TeRzO cApItOlO
Sono senza parole, non riesco più nemmeno a pensare. Veronica... quel piccolo angelo... ha un tumore? Come è possibile?!
"È per questo che sono venuta da te, Veronica ha bisogno di un trapianto di midollo osseo e solo un consanguineo può essere un donatore giusto per lei. Purtroppo sia io che suo padre andiamo bene solo per metà, ma forse tu potresti..."
Di colpo riesco a guardarla adirata. "Io non sono sua sorella, sono solo la sorrellastra! Se non andate bene voi che siete i genitori, perché dovrei andare bene io che abbiamo un solo genitore in comune?" Chiedo alzando il tono di voce. Non riesco a comprendere, come può venire da me dopo tutto quello che mi ha fatto? Con che coraggio riesce a farmi una richiesta del genere? Come se fossi solo qualcuno da sfruttare nel momento del bisogno, come se anch'io non avessi i miei sentimenti e il mio orgoglio!
La vedo deglutire e abbassare lo sguardo. "Lo so, sei arrabbiata e ne hai tutte le ragioni. Ma, ti prego, Veronica non ha nessuna colpa, lei è..."
Non riesco più a guardarla, di colpo mi copro il viso con le mani in un gesto di stizza e lei si blocca nel discorso. Tolgo le mani ma non riesco a riposare il mio sguardo su di lei. Non sopporto la sua faccia contrita e il fatto che sia venuta fin qui solo per chiedermi un favore. Proprio lei! "Mi dispiace, ma non credo di poter essere di aiuto."
Quando torna a rispondermi le sento la voce strozzata: "Se sei venuta fino a casa nostra per vederla significa che almeno un po' ci tieni a lei." Sussurra. Credo che stia piangendo, ma non riesco a guardarla in faccia per accertarmene.
"Mi dispiace, ma sono sicura che io non sia adatta per questa cosa." Averla qui davanti a me nella stessa stanza mi sta mandando in confusione. Non riesco a pensare, non riesco a guardarla, non riesco nemmeno a sentire la sua voce, voglio solo che se ne vada. "Puoi togliere il disturbo, adesso." Le dico continuando a guardare il muro. Sento che tira sul col naso ma si trattiene dal piangere.
"Va bene... hai ragione," afferma all'improvviso. Sto quasi per tirare un sospiro di sollievo, ma poi la sento avanzare verso il tavolo aprendo la minuscola borsa che porta a tracolla e rovistare al suo interno. "Me ne vado, ma spero che tu possa cambiare idea. Se dovessi decidere di partire ti lascio il nostro indirizzo..." Sento la penna passare sopra un foglio di carta. "E giustamente, avrai bisogno anche di questi..." dice, senza aggiungere altro. Quando ha finito di fare qualsiasi cosa stesse facendo sento che torna a guardarmi, in silenzio. Il suo sguardo mi brucia sulla pelle, mi dà fastidio. Con quale coraggio è venuta fin qui per avanzare delle richieste? Sento ancora il suo respiro farsi sofferto. "Spero di rivederti." Dice alla fine, poi si volta verso Sandy, "arrivederci."
"Arrivederci," risponde lei educatamente. Finalmente la sento camminare verso la porta d'ingresso senza più voltarsi. Mi arrischio a guardarla... guardo le sue spalle che si muovono al ritmo coi suoi passi mentre si allontana, senza aggiungere altro apre la porta ed esce, quando si volta per richiuderla, però, i nostri sguardi si incrociano un istante, prima che chiuda la porta. Un solo istante è tutto quello che mi basta per sentirmi devastata. Come potrei mai riaccettare quella donna nella mia vita dimenticando tutto quello che mi ha fatto... e che ha fatto a mio padre? Mi tornano alla mente quei momenti di quando se n'è andata 10 anni fa, pensavo di averli dimenticati, e adesso che è venuta qui a parlarmi mi sembra di riviverli di nuovo, da capo. Mi sembra di risentire il dolore per la sua mancanza, di vedere papà irrigidirsi ancor di più...
"Sara, tutto bene?" Mi chiede Sandy con cautela. Le lancio una breve occhiata ma non riesco a risponderle. Annuisco brevemente e distolgo lo sguardo. In pochi passi è di fronte a me che mi abbraccia. È la mia fine! Appena le sue braccia mi avvolgono scoppio in un pianto liberatorio. Non ce la faccio più a piangere sempre, non ce la faccio più a stare male di continuo. Ogni giorno è una nuova battaglia, ma ogni volta sento di averla già persa in partenza. Le sue braccia mi stringono e riescono a darmi quel conforto di cui ho un estremo bisogno. Quando mi lascia andare mi guarda negli occhi. "Adesso basta, tesoro." Borbotta con fare materno.
Cosa farei se non ci fosse lei?
I fogli che mia madre ha lasciato sul tavolo attraggono la mia attenzione e mi stacco da Sandy per poterli vedere meglio. Mi avvicino e ne prendo uno. Vi è scritto sopra il loro indirizzo di New York e un numero telefonico. Osservo la sua calligrafia, un corsivo delicato e preciso, quasi maniacale. Altri ricordi mi affiorano alla mente e cerco di distogliere lo sguardo. Prendo in mano l'altro foglietto... è un assegno!
Mi ha lasciato un assegno di 850 dollari, sono tantissimi! Forse in previsione del fatto che se volessi volare a New York accettando la sua richiesta avrei avuto bisogno di soldi. Tutti questi?Sento di nuovo nelle orecchie la sua voce, delicata e femminile, che mi chiede di aiutare la sua bambina... La sua bambina! Ero io la sua bambina, e mi ha lasciata sola!
Presa da un rinnovato livore afferro entrambi i fogli che mi ha lasciato e li strappo, riducendoli in tanti pezzetti di carta e riscoppiando di nuovo a piangere. Sandy torna a consolarmi appoggiando una mano sulla mia schiena. Ma non ho voglia di essere consolata, adesso. Voglio sfogarmi rompendo qualcosa, voglio correre a perdifiato, sprecare energia per potermi sentire davvero esaurita e scaricare la rabbia con lo sforzo fisico. Con la maggior educazione possibile allontano Sandy da me e mi volto per andare in camera mia. Velocemente mi cambio, indosso una tuta blu che spesso adopero per stare comoda in casa, indosso le mie scarpe da ginnastica e mi lego i capelli in una coda alta. Senza nemmeno avvertirla né guardarla saluto Sandy velocemente con la mano ed esco di casa, non so nemmeno se mi ha vista.
Inizio subito a correre già per le scale, le scendo con un certo ritmo e una certa velocità. Una volta in strada inizio a correre prendendo la direzione della scuola, finché non arrivo al fatidico parco che ho scoperto il primo giorno che venni qui, e dove conobbi Nate. Corro lungo il viottolo lastricato iniziando finalmente a sentirmi più rilassata. Mi guardo intorno rallentando il passo e mi rendo conto che il parco è pressoché deserto. C'è solamente una coppietta abbracciata su una panchina poco distante, subito mi volto e decido di tornare a casa.
Forse ho reagito troppo impulsivamente con mia madre. Sì, lei non ha nessun diritto di venire qui a chiedermi un favore, ma la piccola Veronica non ha nessuna colpa. E invece adesso le tocca pagare un prezzo molto alto nonostante chi dovrebbe veramente pagare per qualcosa è sua madre, non lei che è solo una bambina innocente.
Non posso far finta di niente.
Riprendo a correre verso casa. Non posso permettere che Veronica ci rimetta per colpa del mio carattere. Se dovessi scoprire di essere una buona donatrice per lei senza aver fatto niente per aiutarla non potrei mai perdonarmelo. In fondo si è formato un legame speciale tra noi, l'ho sentito ogni volta che mi sorrideva in classe, ogni volta che mi chiamava per nome come se sapesse che nelle nostre vene scorre in parte lo stesso sangue. No, non posso stare ferma quando potrei salvarle la vita.
La strada di ritorno verso casa sembra molto più lunga rispetto all'andata, ma mi aiuta a rilassarmi e a riuscire a ragionare con più lucidità. Ora so quello che devo fare.
Quando rientro nella mia stanza noto Lily seduta alla sua scrivania. Mi blocco all'istante, sorpresa della sua presenza, ultimamente veniva a malapena per dormire e cambiarsi. Lei si volta verso di me e mi guarda, mi osserva per pochi secondi con il solito cipiglio arrabbiato e poi torna agli affari suoi. Non voglio farmi fermare dal suo atteggiamento sprezzante e mi dirigo immediatamente verso il mio armadio. Spalanco le ante e prendo la mia valigia, la poggio sul letto e poi inizio a metterci dentro i miei vestiti. Devo informarmi sul clima che si respira dall'altra parte del paese, ma non credo che faccia molto più freddo di qui.
Vedo Lily che mi osserva in silenzio, attenta a tutto quello che sto facendo. Dopo alcuni secondi che mi guarda senza dire nulla finalmente decide di parlare. "Te ne vai?"
Il suo tono di voce è ancora antipatico, ma mi sorprende che mi abbia rivolto la parola. "A quanto pare..."
"Ma... te ne vai per sempre o solo per un po'?"
Sbuffo infastidita, dovevo immaginarmelo che avrebbe posto qualche domanda pungente. "Scusa, ma a te cosa importa? Non sono più tua amica, no? Ti basti pensare che almeno per un po' non mi avrai tra i piedi."
Lei mi osserva senza rispondere. Uno a zero per me.
Quando credo di aver riempito la valigia con tutto l'occorrente mi dirigo in cucina, e lì mi blocco. I resti dell'assegno e del biglietto che ho stracciato sono ancora sul tavolo, gettati in un mucchietto di coriandoli. Prendo lo scotch e cerco di formare di nuovo entrambi i documenti. Dopo alcuni minuti sono riuscita a ricreare il foglio con l'indirizzo in modo che si legga nuovamente. Anche l'assegno è tornato ad avere più o meno l'aspetto originale, non sono sicura che in banca lo accettino lo stesso, però.
Spazio Autrice:
Sono riuscita ad aggiornare anche questa settimana. Nonostante sia stanca morta per il viaggio che ho fatto, ho pensato a voi. Voglio un premio solo per questo!
Ok, scherzavo, hehehe, per me è già un premio vedere qualcuno che legge la mia storia, un bacione a tutte!
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