VeNtEsImO cApItOlO

Mia madre osserva Logan uscire dalla mia stanza e chiudersi la porta alle spalle, poi mi guarda con un sorriso dolce. "Mi sembra un bravo ragazzo." Non le rispondo e vado a sedermi sul letto. Sprofondo tra le sue pieghe morbidissime, poi la sento avvicinarsi. "Ero sicura che saresti arrivata prima o poi. Sapevo della tua bontà d'animo, e poi Veronica non ha fatto altro che..."

"Non importa, sai?" la interrompo all'improvviso.

La sento sussultare. "Scusa, io credevo che..."

"Non importa che fai la parte della madre premurosa anche con me. Non sono qui per riallacciare i rapporti, ho solo pensato che non avrei mai potuto perdonarmi se avessi scoperto di essere una buona donatrice e non avessi fatto niente per aiutarla."

Rimane in silenzio per diversi minuti, tra di noi sento l'aria farsi pesante. Ho paura di essere stata troppo dura con lei, ma non riuscirei a comportarmi in altra maniera nemmeno se volessi. Comunque non sono qui per lei. "Capisco il tuo risentimento nei miei confronti..." continua, sbuffo denigrandola, "ed è anche di questo che volevo parlarti. Sai, io..."

"Sinceramente non mi importa nemmeno di questo." Sbotto guardandola finalmente negli occhi. Non voglio sentire la sua versione dei fatti, ormai ha perso tutto il suo valore. "Non ho nemmeno detto a papà che venivo qui, perché non volevo che si sentisse abbandonato una seconda volta."

Vedo i suoi occhi inondarsi di lacrime e abbassa lo sguardo. "Hai ragione. Fai bene ad odiarmi... volevo solo che sapessi che spesso le cose sono diverse da quello che sembrano. E se mi darai la possibilità..."

Faccio un rumoroso sospiro e la interrompo. "Sono molto stanca, il viaggio da Chino è stato lungo e faticoso, ho solo voglia di farmi una doccia e mettermi a letto."

Lei mi guarda seria e annuisce: "Certo... hai ragione." Si volta e cammina verso la porta, lì si ferma e mi guarda. "Buonanotte."

Le faccio un cenno con la testa per salutarla e la vedo scomparire nel corridoio. Una volta sola deglutisco e tiro un grosso sospiro. Mi stropiccio la faccia, stanca di questa situazione, quella donna riesce a tirar fuori il peggio di me. Spero di riuscire ad affrontarla al meglio anche domani, per ora non ce la farei oltre, sono troppo stanca.

Il mattino dopo mi sveglio riposata e rigenerata. Mi stiracchio a lungo sotto le coperte poi mi guardo intorno un po' spaesata... ah, già, sono a New York da mia madre. Al pensiero di dover abbandonare questo letto e il caldo confortevole in cui sono avvolta mi sento male, ma non posso restare a letto ancora per molto. Guardo l'ora dal mio cellulare e schizzo a sedere di colpo; sono le nove e mezza?! Balzo giù dal letto e corro in bagno a lavarmi i denti. Ancora mi devo abituare a tutto questo lusso. Lo specchio del lavandino è immenso e la doccia ha persino l'idromassaggio. Non sapevo nemmeno che esistesse l'idromassaggio per la doccia! Mi cambio velocemente usufruendo con piacere dell'enorme armadio in dotazione in questa stanza, dove ripongo il mio pigiama, e corro al piano di sotto. Ho paura di non trovare nessuno, ho dormito troppo! Avvicinandomi in fondo al corridoio sento le voci di Andrea e Logan attraverso l'ultima porta, e poi le loro risate divertite. Mi blocco e mi avvicino ancora, cercando di non fare rumore. La porta è semi chiusa e riesco a sentire la loro discussione.

"E avete dovuto lasciare la macchina nello stato del Nevada?" chiede Andrea, incredulo.

"Purtroppo sì... non avrei mai immaginato che Sara potesse essere così negata alla guida, volevo solo insegnarle le basi."

Andrea ridacchia ancora un po'. "Direi che su questo punto assomiglia a sua madre. Ha la patente, ma guida soltanto per brevi tappe e quando non c'è troppa gente per le strade. Puoi immaginare che da quando siamo a New York non ha mai preso la macchina da sola, ha una terribile paura di fare qualche incidente, come quello che distrusse la sua prima auto in Italia..."

Anche Logan ride. "Credo che la prossima volta ci penserò su due volte prima di ridarle le chiavi."

Mi sta prendendo in giro? Ok... me lo merito, sono stata davvero imbranata con quella macchina.

"E adesso come pensi di recuperare la tua auto?" gli chiede Andrea interrompendo le risate.

Logan aspetta un po' prima di rispondere. "Immagino che dovrò recarmi là dopo che avrò recuperato i soldi che mi servono." Dice pensieroso. "Nei prossimi giorni telefonerò all'officina e sentirò a che punto sono. Ho detto loro che possono lavorare con calma, non ho furia, dato che non ho subito la disponibilità di pagarli. Ma tanto so già che dovranno sostituire il radiatore e basta, quindi non ci metteranno più di tanto."

"Vedrò cosa posso fare al riguardo." Ribatte Andrea.

A questo parole entro nella sala da pranzo irrompendo con un po' troppa foga; non voglio che Andrea si prenda la briga di pagare una cosa che ho combinato io. Li trovo seduti attorno a un tavolo rotondo, rischiarati dalla luce diretta di una grande finestra alle loro spalle: "Ho già detto a Logan che lo aiuterò come meglio posso per recuperare la sua auto. In fondo è colpa mia se si è rotto il radiatore." Esordisco camminando verso di loro.

Entrambi mi guardano sorpresi, ma Andrea non sembra particolarmente colpito da ciò che ho detto. "Buongiorno Sara, ti stavamo aspettando. Anche se devi perdonarci perché Logan e io non abbiamo resistito e abbiamo già fatto colazione senza di te. Hai fame?"

Il modo in cui ignora le mie parole mi irrita, "Sì, ma... hai sentito quello che ho detto?"

"Sì cara, forte e chiaro. Ma direi che adesso non è il momento di parlare di queste cose. Per favore, siediti con noi. Ti faccio portare la colazione da Miryam." Mi invita indicandomi una sedia.

Il suo tono di voce pacato mi rilassa. Mi siedo timidamente accanto a lui e gli sorrido. "Grazie. Mi dispiace per la mia irruenza, non sono abituata a comportarmi così..."

"Non devi preoccuparti," mi interrompe gentilmente, "immagino che sia l'intera situazione che stai vivendo ad essere lontana dalle tue abitudini."

Guardo Logan che mi sta fissando intensamente, subito mi tornano in mente quei brevi istanti di ieri sera, prima che mia madre ci interrompesse, e sento le mie gote colorarsi di rosso. "Ok... Ma di solito la mia colazione consiste soltanto in una tazza di caffè e latte, grazie." Annuncio.

Andrea mi sorride e dà a Miryam, la cameriera, istruzioni per la mia colazione.

Imbottiti con i giacconi più pesanti che abbiamo ci dirigiamo all'ospedale, Andrea ha dovuto prestare uno dei suoi giacconi più pesanti a Logan, dato che l'unico che aveva con sé era troppo leggero per queste temperature. O c'è una differenza abissale tra le due estremità degli Stati Uniti in termini di temperatura, oppure c'è stato un brusco calo durante la notte. Durante il tratto a piedi dalla macchina alla clinica i nostri visi vengono continuamente avvolti da nuvole di vapore create dai nostri respiri. C'è il gelo! Sinceramente nemmeno il mio cappotto è adatto a questo freddo, ma non me ne sono portati altri dietro.

Veronica è esattamente come ieri, non è molto vivace ma è felice di vedermi. Rimango con lei una mezz'oretta, facendomi raccontare la sua esperienza da quando si trova lì e l'amicizia che ha stretto con una bambina di un letto poco lontano nello stesso reparto. Dopo la visita a Veronica, mi portano a parlare con il suo medico curante, e subito mi fanno un prelievo di sangue per verificare di essere una donatrice compatibile.

"Per questo genere di analisi ci vorranno solo poche ore, nel primo pomeriggio potrai subito ottenere i risultati." Mi avvisa il medico, mentre con fare estremamente gentile mi infila un ago nel braccio. Cerco di non guardare e volto il viso dalla parte opposta. Logan si avvicina immediatamente e mi prende l'altra mano, stringendola per darmi conforto. Mi sento un po' sballottata da tutte queste premure, Logan è anche fin troppo appiccicoso. Non che mi dia fastidio, anzi, rimane costantemente accanto a me per tutto il tempo, sorprendendomi non poco. Appena usciamo dal laboratorio mi convince ad andare al bar dell'ospedale con lui per mangiare qualcosa.

"Ti hanno appena tolto una discreta quantità di sangue, non voglio che mi svieni tra le braccia come una pera cotta. E poi non hai mangiato niente nemmeno a colazione, non è un comportamento responsabile."

A queste parole mi metto a ridere. "Parli come mio padre."

Lo vedo un po' arrossire ma non ribatte. Non ci credo, l'ho messo in imbarazzo?!

Quasi mi costringe a prendere una brioche al bar, poi torniamo dalla piccola Veronica. Mia madre è sempre lì, che tenta di parlarle con dolcezza e farla ridere. Adesso che sto iniziando a sentirmi più a mio agio mi guardo intorno nella stanza e noto un altro letto nell'angolo opposto che prima non avevo notato.

"Non hai una compagna di stanza?" Chiedo a Veronica per cercare di fare un po' di conversazione. Ma la sua risposta mi lascia sorpresa.

"Quello è il letto di mamma, non è per un'altra bambina."

Istintivamente guardo mia madre: "Ieri notte hai dormito qui?"

"No, ieri notte ho fatto un'eccezione perché sei arrivata tu, ma le altre notti ho dormito qui e stamattina sono venuta qui molto presto per stare con Veronica. Fortunatamente i genitori dei piccoli degenti hanno la possibilità di stare accanto ai loro figli, se fosse stato un ospedale pubblico non avremmo avuto questa possibilità."

Non riesco a comprendere: ieri sera ha lasciato sola sua figlia malata di soli sei anni perché a casa c'ero io? Non so cosa pensare di questo gesto.

La guardo cercando di capire, ma lei sembra completamente assorta dal suo ruolo di mamma nei confronti della sua bambina, e ancora una volta mi ritrovo a provare un pizzico di malinconia, e forse anche un po' di invidia nei confronti di Veronica. Molto spesso mi sono sorpresa a desiderare di riavere mia madre indietro e avere la possibilità di recuperare il tempo perduto. Ma ormai lei non è più mia madre, è solo la madre di Veronica, e i miei pensieri sono solo frutto della mia parte infantile e debole.

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