SeCoNdO cApItOlO

Sara...

Che Natale strano ho passato!

La piccola Veronica era talmente entusiasta della bambola che le ho regalato che ha preteso di restare tutto il giorno attaccata a me come una cozza allo scoglio. Peccato che io non ne avessi la minima voglia; ad un certo punto credo che lo abbia capito e ha deciso di lasciarmi in pace. Che poi non ho capito perché hanno insistito per tornare un giorno prima. Credevo che avrebbero passato il Natale a New York con i loro amici, invece sono tornati a Chino la mattina del 25 con l'aereo e, ovviamente, hanno insistito perché passassi con loro il giorno di Natale, approfittandone per scambiarci i regali. La mamma mi ha regalato un paio di stivali neri con il tacco basso e con gli strass. Sono molto eleganti ma non so quando me li metterò. Felicity Ferguson mi ha fatto un giaccone che, guarda caso, sta a pennello con gli stivali di mia madre. Tutti questi regali mi fanno sentire inadeguata. Non potrei mai e poi mai permettermi questi indumenti costosi, perfino Andrea ha voluto farmi un regalo, mi ha fatto una cintura di pelle nera. Immagino che, data l'occasione, non avrei potuto rifiutarli, ma non mi sento proprio di metterli. Mi sento sporca e sarebbe come se macchiassi questi bei vestiti se li mettessi. E poi sono troppo alla moda per me.

Papà non li approverebbe.

Comunque devo ammettere che se non ci fossero stati loro avrei passato il Natale da sola dato che Sandy non c'è e non c'è nessun altro a farmi compagnia. Nemmeno Logan s'è più visto da quando ci siamo lasciati. Mmm... non voglio pensare a lui. Lo so che sono stata io a lasciarlo ed era la cosa più giusta che potessi fare, però un po' mi manca. Ma va bene così, non avrei potuto continuare a stare con lui. Non mi piacevo come ero diventata. Mi sembrava di essere diventata la ragazza che papà ha sempre cercato di non farmi diventare: quella che pensa solo a divertirsi e se ne frega delle persone intorno a lei. Io non sono una figlia ingrata, non voglio esserlo. Alla fine la sua presenza aveva iniziato anche ad infastidirmi tanto mi sentivo inadeguata nella nuova me stessa. Ho sentito l'estremo desiderio di tornare ad essere quella di un tempo, di essere di nuovo quella ragazza che pensa soprattutto al lavoro e a fare la cosa giusta... anche se il lavoro non ce l'ho più. Ma per lo meno adesso, senza di lui, posso tornare ad essere quella di prima, quella che papà apprezzava.

Per quel che riguarda il lavoro ho intenzione di mettermi subito alla ricerca appena finite le feste, altrimenti non potrei più stare a casa con Sandy. Voglio trovare un lavoro ed essere indipendente, anche perché mamma mi ha fatto capire che sarebbe molto felice se andassi a vivere con loro in quella grande casa. Ha detto che, volendo, avrei già la mia stanza... E no, non posso farlo.

Mi sembrerebbe di tradire papà un'altra volta.

Non ho voluto dormire in quella stanza nemmeno ieri notte, tra Natale e Santo Stefano, ho preferito tornare a casa.

Adesso devo solo aspettare che mi vengano a prendere e poi passerò questo ultimo giorno di festa con mia madre e la sua famiglia. Poi se Dio vorrà sarà finita. Sono diventata insofferente alle feste.

Mi guardo allo specchio dietro l'anta dell'armadio e mi abbottono il maglione di lana. Era tanto che non me lo mettevo, mi ero dimenticata quanto fosse comodo. Osservo la mia immagine riflessa e quasi non mi riconosco più, o meglio... adesso mi riconosco. Ho i miei soliti stivaletti marroni che papà mi comprò dopo la mia laurea, in previsione di quando sarei venuta qui. Mi sono messa la gonna in tinta con gli stivali, quella con i bottoni lungo tutto il fianco destro, e ho legato i capelli in una coda bassa. Sobria ma ordinata. Con tempismo perfetto suonano al citofono e mi affretto a mettere il cappotto per scendere. Andrea mi sta aspettando ancora in macchina. Appena esco dal portone scende dall'auto e fa il giro per aprirmi lo sportello, da vero gentil'uomo.

"Grazie."

Lui mi regala un sorrisetto tirato e torna subito alla guida. C'è qualcosa che non va?

Una volta a casa loro Veronica viene a salutarmi alla porta, ma non mi getta le braccia al collo come aveva preso a fare; se ne resta in piedi e scuote una mano mentre mi dice "ciao", e poi scappa da dove era arrivata. Sento che c'è qualcosa che non va in questa faccenda.

Mia madre mi invita subito ad entrare in casa e a scaldarmi di fronte al camino in salotto. La cameriera spagnola viene a prendere il mio cappotto e mia madre mi lancia un lungo sguardo valutativo, carezzandomi la gonna e il maglioncino con gli occhi. Dopo questo attento esame mi guarda in faccia, e come se se lo fosse appena ricordato, mi sorride. "Non ti piacciono gli stivali che ti ho regalato? Pensavo che te li saresti messi, oggi."

"Oh... sì, sono molto belli... ma con questa gonna direi che ci stanno meglio questi..." dico guardandomi i piedi.

Lei non ribatte ma annuisce seria. Uno strano sentimento mi fa abbassare lo sguardo, mi sembra quasi di dovermi vergognare per i miei vestiti. Non posso credere che sia lei a farmi sentire così. Credevo che le madri accettassero i figli così com'erano, senza giudicare. Cerco di ignorare il suo giudizio e mi appresto a passare questo ennesimo giorno di feste con loro, la mia famiglia. Mi fa un po' strano definirla così, ma credo proprio che sia il termine più corretto. Ma a me sembra sempre che manchi qualcosa. È una sensazione costante, sfuggente ma perenne, e purtroppo non mi fa essere pienamente me stessa in mezzo a loro.

In salotto vi trovo la signora Ferguson che sta giocando con Veronica e con la bambola che le ho regalato io. Sono entrambe sul divano intente a spogliare e a rivestire la piccola Judy con i vestiti che erano nella scatola. Cerco di non farmi coinvolgere dal loro gioco e mi allontano dal divano, non ho voglia di fingere che una bambola sia più felice vestita in un modo anziché in un altro. È solo una bambola!

Mi siedo invece sulla poltrona vicino all'albero, guardandomi attorno un po' spaesata; non so assolutamente cosa fare. Osservo un po' in giro quando mia madre si siede sulla poltrona vicino alla mia. "Allora, tesoro. Come hai passato questi giorni di feste?" Mi chiede sorridendo. Per tutta risposta mi stringo nelle spalle. "Non ti piace stare con noi?" chiede ancora.

"Sì... ci sto bene." Le rispondo. In realtà non è che sia particolarmente entusiasta, ma non voglio passare per ineducata.

"Forse preferiresti la compagnia di qualcuno della tua età?"

"Sì... ma non è necessario." Borbotto stringendomi nuovamente nelle spalle.

"In che senso non è necessario?"

"Nel senso che sono abituata a passare le feste di Natale da sola con papà, era difficile che stessi con i miei coetanei."

Mia madre resta un po' in silenzio guardandosi le mani, pensando a quello che vorrebbe dirmi. Credo di aver capito come si comporta quando vorrebbe parlarti ma non vuole essere invadente. "E le ragazze che vivono con te? Cosa mi dici di loro?"

"Beh... Lily non è propriamente una mia amica... e Sandy è in Francia in questo momento, quindi non ci sono."

"E di Logan cosa mi dici?"

Al suono nel suo nome mi sento il cuore stringersi nel petto. "Non l'ho più visto da quando..."

"Da quando?" insiste.

"Da quando ci siamo lasciati." Borbotto contrariata.

L'espressione di mia madre si fa dispiaciuta. "Perché vi siete lasciati?"

"In realtà non ci siamo lasciati... sono stata io a lasciare lui." Deglutisco. Nella mia mente Logan è un'incognita gigantesca. Finché mi stava accanto non lo sopportavo, ero insofferente alla sua presenza. Adesso sta iniziando a mancarmi. Ma resto della mia posizione, la nostra storia per me rappresentava quello che non avrei mai dovuto fare. Lui era, ed è, la reincarnazione del ragazzo meno adatto a me, e il fatto che mi sia data a lui dopo appena una settimana lo dimostra... con lui non ero me stessa.

"Mi dispiace molto." Sussurra con tono dispiaciuto.

Mi stringo nelle spalle per l'ennesima volta e cerco di cambiare argomento. "Questo albero è vero?" chiedo indicandolo. Ma mia madre non è intenzionata a permettermi di cambiare discorso.

"È per questo che non vuoi venire a vivere qui con noi? Ti ricorderebbe troppo New York e Logan?"

La guardo strabuzzando gli occhi. "Come ti viene in mente?"

"Non lo so, tesoro. Ultimamente sei cambiata, non sembri tu..."

"Tu non sai come sono normalmente, sono dieci anni che non abbiamo alcun rapporto, io e te." Sbotto infastidita, interrompendola.

Vedo la sua espressione diventare sbigottita. "Non... non volevo dire questo... non sono l'unica a dire che sembri diversa, più chiusa, strana."

"Rispetto a cosa, scusa?" Le sue parole stanno cominciando a innervosirmi.

"Calmati, Sara. Non volevo certo innervosirti. Dico solo che il tuo atteggiamento sembra diverso rispetto a prima, più... spigoloso." Afferma guardandomi preoccupata. "Perché non ci permetti di starti più vicino. Possiamo aiutarti."

"Non ho bisogno dell'aiuto di nessuno!" Sbotto infastidita. "Come ve lo devo dire che sto bene?" domando ad alta voce alzandomi in piedi. Tutte le teste si voltano verso di me, anche Veronica mi sta guardando a bocca aperta e un po' impaurita. "Non c'è bisogno che cerchi di alleggerirmi la vita per riparare agli anni in cui sei stata assente, non ho bisogno di niente."

Gli occhi di mia madre mi guardano spalancati. Ok, forse ho esagerato, ma perché non riesce a capire che non sto male? Che sono solo intenzionata a tornare ad essere quella brava ragazza che ero prima di trasferirmi a Chino? Cerco di calmarmi, è pur sempre Natale e non voglio dare spettacolo. "Mi dispiace." Borbotto a testa bassa, e senza tante spiegazioni mi dirigo verso l'entrata, recupero il mio giacchetto ed esco all'aria aperta.

Fortunatamente nessuno mi insegue per impedirmi di andarmene, ringrazio al cielo. Ho voglia di starmene per i fatti miei, per pensare. Continuo ad avere l'impressione che tutti mi guardano come se fossi malata. Quante volte devo ripetere che sto bene?

Inizio a camminare per la strada, osservando le case del quartiere benestante della città. Sono tutte addobbate e decorate con lucine intermittenti o proiettori che simulano una tempesta di neve. Alcune hanno un Babbo Natale con una piccola renna di carta pesta sopra il tetto. C'è addirittura chi ha ricreato il villaggio di Babbo Natale in giardino, con tanto di neve finta e pupazzo di neve. Solo che qui a Chino non ha nevicato. Non come a New York.

All'improvviso mi tornano alla mente diversi flash di me e Logan a camminare su una coltre di neve bianca mentre corriamo da un'attrazione all'altra di Coney Island. Scuoto la testa irritata da me stessa. Adesso anche i ricordi mi tradiscono. Faccio un respiro profondo e continuo a camminare. Purtroppo oggi è festa e gli autobus non girano, dovrò andare a casa a piedi. A pensarci prima avrei chiesto ad Andrea di accompagnarmi in macchina, ma forse sarei parsa maleducata.

Ne approfitto per godermi la solitudine in questa città sempre troppo piena di gente. Cammino con tranquillità, infagottata nel mio giacchetto e con le mani in tasca. Il freddo non mi infastidisce, anzi, mi aiuta a pensare. Mi tornano in mente tutte quelle volte in cui prendevo un bel voto a scuola e tornavo a casa felice di mostrare a mio padre quel numero rosso sopra il mio compito. Ma lui non si è mai sbilanciato più di tanto. Certo, mi faceva i complimenti, ma era tiepido, diceva che non avevo fatto altro che il mio dovere, niente di speciale. Solo una volta mi premiò per aver preso il massimo dei voti in un compito di letteratura americana. Mi ricordo che quella volta mi portò in città e mi permise di prendermi un gelato gigante con la panna.

Fu la prima e l'ultima volta che mi comprò un gelato così grande...

Di colpo alzo lo sguardo e mi ritrovo proprio davanti al cancello del parco dove conobbi Nate. Senza pensarci mi avventuro al suo interno e mi siedo sulla prima panchina che trovo. Mi godo il suo silenzio, non c'è assolutamente nessuno, sono l'unica a godere di questa pace.

Mi sorprendo a domandarmi cosa sarebbe successo se non fossi stata assunta alla Ridge Elementary e non avessi mai conosciuto Logan...

Spazio Autrice:

Salve gente!

Bentornati a leggere questa storia, anche se, purtroppo, l'inizio di questo terzo libro non sembra molto promettente. Sara non ha ancora superato la morte del padre, ma purtroppo non sembra rendersene conto, e questo l'ha portata, e continua a portarla, a prendere decisioni impulsive e sbagliate.

Volevo avvisarvi che non ho una cadenza regolare, ma pubblicherò comunque ogni settimana. La storia scritta è un po' più avanti di questo punto nel mio pc, ma la pubblico con calma per non rischiare buchi di trama o cose del genere, spero capirete.

Spero anche che, nonostante l'atmosfera particolare di questo capitolo, vi sia piaciuto lo stesso. La storia è ancora lunga...

un bacio a tutte/i.

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