TeRzO cApItOlO
Mi stanno ancora tremando le gambe. Mrs Thomas è una donna che mette soggezione, riuscire a rimanere imperturbabili davanti a lei è un'impresa. Ma credo di averle fatto una buona impressione dato che domani devo trovarmi nuovamente qui per cominciare a fare conoscenza con il lavoro di supplente di una classe seconda. Ancora non ci credo! Attraverso il parcheggio della scuola e monto in macchina, dove mio padre mi sta aspettando. Appena sono comodamente seduta mi guarda, in trepidante attesa.
"Allora?"
Gli lancio un sorrisetto. "Domani comincio la supplenza ad una classe seconda."
"Davvero?" subito sbarra gli occhi e mi abbraccia. "Fantastico, amore mio! Sono così orgoglioso di te."
"Grazie papà. Ancora non riesco a crederci!"
"Ok, su, diamoci da fare! Hai ancora l'indirizzo che ti ha dato Emily?"
"Sì, eccolo qui!" Esulto sventolando il biglietto con l'indirizzo.
Poco dopo ci fermiamo davanti ad uno stabile di cinque piani, non è molto lontano dalla scuola e già questo fatto mi entusiasma, ma il quartiere in cui si trova non mi piace molto. Vedo bambini cenciosi giocare a pallone ai bordi delle strade, panni stesi un po' ovunque e sporcizia e cartacce sparse tra i marciapiedi, sembra il ghetto di qualche grande città. Le facciate degli stabili avrebbero bisogno di una ristrutturazione e c'è un lieve olezzo nell'aria. Faccio un profondo respiro; è meglio aspettare di vedere l'appartamento prima di dare un giudizio definitivo.
"Sei sicura che sia questo il posto?" Mio padre ha fatto le mie stesse considerazioni.
"Sì, è questo. Forza, andiamo a vedere questo appartamento. Magari mi piace..." Chiudo lo sportello dietro di me e mi guardo intorno. Questo quartiere mi intimidisce un po', i bambini si sono fermati a guardarmi e le donne stanno bisbigliando lanciandomi occhiate furtive. Che cos'hanno da osservare tanto? Mi guardo addosso, ho ancora il tallieur che ho indossato per il colloquio, non avevo motivo di cambiarmi, i capelli sono ordinatamente raccolti in una mezza coda e fermati con un piccolo fiocco; non mi sembra di essere vestita in modo da attirare l'attenzione.
Mio padre mi precede attraverso il portone e su per le scale. Sono un po' messe male, qualche mattonella è rotta e i gradini sono consumati, però sembrano pulite. Ci fermiamo al quarto piano dove vediamo due porte. In una c'è appesa una graziosa targhetta di porcellana con scritto "Famiglia Garret", a terra c'è un grazioso tappetino con la scritta "Welcome" e un vaso di fiori finti. Credo proprio che la mia sia quella opposta, quella anonima e senza fronzoli. Afferro la chiave che mi ha dato Emily e tento di aprire la porta, la giro un paio di volte ma non si apre.
"Lascia fare a me, tesoro." Mio padre mi leva le chiavi di mano e cerca di aprirla lui. La strattona e la spinge ma ancora niente. Sta per rinunciare quando questa si spalanca e una ragazza in accappatoio e con i capelli avvolti in una spugna alla Carmen Miranda si palesa di fronte a noi.
"Scusate, ma non usa più bussare? Mi avete fatto prendere un colpo!"
Rimaniamo tutti e due a fissarla a bocca aperta. "Scu-scusa," balbetto.
Lei si allontana dalla porta lasciandola aperta. "Tu devi essere Sara, l'amica di Emily. Mi aveva avvisato che saresti arrivata in mattinata." Poi si volta e si dirige verso la cucina, senza minimamente invitarci ad entrare. Ma le sembra il modo di accogliere delle persone? Facciamo qualche passo oltre la porta guardandoci intorno. L'ingresso è completamente spoglio, questa casa sembra rispecchiare il quartiere in cui siamo, trasandato e povero. Una vecchissima carta da parati di un giallo sporco ricopre le pareti, in alcuni punti è pure un po' strappata, per il resto non c'è un solo quadro, un mobile, niente... La seguiamo in cucina, e senza minimamente degnarci di uno sguardo, si avvicina al fornello e si versa una tazza di tè da un pentolino fumante. "Volete una tazza di tè?" ci chiede.
"No, grazie," rispondiamo in coro. Il suo comportamento freddo e distaccato ci confonde, ci guardiamo invece intorno come animali in una gabbia. La cucina è alquanto minimal; c'è un piccolo televisore sopra ad un frigorifero bianco, il lavello è di quelli in marmo bianco, come quello che abbiamo in giardino, mentre i fornelli sembrano raccattati da un rigattiere, così come gli stipetti, uno diverso dall'altro... In mezzo c'è un tavolo rotondo molto ampio, con quattro sedie spaiate. L'unica cosa degna di nota è il divano a due posti messo di fronte alla televisione, coperto con un lenzuolo colorato. Lei si appoggia alla cucina e sorseggia il suo tè con tutta la calma possibile, appena alza lo sguardo su di noi sembra riprendersi e tornare nel nostro mondo: "Oh, scusate. Volete vedere la tua stanza?"
Questa dev'essere davvero una cima di intelligenza, annuiamo nervosamente e lei ci fa strada.
Appena entro nella mia camera mi sembra di varcare un portale di un'altra dimensione. Con mia grande sorpresa dovrò dividere la stanza con un'altra ragazza, che evidentemente ha un gusto un po' più raffinato nell'abbellire la casa. La prima cosa che attira la mia attenzione sono le tende, di un vivace color rosa, e Sandy, la ragazza in accappatoio che alla fine si è presentata, mi avverte che Lily, la mia compagna di stanza, in questo momento è a lavoro ma che tornerà in serata. Chissà che lavoro fa. Noto il suo letto coperto da una vivace trapunta di tanti colori. Ci sono molte foto sul muro sopra la sua scrivania. In ognuna di esse appare una bella ragazza bionda in diverse pose particolari. Deve essere lei. Poi guardo verso quello che dovrebbe essere il mio letto, completamente spoglio.
"Fa come se fossi a casa tua." Conclude Sandy prima di sparire oltre una porta nell'ingresso che deduco essere la sua stanza. Di conseguenza o io sono stupida o dietro l'ultima porta che non ho ancora visitato dev'esserci il bagno. Si comincia bene...
"Sei sicura di voler stare qui?" Mio padre sembra preoccupato.
Mi volto verso di lui con un sorriso rassicurante. "Ma certo! Mi basterà imparare a conoscere le mie coinquiline e ambientarmi in questo quartiere. Sono sicura che starò bene!" E poi non ho altra scelta. Se voglio iniziare a lavorare alla Rolling Ridge questo posto è l'ideale, non credo di riuscire a trovare una stanza più vicina e a questo prezzo in poco tempo.
"Va bene. Ti porto la valigia." Dice dopo un sospiro. "Poi mi dispiace ma dopo pranzo devo subito scappare, la signorina McFlannery ha detto che Muffin ha di nuovo il raffreddore."
"Povero gatto."
Dopo che mio padre mi ha portato la valigia abbiamo pranzato in modo frugale, prima di andarsene mi ha abbracciato facendomi promettere di chiamarlo spesso, poi mi sono messa a sistemare il mio armadio. Mezz'ora dopo avevo già finito di ordinare i miei vestiti e rimango da sola senza sapere cosa fare. Decido di uscire e andare a fare un giro per il quartiere e comprare qualcosa da mangiare per la cena. Chissà se dovrò catalogare ogni cibo con il mio nome e metterlo nella mia parte del frigo. Forse mi conviene comprare anche un pacco di post-it. Pochi minuti dopo sto quasi per uscire dal portone del palazzo quando una voce familiare mi arriva dalle spalle.
"Non ci posso credere. Principessa, che ci fai qui?"
Rimango pietrificata con la mano sul portone. Questa non ci voleva! Strizzo gli occhi contando fino a cinque, poi mi volto. "Ehm... ciao. Che ci fai qui?"
"Come cosa ci faccio io? Tu piuttosto! È strano che miss Principessina si trovi qui, tra noi comuni mortali."
Gemo interiormente, ma tra tutte le persone che esistono al mondo, proprio Logan dovevo incontrare? "Si può dire che ci abito."
"Che cosa?" lo vedo sgranare gli occhi e poi inizia a ridere. "E perché hai abbandonato il tuo formidabile castello per vivere nei bassifondi?"
Sono già stufa delle sue battute stupide, ma per chi mi ha preso? "La mia casa non è affatto un formidabile castello!" Tento di incenerirlo con lo sguardo e mi volto scendendo le scale e uscendo dal portone senza nemmeno rispondergli. Spero che capisca di lasciarmi in pace.
Ma, ahimé, non sono così fortunata, subito mi viene dietro. "Ehi, si può sapere cosa ti prende, ora?
Sospiro e tento di calmarmi, se non gli rispondo capirà di lasciarmi in pace?
"Ehi, Principessa, vuoi rispondermi o no? O forse ti credi proprio una principessa che non può parlare con uno come me?!"
Ma cosa sta blaterando? Mi giro di scatto verso di lui e lo fulmino con lo sguardo: "Guarda che se c'è qualcuno che si crede chissà chi, quello sei tu, mica io!" affermo a quasi un centimetro dal suo viso.
Lo vedo spalancare gli occhi, quasi spaventato, ma subito gli ritorna sul viso quel sorriso strafottente che odio tanto. "Senti chi parla! L'ingrata che si è fatta accompagnare a casa con l'amica moribonda e nemmeno si degna di ringraziare!"
"Guarda che ti sbagli, io ti ho ringraziato!"
"Ah, sì? E quando? Ricordamelo, perché a me proprio non viene in mente."
Rimango a fissarlo imbambolata. Porca vacca, credo che abbia ragione. "Quando... ti ho detto che avrei fatto da sola... a trascinare Emily in camera mia."
"E tu quello lo chiami ringraziare qualcuno? a me sembrava più un tentativo di volersene sbarazzare."
Sospiro e riprendo a camminare mentre lui mi segue. Sapevo che lo avrebbe fatto. "Senti, mi dispiace, d'accordo? Era solo la prima volta che mi trovavo in una situazione simile e non sapevo cosa fare. Ero un po' confusa, va bene?"
Lui rimane in silenzio per un po'. Mamma, quanto la fa lunga! Io continuo a camminare ma lui non la smette di seguirmi. "D'accordo, facciamo che ti credo, cosa fai per farti perdonare?"
Facciamo che ti credo? Ma chi si crede di essere? "Guarda che non mi importa niente se mi credi o no. Sarei solo contenta se mi lasciassi stare."
"E lasciarti camminare in questo quartiere da sola?" sbuffa: "Non sopravvivresti dieci minuti."
Che faccia tosta! "Guarda che non mi serve la baby sitter!"
"Certo!" si ferma e incrocia le braccia. "Ti consiglio solo di esercitarti meglio a dirlo perché non sembri molto convincente."
Non posso credere alla rabbia che mi ispira. È davvero insopportabile. "Ti ho già detto che non mi interessa quello che pensi, sei liberissimo di crederci o no, in ogni caso non sono affari tuoi!" E senza aspettare una sua risposta mi volto e mi allontano da lui. Stranamente questa volta non mi segue, però mi urla dietro.
"Stai attenta, Principessa, questo posto non è adatto alle ragazzine come te!"
A queste parole mi blocco e mi giro a guardarlo, come dovevo aspettarmi, mi sorride sfacciato. Gli lancio un'occhiata inceneritrice e mi allontano. Che stupido, arrogante, presuntuoso buono a nulla! Ma chi gli ha dato tutta questa confidenza per parlarmi così? Spero che si trovasse nell'atrio del mio stabile solo per caso, se dovesse abitare lì non so cosa farei. Ci mancherebbe solo questo!
Sono talmente presa dai miei pensieri che non mi accorgo di essere entrata in un bellissimo parco. Mi ritrovo a calpestare un vialetto piastrellato che attraversa un giardino verde e lussureggiante. Un recinto di ferro zincato lo divide dal resto della città, è come un'oasi in mezzo all'asfalto. È bellissimo. Vedo palme nane che danno un po' di ombra qua e là, dove ci si sono delle panchine. Dentro un recinto poco lontano ci sono alcuni cani di diverse razze che giocano coi propri padroni, c'è addirittura un border collie, come il mio Zeus. Chissà come starà senza di me. Mi avvicino a questo recinto e osservo i cani giocare. Si vede che sono felici mentre i loro padroni tirano una pallina e loro corrono per andare a prenderla. Un pastore tedesco si avvicina per farsi accarezzare da me, poi torna dal suo padrone. Io li osservo ancora per un po', poi vedo il padrone del pastone tedesco prendere il guinzaglio e legare il suo cane per andarsene. Piano piano lo fanno anche tutti gli altri, ma che ore si sono fatte? Guardo l'orologio e sbarro gli occhi, accidenti, sono le otto! E io non ho ancora comprato niente per mangiare. Mi incammino velocemente verso il mio appartamento, sperando di trovare qualche negozio aperto per la strada. Non avevo mai mangiato dopo le sette e mezzo di sera, è troppo tardi per me! Mi ero talmente rilassata a osservare i cani che non mi ero resa conto dell'orario che si era fatto. Tutta colpa di Logan e della sua sfacciataggine! Se non mi avesse importunato avrei potuto tranquillamente fare la spesa e tornare a casa entro un ora decente. Tutta colpa sua! Ma perché un tipo come lui ha deciso di importunare proprio me? Di solito quelli come lui le tipe come me non le calcolano neanche! E un'altra cosa: grazie all'illuminazione accesa all'interno del parco, non mi ero assolutamente accorta che si è già fatto quasi buio, e camminare per queste strade in questo modo non mi sembra proprio il massimo. I ragazzini che giocavano a pallone sono spariti, sostituiti da ragazzi più grandi dall'aria poco raccomandabile, che fumano e mi guardano in modo strano. Non mi piace per niente. Accelero il passo, voglio andare a casa il prima possibile. Per un colpo di fortuna trovo un negozio aperto e mi rifugio al suo interno. Non pensavo che avrei avuto paura a camminare da sola per queste strade a quest'ora. Beh, ne approfitto per comprare qualcosa da mangiare e mi dirigo direttamente verso il banco frigo. Ci sono solo cose surgelate o precotte, ma come si fa se si vuole cucinare qualcosa di fresco? Rimango a fissare i prodotti nel frigo per un tempo interminabile, alla fine mi decido di comprare un panino ripieno con carne di maiale e un'insalata. Per lo meno so cosa sto mangiando. O almeno spero. Mi dirigo alla cassa per pagare, e mentre il cassiere mi fa il conto, noto che mi guarda in modo strano.
"Sei nuova, bellezza?"
Dice a me? Mi guardo intorno ma ci sono solo io. "Sì..."
"Abiti lontano?"
Perché mi sta facendo tutte queste domande? "Ehm... no. Giusto un isolato."
"È pericoloso per una ragazzina come te andare a giro da sola a quest'ora."
Non mi sembra un tipo molto affidabile, il suo sguardo non mi piace per niente. "Sì... grazie... Stavo giusto andando a casa."
"Perché non ti fermi qui? Almeno per mangiare, poi se vuoi puoi andare via dopo con più calma."
"No, grazie, mi dice quanto le devo?"
Il tipo fa un sorrisetto inquietante e si allunga verso di me da sopra il bancone: "Per te potrei anche non farti pagare niente." Sento il suo alito puzzolente di birra entrarmi nel naso. Ho quasi la nausea.
"Senta... non ce n'è bisogno, mi dica solo quanto le devo che poi me ne vado." Borbotto, e intanto apro il borsellino per accelerare i tempi, ma lui non è d'accordo e mi prende per un polso.
"Oh, avanti. Una ragazzina ben educata come te non dovrebbe andare a giro da sola a quest'ora, se dovesse succederti qualcosa non me lo perdonerei. Resta qui..."
Un forte senso di repulsione mi dice di andarmene, ma mi sta tenendo forte per il polso e non posso allontanarmi. Il suo alito puzzolente mi suscita dei conati di vomito e si avvicina sempre di più. Di colpo con l'altra mano mi accarezza la mandibola. "Co-cosa vuole...?"
"Voglio solo che non ti succeda niente di brutto..." sussurra, e con la mano scende verso il collo, "con questa giacchina sembri proprio una ragazzina seria, quanti anni hai?"
"Ve-ventuno."
"Allora sei maggiorenne, bene!" afferma, e uno strano sorriso gli si dipinge sul viso. Cerco di allontanarmi ma non me lo permette. Ho il cuore a mille, finirò per venire violentata la mia prima sera fuori casa, in uno squallido negozio del centro di Chino, da un maniaco che puzza di birra, grasso e rozzo. Sono proprio una stupida!
"Ehi, Earl, che stai facendo?"
Le campanelle della porta e una voce maschile mi risvegliano dal mio incubo privato... ma questa voce la conosco!
"Levati di torno, Logan, non sono affari tuoi!" afferma Earl, mantenendo stretta la sua presa su di me, ma una mano lo afferra per il polso, costringendolo a lasciare la presa. Mi allontano subito, nascondendomi dietro le spalle di Logan.
"A me invece sembra che questa ragazza non voglia le tue attenzioni."
"E tu cosa ne sai?"
"Si dà il caso che sia amica mia."
Lo sguardo di Earl si fa tagliente, con uno strattone si libera dalla presa di Logan: "Allora portala via dal mio negozio, nessuno la vuole qui!"
Logan assume quel suo solito sorriso strafottente mentre lo fulmina con lo sguardo. "Certo, solo gli straccioni possono venire a comprare nel tuo negozio puzzolente." Poi si rivolge a me, ma senza guardarmi: "Andiamo, lasciamolo solo con la sua merce."
Io mi dirigo subito fuori e Logan mi segue, senza distogliere lo sguardo da Earl che lo sta fissando con ira.
Appena siamo per strada butto fuori tutta l'aria dai polmoni, poi lentamente prendo coscienza di quello che mi succede e mi copro il viso con le mani.
"Ti senti bene? Ti ha fatto del male?"
Scuoto la testa tenendo sempre le mani sul viso. "Ho avuto così tanta paura!"
"È tutto passato, calmati adesso." Tenta di tranquillizzarmi cercando di scostarmi le mani dal viso, appena lo guardo rimango per un attimo impietrita a fissare quei suoi occhi blu, dolci e profondi, sono così belli... mi guarda serio per diversi secondi, poi piano piano quel sorrisetto irritante e derisorio affiora per l'ennesima volta sulle sue labbra: "Sei sicura di stare bene? Mi sembri un po' strana."
Che bastardo! Mi stacco dalla sua presa e subito mi volto, cominciando a camminare velocemente verso il mio appartamento. "Uff, sei sempre il solito, non cambierai mai."
"Perché, cosa volevi che facessi?" mi chiede camminando dietro di me.
"Tanto per cominciare potresti essere un po' più gentile."
"Ah, scusa tanto se ti ho appena salvato la vita! La prossima volta che ti vedo nel negozio di Earl in quella situazione tirerò dritto."
"Non è quello che volevo dire."
"E cosa volevi dire?"
Sbuffo e gemo dentro di me, ma davvero è così zoticone? "Niente, lascia perdere."
"Come vuoi, Principessa."
Roteo gli occhi, irritata. Ancora questo soprannome! Ma cosa ho fatto per meritare un tipo del genere?
Spazio autrice:
Ben tornati a questo nuovo capitolo di questa storia. Sara sta realizzando il suo sogno, insegnare a delle giovani menti, ma per farlo sta stravolgendo la sua vita, e senza farlo apposta, ritrova il ragazzo della festa...
Logan sembra davvero un tipo arrogante e presuntuoso, vero? Sicuramente con lei lo è, però è anche vero che è già la seconda volta che la aiuta e lei non lo ha ancora ringraziato...
Ok, vi ringrazio davvero per aver letto questo terzo capitolo, spero che vi incuriosisca e vi spinga ad attendere il prossimo, che pubblicherò la prossima settimana.
E come sempre... una stellina fa sempre piacere...
Besos a todos!
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