TrEnTaSeTtEsImO cApItOlO
Dopo un'ora di macchina, in cui nessuno dei due ha parlato, Logan posteggia davanti alla mia casa e spegne il motore. Ma io non scendo, rimango seduta a guardare la facciata attraverso il parabrezza, studiandola come se fosse la prima volta che la vedo. Lui rimane in silenzio accanto a me, forse per paura di disturbarmi, non so, ma non sono sicura che questo atteggiamento mi piaccia.
Decido di scendere e subito scende anche lui. Mi guardo intorno ma non vedo chi vorrei, non vedo Zeus corrermi incontro, dov'è finito? Mi stringo mentalmente nelle spalle ed entro in casa, silenziosa e fredda. Non è mai stata così fredda questa casa come in questo momento. Da quant'è che mio padre non accendeva la stufa? Mi volto verso la porta aperta e noto che Logan è rimasto fuori, sta guardando lungo la strada che porta qui. Forse sta arrivando qualcuno.
Salgo le scale lentamente e passo davanti alla porta di mio padre, ma senza aprirla. So che ormai è vuota ma ho come l'impressione che se la apro potrei vederlo ancora lì, appeso, con la sedia rovesciata a terra... Mi dirigo invece in camera mia e mi guardo intorno. Rimango in piedi appena dopo la porta e osservo i miei mobili, la mia scrivania con ancora i miei libri di scuola e i miei romanzi, la libreria, carica di altri libri ancora, ma quanti ne avevo? Poi lo sguardo si ferma sul mio letto e per un attimo mi rivedo bambina tra quelle coperte mentre ascolto mia madre che mi legge una favola seduta accanto a me.
Che buffa la vita, dopo tutti questi anni ho finalmente ritrovato l'amore di mia madre ed ho perso mio padre. Il destino ha voluto che non dovessi avere entrambi nello stesso momento; o l'uno o l'altra. Sbuffo divertita, se mia madre sapesse cosa sto pensando mi ripeterebbe che il destino non è scritto, il destino ce lo creiamo da soli. Allora se è così è colpa mia se mio padre è morto? Se gli avessi risposto quando mi ha chiamato non si sarebbe impiccato...
"Che cosa stai ridendo?"
La voce di Logan mi fa sobbalzare. Ero talmente immersa nei miei pensieri da non averlo sentito salire le scale. Mi volto verso di lui e gli sorrido. "Niente, pensavo."
Mi osserva senza ribattere, poi mi allaccia un braccio attorno alla vita. "Giù c'è la signora Ferguson, vuole parlarti. Scendi?"
Annuisco e silenziosamente riscende le scale, lasciandomi ancora alcuni momenti da sola. Mi guardo un altro po' intorno e poi decido di seguirlo. In cucina trovo la signora Ferguson che mi sorride, cordiale.
"Bambina mia, come stai?"
"Bene, grazie. Sa dove s'è cacciato Zeus?"
"L'ho portato a casa mia, sta facendo compagnia a Lucky. Spero che non ti dispiaccia."
"No..." rispondo scuotendo la testa.
Restiamo in silenzio per diversi minuti, a farla da padrona sono solo i nostri respiri, che si avvertono distinti attorno a noi. Continuo a guardarmi attorno e quasi non mi sembra di riconoscere questa casa. I piatti sporchi che ieri ho visto nel lavandino sono spariti, ma per il resto nessuno ha toccato niente. Noto che la signora Ferguson e Logan si scambiano occhiate strane, ma non me ne preoccupo. Devo capire perché sono qui. Devo sapere cosa ha spinto mio padre a fare quello che ha fatto. Di colpo prendo ed esco in giardino, stringendomi il giaccone attorno al collo, dirigendomi verso la cuccia di Zeus. Non c'è niente di particolare, è esattamente tutto al suo posto. Non so cosa pensare. Mi volto per tornare dentro e noto Logan sulla soglia di casa che mi guarda, in silenzio. Mi lancia uno sguardo interrogativo mentre rientro in casa, ma non gli rispondo. Non so nemmeno io cosa sto cercando, so solo che devo trovare qualcosa. Un indizio, un motivo, qualcosa che mi aiuti a capire. Forse dovrei salire in camera di mio padre, sicuramente lì troverò qualcosa. Mi fermo di fronte alle scale e guardo in su. Non riesco a salirle. Eppure prima l'ho fatto per andare in camera mia, ma adesso che dovrei salirle per andare in camera di mio padre qualcosa me lo impedisce.
"Sara, tutto bene?"
La voce di Logan mi risveglia dal mio mondo interiore. È morbida, dolce e preoccupata. Lo guardo e gli sorrido per rassicurarlo. "Sì, grazie." Non voglio che sia preoccupato. Io sto bene.
Poi, senza nemmeno pensarci, mi volto e mi dirigo verso l'ambulatorio veterinario, passando dalla porta di comunicazione in fondo al piccolo corridoio, vicino al bagno di servizio.
L'aria qui è ancora più viziata, accendo la luce e subito si riflette sul tavolo di alluminio per le visite. Faccio qualche passo verso il centro dell'ambulatorio, osservando tutte le gabbie vuote ma perfettamente chiuse. Tocco timidamente i piani di lavoro e le superfici lisce e disinfettate. Gli armadietti con i medicinali sembrano incolumi, anche se quasi vuoti. Mi dirigo a passo deciso verso la sala d'attesa, nel mentre mi accorgo di Logan che si è appoggiato allo stipite della porta, in silenzio, ad osservarmi. Ma non me ne curo e faccio finta di niente.
Una volta dietro la scrivania dell'assistente apro i cassetti, nel primo noto subito le chiavi della porta di entrata, quella per i clienti. Se è qui vuol dire che è chiusa a chiave. Nel secondo cassetto, oltre che a blocchetti per le ricette e altri documenti ci sono le chiavi delle gabbie. Nel terzo ci sono solo boccette di medicinali che papà dava sempre quando gli portavano cani o gatti in calore, per farli tranquillizzare. Sulla scrivania c'è il solito blocchetto gigante per prendere gli appuntamenti, il telefono, le penne... niente di strano. Mi guardo poi intorno e osservo le file delle sedie per l'attesa. Tutto è esattamente come sempre. I giornali sul tavolino, la pianta nell'angolo. Decido di tornare indietro e passo oltre Logan, ancora fermo sulla porta di comunicazione. Torno in cucina dove la signora Ferguson è intenta ad abbeverare le poche piante. Appena mi vede mi guarda e mi sorride.
"Mi chiedevo se vi andava di venire a mangiare a casa mia. Ne sarei felice."
Piego in su gli angoli della bocca. "Va bene." Rispondo. Almeno così potrò salutare anche il mio Zeus.
Decidiamo di partire subito, e mentre ci allontaniamo, continuo a guardare la casa con un senso di nostalgia. La osservo sentendo che mi manca qualcosa, ma non riesco a capire cosa sia, è più forte di me, fino a che oltrepassiamo il grande albero di fichi e la casa sparisce dalla mia vista. Logan segue la signora Ferguson che ci precede con la sua macchina e in poco meno di un quarto d'ora arriviamo a casa sua, una villa lussuosa nell'altra estremità della città, dove lei vive e fa anche da custode. I veri padroni ci vengono raramente, a volte durante le feste natalizie, o solo per l'ultimo dell'anno ma in pratica non ci sono mai. È una villa grandissima, con un giardino immenso e perfino una piscina, mi è sempre piaciuta tanto, per quel che mi ricordo.
Appena entriamo dentro il cancello il suo Lucky, un bellissimo pastore tedesco, viene a salutarci con un veloce movimento di coda. Gli regalo un paio di carezze ma poi vado subito alla ricerca del mio Zeus. Sono talmente a mio agio in questa casa che non chiedo nemmeno il permesso, mi inoltro subito nell'immenso giardino, conosco a memoria ogni cespuglio e ogni viottolo. Dietro a quella aiuola c'è un gazebo dove restavo spesso a leggere quando venivo a trovare la signora Ferguson. Ed è esattamente lì che trovo il mio Zeus, accucciato a terra con la testa sulle zampe. Lo chiamo a tre metri di distanza, vedo che alza gli occhi verso di me ma non si muove, solo la lunga coda che inizia a scondizolare pigramente è la dimostrazione che mi ha visto. Mi chino davanti al suo muso per accarezzarlo, solo allora alza la testa per ricevere le mie carezze, mentre dalla gola lo sento mugolare.
"Anche a te manca, vero?"
Il suo pianto è contenuto ma sento tutto il suo dolore. Ho voglia di piangere anch'io ma non ci riesco.
Mi rialzo e torno verso la parte di proprietà destinata alla signora Ferguson, dalla quale si accede passando nel retro della villa, sotto un romantico pergolato. Senza avvisare la mia presenza entro in casa percorrendo l'intero corridoio fino in fondo, dove si trova la cucina. Mi fermo appena fuori e sento la signora Ferguson e Logan parlare a bassa voce.
"Non è normale il suo comportamento. Potevo capire al momento, quando era sotto shock, ma poi..." Logan sembra riflettere ad alta voce, ma poi la signora Ferguson gli risponde.
"È nella fase della negazione. Lei sa quello che è successo, ma non vuole ammetterlo nemmeno a se stessa. La cosa che più mi preoccupa è che sembra assente."
"Non ha ancora versato una lacrima, nemmeno a casa." Ribatte lui.
"Beh... ognuno ha il suo modo di elaborare il lutto. Dobbiamo solo avere pazienza, dovremmo preoccuparci solo se vediamo che col passare del tempo la situazione non cambia."
"La vedo così indifesa, così sola." Le parole di Logan mi colpiscono. Riescono a farmi vedere me stessa dal suo punto di vista. Davvero mi vede così? Sola e indifesa? "Sembra quasi depressa, mi fa stare male."
"Lei vuoi molto bene, vero?"
Lo sento sospirare. "Più di quanto sia ancora riuscito a dirle."
"Non avere fretta, ragazzo, in questo momento ha bisogno solo di comprensione e pazienza. Sono sicura che si riprenderà."
Ma riprendermi di che? Parlano di me come se fossi malata. Io sto bene. Decido di palesarmi e faccio un passo avanti, entrando in cucina. Si accorgono di me immediatamente.
"Tesoro, hai trovato il tuo Zeus?"
"Sì... era nel gazebo." Rispondo sedendomi a tavola vicino a Logan. Sento che mi osserva in silenzio, mi dà quasi sui nervi. La signora Ferguson mi sorride e continua ad apparecchiare la tavola, finendo di mettere le posate e i bicchieri. Pochi secondi dopo ci stiamo gustando la sua minestra di patate.
"Ho sentito tua madre prima di venire a casa tua, domani viene qui con il primo aereo, andrò a prenderla all'aeroporto."
"Perché?" chiedo non capendo la sua presenza qui. Ormai non è più sposata con lui da tanto tempo. Non era, no non è.
"Oltre a voler stare con te? per il funerale, tesoro."
Ah, già...
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