5.3
Tutto il pian terreno era parecchio affollato e per arrivare alla camera 6 doveva attraversare tutta la hall e sembrò di passare in mezzo ad una festa. C'era anche della musica degli anni sessanta, di cui però si sentiva a malapena il ritmo poiché era a volume molto basso.
"Chissà come mai sono tutti così felici" pensò Joseph nonostante fosse preso dall'euforia generale. Per un momento però la sua mente si liberò improvvisamente di ogni dubbio o preoccupazione e, vedendo tutti così felici a godersi la serata, sorrise continuando però a camminare. Dopo qualche istante, senza rendereste conto, si fermò dimenticandosi cosa stesse facendo, voleva lasciar perdere tutto e sedersi a parlare con qualche altro ospite.
Probabilmente fu così preso perché per una volta qualcuno era cordiale con lui.
Era come se a quella gente non importasse chi era o cosa gli fosse successo, volevano solo divertirsi e comunicare con più persone possibile.
Il suo cervello tornò a funzionare per riportargli alla mente un ricordo decisamente poco piacevole: tempo fa usciva con una ragazza, non era niente di speciale però diciamo abbastanza alla sua portata, lei era molto piena di sé e quasi non lasciava parlare il nostro caro Romeo, tranne quando gli chiese che lavoro facesse. Quando lui rispose che lavora in un museo lo guardò con aria alquanto schifata e dicendo:
<<Ah, non pensavo che le persone noiose come voi avessero il coraggio di uscire.>>
Lui rimase molto ferito da ciò ma delle volte certe persone meglio perderle che concedergli la possibilità di intossicare la propria esistenza. Lo sguardo di quella ragazza lo vide spesso, anche per quello la sua era una vita molto solitaria, si sentiva accettato e felice praticamente solo con la sua famiglia.
E poi anche lì, come avrete capito, non erano proprio sempre dalla sua parte.
Questi pensieri lo svegliarono e pensò quanto fosse stupido a credere che a quella gente così altolocata, potesse realmente importare qualcosa di lui. Scosse la testa e riprese a camminare verso la stanza.
Continuando a guardarsi in giro, ad un certo punto nella folla vide un uomo anziano con una tuta grigia e seduto da solo appoggiato ad un bastone di legno con lo sguardo rivolto in basso. Pensò che stesse dormendo. Aveva una lunga unta, e non particolarmente curata, barba bianca inoltre si intravide un po' di pancia.
"Questo hotel è talmente bello che a quanto pare c'è perfino Babbo Natale." pensò Joseph ridacchiando tra se e se. Il ricordo della festività però gli fece tornare anche alla mente dei regali per i suoi nipoti, sopratutto il fatto che dovrà trovare il modo di tornare in strada il prima possibile.
Decise di andare più veloce passando lungo il corridoio pieno di dipinti e diversi vasi pieni di fiori ma lui non si soffermò ad osservarli. Giunto davanti la porta della camera, prese la chiave, aprì la porta di legno scurissimo e dall'aspetto molto antico, ed entrò.
La prima cosa che vide fu la sua valigia accanto all'armadio all'ingresso e si chiese "Quanto tempo ci ho messo ad arrivare?" a cui seguì un semplice "Sarò ancora un po' stordito dall'incidente" come spiegazione.
Dopo aver scrollato rapidamente le spalle si concesse un momento per contemplare il suo alloggio. La stanza era enorme e a stento riuscì a credere ai suoi occhi: le pareti erano di un bianco candido come la neve, la stanza era tutta illuminata da strisce al led dalle quali usciva un ulteriore colore bianco, però più vivido; c'era un enorme letto matrimoniale, anch'esso bianco con solo la coperta sopra grigia, aveva l'aria molto invitante sopratutto dopo la giornata leggera che aveva affrontato; ai due lati del letto due comodini fatti di legno lucido, dall'aspetto alquanto antiquato ma mantenuti comunque benissimo, avevano una piccola serratura dorata con una chiave inserita all'interno; la moquette del pavimento era rossa con fantasie di foglie unite in piccolo gruppo da ghirigori; il bagno era piuttosto grande con uno specchio enorme illuminato da strisce al led di luce gialla, il lavandino e tutti gli altri mobili erano moderni e prevalentemente bianchi con del legno dal colore grigiastro; l'unica cosa che staccava fu la vasca, molto in stile inizi del novecento, leggermente rialzata e rigorosamente bianca con tutti i tubi e la maniglia al lato contro il muro.
Rimase abbastanza confuso da questo inusuale contrasto tra vecchio e nuovo ma non gli interessava particolarmente, voleva solo trovare un po' di pace.
Aprì l'acqua, mettendola sul più caldo possibile, aspettando che la vasca si riempì andò a posizionare la valigia sul letto per poi aprirla e tirarsi fuori il cambio per dopo il bagno, una volta preso ciò che gli serviva la richiuse e la ripose sotto il letto.
Durante l'attesa si sedette sul letto cercando di vedere che ore fossero ma l'orologio continuò a non funzionare. Venne assalito improvvisamente da diverse preoccupazioni. Si chiese se i suoi famigliari fossero preoccupati, inoltre si domandò come potesse fare con la macchina e come se non bastasse si preoccupò anche di quanto potesse costargli questo soggiorno. Rimase per un po' con lo sguardo perso nel vuoto.
Poi si disse "Dai Joseph troverai un modo, ora tanto pensare non porta a nulla, vatti a fare un bel bagno caldo e con calma risolverai tutto."
Si alzò e trascinando stancamente i piedi sulla moquette entrò nel bagno.
I suoi occhi, che sentì pesanti come avesse un macigno a coprigli le palpebre, si fermarono ad osservare soddisfatti la vasca ormai quasi piena di acqua fumante. Quando si tolse i vestiti di dosso, vide dall'enorme specchio che aveva diversi lividi: uno sulla spalla destra; uno molto grande sulla coscia sinistra e diversi lungo le costole. Un dolore lancinante lo pervase lungo tutto il corpo. Per un breve istante gli tornò in mente come un flash dell'impatto dell'incidente. A quei ricordi dolorosi seguirono sudore freddo e fiato corto e palpitazioni.
Prima di allora non avvertì, nulla come se in realtà non fosse mai accaduto. Si accorse poi che scese una goccia di sangue sul pavimento, si toccò il volto e notò che si era riaperta una ferita quindi prese un pezzo di carta igienica per tamponarla. Fece un respiro profondo per calmarsi e, una volta chiuso il rubinetto, si immerse finalmente nella tanto desiderata acqua calda. Inizialmente sembrò fin troppo calda ma si abituò rapidamente, così lasciò scivolare lentamente la testa lungo il bordo della vasca. Non c'è nulla di più rilassante che staccare la mente stando nell'irreale, nonché poetica, quiete dell'acqua.
Non usciva più sangue ed il dolore che avvertì precedentemente svanì. Riemerse solo per appoggiare la testa sul bordo alto ma tenne gli occhi chiusi.
Era tutto così silenzioso. I suoi pensieri poi andarono a tutte quelle persone cordiali e sorridenti che erano in giro per l'hotel. Non riuscì a pensare ad altro.
Joseph non si sentì così rilassato da tempo immemore.
Dopo essersi concesso un breve sonno, piuttosto pesante e privo di pensieri, al suo risveglio si alzò, tolse il tappo della vasca, per poi farsi una doccia usando dei prodotti che erano stati messi su un piccolo mobile accanto alla vasca.
Stranamente non erano però le solite bottiglie minute che si trovano normalmente negli alberghi, erano dei contenitori piuttosto grandi, in particolare quello per il corpo.
Era una bottiglia in vetro chiarissimo con un liquido verde chiaro. Mentre se lo passò sulla pelle, nonostante l'acqua fosse ancora molto calda, gli lasciò un'insolita sensazione di freddo seppur non eccessivo, anzi piuttosto gradevole.
Dopo aver finito di lavarsi uscì mettendosi addosso un asciugamano aggirato poi in vita. Specchiandosi notò che i lividi erano spariti o quasi - erano molto meno evidenti - inoltre non provò più alcun dolore. Li guardò però con aria interrogativa, non ricordava come se li era procurati e non rimase nemmeno tanto tempo a pensarci su.
Cercò poi il fon nei cassetti e una volta trovato attaccò la spina e si asciugò anche i capelli. Avendoli corti non ci volle molto quindi, dopo poco tempo, tornò vicino al letto e si mise il cambio pulito sentendosi come rinato. Erano vestiti semplici: jeans e una felpa con cappuccio grigia del suo museo, come quella di prima solo pulita e non rovinata da un brutto incidente. Afferrò poi il telefono dell'albergo, che era sul comodino sul lato sinistro del letto, così chiamò il numero 18.
<<Reception, come posso esservi utile?>> chiese Lucius con la sua inconfondibile voce calda e cordiale.
<<Salve Lucius sono Joseph, le volevo chiedere se Melissa fosse disponibile per medicarmi come mi aveva detto. Purtroppo poco fa da uno dei tagli stava uscendo nuovamente del sangue, forse sarebbe meglio disinfettare e...>>
<<Non si preoccupi Joseph, lei è nostro ospite e non dovrebbe nemmeno sforzarsi a pensare. Trovo che spesso sia davvero frustrante, se non addirittura stancate, pensare più del dovuto, non trova?>>
<<Si... forse hai ragione... è davvero pesante.>>
<<Avvertirò immediatamente Melissa, tra qualche minuto sarà da lei.>>
<<Perfetto grazie mille.>>
<<Le serve altro per caso?>>
<<No sto bene così.>>
<<Ne sono felice, ci vedremo più tardi a cena allora.>>
Chiuse così la chiamata il receptionist.
Per quanto non ci avesse fatto caso Joseph non mangiava un pasto completo e degno di essere chiamato in questo modo da prima che partisse. Quindi già solo l'idea di poter mettere finalmente qualcosa sotto i denti gli fece venire una gran fame. Pensare ciò non gli fece nemmeno lontanamente venire qualche dubbio su come fosse possibile che gli ospiti dovessero ancora cenare. L'ora del pasto serale era ormai già bella che passato.
Qualcuno bussò alla porta e quando aprì vide l'ammaliante Melissa. Indossava un lungo camice nero che scendeva fino a poco sopra le ginocchia, le uniche altre note di colore erano sul colletto e alla fine delle maniche corte dove vi era un ricamo bianco.
Questa volta i suoi capelli, ribelli come le onde dell'oceano e scuri come l'ossidiana, erano raccolti verso il basso con una treccia, lasciando solo qualche ciuffo ad incorniciare il viso e mettere ancor più in risalto i suoi occhi azzurri.
<<Buonasera Joseph. Sarò sincera, non hai una bella cera ma non preoccuparti.>>
Posando poi una mano sulla spalla sinistra dell'infortunato viaggiatore proseguì con:
<<Mi occuperò io di te.>>
Lui non aggiunse altro e le fece solo cenno di accomodarsi al che lei, dopo aver posato una piccola cassa di pronto soccorso sul letto, si mise seduta aspettando che il nostro paziente si facesse medicare. Non ci volle molto tempo, anzi lui corse verso il letto felice come un cane che gioca a palla con il padrone.
<<Si è procurato davvero parecchi tagli ma è piuttosto fortunato, dato che la gran parte sono superficiali. Dovrò giusto metterle qualche striscia sterile lungo questo taglio sul sopracciglio destro.>> dopo averlo disinfettato agì rapidamente e soddisfatta disse:
<<Ecco fatto ora sei quasi presentabile, anzi quella ferita ti dà anche un'aria più da macho sai?>>
Lui sorridente ringraziò con imbarazzo e per sua fortuna Melissa, sistemando la cassetta, non ebbe modo di vederlo arrossire come un bambino.
<<Ora che sta meglio la saluto, non posso presentarmi così a cena.>> disse lei alzandosi.
<<Non vedo perché no, credo che lei sia già fantastica anche così.>> replicò Joseph, il quale successivamente si era sentì subito in colpa ed impuro ad essersi concesso un'osservazione così tanto sfacciata. Chissà cosa avrebbe detto sua madre a sentirlo parlare in un modo talmente esplicito ad una donna che nemmeno conosce.
Proprio mentre stava per chiederle scusa lei commentò dicendo:
<<La ringrazio, lei è davvero gentile signor Joseph. Per la cena però c'è l'obbligo portare un abito elegante, quindi non posso certo presentarmi in questo modo.>>
Al che lui trasalì e disse: <<Ma io non ho nessun abito elegante in valigia, come farò?>>
Lei avvicinandosi alla porta lo tranquillizzò comunicandogli che nell'armadio della stanza c'era un abito che avrebbe potuto usare. Uscendo poi dalla camera disse:
<<Deve anche sapere che poi a fine serata ci sarà modo di sentire della musica dal vivo e probabilmente alcuni danzeranno. Se quell'abito le donerà abbastanza da non farmi sfigurare, potrebbe addirittura avere la fortuna di ballare con me signor Joseph.>>
<<Sarebbe un onore per me!>> replicò lui felice e con un enorme sorriso spontaneo.
Melissa sorridente uscì, anch'essa sorridente, lasciandolo con il cuore battergli all'impazzata. A quel punto il nostro playboy fallito corse verso l'armadio con la stessa foga con la quale i bambini corrono la mattina di natale a scartare i regali.
Trovò - appeso con cura e perfettamente stirato - un abito molto elegante con una giacca rosso scuro con qualche dettaglio nero, panciotto e pantaloni abbinati perfettamente con la stessa tonalità tendente al nero più totale ed una semplice camicia bianca sulla quale avrebbe poi indossato al collo un papillon della stessa colorazione della giacca.
Indossò dunque i vestiti in fretta e furia, la voglia di scapicollarsi a cena e la curiosità di come si sarebbe evoluta la serata era incontenibile, tant'è che non si accorse che tutto il completo gli stava perfettamente. Forse per meglio dire se ne accorse, compiacendosene senza porsi domande.
Nell'armadio in basso si trovavano anche un paio di scarpe nere leggermente lucide, che staccavano - anche se di poco - dalla tonalità scura del pantalone, assieme ad un paio di calzini lunghi. Anche quelli ovviamente gli stavano a pennello ma la sua mente era altrove.
Uscito dalla camera venne accolto da un incantevole insieme di deliziosi e pungenti profumi di piatti appena pronti che aspettavano solamente di essere mangiati con gusto.
Camminando lungo il corridoio questa volta si soffermò ad osservare rapidamente alcuni dei quadri, i quali erano decisamente non comuni e neppure quelli semplici da hotel.
La gran parte erano in prevalenza con tonalità scure, come una copia di "Salomè con la testa del Battista" di Caravaggio oppure "Saturno che divora i suoi figli" che ha sempre trovato fortemente disturbante.
Provò un'ulteriore sensazione di inquietudine osservando un dipinto molto simile a "Il giardino delle delizie" che catturò molto la sua attenzione. Vi erano figure incomprensibili e mai viste prima, nonostante però l'elevatissimo numero, notò in particolare una figura molto simile a quella singolare bestia che vide precedentemente intagliata sul bancone all'atrio. Questa volta era molto più dettagliata: si poterono vedere meglio le squame da alligatore e molto chiaramente anche gli artigli da felino dai quali scendevano fili di sangue. Ciò che trovò ancor più agghiacciante fu sempre il fatto che fosse su due zampe, anche se onestamente non so quale sia il termine giusto dato che sembrarono dei veri e propri piedi come quelli degli umani. Inoltre al posto di una testa sembrava avere un cranio di toro o qualche animale simile.
Continuando a fissare quell'immagine grottesca, si sentì poi come risucchiato dal quadro per quanto fosse magnetica quella figura così insolita..
<<Ragazzo stai solo perdendo tempo, non puoi capire cosa ci sia in quel quadro!>>
Esclamò un uomo che lo prese per la spalla e lo allontanò dal quadro.
<<Se rimarrai con gli occhi fissi lì finirai come molti altri, attirati a tal punto di essere una preda facile. Più di quanto voi persone normali già siate.>> proseguì l'anziano.
<<Come scusi?>> chiese Joseph, il quale aveva sentito in realtà, però improvvisamente si era dimenticò cosa gli era fosse stato detto.
<<Te ne devi andare!>> esclamò l'uomo con la tuta grigia ,puntandogli con autorità il suo bastone di legno contro.
<<Scusi ma perché è così aggressivo? Non stavo facendo nulla di male, volevo solo vedere per bene quel quadro. Deve sapere che ne ho visti e diversi, poi negli anni ne ho studiati veramente un'infinità ed ero incuriosito dato che non mi sono mai imbattuto in questo disegno così singolare.>>
<<È normale che tu non l'abbia mai visto ed è un bene fidati.>>
Poi andò verso la porta della sua camera e gli disse: <<Torna dentro e prendi quello che avevi. Scappa finché sono distratti ragazzo.>>
<<Vedo che ha avuto modo di conoscere Gabriel!>> esordì Lucius che si era avvicinato loro senza che i due se ne accorgessero.
<<Le sta dando fastidio signor Joseph?>>
<<Non si preoccupi Lucius, non stava facendo nulla... anzi non ricordo bene nemmeno cosa volesse da me. Stavo osservando quel quadro e lui ha iniziato a parlare.>>
L'uomo anziano rimase immobile ad osservare con sguardo severo Lucius il quale disse:
<<Sono profondamente dispiaciuto, sa quell'uomo non ci sta molto con la testa. È qui da diverso tempo e sarò sincero, diverse volte lo abbiamo invitato ad andarsene, eppure il gestore dell'albergo preferisce che rimanga qui.>>
Calò il silenzio, o per lo meno così parve a Joseph.
Il nostro confuso amico si incamminò con Lucius, che si offrì di accompagnarlo personalmente alla cena, lungo quel grande corridoio ammirando, oltre i vari quadri di cui molti a lui sconosciuti, gli innumerevoli vasi colmi di fiori colorati: prevalentemente ciclamini; orchidee e garofani. Alcuni vasi erano riempiti con delle magnifiche rose di qualunque colore possibile. Quella passeggiata in compagnia si svolse in silenzio e ad entrambi andò bene così.
Lucius salutò rapidamente Joseph dicendo:
<<Oltre questa porta c'è la sala da pranzo. Il suo tavolo è abbastanza centrale, lo riconoscerà dal numero della sua stanza, ovvero il sei. Le auguro una buona cena.>>
<<La ringrazio signor Lucius. Lei che fa non entra?>>
<<No io rimarrò ancora qua ad aspettare che altri ospiti ritardatari arrivino.>> rispose lui con aria superiore e tono freddo senza nemmeno rivolgergli uno sguardo.
Al che il nostro eroe spinse le due enormi porte di legno nero ed entrò. Venne accolto subito dall'euforia generale, erano tutti felici seduti ai tavoli scherzando gli uni con gli altri.
Tutto il salone era illuminato a giorno, specialmente da un'enorme lampadario dorato, con dei cristalli che pendevano dalle estremità ricurve, posizionato perfettamente al centro. Mentre raggiungeva il suo tavolo, con una camminata decisa e non timida come suo solito, diversi ospiti lo salutavano sorridenti.
Poco dopo essersi seduto alla sua enorme tavola, ricoperta da una tovaglia bianca lucente, arrivarono due camerieri dall'aria stanca. Joseph non si soffermò molto a guardarli ma dalla carnagione sembravano nativi americani, non ne aveva mai visto uno veramente in vita sua se non in qualche foto o film western.
I due camerieri gli portarono subito un bel piatto di ravioli al vapore, assieme a del pane, senza proferire parola. Poco dopo giunse una ragazza dalla pelle scura, probabilmente di origini sud americane, gli versò dell'acqua nel piccolo bicchiere di cristallo ma anche lei senza dire nulla.
<<Le serve altro signore?>> chiesero poi tutti e tre in coro.
Joseph, non resistendo più alla fame, fece solo un fugace cenno di allontanarsi ed iniziò ad addentare i ravioli bollenti. Raramente in vita sua mangiò dei piatti asiatici, in famiglia erano molto contro il provare qualcosa di nuovo, però ad ogni morso si innamorava sempre più profondamente di quel tipo di cucina. Forse era veramente un panda lover.
Anche se non particolarmente rumoroso, il chiasso delle chiacchiere degli ospiti venne sopraffatto da alcuni brani di musica classica per rendere ancor più piacevole l'atmosfera.
Primo tra tutti venne messo in sottofondo il primo Nocturne di Chopin e proprio su quelle rilassanti note, senza neppure accorgersene, Joseph finì il suo primo piatto.
In poco tempo i camerieri tornarono a portare un arrosto su un enorme vassoio d'argento.
Dopo averlo posato delicatamente sul tavolo, lui rimase sorpreso da quanto fosse grande, non credeva nemmeno che ci potessero essere arrosti così consistenti. I due camerieri gli chiesero quante fette volesse e lui inizialmente rispose solamente due ma una donna da un tavolo vicino al suo disse:
<<Forza ragazzi mettetegliene di più, lo sappiamo che ha fame.>>
Allora i due nativi tagliarono altre due grandissime, e molto spesse, fette di arrosto.
<<Ecco ora iniziamo a ragionare, non siate tirchi! Lo sapete perfettamente che tutti qui abbiamo fame.>> commentò ulteriormente la donna alzando il suo bicchiere riempito fino all'orlo di denso vino rosso, per poi concedersi una breve risata che scatenò il riso anche degli altri suoi compagni di tavola a cui seguì poi un brindisi.
Joseph avrebbe voluto unirsi a loro ma non gli era ancora stato portato il vino, poco importa perché quasi istantaneamente la cameriera di prima arrivò al tavolo a versare nell'enorme calice cristallino del "Primitivo di Manduria" da una bottiglia completamente nera e opaca.
Quando il liquido rossastro giunse a metà del recipiente Joseph disse:
<<La ringrazio ma basta così per me, non sono un grande bevitore.>>
<<Chi non è un gran bevitore lo è solamente perché non ha avuto abbastanza disavventure da poter apprezzare, e al contempo, odiare la vita.>> commentò un ospite sempre da un tavolo vicino al suo.
<<Signorina non si preoccupi, riempia il bicchiere. Questa sera festeggeremo tutti.>>
La cameriera non esitò e lo riempii fino all'orlo. Joseph, a quel punto, sollevò il calice invitò chiunque ne avesse voglia di brindare con lui. Gran parte degli invitati accettarono e gli schiamazzi divertiti sovrastarono di molto la musica in sottofondo.
Finito quel suo breve attimo da festaiolo, che i suoi genitori non avrebbero approvato nemmeno lontanamente, si mise nuovamente a sedere ed iniziò ad assaggiare l'arrosto.
Non si accorse che i camerieri gli portarono anche un enorme piatto con su di esso una bistecca leggermente al sangue.
Inizialmente mangiava lentamente, per gustare bene come la carne si sposasse perfettamente con il gusto squisito del vino, poco dopo iniziò a mangiare con molta più foga mandando anche giù sempre più vino. Svuotò il calice almeno quattro volte ma non faceva in tempo ad accorgersene che veniva riempito, anche se la cameriera non si fece più fatta vedere. Arrivò quasi a divorare con le mani la carne e quel che rimaneva delle fette di arrosto, sporcandosi anche il volto.
Una volta finito anche con i secondi, le luci iniziarono ad illuminare di meno e arrivarono i camerieri a portare un'intera Sacher Torte con sopra una candela a forma di stella accesa che illuminava il loro ingresso. Su di essa, con della glassa dorata vi era scritto un semplice "Per Jospeh".
<<Perché è un bravo ragazzo...>> iniziarono a cantare alcuni ospiti battendo le mani.
Successivamente venne ripetuto altre due volte e poi chiunque nella sala in coro disse:
<<E nessuno lo potrà salvar...>>
Dopo quell'ultima frase, udì anche la musica che divenne incredibilmente stridula e lenta. Passò dall'essere una magnifica melodia ad una raccapricciante cacofonia.
<<Deve andare via da questo posto finché può!>> disse uno dei due camerieri.
In quel momento vide che indossavano degli abiti logori. Uno era senza mascella e la lingua, sanguinante, pendeva in basso. Era anche senza un braccio e con un buco oscuro nel petto dal quale si potevano vedere dei vermi nutrirsi rotolandosi all'interno.
L'altro, invece, aveva dei segni di corda sul collo ed un occhio fuori dall'orbita che lentamente cadeva lungo il viso avvicinandosi sempre di più alle labbra.
Dietro di loro vide anche la cameriera con degli stracci a coprirle parzialmente il seno. Aveva la pelle rugosa e cadente, marcia e maleodorante. Oltre ciò anche i capelli erano pochi, sottili ed unti ma non li notò molto poiché preso dal grande numero di cicatrici lungo tutto il corpo.
Segni di tagli, graffi e frustrate le decoravano la pelle decadente come degli affreschi non curati che lentamente abbandonano le mura di una chiesa. Spaventatosi di aver visto ciò si alzò di scatto dalla sedia ma quando tentò di allontanarsi dal tavolo vide che l'unica luce rimasta era quella della candela, che però si stava consumando del tutto.
Anche se non se ne rese conto, tutti gli altri nella sala lo avevano circondato, rimanendo al buio poi iniziavano ad allungare le mani verso di lui per afferrarlo.
Improvvisamente le due grandi porte nere si spalancarono a causa di una grande spinta.
La stanza venne, in gran parte, illuminata da un'insolita luce rosso sangue e dall'ingresso entrò una creatura mostruosa. Era esattamente come quella ritratta sia nel quadro che nel bancone alla reception. Con i suoi enormi piedi avanzò lentamente per poi ripiegare la schiena e correre posando anche le zampe a terra e caricare verso il tavolo numero sei.
Joseph rimase paralizzato dalla paura, non capendo cosa stesse succedendo.
Gli ospiti ritrassero le braccia facendo un lamento colmo di frustrazione e dolore.
I camerieri invece si allontanarono correndo via sparendo rapidamente nell'oscurità.
Essendo arrivato velocemente verso il nostro terrorizzato eroe la bestia si fermò bruscamente, poi alzandosi nuovamente tornò in posizione eretta, infine con il suo braccio destro corazzato diede un colpo tale per cui ribaltò il tavolo facendolo sparire anch'esso nella penombra.
Successivamente fissò con le sue cavità oculari, quasi completamente oscurate, nelle quali però si poteva intravedere un'ipnotica luce rosso rubino. Joseph lentamente si stava avvicinando verso la bestia mostruosa, come un riflesso naturale.
Il suo volto venne poi afferrato dalle enormi zampe dalle quali stavano uscendo lentamente gli artigli affilati. Avvicinando la faccia del nostro malcapitato viaggiatore iniziò ad aprire il muso scheletrico, mettendo in mostra le zanne appuntite come pugnali.
Proprio quando lo stava per divorare però lo scaraventò a terra ed emise un verso stridulo e molto potente battendo i piedi rabbiosamente a terra per poi contrarre rabbiosamente, colmo di frustrazione, le sue possenti braccia.
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