Capitolo Ventitré

Min Rin tremava sotto la veste da uomo che Kang Jo le aveva intimato di indossare. Non avrebbero dovuto destare sospetti, una volta rientrati a Seorabeol, e si era lasciata aiutare a legare i copiosi capelli in cima alla testa. Lui aveva sorriso, dicendo che con quei lineamenti delicati nessuno sarebbe caduto nel tranello, e le aveva spinto un cappello di carice sulla fronte per nascondersi. Kang Jo aveva fatto lo stesso.

Durante il ritorno Min Rin non aveva fatto altro che tenersi stretta alla sua mano. I ricordi di ciò che avevano visto al villaggio erano ancora vivi. Nonostante il cuore avesse sussultato, la mente si era fermata come avvolta da uno strato di ghiaccio.

Una volta varcate le Porte della capitale, che quel giorno sembrava scossa da una inusuale frenesia, si diressero verso la dimora dei Park. Dopo quanto accaduto era bene avvertire suo padre per prendere provvedimenti.

Scavalcarono le mura in pietra e si introdussero nei giardini. Min Rin esortò Kang Jo a seguirla fra le pareti di legno della dimora, ma quando vi entrarono, i piedi affondarono in una scia di sangue.

Voci di uomini si sollevarono nei pressi della veranda che si affacciava all'ingresso principale dell'abitazione. Min Rin scivolò nei corridoi, tenendo la schiena curva, con Kang Jo alle spalle. Si fermarono in una delle stanze da cui avrebbero potuto spiare quanto stava accadendo.

Min Rin aprì la porta foderata dalla carta di riso e vi spiò attraverso. I suoi genitori erano inginocchiati nel piazzale davanti al Generale Kim. Il Ministro Park teneva un braccio attorno alle spalle di sua madre.

«Kang Jo...» sussurrò, guardando dietro di lui «cosa, cosa sta accadendo?»

Lui, come se avesse intuito prima, la avvolse per la vita. Non fece in tempo, però, a coprirle il viso.

La spada che il Generale Kim teneva alzata sopra la testa crollò a una tale velocità che Min Rin capì troppo tardi. La lama squarciò il petto di sua madre. Quel corpo che tanto a lungo le aveva restituito calore, cadde giù, pesante, come una casa che crolla tutta insieme. Suo padre, fiero della propria dignità, non mosse un muscolo quando la spada insozzata di rosso trapassò anche lui. Non emise un solo suono, né un sussulto. Raggiunse la moglie, in un abbraccio di morte.

Aria. Min Rin non aveva più aria in gola. La strinse con entrambe le mani, soffocando. Se Kang Jo non le avesse coperto le labbra, le grida avrebbero toccato i cieli. Si ribellò alla sua stretta, lo colpì agitandosi come se fosse stata punta da un insetto, mentre lui la pregava di rimanere ferma. Come poteva quando il dolore si era radicato sotto la pelle in quel modo? Le sue paure si erano realizzate ed erano ben peggiori di quanto avesse immaginato.

«Trattieni il pianto, Min Rin, o ci scopriranno» le intimò lui, scuotendola per le spalle.

Allora perché anche Kang Jo aveva dipinto sul viso il terrore, e il dispiacere?

Come le aveva detto di fare, mozzò ogni singulto e colpì il petto dove batteva il cuore. Affondò i denti in una mano per contrastare la sensazione di orrore che le aveva pervaso le membra.

Poi, il rumore di passi struscianti la richiamò verso la soglia della stanza.

Lì davanti comparve sua sorella Min Ji, che aveva appena sei anni, e sembrava più forte di lei. Si era trascinata dietro orme di sangue. I piedi ne erano insozzati come se vi avesse fatto un bagno. Teneva stretta al petto una bambola di stoffa, i capelli sciolti la nascondevano.

«Eonni[1]» la chiamò, asciugandosi le lacrime sul visetto tondo.

Solo allora Min Rin riacquistò un briciolo di lucidità. Sfuggì dalla presa di Kang Jo e strisciò accanto a lei, immergendo le ginocchia nel sangue. Afferrò sua sorella e la strinse a sé, in un abbraccio che sapeva di ghiaccio.

«Sono qui, Min Ji, non devi più avere paura.»

Che sciocco era dire qualcosa di simile, quando lei stessa ne era afflitta. Chiuse le palpebre, accarezzandole i capelli.

Dalla veranda si udirono i passi metallici dei soldati che si avvicinavano sempre di più. Stavano cercando altri sopravvissuti.

«Dobbiamo andare via» la incitò Kang Jo, che sciolse la loro stretta e sollevò Min Jin fra le braccia.

«Dove dovremmo andare?»

«Cerchiamo di raggiungere tuo fratello, lui saprà cosa fare.»

Min Won! Sì, chi se non la persona a cui a lungo aveva cercato di assomigliare avrebbe potuto aiutarli? Min Rin si alzò in piedi, asciugando le lacrime col dorso delle lacrime. Per resistere, avrebbe dovuto solo far finta che non fosse accaduto niente, che non avesse visto niente e il suo cuore non avrebbe fatto così male.

*

Nonostante il cappello di carice schiacciato sulla testa, Min Rin temeva che Kang Jo potesse guardare le lacrime che scendevano ancora sul viso. Avrebbe pensato di lei che fosse stata una sciocca, in un momento simile, continuare ad addolorarsi ma non poteva trattenersi nemmeno un istante. Persino Min Ji, fra le braccia di lui, si era calmata. Il mondo sotto ai suoi piedi si era trasformato in una valanga di neve sciolta, pozzanghere senza fondo.

Si distrasse solo quando una folla di persone si materializzò davanti a una delle tante bacheche pubbliche. Min Rin chinò il cappello di carice sulla fronte. Kang Jo tentò di fermarla, invece lo spinse a seguirla lì davanti. Erano stati affissi due ritratti.

«Il Re ha ordinato di catturare i traditori che hanno cospirato con la famiglia Park nel tenere nascosti i Ribelli di Gaya. Chiunque riconosca la giovane donna, terzogenita del traditore, verrà ricompensato. Lo stesso vale per chi catturerà il sovversivo Hwarang Choi Kang Jo, che da oggi non apparterrà più alla famiglia Choi.»

Il respiro si contrasse, voltandosi verso Kang Jo, ma lui in uno scatto di ira incontrollata tornò a nascondersi nel vicolo insieme a Min Ji che si era ormai aggrappata al suo petto. Min Rin lo raggiunse, tenendo la testa bassa, perché nessuno spiasse sotto al cappello. Quando lo raggiunse notò il modo in cui teneva stretta sua sorella.

«Kang Jo...»

«Non dire nulla. Mio padre mi ha liberato dal dovere di essere suo figlio, perciò non ho più obblighi nei suoi confronti.»

Nonostante la sua voce fosse calma, le labbra tremarono. E non avevano nemmeno il tempo di considerare cosa fosse accaduto, cosa sarebbe accaduto da quel momento in avanti.

«Avviciniamoci alla Casa dei Hwarang, se troveremo Min Won sapremo come andare via» aggiunse Kang Jo che le passò davanti per introdursi in nuovi vicoli, con Min Ji che continuava a starsene adagiata sulla sua spalla. Dai piccoli piedi colavano ancora gocce di sangue.

Min Rin impiegò qualche istante per seguirli. I suoi genitori erano stati uccisi, la sua famiglia dichiarata traditrice, lei stessa era ricercata... come avrebbero potuto trovare Min Won?

Quando si rimise in pari con i loro passi tenne la testa bassa. Fino al punto in cui non raggiunsero la Casa dei Hwarang. Min Rin finì per sbattere contro la schiena di Kang Jo che si era fermato all'improvviso. Alzò il cappello di carice e si sollevò sulla punta dei piedi per guardare oltre la sua spalla.

Davanti alle porte della grande casa pendeva il corpo di un uomo impiccato. La lunga corda rossa attorno al suo collo tirava. La veste gialla, privata di armatura, lambiva Min Won in un abbraccio stretto, terribile. Il volto esangue chinato in basso, le mani rigide lungo i fianchi. Di tutta la forza che aveva avuto in vita non era rimasto nulla.

Min Rin sarebbe crollata a terra se non avesse schiacciato la schiena contro le mura di un emporio. Trattenne le lacrime e la nausea che insorse in gola. Lo stomaco ribollì al punto che sarebbe potuto scoppiare. Non solo avevano fatto questo a suo fratello, ma il suo corpo sarebbe rimasto lì per giorni interi, sotto le intemperie, per essere un esempio.

«Non abbiamo scampo» sussurrò.

Kang Jo lasciò Min Ji a terra, che prese a stringere la bambola di stoffa, con gli occhi gonfi. Poi la afferrò per le spalle e la scosse.

«Tu, voi, dovete vivere Min Rin: qualunque cosa accadrà» le disse come fosse stata una indiscutibile imposizione.

Nelle iridi scure del ragazzo che amava non trovò speranza, ma arresa. E ne provò timore. La presa di Kang Jo era forte e al contempo debole, come se fosse stata fugace.

«Farò in modo che possiate uscire da Seorabeol senza problemi. Condurrò le guardie e i soldati dalla parte opposta della città, mentre tu e Min Ji uscirete indisturbate dalla Porta Nord.»

Di fronte a quella folle, sciocca idea, non poté che afferrare di rimando la sua veste. Si aggrappò alla stoffa azzurra con le unghie e la stritolò fra le mani.

«Non possiamo dividerci» gli disse, scuotendo la testa.

«E' il solo modo che abbiamo per sopravvivere.»

Andare via senza di lui era fuori questione. Lasciare Seorabeol da sola, con Min Ji, sapendo che Kang Jo sarebbe stato in pericolo non avrebbe potuto accettarlo. Al contempo sapeva anche che quella era la sola soluzione che li avrebbe aiutati.

Sprofondò nel suo sguardo improvvisamente incupito e mollò lentamente la presa sulle maniche della veste.

«Devi seguirci, Kang Jo, non importa come. Dove ci rincontreremo?»

Lui sorrise, di un sorriso che non le piacque. Era tirato, sembrava più simile ad un principio di pianto, ad un addio celato dal sacrificio. Le accarezzò i capelli, spostandoli dietro le orecchie. Si avvicinò per lasciarle un bacio sulle labbra, di quelli che chiedevano perdono. Il tocco fu così fugace, privo di desiderio ma solo pregno di saluto, che Min Rin ne rimase scossa.

«Fidati di me» le disse, prima di allontanarsi.

Immobile sulle gambe appesantite, avvolse la mano di sua sorella che in silenzio ricambiò la stretta. Lo guardò andare via, con la testa china e il cappello di carice che scendeva sulla fronte.

Ti prego, torna.

Min Rin leccò le lacrime sul bordo delle labbra. Spinse con dolcezza sua sorella verso un nuovo vicolo, dando le spalle a ciò che aveva di più prezioso al mondo. E più si incamminava lontano da lui, più il cuore le diceva di non farlo. Si fermò così tante volte che rischiò persino di far inciampare Min Ji, la quale fu costretta ad aggrapparsi alla sua veste.

«Eonni?» la chiamò, inclinando la testa verso di lei.

Di fronte alla sua voce capì che non sarebbe stata in grado di occuparsene. Si chinò e le sollevò il visetto per guardarla nel fondo di occhi scuri, spaventati, che avevano assistito così piccoli a indicibili orrori.

«Min Ji, ora devi essere coraggiosa. Non posso lasciare Kang Jo da solo, temo che abbia in mente di fare qualcosa di sciocco. Perciò, ora ti lascerò nelle mani di qualcuno che potrà occuparsi di te. Andrai via da Seorabeol e vivrai una vita libera dal tuo nome. Non dire a nessuno chi sei, da oggi non sei più Park Min Ji.»

«Ma Eonni, senza di te io...»

Non avrebbe potuto ascoltare le sue parole, né avrebbero toccato un cuore che non esisteva più, perché solo allora Min Rin comprese di averlo perso. Le avevano strappato via tutto ciò in cui aveva sempre creduto. Non poteva fare più nulla per sua sorella, se non metterla in salvo, ma seguirla senza Kang Jo sarebbe stato impossibile. Una volta raggiunta la Porta Nord avrebbe lasciato che Min Ji partisse con qualche carovana di mercanti.

*

Un giorno mi perdonerai.

Kang Jo si allontanò con i piedi che tremanti affondavano nel terreno informe. Lo stomaco danzò in una ruota di spasmi. Se ci fossero stati altri modi, li avrebbe seguiti, ma quello era il solo che avrebbe messo in salvo sia Min Rin che sua sorella. Lasciarle sole pesava, pesava persino quel briciolo di spirito che era rimasto in corpo, ma avrebbe pesato ancora di più saperle in pericolo perché aveva scelto di non sacrificarsi.

Solo quel giorno aveva trovato la libertà tanto anelata e quel giorno avrebbe conquistato ciò che per tanto tempo non aveva avuto. La scelta sarebbe stata solo sua.

Quando udì passi metallici rimbombare per la via principale di Seorabeol, si fermò. Guardò alla sua sinsitra e vide avvicinarsi una fila di Nangdo con a capo qualcuno che indossava occhi conosciuti, ma estranei. Erano quelli di Seung Hyun che si muovevano su un corpo fasciato di viola. Qualcosa era mutato in lui. I suoi lineamenti erano più duri, affilati, la coda di capelli scopriva un volto contratto. Persino il corpo sembrava più debole, come se avesse subito forti colpi.

Era felice di aver incontrato proprio lui.

«State cercando me?»

Kang Jo sollevò il cappello di carice e lo gettò a terra. Il vento accarezzò i lunghi capelli, spostandoli dietro le spalle.

I Nangdo in viola sfoderarono le spade, ma Seung Hyun con un gesto impedì loro di muoversi.

Seguimi.

La sua fu una silenziosa richiesta, dettata da una sola espressione che il vecchio compagno di infanzia doveva aver percepito. Kang Jo si voltò e iniziò a correre verso la parte opposta della città, lungo i confini delle mura. Dietro di lui si erano scatenati i rombi di stivali metallici che schioccavano contro la terra, tutti solo per lui.

Suo padre doveva aver promesso una lauta ricompensa a chiunque lo avesse catturato. Suo padre, che non era più tale, lo aveva davvero liberato dalla imposizione del sangue. Era ben diverso dal compiere una scelta individuale. Era ben diverso dal prendere una posizione. Il Ministro Choi aveva rifiutato il solo erede che avesse mai avuto, un erede che aveva cresciuto affinché diventasse la sua spada, e ora aveva deciso di estirparlo via come erba cattiva. Un padre simile non poteva essere davvero un padre e se fino ad allora, nonostante tutti i lati negativi, lo aveva amato, sarebbe rimasto ben poco di quel sentimento.

Quando raggiunse la Porta Sud gettò a terra le guardie che cercarono di assalirlo. Persino disarmato, in quel lampo di ultima speranza che aveva, era più forte di tutti loro. Salì fino in cima, spostando via chiunque avesse deciso di ostruirne il passaggio, e si fermò solo quando udì un solo distinguibile passo. Kang Jo si voltò lentamente, con i pugni che correvano lungo i fianchi. Dietro di lui, nel corridoio di muratura costruito così in alto, dove il cielo sembrava tanto vicino, vi era Seung Hyun. Il suo amico, o quello che ne era rimasto di lui, ansimava col fiato stretto in gola. Le gambe tremavano come fosse stata la prima volta in cui avesse inseguito qualcuno. Cosa gli avevano fatto per ridurlo in quello stato?

«Sei stato tu a rivelare tutto, non è così?» gli domandò.

Meritava, almeno, di conoscere la verità.

«Se anche dovessi scusarmi sarebbe ridicolo.»

Gli occhi scuri di Seung Hyun erano annebbiati da una inspiegabile rete di ragnatele, come se fosse invecchiato in un solo istante. Le labbra secche, screpolate, tremavano appena. Segno della malattia da cui era afflitto, o dalla condizione estrema in cui li avevano condotti coloro che li attorniavano.

«Sono d'accordo» sussurrò Kang Jo. Si affacciò dal corridoio murario e gettò uno sguardo in basso. Lì, in profondità, erano rimasti i Nangdo in attesa che il loro capo portasse con sé il traditore. Seung Hyun doveva aver deciso di affrontarlo da solo.

«Non importa quanto sangue verseremo, mio padre non sarà mai sconfitto tanto facilmente, non è così?» insisté Kang Jo, tenendosi fermo su una posizione rigida.

Seung Hyun scosse la testa.

«Non ne abbiamo le capacità, ora.»

«Nè le avremo.»

Dopotutto, Kang Jo sapeva che non sarebbe riuscito in nessun caso a rubare la vita di suo padre. Per quanto si fosse dimostrato ancora di più un terribile uomo, che non meritava di camminare su quella terra, lui non si sarebbe trasformato in un inetto. Era un Hwarang, come aveva sempre sognato di essere, e tradire il proprio padre o il proprio Re non sarebbe stato accettabile. Non rimaneva altro che questo di quella istituzione che aveva tanto amato.

«Ti lascerò andare via» lo incalzò Seung Hyun, facendo un passo avanti. «Mi assumerò la responsabilità, dirò che abbiamo inseguito la persona sbagliata e che non sei mai tornato a Seorabeol.»

Kang Jo sorrise. Nemmeno lui credeva a quanto aveva detto. Entrambi sapevano che una cosa simile avrebbe solo peggiorato la situazione. Le menzogne erano facili da trasformare in verità. Dietro le parole di Seung Hyun, però, sapeva che vi fosse celato qualcosa di più. Era una dichiarazione di puri intenti, di quel tipo di amicizia che non aveva possibilità di sussistere, ma che avrebbe voluto emergere con tanta veemenza, ed era invece soffocata dalle circostanze. Gliene fu grato.

«Dovrei lasciarti addossare tutta la colpa?» gli chiese Kang Jo, mettendo mano alla spada. La tirò fuori e gliela puntò contro. La punta argentea oscillò in un tremolio terribile. «Fra amici le pene si dividono, poiché diventano meno pesanti.»

Aveva detto qualcosa di simile molto tempo fa. Una lacrima scese ad inumidire la guancia. In fondo, non vi era nulla quanto una profonda amicizia che lo rendesse più fiero di se stesso in quel mondo che aveva tentato di bruciarne i resti. Quando montò sul bordo delle mura, impedì a Seung Hyun di avvicinarsi, tenendo la lama verso di lui.

«Kang Jo!»

«Stai lontano» lo intimorì, fingendo di colpirlo. Seung Hyun spostò solo la testa di lato, per non essere sfiorato dalla spada. «Mio padre non placherà la sua ira fino a quando non mi avrà fra le sue mani, ma questo non accadrà mai. Quando saprà cosa ho fatto sarà più incline ad ascoltare qualunque tua richiesta, e allora dovrai intercedere per Min Rin, imponendo che rimanga viva, come mio ultimo desiderio.»

«Scendi da lì, Kang Jo, scendi da lì!»

Seung Hyun allungò una mano verso la sua veste, ma gli restituì un calcio diretto al polso così da allontanarlo di nuovo.

«Sarete al sicuro solo se fuggirete insieme!» insisté, ormai doveva aver compreso le sue intenzioni.

Il cuore batteva così forte, ostinato, lo pregava di non farlo. Kang Jo portò una mano al petto e la chiuse attorno allo strato di stoffa sgualcita.

«Non vi è nulla al mondo che io ami tanto, oltre te e Min Rin, e se questo risolverà la nostra sofferenza: ben venga. Sono disposto a tutto» disse in un sorriso otturato dalle lacrime che vi piombarono senza controllo. «La vita è solo un intervallo fugace, ma se la morte può portare alla vostra salvezza, non sarà una punizione ma una liberazione.»

Seung Hyun afferrò la lama della spada per bloccarlo e tirarlo verso di sé. Kang Jo mollò la presa, così che l'altro cadesse indietro. Stritolò il labbro inferiore in una morsa che lo fece sanguinare.

«Seung Hyun?» mormorò «Prenditi cura di lei, e di te. Nella prossima vita, per favore, rinasciamo ancora come amici.»

«No!»

Le sue grida divennero fumo. Kang Jo si lasciò cadere nel vuoto e il vento lo avvolse in un abbraccio caldo. Era questo che aveva sempre cercato: il vento pronto a liberarlo dalle acque stagnanti. Alla fine aveva mentito: aveva deciso di prendere per sé la punizione per intero, perché talvolta, era così che un amico dimostrava il proprio grande affetto. Prima dello schianto sollevò lo sguardo al cielo. Era limpido, per sua fortuna, sarebbe andato via immerso nella luce.


**
Note: 
[1] Eonni: Sorella maggiore

Non vi aspettavate tanto presto un aggiornamento, immaginavo, ma vorrei pubblicare l'epilogo la settimana prossima, così da concludere la storia nel 2017 e dare inizio a quella principale nel 2018. 
Se siete curiosi di che fine farà Min Ji, potete immaginarla finire in una setta dei pre-Nizariti (setta degli Asassyn di Alamut) - che ovviamente sarebbe molto immaginaria visto che storicamente nascono più in là - o essere salvata da mercanti di Roma. In realtà, la sua figura sarà importante nel sequel, non perché comparirà ma perché qualcuno prenderà il suo posto <3. 

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