QuAtToRdIcEsImO cApItOlO

Una settimana dopo...

"Benissimo, signorina, adesso parcheggi pure lì che abbiamo finito." Mi ordina l'ispettore comodamente seduto sul sedile dietro. Io faccio come mi dice e con cautela parcheggio la macchina esattamente dove mi aveva indicato. Quando spengo il motore dallo specchietto retrovisore noto l'ispettore scarabocchiare su dei documenti e poi allungarmi la mia patente.

"Ben fatto signorina Hall." Mi dice sorridendomi.

Mi volto per prenderla con la felicità negli occhi, non riesco a crederci. "Grazie!"

Davide mi sorride e scendiamo tutti dalla macchina. L'ispettore mi saluta stringendomi la mano, poi passo a salutare Davide, per buona educazione. Ma mentre mi stringe la mano mi lancia un'occhiata delle sue e si avvicina al mio orecchio: "Dopo vorrei parlarti un attimo a quattr'occhi, ti dispiace raggiungermi alla scuola guida tra dieci minuti?"

"Ahm... io..." Ma per chi mi ha presa? Crede che io non abbia capito quali siano i suoi secondi fini? Cerco di pensare ad una scusa plausibile da rifilargli quando sento qualcuno che mi chiama.

"Ehi, Sara!"

Sia io che Davide ci voltiamo verso la voce e vediamo Nate camminare verso di me con una rosa in mano. "Ci sei riuscita, finalmente!" Esclama con un sorriso, e quando è davanti a me, si china e mi abbraccia, dandomi un bacio in fronte. Con la coda dell'occhio vedo Davide guardarci con una strana espressione in faccia. Quando Nate si scosta mi sorride e mi porge la rosa che ha in mano.

Rimango per un attimo basita dal suo comportamento e credo che si stia comportando così per via di Davide, gli ho raccontato delle sue sgradite avances e credo che abbia deciso di aiutarmi. Anche se per un attimo, quando mi ha abbracciata, mi è sembrato di rivivere il passato. "Grazie..." balbetto confusa.

Davide emette due colpi di tosse per attirare la nostra attenzione. "Salve, sono l'istruttore di Sara, lei è?" Gli chiede in tono pomposo.

Nate finge di riscuotersi, come se lo vedesse adesso per la prima volta, e gli allunga una mano. "Ah, mi scusi, sono Nate, il suo ragazzo."

Visibilmente confuso Davide gli stringe la mano. "Mi aveva detto di non avere un fidanzato..." borbotta.

"Forse perché gliene ha parlato quando ci eravamo lasciati. Ma adesso siamo tornati insieme." Aggiunge tornando a guardarmi negli occhi.

Lo guardo confusa, non riesco a capire se parla sul serio o no.

Davide tossisce di nuovo. "Ok. Allora tolgo il disturbo, mi ha fatto piacere conoscerla, Nate. Sara, tanti auguri per la tua patente." Bofonchia prima di voltarsi e allontanarsi da noi. Non mi ha dato neppure il tempo di salutarlo, deve averla presa male.

Lo guardo allontanarsi poi torno a guardare Nate. "Come lo sapevi?" chiedo, sorpresa.

"Che cosa? Che ti avrebbe fatto delle avances anche oggi? Me lo sono immaginato appena l'ho visto avvicinarsi a te e parlarti nell'orecchio."

"E così hai pensato bene di fingerti il mio ragazzo per allontanarlo."

"La cosa ti ha disturbato?" mi chiede con un sorrisetto.

"Ehm... sì... voglio dire, non me lo aspettavo."

"Beh, l'importante che abbia funzionato, no?"

"Credo di sì." Rispondo guardando Davide. "Anche se adesso si è fermato fuori dalla scuola a guardarci."

"A questo rimediamo subito." Risponde prontamente lui, subito mi afferra per la nuca e mi bacia sulla bocca.

Totalmente presa alla sprovvista mi lascio baciare e stringere, finché non cerca di rendere il bacio ancora più importante e profondo. A questo punto tento di allontanarlo spingendo verso il suo petto. Quando finalmente si scosta restiamo a guardarci negli occhi, vicinissimi. Non so cosa dire, cosa pensare. Lui mi guarda a bocca aperta e dalla mia espressione sconcertata forse si rende conto di aver fatto una stupidaggine. "Scusa... non volevo..."

Deglutisco e distolgo lo sguardo. Per istinto torno a guardare Davide e vedo che è sparito. "Per lo meno è servito allo scopo." Mi stacco da lui definitivamente e inizio a camminare lungo la strada.

Sento i suoi passi subito dietro di me. "Sara, tutto bene?" Chiede con circospezione.

Sono troppo confusa per rispondergli e continuo a camminare. Il suo bacio mi ha riportato indietro nel tempo, ricordandomi tutti i baci che ci siamo dati, ma non mi ha fatto lo stesso effetto che mi facevano allora. "Spero che tu lo abbia fatto solo per Davide e non per qualche altro motivo."

"Certo... solo per lui. Mi sono solo fatto prendere la mano..." Si giustifica continuando a tallonarmi. "Siamo ancora amici, vero?"

Io arrivo alla fermata dell'autobus e mi fermo. "Credo di sì," rispondo senza alzare lo sguardo su di lui. "Ma preferirei restare da sola se non ti dispiace."

Lui resta in silenzio per alcuni istanti ma poi capisce che è meglio fare come gli ho detto. "Certo... scusami." Bisbiglia e subito si allontana.

Lo guardo allontanarsi per un po', poi salgo sul primo autobus che si ferma, non ho nemmeno fatto caso se è quello giusto. Il suo bacio mi ha messo in crisi. È stupido, lo so, eppure mi sembra di aver appena tradito Logan. Che stupida! Mentre l'autobus parte mi sento invadere da un sentimento di inadeguatezza. Io e Logan ormai è quasi un mese e mezzo che non stiamo più insieme... come potrei averlo tradito? Eppure è proprio così che mi sento, e non è una bella sensazione.

L'immagine di me e Nate che ci baciamo continua a figurarsi nella mia mente, e come se non bastasse la paragono costantemente alla stessa immagine di me e Logan. È una tortura. Come è possibile che prima mi piacesse così tanto e adesso mi è sembrato di baciare un cugino o qualcuno della mia famiglia? Cosa è successo per farmi sentire così strana? Mi rifiuto di pensare che sia stato il bacio in sé, cavolo, è solo un bacio! Guardo distrattamente fuori dal finestrino e senza minimamente pensarci appena l'autobus si ferma a una fermata, scendo, abbandonando la rosa sul sedile. Mi guardo intorno e mi accorgo di essere vicino alla casa di mia madre. Decido di andarla a trovare, come se ci fosse una mano invisibile che mi dice di andare da lei. Quando arrivo davanti alla sua casa mi fermo sul marciapiede a contemplarla. La luce in camera di Veronica è accesa, sarà sicuramente lì a giocare con tutti i suoi balocchi. Abbasso lo sguardo sull'albero di Natale che si intravede dalla finestra del salone; mi chiedo quando lo toglieranno, siamo a febbraio.

Con la testa completamente vuota mi decido a suonare il campanello, pochi secondi dopo Iris mi apre. Ma sta sempre in agguato dietro la porta?

"Señorita Sara, por favor, siéntese." Mormora nella sua lingua, e subito si fa da parte per farmi passare. Non ho capito una parola ma il messaggio del suo corpo lo capisco, ed entro in casa, sbottonandomi il giacchetto. "¿Quieres que tome tu abrigo?" mi domanda, e mi porge una mano, in attesa. Rimango a fissarla imbambolata, incapace stavolta di comprendere quello che mi ha detto. Vedendomi confusa mi fa cenno come se si spogliasse. "Tu abrigo... giacca..."

"Ah. Il giaccone! No, grazie... lo tengo addosso." È evidente che nemmeno lei ha capito quello che ho detto, ma non insiste e mi sorride, invitandomi ad entrare e chiudendo la porta. Mi dirigo in salotto in silenzio, dove trovo mia madre e Andrea alle prese con scatoloni e polistirolo, intenti a smontare l'albero di Natale.

"Iris, chi era alla porta?" Chiede mia madre ad alta voce.

Io mi fermo sul ciglio del salone: "Ero io."

Entrambi si bloccano e mi guardano, sorpresi. "Sara, tesoro. Non ti aspettavamo. Vieni, togliti il giacchetto, vuoi mangiare qui?" Subito mia madre si prodiga ad accogliermi venendomi incontro.

"No, grazie. In realtà sono passata solo per pochi minuti. Ho fatto ora l'esame di scuola guida..."

"Ah, è vero! E come è andata?" mi chiede lei sorridendomi.

"Sono passata."

La sua bocca si spalanca: "Ma è meraviglioso! Bravissima, lo sapevo che ci saresti riuscita!" Mi abbraccia velocemente e mi regala un bacio sulla fronte, ma io non ricambio il gesto.

"Grazie." Rispondo invece senza troppo entusiasmo.

"Anch'io sono contento per te." Esclama Andrea poggiando una mano sulla mia spalla. Gli sorrido timidamente ma non lo ringrazio. Ancora non mi sento pienamente a mio agio con lui... in realtà non so nemmeno per cosa sono venuta qui. Forse perché volevo condividere con qualcuno questo fatto... ma pensavo che mi sarei sentita più entusiasta, invece è come se non provassi niente.

Poi li vedo scambiarsi uno strano sguardo d'intesa e mia madre annuisce ad Andrea che sparisce in corridoio. Nel mentre mi sorride: "Che dici, lo diciamo anche a Veronica? Sono certa che ti farà le sue congratulazioni... anche se non sa molto cosa significhi, ancora."

Sinceramente avere a che fare con quella bambina, adesso, è l'ultima cosa che mi ci vuole. "In realtà sono venuta solo per dirvi questo. Adesso non vedo l'ora di andare a casa." Mi sto rendendo conto di comportarmi in maniera strana, ma il bacio che mi ha dato Nate mi ha scombussolato più di quanto potrebbe sembrare lecito. È come se mi avesse fatto fare un salto all'indietro, quando bramavo inconsciamente una relazione con un ragazzo, e lui mi sembrava la scelta migliore che potessi fare, e invece...

"No, aspetta prima di andartene. Andrea voleva ringraziarti per quello che hai fatto a New York."

"Quello che ho fatto a New York?" chiedo confusa. Ma lei continua a sorridermi e si avvicina, accarezzandomi una guancia.

"Andrea si sente davvero molto grato nei tuoi confronti per aver donato il tuo midollo osseo a Veronica, e lo so che ti ha già aiutata con il lavoro, ma non gli sembra abbastanza, così mi ha chiesto se avrebbe potuto farti un regalo un po' più... sostanzioso." Asserisce dopo un attimo.

Corrugo la fronte cercando di capirci qualcosa. "Ma non deve regalarmi niente, non l'ho fatto per ricevere qualcosa in cambio, io... non voglio niente."

Ma il suo sorriso si allarga ancor di più. "Credimi, lo fa dal profondo del suo cuore, è felice così. La prenderebbe male se tu rifiutassi."

Di colpo sposta lo sguardo alle mie spalle, mi volto e Andrea sta camminando verso di me con una piccola scatola regalo in mano. "Mi sarebbe piaciuto fartelo per Natale, ma tua madre, giustamente, mi ha fatto capire che non andava bene, quindi ho dovuto aspettare questo momento. Volevo ringraziarti per aver salvato la vita alla mia bambina."

"Ma io..."

"No, ti prego!" Mi interrompe mettendomi la scatola in mano. "Per favore, accetta questo regalo. È un gesto di gratitudine da parte mia, ma non devi credere che lo faccia perché mi sento in dovere, dalle mie parti funziona così e io sono felice di fartelo."

Lo osservo in silenzio totalmente confusa. Non ho la lucidità mentale sufficiente per capire quello che mi sta succedendo, e quasi rimarrei imbambolata con la scatola in mano chissà per quanto se lui non mi facesse il gesto di aprirla. Sbatto le palpebre e abbasso lo sguardo sulla scatola tra le mie mani. La scarto con lentezza, non del tutto presente al momento che sto vivendo. Nella scatola, dentro un sacchettino di organza, ci sono le chiavi di una macchina. Apro il sacchetto e afferro le chiavi, guardandole a bocca aperta. "Ma cosa...?"

"Ho dovuto aspettare che tu prendessi la patente per dartela, ecco perché a Natale non era il caso. Spero ti piaccia."

Sposto gli occhi dalle chiavi ad Andrea, rimanendo a bocca aperta. Non è vero, non ci posso credere. "Non mi hai appena regalato un'auto, vero?"

Il suo sorriso si spegne. "Sì... senti, lo so che può sembrare un regalo enorme e che molto probabilmente ti senti sopraffatta, ma credimi, tu per me sei come una figlia, e non ho nessun problema a regalarti una macchina per festeggiare la tua patente. Mi credi?"

Deglutisco sconvolta. "Non so se posso accettarla."

A queste parole subito si avvicina e mi prende le mani nelle sue. "No, per favore, ascoltami: Non pretendo che tu accetti una cosa del genere per forza, lo so che è qualcosa di grande, ma credimi, ho pensato molto a cosa avrei potuto fare per ringraziarti per quello che hai fatto, e per me una macchina non è un regalo troppo grande. E se proprio hai bisogno di tempo per accettarlo, non ci sono problemi. Puoi lasciarla qui, nessuno la toccherà, fino a che non ti sentirai pronta per prenderla."

Lo guardo completamente sbalordita. Se prima ero confusa adesso sono letteralmente fuori di testa. Resto a bocca aperta cercando di dare un senso a quello che mi sta succedendo. "Ma... un vestito non era meglio? Una collana? Perché proprio una macchina?"

Andrea sorride: "Perché è quello di cui hai bisogno."

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