avrebbero reso ancor più fradici i vestiti.
L'altra non si mosse, continuò a camminare sul marciapiede mezzo rotto e disastrato dalle radici dei grossi pini che si ergevano da quel lato della strada. Diede solo uno sguardo alla macchina mentre si allontanava, l'acqua fangosa che gli ruscellava giù dal lungo cappotto nero.
-Sei sicura che sia questa la strada giusta?- la figura più bassa aveva accelerato il passo e si era riportata a fianco dell'altra. L'ombrello di un rosso sbiadito che reggeva in mano ondeggiò pericolosamente sotto una raffica di vento.
-Ovvio che si- rispose quella voltandosi, i lunghi capelli rossi si erano scuriti per l'umidità e pendevano flosci da sotto il cappello a tesa larga.
-Lo avevi detto già l'altra volta o sbaglio, Enma?- la figura più piccola sorrise, sistemò meglio l'ombrello sopra di loro e si tolse il cappuccio. Una zazzera di capelli nerissimi e lucidi le ricadde sulle spalle.
-Si- rispose la donna dai capelli rossi, gli occhi neri scrutarono quelli azzurri dell'altra -Solo in due mi sono sfuggiti in tutta la mia vita e tu lo sai bene. Non mi sembra questo il momento per rigirare il coltello nella piaga-
-Oh solo due, come no- la voce sottile dell'altra donna era piena d'ironia. Era più bassa di tutta la testa rispetto ad Enma, eppure la sua lingua era sempre troppo grande e troppo tagliente.
La donna dai capelli rossi si fermò lasciandosi superare dall'ombrello e finendo sotto la pioggia, il solo cappello a ripararla dalle gocce fredde.
-Lily se hai qualcosa da dire, parla ora.- il suo tono era gelido.
La donna più bassa si voltò e fece tre passi indietro camminando a ritroso, un sorriso beffardo stampato sul volto.
-Non ho proprio un bel niente da dire, Enma. Sappiamo entrambe che sono stati più di due.- disse rimettendo l'ombrello fra loro. Una macchina passò sulla strada, sta volta evitando le pozzanghere.
-Perché tieni sempre fuori i tuoi amanti dai conteggi?-
Enma la osservò per qualche secondo, quegli occhi gelidi quel mento appuntito e gli zigomi affilati le davano un aria ironica che non le era mai piaciuta. Eppure non era l'aspetto il suo grande difetto -La tua lingua biforcuta un giorno ti ucciderà, Lily.-
Quella rise portandosi una mano davanti la bocca. Per tacito accordo ripresero a camminare, la pioggia che filtrava dai rami dei pini deviata dall'ombrello rosso che spiccava nel panorama grigio di nebbia.
-Un giorno, quando?- chiese Lily divertita.
-Un giorno, presto- rispose Enma risoluta. -E per tua informazione gli amanti sono stati due. Il resto solo servi. E questo non sarà ne l'uno ne l'altro-
-Oooh- disse Lily ridendo in tono di scherno -Enma la misericordiosa-
-Sta zitta, per favore-
-Sai benissimo che fare servi equivale a costringerli a una vita di stenti. Ma tu no, tu li salvi dal tormento alla tua maniera-
Enma non rispose, serrò le mani e pestò i piedi dentro una pozzanghera scura.
-A questo punto meglio farli tuoi amanti, non ti pare?- continuò imperterrita Lily, quella voce sottile si insinuava nelle orecchie come il sibilo di un serpente. Enma la odiava quando faceva così. -Meglio elevarli che farli vivere in quel modo.-
-Lo sai benissimo che non ci è permesso- Enma era seccata da quella conversazione.
-Lo sai benisshime che gne c'è pemmesso- disse sbeffeggiandola Lily, la faccia in una smorfia che cercava di imitare quella di Enma. -Se fosse stata Tristana a parlare le avrei dato ragione, ma proprio da te che ne hai avuti due non mi aspetto di certo queste parole.-
-E vogliamo parlare di te, Lily?- Enma scattò punta sul viso, non amava parlare di gente che non era presente nella conversazione.
-Beh io di certo non vado a fare la predica agli altri e, cosa più importante, non faccio finta di non averne avuti.- Concluse il discorso socchiudendo gli occhi e annuendo leggermente con la testa, la mente che ritornava indietro a ricordi di vita passata.
-Te lo dico io quanti ne hai avuti. Centoventiquattro, Lily, cento dannatissimi ventiquattro.-
Quella spalancò gli occhi sorpresa -Li hai perfino contati?- rise leggermente, -Sei proprio una guastafeste , Enma. Io ho perso il conto a cento comunque.-
-Meglio ricordartelo di tanto in tanto allora.-
-Si ma che differenza fa? Tu ne hai avuti solo due, va bene, ma sai bene che significa. E' farli tuoi amanti, la schiavitù o il tormento che li aspetta dall'altra parte, non ho avuto mica molta scelta-
-Potevi fare semplicemente il tuo lavoro, non ti pare?- Enma stava incominciando ad innervosirsi, uscire in coppia con Lily era sempre un'incognita e finiva per darle sempre sui nervi.
-No, non mi pare. Non mi pare per niente.- rispose quella scrollando leggermente l'ombrello, piccole gocce di pioggia scesero al suolo in piccoli tonfi.
-Invece dovrebbe, eccome se dovrebbe. Siamo nate per questo, mettitelo bene in testa.-
-Non penso proprio di essere nata per questo, sai. Tristana sicuramente, forse tu, ma non certo io. Io sono nata per i miei amori, li adoro.- concluse con un sorriso sornione.
-Sei una maledetta stupida, Lily. Dovresti portare tutti dall'altra parte invece di elevare ogni singola persona che ti piace o, peggio, che cerca di compiacerti-
Lily sorrise, sui denti bianchissimi il riflesso rosso dell'ombrello. -Io adoro quando cercano di compiacermi. E poi, comunque, i peggiori li lascio sempre andare, non sono così stupida. So che alcuni si meritano di andare dall'altra parte e affrontare il tormento.-
-E allora perché non lo fai anche con gli altri? Quantomeno servi, non puoi fare di tutti i tuoi amanti.-
-E dai Enma, smettila di fami la predica. Giurin giurello che da ora in poi la smetto di essere impulsiva e cerco di controllarmi.-
Enma era sicura che la mano di Lily nascosta dietro la schiena avesse le dita incrociate. "Non c'è nessuna speranza con lei" pensò scuotendo piano la testa.
-Vediamo un po' se siamo sulla strada giusta- disse vedendo di fronte a loro un palo con due cartelli segnati da frecce che interrompeva la fila di alberi di pino. Uno diceva Milton Road, l'altro Greenhill Park.
Enma si tastò il cappotto scuro e tirò fuori il taccuino nero opaco. La pelle esterna era umida al tatto e rugosa. Lo aprì.
-Andrea Ribbon- lesse ad alta voce anche per Lily, le lettere erano scritte in un rosso acceso. -Milton Road, numero quarantatrè-
-Uhm- fece Lily voltandosi più volte sul posto, gli stivali che affondavano nella ghiaia del bordo strada.
-Quella dovrebbe essere Milton Road- indicò con il dito la strada che proseguiva a destra.
Enma allungò il collo cercando di vedere oltre la nebbia, la strada scendeva di qualche metro e si perdeva fra casette di campagna e alti alberi da giardino.
-Sbrighiamoci- disse a Lily e insieme presero a camminare fianco a fianco. Superarono il cartello sbilenco, sotto i loro piedi gli aghi di pino mezzi marci lasciarono il posto a un asfalto irregolare.
-Ma poi- attaccò di nuovo bottone la piccoletta dopo qualche metro -Dove li tieni tutti gli altri servi?-
-"Tutti gli altri"- disse Enma in tono canzonatorio, -Sono solo venti e a te non interessa, per inciso.-
-Oh Enma la misteriosa- ridacchiò Lily -Lo sai che Lui li odia. Sa che esistono, soprattutto i tuoi, ma finchè non li trova non penso che li ucciderà-
-Non li troverà- Enma era tranquilla. -I tuoi amanti dovrebbero stare attenti invece. Se mai, un giorno, Lui dovesse pensare che gli elevati sono fin troppi, sai già come andrebbe a finire-
Lily agitò la mano con noncuranza. -Nah, non farà mai niente del genere. Gli elevati sono intoccabili, lo sai meglio di me.-
Enma annuì distrattamente. Non era esattamente così, Lui ne aveva uccisi alcuni ma Lily era troppo giovane per ricordarsene. Tristana era stata la prima. Il suo unico amante gli era stato portato via e da allora aveva deciso che non avrebbe più fatto distinzione, tormento o no, avrebbe lasciato tutti al loro destino.
Anche lei ne aveva perso uno, il suo ricordo le strappò un sorriso freddo. "Vassilij" pensò, lo aveva sempre chiamato Vass, come lui aveva voluto essere chiamato molto tempo prima. Era stato il terzo amante ed era stato anche l'ultimo, aveva giurato di non volerne creare altri. "Niente più servi, niente più amanti" si era detta dopo la morte di Vass. "Niente più punizioni".
Camminarono sotto la pioggia per qualche minuto ancora, in silenzio stavolta. Solo la pioggia si intrometteva in quei vuoti, martellando furiosamente l'ombrello.
-Come ti è scappato questo qui?- Lily si portò un dito al mento pensosa -Andrea Ribbon hai detto?-
-Sì- rispose Enma, i suoi occhi vagavano per la via in cerca del numero quarantatrè. -Colpa di un premonitore.-
-Uh interessante. Non si sentiva da molto una cosa simile.-
-Già, ed è stato proprio per quello che mi sono lasciata ingannare.-
-Enma si è fatta giocare, Enma si è fatta giocare..- cantilenò Lily ridendo. La donna dai capelli rossi la guardò seccata.
-Smettila, non stiamo giocando-
-Scommetto che Tristana non si sarebbe fatta prendere in giro-
-Scommetto che se Tristana fosse qui ti avrebbe già mollato e ti avrebbe rispedito indietro a calci-
Lily rise forte, qualche goccia gli finì sul viso mentre muoveva convulsamente l'ombrello.
-Hai ragione- fece dopo essersi ripresa -Tristana non è proprio il tipo con cui scherzare. E' sempre così.. così tetra. Che noia.-
"Vorrei vedere te" pensò Enma, "La figlia prediletta che fallì per prima e che subì la punizione più severa per redarguire tutte le altre. Vorrei vedere te, al suo posto. Io so come ci si sente."
-Tristana fa solo il suo dovere, come ha giurato tanti anni fa-
-Ma anche io faccio il mio dovere e anche tu. Questo non significa che dobbiamo portare una grigia tristezza sulle nostre spalle per l'eternità. Andiamo, ogni tanto potrebbe anche sorridere e scherzare, si prende troppo sul serio.- Lily concluse la frase portandosi il pollice e l'indice alle labbra e le allargò in un sorriso finto.
"Se solo tu ti prendessi sul serio anche un decimo di quanto Tristana fa con se stessa.." pensò Enma ma non glielo disse. -Quando si ha avuto notizia dell'ultimo premonitore? Ne hai memoria?- le chiese invece.
-Boh- esordì quella alzando le spalle -Credo almeno cinquecento anni, lo sai che ormai loro non ci credono più-
"Già è proprio questo il problema" pensò Enma, gli occhi neri ridotti a fessure che cercavano di vedere oltre la nebbia. -Avevo fatto affidamento su quello, ma a quanto pare è un tipo superstizioso-
Lily fece di nuovo spallucce. -Per quel che ne vale, a me non importa un fico secco. E' impossibile scappare. Un debito è un debito.-
Enma mormorò un assenso poi finalmente lo vide, stampato su di un cartellino bianco, il numero quarantatrè si stagliava in contrasto a lettere dorate, appeso al pilastro accanto ad un vecchio cancello.
-Eccolo là- disse a Lily allungando una mano. Le dita le si bagnarono di pioggia e qualche goccia le scivolò fin dentro la manica. Lily si voltò a guardare, annoiata.
-Andiamo- le disse incamminandosi e tirandola per un braccio.
Il cancello era aperto e dava su un vialetto con grossa ghiaia bianca che scricchiolava sotto i piedi. La casa a cui portava era una vecchia costruzione dal colore sbiadito, forse un tempo era giallo ocra. Le imposte in legno erano chiuse, ad ogni angolo, come lacrime, chiazze grigie dove l'acqua si era accumulata scorrendo sulla facciata. Enma alzò gli occhi verso quelle finestre, erano tutte sbarrate e scure. Eppure lei sapeva che si trovava lì dentro, le parole del taccuino non mentivano mai.
Quando arrivarono davanti alla porta suonò il campanello con un dito tremante. Stava incominciando a fare freddo, la sera si avvicinava. Lo scampanellio all'interno sembrò riecheggiare per mille stanze vuote prima di arrestarsi, per qualche secondo non si udì null'altro. Solo Lily giochicchiava con la ghiaia che era finita sul tappeto, un vecchio zerbino verde con alcune lettere sbiadite che un tempo dovevano appartenere alla parola "Benvenuti". Enma storse la bocca. "Non credo proprio che lo siamo, non in questa casa."
Stava per rialzare la mano verso il campanello quando la porta si aprì con uno scricchiolio. L'uomo oltre la soglia restituì il loro sguardo per qualche secondo, poi, come accolta una folgorazione improvvisa, indietreggiò cacciando un leggero urlo quando urtò contro il portaombrelli.
I suoi occhi chiari rifulgevano nel buio dell'androne della casa, i suoi capelli scuri si confondevano invece con le ombre sui muri. Lily ed Enma entrarono chiudendo la porta alle loro spalle.
Lily posò l'ombrello nell'angolo dopo averlo chiuso, quasi immediatamente una pozza d'acqua si formò nel punto in cui toccava il pavimento. Enma non ci badò, aveva occhi solo per l'uomo che, tremante, si era rannicchiato in terra contro il muro opposto alla porta.
-No,no,no,no.. Io vi ho visto.. Io..- mugugnava piano artigliandosi i capelli con le dita. Ora che si era abituata alla penombra notò che erano ricci e ciocche argentate spuntavano qua la in mezzo a quella chioma.
-Andrea Ribbon?- chiese ad alta voce all'uomo, portando in fuori il mento in un'espressione austera.
L'uomo sollevò lo sguardo, ombre scure si levarono sui suoi occhi.
-Voi siete qui per me.- disse -Joseph Ribbon- la voce tremante e interrogativa, c'era un dubbio nel suo tono.
-Joseph?- fece Enma stranita. Prese il taccuino nero dalla tasca interna del cappotto e lo aprì dove la rilegatura si era ormai sformata negli ultimi giorni di ricerca. "Andrea Ribbon" era scritto in rosso sanguigno.
-No, Andrea- disse sollevando di nuovo lo sguardo.
L'uomo dilatò gli occhi spaventato. -Il premonitore, aveva detto.. aveva detto di fuggire.. che io ero in pericolo.. mia figlia.. Non..-
Lily fece un sospiro sorpreso poi rise in modo sguaiato. -Oh cavolacci amari- disse ridacchiando. Poi si piegò in avanti tenendosi la pancia. -E' sua figlia, Enma.-
Quella guardò l'uomo interdetta, i capelli rossi gocciolavano ancora pioggia che finiva su un morbido tappeto sotto di lei. Sentì uno scricchiolio provenire dal piano di sopra e sollevò lo sguardo.
-Va a prenderla- fece a Lily quando quella smise di ridacchiare.
-Ti sei fatta giocare due volte, mia cara- le disse quella oltrepassando l'uomo e salendo le scale.
-Andrea!- urlò Joseph Ribbon cercando di alzarsi ma Enma fu più veloce. Lo raggiunse e gli strinse una mano al collo.
-Non siamo qui per te. Dovresti esserne contento.-
L'uomo incominciò a piagnucolare, parole sconnesse gli uscivano dalla bocca impastata. -Il premonitore.. Andrea non.. La morte.. -
-I premonitori sbagliano.- gli disse Enma chinandosi e avvicinando la bocca al suo orecchio, -Non dovevate scappare quando sono arrivata la prima volta. Adesso non saranno per nulla felici dall'altro lato. Il debito doveva essere saldato in ogni caso.-
L'uomo girò la testa per guardarla negli occhi. Enma abbandonò per qualche secondo il suo travestimento, gli occhi neri si allargarono e divennero rossi, il fuoco stesso sembrò incendiarli. Solo l'iride si fece più scura, un pozzo senza fondo in cui perdersi.
L'uomo urlò cercando di divincolarsi dalla sua stretta. -No!- urlò -Prendete me! E' stata colpa mia! Pensavo di essere io che la morte cercava, non mia figlia! Prendete me! Ve ne prego!-
Enma fece ritornare i suoi occhi alla normalità e allontanò disgustata la faccia e le orecchie da quelle urla. L'uomo cercava di divincolarsi ma lei non lo mollò, almeno finchè sulle scale non apparve di nuovo Lily. In quell'istante l'uomo smise di mugugnare e finalmente si calmò.
Lily teneva per mano una ragazzina di all'incirca quindici o sedici anni. Era ancora in pigiama, due trecce bionde le scendevano sul petto da dietro le orecchie.
-Saluta la zia Enma- le fece Lily, prendendosi gioco della ragazza. Gli alzò un braccio e glielo sbatacchiò in alto in una pallida imitazione di saluto.
-Portala qui, Lily- le disse seria.
-No, no!- urlò il padre della ragazza cercando di divincolarsi ancora una volta dalla stretta di Enma, il collo stava incominciando a diventargli violaceo.
La ragazza scese con grazia, mano nella mano con Lily. Guardava suo padre con occhi spaventati ma pareva non capire nulla di quello che stava accadendo. Dietro quell'espressione indecifrabile Enma vide solo domande: "Chi siete voi due? Che state facendo a mio padre? Cosa volete?".
Enma aspettò che entrambe avessero sceso le scale poi sussurrò all'orecchio dell'uomo: -Ora sta fermo o la uccido all'istante.-
Era una menzogna ma lo avrebbe tenuto buono per un po'. Joseph si bloccò e alzò lo sguardo verso la figlia, la bocca e il mento che tremavano di paura.
-Ciao Andrea- disse Enma alla ragazza. -C'è stato un piccolo malinteso, ma ora è tutto risolto. Non vi faremo del male.-
Lily ridacchiò dietro la ragazza, le aveva lasciato la mano ma le rimaneva alle spalle ad un passo di distanza.
-Ch.. chi siete voi?- balbettò mentre gli occhi le si colmavano di lacrime.
-Siamo quelle che portano dall'altro lato.-
-Dall'altro lato?- l'espressione della ragazza era interrogativa adesso.
-Si, dall'altra parte.-
Il padre della ragazza ululò, si artigliò i capelli fin quasi a strapparseli. Le ciocche biancastre sembravano rifulgere ancor di più nell'ombra.
Lily lo trovò divertente e si rimise a ridere. -Siamo quelle che ti portano all'inferno, mia cara.-
A quelle parole sia la ragazza che il padre si misero a piangere e a ululare. Enma scosse la testa, il tatto di Lily era sempre sorprendente.
-La prossima volta fai parlare me, intesi?- le urlò cercando di sovrastare le grida dei due umani.
-Adesso o dopo, che differenza fa? Lo doveva sapere comunque.-
-Lei è la mia anima. Decido io come prenderla. Smettila di intrometterti.-
Lily sorrise, la vicinanza della ragazza la stava alterando, nel suo sorriso i denti si fecero più aguzzi e più scintillanti. Per fortuna né la ragazza né suo padre, diedero segno di essersene accorti, in caso contrario le loro urla sarebbero solo aumentate.
-Quasi quasi, ci faccio un pensierino invece.- disse Lily. Avanzò verso la ragazza e le mise il viso nell'incavo del collo. -Che profumo dolce..-
-Lily smettila.-
La ragazza aveva cercato di allontanarla ma quella gli aveva preso un braccio e glielo teneva stretto dietro la schiena. Andrea Ribbon urlò più forte e altre lacrime le inondarono le guance. Il padre sembrava paralizzato, rannicchiato contro il muro non riusciva a scollarsi da lì.
-Perché?- disse Lily aprendo gli occhi. Avevano preso una sfumatura rossastra che divorava l'azzurro cielo con cui si era camuffata. -Un'altra anima come amante, cosa cambia? Dimmi Enma, cosa cambia?-
-Riprendi il controllo Lilith. E un buon motivo ce l'ho: lei è la mia anima- Enma stava incominciando a perdere la pazienza. -Mia. E ci faccio quello che ritengo opportuno.-
-Su Enma, è solo una ragazzina. Lasciamela, lasciala a me come amante, falla venire con me. La eleverò e non soffrirà-
-Lilith- Enma stava andando su tutte le furie ma non voleva perdere il controllo, sentiva già la sua voce farsi roca e i capelli diventare bollenti sotto il cappello. "Devo mantenere il controllo" -Lascia la ragazza a me.-
Lily la guardò, gli occhi ormai di un rosso color vermiglio. -No- sussurrò incurvando le labbra in un sorriso, poi cercò di girare il volto della ragazza e avvicinò le labbra alle sue.
Enma agì d'impulso. Prese l'ombrello dall'angolo e ancor prima che le labbra si incontrassero, lo scaravento contro Lily colpendola sulla fronte. Quella barcollò all'indietro lasciando la ragazza che con le gambe traballanti si lasciò cadere a terra sul tappeto.
Lily si alzò frastornata ma quando rivolse lo sguardo verso Enma sorrise, i denti aguzzi scintillarono nella penombra. Sta volta il padre se ne accorse e urlò più forte che poteva il nome della figlia che a carponi cercò di raggiungerlo verso il muro. Fu in quel momento che Lily si scagliò verso la ragazza. Enma le si parò davanti, cozzando contro il suo copro. Era più forte e più alta ma la piccoletta era veloce e sgusciava via come un'anguilla. Fortunatamente non si era ancora trasformata altrimenti avrebbe dovuto farlo anche lei, cosa che decisamente voleva evitare, soprattutto di fronte ai due umani.
La tenne stretta fra le braccia chiedendole di calmarsi, ma quella ruggiva e cercava di colpirla al volto, le unghie che pian piano stavano diventando più acuminate.
Enma gridò quando la colpì sul collo e allora rispose, la ginocchiata che le diede al ventre avrebbe spaccato la schiena a chiunque ma non certo non ad un'altra della sua specie. Le diede una gomitata sulla schiena quando quella si piegò in avanti e poi la scaraventò lontano verso la porta chiusa. Quando atterrò emise un verso soffocato poi si accasciò, svenuta.
Enma respirò profondamente, sentiva il sangue bollirgli nelle vene. Si guardò le mani, anche le sue unghie stavano crescendo e la pelle assumeva una colorazione più scura.
"Devo sbrigarmi" pensò e si avviò verso le due figure rannicchiate nell'angolo. Abbracciati l'un l'altra, padre e figlia piagnucolavano. Joseph le teneva la testa sul suo petto e piangeva le sue lacrime nei capelli biondi della figlia. Quella invece aveva le mani strette a pugno e le batteva sul petto del padre. Enma si costrinse a non farsi impietosire, aveva fatto un voto.
Prese la ragazza strappandola dalle mani del padre, quando quello protestò gli diede un manrovescio che gli fece saltare via qualche dente e lo fece svenire sul pavimento. Bastò per zittire entrambi.
Mise in piedi la ragazza e quella la guardò. Occhi blu, profondi come pozze d'acqua marina gli restituirono lo sguardo. Sembravano chiedere "Perché?", "Perché proprio io?".
-Non lo so ragazza- le disse Enma cercando di controllare la voce che stava alterandosi. -Lui ha deciso così.-
Quella tirò su col naso, poi il suo sguardo si fece vuoto mentre la mano di Enma si poggiava sul suo petto e ne estraeva l'anima.
La guardò fluttuare nel suo palmo mentre il corpo privo di vita della ragazza scivolava sul tappeto. Era così pura, di un blu scuro e limpido che gli fece ripensare di nuovo all'oceano, a profondità insondabili e ancora sconosciute. Socchiuse gli occhi, aveva fatto un voto. Niente più servi, niente più amanti, non doveva sottrarsi a quel giuramento.
Chiuse la mano a pugno e l'anima andò in frantumi, polvere azzurrina si disperse nell'aria, sempre più evanescente mentre si allontanava su refoli di brezza invisibile.
-Che spreco.- la voce di Lily era impastata, quando si volto vide che c'era sangue sulle sue labbra.
-Che cavolo hai in testa, Enma? Quella era una brava ragazza.-
-Ho fatto un giuramento.- rispose Enma, la voce dura.
Lily sputò a terra. Il tappeto sfrigolò a contatto col suo sangue.
-Tu sei un'idiota- le disse -Chi è peggiore, tu che condanni tutti oppure io che ne salvo troppi pur sapendo di metterli in pericolo?-
Enma la guardò, gli occhi ormai rosso sangue emettevano bagliori sinistri nell'ombra serale in cui era piombata la casa. Non le rispose, si toccò la ferita che lei le aveva inferto al collo. Sanguinava e stava incominciando a bruciare.
-A te la scelta- disse di nuovo Lily e scomparve in una nuvola che odorava di zolfo.
"A me la scelta.." pensò Enma mentre si sistemava i lunghi capelli rossi e scompariva anche lei. "Siamo tutte peggiori, ecco la mia scelta. Non c'è bontà dall'altra parte. Non c'è bontà all'inferno."
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