Capitolo Undici
Le peonie bruciavano con il loro inesistente profumo. I petali si sollevavano in aria, solo per precipitare in una morte lenta, immersi fra le braci di un pavimento di fiamme. La mano destra di Seung Hyun arse nel momento in cui raccolse i fiori. Non poteva muoverla. Nella camera onirica in cui era caduto anche il suo corpo era stato messo al rogo.
Un incubo.
Gemeva nel principio di sonno. Il sudore bollente colpiva la fronte e i capelli sciolti, intromessi sotto la povera veste di canapa, si attorcigliavano sulla pelle calda.
Seung Hyun non sognava mai, tranne quando si ammalava e ora, segregato a metà in un altro mondo, non sapeva come uscirne. Fra le labbra si incastravano i lamenti e nelle narici continuava a profondersi un odore di metallo. Le mucose si avvulupparono nel fumo. Tossì, non poteva respirare. La gola non faceva che occludersi e nei polmoni si accumulavano fiori. Si lasciò immergere dalle lingue di fuoco.
Solo, chino su se stesso, sarebbe diventato cenere.
Quando il respiro mancò davvero, Seung Hyun spalancò le palpebre e si tirò a sedere. Batté un pugno contro il petto e si rese conto che i polmoni erano liberi. Dai capelli umidi scivolarono alcuni petali di peonie infrante. Leccò le labbra secche, indurite, e si rese conto di trovarsi nella propria stanza, ma la luce non sembrava abbastanza. Era come un tempio abbandonato all'oscurità.
«Seung Hyun!»
Il volto tirato di Baek Soo comparve al suo fianco. La fronte libera, unta di cenere, si mescolava a tracce di sangue, come fosse rivestito di una maschera rituale. Seung Hyun non ebbe la forza di rispondere alla sua esclamazione accorata. La testa era un vortice di dolore. Provò a incrociare le gambe ma si rese conto di quanto fossero molli le membra. Nemmeno quando aveva indossato i sacchi di sabbia alle caviglie, per punizione, era stato tanto fiacco. Non vi era più tensione nelle braccia perché nel momento in cui cercò di sollevarle, tremarono. Le strinse al petto per nascondere tanta debolezza.
Si guardò attorno e lo sforzo arrecò un grave fastidio alla nuca. Ora ricordava. Il ribelle, Goo Myung, lo aveva colpito lì con il vaso colmo di peonie. Strizzò gli occhi per scacciare via la sofferenza che tornò a bruciare.
«Baek Soo» sussurrò, e si accorse che la voce era più simile ad un filo di seta «come sono arrivato qui?»
«Non ricordi cosa è accaduto?»
Seung Hyun sciolse le braccia e affondò le mani fra le vesti di canapa. Le stritolò fra le dita.
«Credo di aver ferito quell'uomo» confessò, sollevando gli occhi al soffitto «ma non ricordo altro.»
Baek Soo si accomodò sulle ginocchia. Raddrizzò la schiena ed annuì. Il suo viso era pallido, le occhiaie racchiudevano una serie di notti insonni. Inoltre, doveva essersi preso cura di lui fino ad allora.
Seung Hyun spinse via il sapore amaro chiuso sotto al palato. Quel ragazzo non faceva che stare attaccato alla sua ombra.
«Lo hai ferito poiché perdeva sangue mentre fuggiva dal Palazzo della Consorte. Temo però che non sia morto, i soldati del Generale stanno ancora perlustrando la città nel tentativo di scovarlo.»
Non poteva rincuorarsi per il fallimento del suo compito, ma al contempo un sospiro di sollievo si intrappolò in gola. Tornò bambino, solo per un istante, quando guardò i palmi ancora troppo piccoli per compiere un omicidio. Lo assalì una paura cieca al pensiero che un giorno avrebbe potuto fare molto più che uccidere un uomo dietro ad un ordine. Scacciò via quell'assurda preoccupazione stropicciandosi le palpebre. Sganciò la fascia dalla fronte e la frangia di capelli coprì la vista.
«Il Generale Kim non è qui?»
Si pentì per non averlo chiesto prima, preoccupato più di se stesso.
Baek Soo schiacciò i denti sul labbro inferiore e arricciò il naso.
«Aigoo» farfugliò «temo che il Generale non farà ritorno oggi.»
«Per quale motivo?»
«Non conosci ancora le dinamiche che intercorrono fra lui e il Ministro Choi. Ieri notte abbiamo ottenuto un onorabile successo ma molti dei ribelli sono riusciti a fuggire, incluso il loro capo. Il Ministro Choi non lascerà passare facilmente questo errore al Generale.»
Seung Hyun boccheggiò. Si voltò verso di lui e aggrottò le sopracciglia. Oh, Baek Soo stava mentendo. Poteva mascherare tutte le sette emozioni di cui ognuno era composto, ma avrebbe sempre scavato fin dentro le sue risate che squarciavano il cielo. Ne avrebbe estirpato le radici.
«Qual è la verità?» lo incalzò, scuotendolo per le spalle.
Baek Soo non osò muovere risposta.
«E' a causa mia» intuì, abbandonando la presa e crollando sul pavimento. «Sì, deve essere così. E' a causa mia se il Ministro Choi sta punendo mio padre. L'idea di incastrare i ribelli all'interno del Palazzo è stata mia ed era mio il compito di farne fuori il Capo.»
«Il Ministro Choi non tollera quando i piani originari non vengono rispettati.»
Di fronte a quella risposta Seung Hyun scattò in piedi. Un rumore di spilli che si conficcano nella testa penetrò fra le pareti del cranio. Coprì le orecchie e cercò di rimanere in equilibrio. Le ginocchia stavano per sciogliersi. Un velo nero coprì la vista solo per un istante, ma non poteva esitare. Anche con la febbre che bruciava nelle vene non sarebbe rimasto a guardare mentre suo padre veniva accusato per colpe non sue.
Sfuggì ai continui richiami di Baek Soo e ai tentativi di riagguantarlo per schiacciarlo a terra. Senza nemmeno cambiarsi d'abito – mostrandosi come era sempre stato, un falso orfano di un insignificante villaggio – sgusciò fuori dalla stanza. La voce del compagno si trasformò in un'eco inutile che si perse fra la carta di riso. Trovò le calzature sulla porta e le infilò durante la fuga.
Quando si tuffò fra le strade di Seorabeol ebbe la sensazione di essere trascinato lungo un fiume. L'acqua, stretta nella sua fantasia, scorreva sotto i piedi. Vi si immerse e questa lo trasportò sulla terra battuta da cui emergevano rocce e buche. Le vie sollevavano polvere di terra secca, arsa dal caldo di un sole troppo forte, si attaccò persino alle vesti. Cadde, rotolando sotto ai banchi del mercato e i venditori lo insultarono come se il suo nome non fosse più stato Kim. Il dolore alla nuca e i brividi che la febbre produceva impedivano ai piedi di trovare equilibrio. Brancolò nel momento in cui un soffio di vento lo aiutò ad alzarsi. I capelli ancora umidi si erano appiccicati alle guance.
Il respiro si spezzò non appena si trovò davanti alla dimora del Ministro Choi. Le grandi porte di ingresso erano spalancate. Il cortile su cui si affacciava l'edificio era pregno di soldati che tenevano la testa bassa.
Suo padre, lo riconobbe subito. Giaceva su una sedia e un paio di corde lo tenevano stretto. Privo dell'armatura, vestito dei soli abiti intimi, guardava verso il portico dove era accomodato il Ministro Choi. Lui, nella sua veste viola d'ufficio, col copricapo legato sotto al mento, mostrava un sorriso molle.
Seung Hyun rimase in disparte solo per un istante. Non poteva credere che a causa sua il Generale avrebbe dovuto patire quell'umiliazione. Il cuore si ribellò contro il petto, impazzito, come se fosse stato colpito da numerosi dardi. Batté le mani sulle guance per scacciare via la febbre che sotto quel sole pareva aumentare sempre di più. La secchezza delle labbra iniziava a sfiancarlo, si pentì di non aver bevuto acqua, di essere piombato lì – all'improvviso – senza un piano d'azione.
Uno dei soldati, che aveva ancora indosso un'armatura unta di sangue, tirò fuori un'asta di metallo intinta di braci ardenti. La base quadrata, incandescente, brillò sotto al sole. Al cenno del Ministro la spalmò sulla coscia del Generale. Il tizzone bruciò la carne per un tempo infinito, inumano, e suo padre abbandonò la testa in avanti. Senza gridare, si limitò solo a serrare i pugni. Aveva troppo orgoglio per mostrare la sofferenza davanti al proprio carnefice.
«Sabunim[1]!»
Seung Hyun gemette al suo posto e rivelò la sua presenza. Raggiunse il cortile e girò attorno alla sedia. Per poco non cadde quando incontrò il volto tumefatto di suo padre. Un occhio era coperto da un livido violaceo. Rivoli di sangue grondavano dalla fronte. E le vesti erano lacere nei punti in cui la pelle era stata bruciata. Scorticata, maleodorante, il sangue vi ribolliva sopra. Il Generale sollevò il mento e quando incontrò i suoi occhi le guance si gonfiarono. Con un gesto del capo lo scongiurò di andare via. Pensava a lui, persino in un momento così critico.
Seung Hyun gli diede le spalle e cadde in ginocchio. Prostrato davanti al Ministro unì le mani e iniziò a strofinare i palmi, come fosse stato davanti ad una statua di Buddha e dei suoi santi. Pregare, non lo aveva mai fatto.
«Daegam[2]» la voce raschiò contro le pareti della gola «risparmiate mio padre.»
Gettò in basso il viso, tanto che le labbra sfiorarono la polvere. Persino con la schiena curva, affaticato, riconobbe la figura capovolta di Baek Soo che si era precipitato all'ingresso della dimora. Solo allora Seung Hyun trovò il coraggio e sollevò il mento, battendo le mani a terra.
«Io e soltanto io sono il responsabile del fallimento della missione. Io e soltanto io devo ricevere la punizione.»
«Seung Hyun!»
La voce tonante di suo padre riempì l'intero cortile, rimbombò contro le mura. Non gli diede ascolto. Il Ministro Choi, ancora seduto sul suo scranno, si limitò a spostare una mano sotto al mento e ad accarezzare il minimo accenno di barba. Comparve un sorriso mellifluo e le sopracciglia si inarcarono in modo estenuante.
«Liberate il Generale Kim, vi supplico» insisté Seung Hyun.
«E' vero» cominciò l'altro, annuendo «che sei responsabile per il fallimento della scorsa notte. Ed è a causa tua se il Generale Kim, ora, è costretto a subirne le conseguenze. Eppure, ne converrai con me, non potrei torturare un bambino.»
Le urla di dolore che suo padre non aveva esternato, Seung Hyun le avvertì tutte dentro al petto. Il terrore di non poter sopportare la carne martoriata, di avere le gambe spezzate, di soffocare con panni imbevuti d'acqua, era devastante. Il sudore inumidì l'incavo di un occhio e gli sembrò una lacrima imposta.
«Se rilascerete mio padre, Daegam, farò tutto ciò che mi chiederete.»
«Che ti serva da lezione, almeno» bofonchiò il Ministro «la prossima volta che proporrai un suggerimento penserai prima ai possibili effetti che ricadranno sulle persone a te care. Dopotutto, il Generale è in grado di sopportare conseguenze che sul tuo corpo sarebbero irreversibili.»
Seung Hyun si inchinò ancora. Non importava quanto il sole battesse contro la nuca, né se avrebbe perso i sensi. Uno strato accumulato di saliva scivolò giù dalle labbra e piombò a terra, creando una macchia simile ad un fiore. Sputò le gocce amare attaccate sotto al palato e chiuse i pugni in segno di protesta.
«Posso sopportarle anche io, Daegam. Lo farò, vi prometto che ne uscirò indenne, ma lasciate che prenda il suo posto.»
Il Ministro, indolente, si erse dallo scranno in un sospiro mesto. Le maniche gonfie si attaccarono ai fianchi e la seta frusciò accompagnata dal vento. Sciolse il laccio del copricapo d'ufficio e lo gettò fra le braccia di uno dei suoi uomini.
«Continuate a torturare il Generale Kim, fino a quando non avrò stabilito la mia decisione ultima» annunciò a gran voce ai soldati, poi si rivolse a lui «seguimi. Se sarai convincente, cambierò idea. In caso contrario, non potrai insistere.»
Il respiro si mozzò e Seung Hyun si alzò frastornato. Non si aspettava una concessione simile con tanta facilità. Si voltò di un quarto poggiando il mento sulla spalla. Suo padre gridò ancora il suo nome, fra l'ira dipinta nei piccoli occhi, ma le urla divennero lamenti quando il soldato impresse il tizzone ardente sulla coscia. Sputò via tutta la raucedine su di lui.
Seung Hyun accartocciò le mani fra loro e salì sotto alla veranda. Prima di entrare, gli parve di vedere un'ombra comparire al lato della casa. Un copricapo azzurro che svettava su un corpo esile e capelli neri illuminati dal sole. Un sorriso sprezzante si delineò sul volto quando capì che poteva essere solo Kang Jo, troppo codardo per comparire davanti a lui. Lo lasciò stare e seguì il Ministro nei corridoi che aveva già imparato a distinguere.
Choi Kwan Go si accomodò nella stessa stanza in cui settimane prima aveva accolto suo padre e Baek Soo. Seung Hyun si sedette davanti a lui solo quando ricevette l'invito. Si accorse allora delle vesti intime con cui si era presentato. Lacere di fumo, con tracce di sangue sui bordi delle maniche e i capelli liberi che scendevano come cascate sulle spalle. Strinse le labbra grandi che tanto odiava e chinò il mento. Una delle domestiche portò l'occorente per il tè e ne versò una parte in due ciotole che consegnò nelle loro mani.
«Si dice che il tè di loto bianco sia così rinfrescante da poter bandire le cinque forme di avidità e le sette emozioni umane» iniziò il Ministro, sollevando la ciotola. «Bisogna riporre un'attenzione estrema durante la preparazione di questo tè, per non danneggiare neppure un singolo petalo e per non permettere che nemmeno un alito della sua fragranza possa andare perduto.»
Seung Hyun affondò il viso nel riflesso caldo e lo assaporò. Il profumo era dolce, appena mordente, ricordava l'odore dei templi buddhisti. Di rado aveva avuto occasione di vedere fiori di loto bianchi. Ne aveva visti sempre rossi, che crescevano negli stagni e nelle risaie.
«Temete di possedere tutte le cinque forme di avidità, Daegam?»
Non avrebbe dovuto porre una domanda simile. Il suo compito era quello di liberare il Generale, non di far scatenare una guerra, ma non poteva tollerare di indossare una maschera e mostrare un viso accondiscendente. Non di fronte a lui.
Il Ministro, contrariamente alla reazione che si aspettava, allungò le labbra in un sorriso. Assaporò il tè con una calma lenta, studiata e posò di nuovo la ciotola sul tavolo rettangolare che li divideva.
«Solo alcune, a dire il vero. Fra cui il denaro e l'estenuante ricerca di onori» confessò, privo di vergogna. Scattò lo sguardo su di lui, così d'improvviso che Seung Hyun mugugnò fra sé. Ne ebbe timore. Vi era qualcosa nel disegno dei suoi occhi che lo scoraggiava. Erano lunghi, scavati nella pelle e la forma ovale del viso lo rendevano affascinante quanto particolare. «Hai davvero intenzione di seguire le orme di tuo padre?»
Seung Hyun piegò le sopracciglia mentre sorseggiava il tè. La febbre che ancora grondava dalla fronte aveva iniziato a spegnersi e un'improvvisa calma si immerse nelle vene. Forse, quell'infuso aveva davvero il potere di calmare le sette emozioni.
«Quale interesse avete nei miei confronti, Daegam, tanto da pormi una domanda la cui risposta ancora non conosco?»
Choi Kwan Go non rinunciò ad un'espressione contrita.
«Non svelare i tuoi pensieri, né le tue antipatie. In questo modo non avrai modo di scoprire quali sono le vere intenzioni di coloro che ti stanno attorno.»
«E come potrei scoprirlo senza un approccio diretto?»
«Non essere il padrone di casa, ma l'ospite. Non avanzare di un paio di centimetri, ma indietreggia di un passo. Questo insegnamento permette di individuare il punto debole del nemico, passo dopo passo, fino ad approfittare del punto debole stesso e diventare solo alla fine il padrone di casa. E' una strategia di mutamento, un progresso che potrebbe esserti utile in futuro.»
«Continuo a chiedermi perché abbiate tanto a cuore trasmettermi insegnamenti di cui dovrebbe occuparsi mio padre, il quale, Daegam, vi ricordo che sta sopportando pene indicibili a causa mia. E sono qui per discutere di questo.»
Seung Hyun posò la ciotola sul tavolo e le mani sulle ginocchia. Le sentiva ancora quelle grida che il Generale tesseva nel cortile della dimora. Le sentiva tutte scorrere dentro.
«Vi è anche il metallo nelle tue vene, non solo l'acqua» mormorò il Ministro, corrugando la fronte. «Ebbene, non posso concedere il rilascio del Generale, a meno che tu non decida di arrivare ad un accordo.»
«Che tipo di accordo?»
«Lavora per me» rivelò Choi Kwan Go, sollevando il mento «da oggi in poi, poni la tua vita al mio servizio.»
Seung Hyun scosse la testa, incredulo.
«Sotto la mia supervisione impareresti la lingua dei Tang, sapresti distinguere il dialetto di Baekje e di Goguryeo, preparare i veleni e i suoi antidoti, persino togliere la vita senza l'ausilio di un'arma.»
«La mia fedeltà è promessa al Generale, Daegam.»
Il Ministro Choi socchiuse le palpebre. Il pugno destro avvolse la seta viola e inumidì le labbra dove ancora vi era traccia del tè.
«Non è fedeltà che chiedo in cambio, non nei miei confronti. Ti sto offrendo la possibilità di scegliere fra il rilascio di tuo padre e la sua morte. Vedi, Seung Hyun, la vita del Generale Kim è ormai da tempo legata alla mia volontà. Se gli ordinassi di commettere suicidio, lui mi darebbe ascolto. E' questo il potere che ho su di lui.»
L'aria si spezzò. La saliva si trasformò in un fluido amaro schiacciato fra i denti. Ecco la ragione per cui il Ministro lo aveva mandato ad uccidere il Capo dei Ribelli. Aveva immaginato – forse sperato – in un suo fallimento.
«Daegam» bisbigliò «sapevate che avrei fallito ieri notte, non è così? Ci ho pensato a lungo, nessun uomo di buon senso avrebbe lasciato nelle mani di un ragazzino l'omicidio di un ribelle, mettendo a rischio le sorti di un intero Regno» la voce tremò fino a spegnersi. Avvertiva le lacrime coprire la vista. Si era fatto ingannare in modo così facile. «Mi avete manovrato, sapendo che non avrei avuto scelta nel momento in cui avreste punito mio padre e ora non posso che dirvi sì, che devo servirvi se voglio salvarlo.»
Ingannato, in modo così semplice. Seung Hyun accavallò le sopracciglia quando una goccia di sudore scese nel mezzo. La testa prese a bruciare, colpita da lame sottili che una ad una si infilavano sotto al cuoio capelluto. La febbre stava tornando. L'aveva solo dimenticata, messa da parte, ma la debolezza del suo corpo non era scomparsa.
«Come potete credere che vi darò ascolto? Non sono nemmeno il vero figlio del Generale» insistè, in un tentativo disperato.
Il Ministro Choi si lasciò andare ad una mezza risata. Le sue labbra erano come la falce di una luna a metà.
«Eppure sei corso qui nel momento in cui hai saputo cosa stava accadendo e vorresti persino essere punito al suo posto. Mi fido della lealtà che nutri nei suoi confronti, nonostante tu, da ora in poi, non potrai tollerarmi. E' un prezzo onesto da pagare.»
Seung Hyun grattò la gola con uno schiarimento di voce. Batté i pugni sulle ginocchia quando un moto di pianto comparve sulle labbra. Lo avrebbe spedito via, nello stomaco che già traboccava di fastidio e torse la lingua sotto al palato. Non aveva scelta. Se non avesse ubbidito a quell'uomo, la vita di suo padre sarebbe stata messa a rischio e lui non poteva abbandonarlo. Non dopo che era stato accolto nella sua casa.
Sollevò lo sguardo, senza stemperare una rabbia folle, lacerante, che per poco non lo portò alla perdita di sensi. Trovò la veste intima macchiata di sangue. Aveva schiacciato le unghie così a fondo nella carne che non si era reso conto delle ferite.
«Da oggi in poi eseguirò ogni vostro ordine, Daegam.»
Si prostrò in un inchino che rasentava il pavimento. Tenne le mani unite e il naso schiacciato contro le assi di legno. L'odore di loto bianco aveva già lasciato le narici. Un'inestricabile sapore di vendetta si introdusse fra le labbra.
Un giorno avrebbe liberato suo padre, e se stesso, da quella schiavitù.
**
Note: [1] Sabunim: Maestro
[2] Daegam: Eccellenza
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top