Capitolo Tre


La dimora del Ministro Choi Kwan Go, agli occhi di Seung Hyun, era mille volte più bella di quella del Generale Kim. L'attenzione riposta all'arredamento, dovuto forse ad un gusto femminile, rispecchiava la volontà di apparire al meglio delle proprie qualità. Di servitori, poi, ve ne erano sicuramente il doppio. Non facevano altro che camminare nei corridoi, senza mai fermarsi, pur nel loro tentativo di essere il più silenziosi possibile. Uno di loro aveva fatto accomodare suo padre e Baek Soo in una stanza, pregandoli di attendere l'arrivo del padrone di casa. Seung Hyun, invece, era stato trascinato dalla parte opposta dell'abitazione. Non si capacitava del motivo per cui suo padre lo avesse portato sin lì, se sarebbero rimasti separati tutto il tempo della visita.

Seduto a gambe incrociate davanti ad un soban, si guardava attorno. Le labbra spinte appena in fuori erano annoiate. Non amava rimanere con le mani in mano, nonostante fosse stanco e accaldato. Inoltre, non era nemmeno solo. Davanti al tavolo di legno sedeva un ragazzino della sua stessa età. Si era presentato come Choi Kang Jo, il primo e unico figlio del Ministro. Quest'ultimo teneva il mento piegato su un libro aperto a metà. I pugni affossati nelle guance e un'espressione incolore. I capelli sciolti sulle spalle erano lunghi e la fronte era circondata da una fascia azzurra, per sollevare via la frangia fastidiosa.

«Hai fame?» gli domandò d'un tratto, spostando verso di lui una ciotola colma di datteri. Non aveva neppure alzato lo sguardo.

«No, non ne ho.»

Aveva più fame di curiosità. Preferiva riempirsi il cervello di informazioni, che lo stomaco di cibo. Almeno questo, al villaggio, lo aveva aiutato a sopportare i giorni in cui i pasti erano mancati.

«Quando si è ospiti di qualcuno non si dovrebbe mai declinare un'offerta, anche se non se ne ha voglia» aggiunse l'altro in uno sbadiglio.

«Oh, non ne avevo idea. Non conosco ancora le buone maniere. Ne prenderò uno, allora.»

Seung Hyun afferrò un dattero e lo infilò fra le labbra. Scoprì che in fondo un po' di fame ne aveva. Non sapeva come comportarsi, né cosa dire o evitare di dire. Per lui quello delle Vere Ossa era un mondo nuovo e poteva diventare pericoloso. Doveva imparare in fretta e il prima possibile.

«Stavo solo scherzando» rise Kang Jo, continuando a leggere. Solo un istante dopo sollevò il mento.

I suoi occhi erano lunghi e furbi. Sorridevano, senza che le labbra li accompagnassero. Allontanò il libro e glielo mise sotto al naso.

«Sono stanco, ti andrebbe di leggere per me?»

«Non so leggere, conosco solo pochi ideogrammi.»

Pesava dire una cosa simile, ma le pagine che finirono davanti agli occhi non avevano un gran senso. Erano segni insignificanti messi in colonna.

Kang Jo batté le palpebre più volte.

«Aigoo, ti invidio! Sapendo leggere, sono costretto a studiare questi libri che mi porta mio padre e ogni sera devo terminarli per esporne il contenuto la mattina dopo.»

«E' così faticoso?»

«Certo che lo è» mugugnò Kang Jo, afferrando un dattero per schiacciarlo sotto ai denti. «Non hai mai avuto un precettore? Sono tutti vecchi e noiosi. Ascolta il mio consiglio: se puoi, non imparare mai a leggere.»

Seung Hyun sollevò il libro con entrambe le mani e lo avvicinò al viso. L'odore era buono e l'inchiostro sembrava ancora fresco. Doveva essere una copia recente. Lo posò di nuovo sul tavolo e ne accarezzò le pagine.

«Non ne so molto, ma non credi che sia più facile apprendere da un libro, da persone che hanno già vissuto un'esperienza, anziché faticare il doppio per arrivare alla stessa conclusione? Tramsettere un sapere è più semplice che studiarlo dal principio.»

Kang Jo arricciò le labbra, che poi si delinearono in un sorriso. Sollevò gli occhi al cielo e sospirò.

«Io ci ho provato a metterti in guardia, ma devi essere uno di quelli portati per lo studio. Se vuoi posso insegnarti a scrivere e avendo tutta questa voglia di ricevere il sapere, potresti leggere i libri per me.»

Seung Hyun inclinò la testa di lato. La coda dei capelli sfiorò la parte inferiore della nuca. Al villaggio nessun bambino della sua età si era mai mostrato tanto gentile, né disposto a intessere con lui una relazione d'amicizia. Vivendo quasi come un orfano, non avrebbe fatto nulla di grande con la sua vita. Ora che invece aveva un nome imponente sulle spalle, il mondo aveva aperto varie strade sotto ai suoi piedi.

«Lo faresti davvero?»

«Sono un tipo onesto, cosa credi» lo rimproverò Kang Jo, rubando un altro dattero dal piatto.

«Te ne sarei davvero grato.»

E lo era. Il Generale, in quel mese di convivenza, non si era preoccupato di istruirlo. Era incline a portarlo con sé al campo d'addestramento, perché diventesse come uno dei suoi soldati. Al contempo, Seung Hyun era convinto che non fosse sufficiente imparare a destreggiare un'arma. L'idea di conoscere il mondo e di vincerlo era allettante. Al momento adatto lo avrebbe pregato di lasciargli frequentare la dimora del Ministro Choi.

Kang Jo si alzò, stirando la veste di seta. Lanciò un'occhiata alla porta foderata di carta di riso. Al di là di essa vi era l'ombra di un servitore, in attesa di ricevere ordini. Sbuffò, avvicinandosi alla finestra rotonda dall'altra parte della stanza. La spalancò e si affacciò, per poi tornare indietro a fissarlo, sollevando un sopracciglio.

«Che fai ancora lì seduto, non vieni?»

Seung Hyun, con le mani stese sulle ginocchia, non capì.

«Venire dove?»

«Devi essere anche poco avventuroso» sospirò l'altro, indicandogli di avvicinarsi «dal momento che hai accettato di mangiare i datteri, e di diventare il mio allievo, puoi considerarti anche mio amico. E cosa fanno gli amici, se non cercare guai insieme?»

Di fronte a quell'incredibilmente insolenza, Seung Hyun spostò via la ciotola di datteri. Non avrebbe dovuto mangiarli. Amico, quale amico! Non si poteva stringere una relazione come quella solo per aver scambiato poche parole. Kang Jo, in sua attesa, si sedette sul bordo della finestra e portò una mano sotto al mento.

«Come preferisci, rimani pure qui. Io andrò a sentire di cosa stanno parlando mio padre e il tuo, ma dubito che al mio ritorno ti rivelerò qualcosa.»

Seung Hyun non potè fermarlo, perché lo vide scavalcare la finestra. Si alzò di scatto e strinse i pugni. Che insopportabile situazione. Da una parte, la curiosità lo stava mordendo dentro; dall'altra, l'idea di essere rimproverato lo scuoteva. Non voleva mostrarsi indegno, proprio ora che aveva iniziato a porre le basi per quella sua nuova vita. Rimase immobile nello stesso punto ancora per un po', ma alla fine non riuscì ad evitarlo. In fondo, sembrava anche divertente.

Corse alla finestra e vi montò sopra per superarla. Piombò sul pavimento ligneo di un porticato che si distanziava da un giardino interno. Kang Jo teneva una spalla attaccata ad uno dei pilastri e sorrideva ancora con quella sua aria furba. Aveva vinto e ne era soddisfatto.

«Lo sapevo che non mi avresti deluso. Dopotutto, non in molti hanno l'onore di diventare miei amici.»

«Se ci scoprono verremo puniti» sussurrò Seung Hyun, sorvolando sulle sue parole.

«Ma verremo puniti insieme e condivideremo la sofferenza. In questi casi credo che accresca il coraggio» ridacchiò l'altro.

Kang Jo portò un dito alle labbra e lo pregò di non parlare. Si voltò e tenendo la schiena curva avanzò sotto il porticato. Seung Hyun si limitò a stargli dietro, attento a dove posizionava i piedi scalzi, per evitare di produrre il minimo rumore. Attraversarono il giardino dove sorgeva uno stagno, al cui interno emergevano fiori di loto. Si era sempre chiesto come una simile bellezza potesse crescere da radici di fango.

Si approssimarono alla riva e vi camminarono attorno. Seung Hyun si fermò solo per specchiarsi nell'acqua scura. La luna vi scivolava dentro, creando luci sulle increspature generate dal vento. Kang Jo, quando si accorse di avanzare da solo, tornò indietro e si affacciò anche lui. Si chinò e raccolse fra le mani una coppa d'acqua.

«Ho sempre avuto paura dell'acqua» confessò, spiando il proprio riflesso nella piccola pozza fra i palmi.

«Perché dovresti averne?»

«E' come mio padre» aggiunse Kang Jo in un sospiro «si adatta e muta, si piega e si riempie, è vita ma è anche morte. Preferisco il vento. Nessuno può imprigionarlo, è sempre presente anche se non lo percepisci, ma può fuggire se lo ostacoli.»

Seung Hyun lo ascoltò senza rispondere. Lo studiò dallo specchio dello stagno. Forse avrebbe avuto paura di lui, un giorno. Dopotutto si era adattato ad una vita non sua, aveva riempito un vuoto e chissà se sarebbe stato in grado di generare la morte. Non ci voleva pensare, ora. Nascere con l'acqua nelle vene non era una colpa, ma il vento, ne era certo, scorreva in quelle di Kang Jo.

Quest'ultimo restituì l'acqua allo stagno, si asciugò le mani sulla veste di seta e si allontanò dalla riva. Seung Hyun lo seguì. Si fermarono davanti ad un altro porticato. Solo da una delle porte scorrevoli brillava la luce di una candela che illuminava tre ombre sedute attorno ad un tavolo. Kang Jo si acquattò all'angolo e forò la carta di riso con un dito. Spiò all'interno, ma dall'espressione del viso non doveva vedere molto. Seung Hyun si sedette lì accanto, incrociando le gambe. Mantenne la schiena dritta e inclinò la testa per percepire qualunque rumore provenisse da lì.

«La Principessa di Gaya, consorte del Re, ha rivelato alla Corte che i soldati di suo padre attaccheranno presto il Palazzo Reale. Si nascondono lungo i confini di Seorabeol, fra le montagne, e temo che alcuni abbiano già superato le mura.»

La voce scura e mitigata che uscì dalla stanza, Seung Hyun non la riconobbe. Era limpida, priva di screzi, ma al tempo stesso profonda.

«Credo di aver trovato il luogo in cui si nascondono, Naeuri [1]» quella voce chiara, invece, apparteneva a Baek Soo. Il tono era serio. «Sono stati accolti in un monastero come superstiti dell'ultima battaglia che ha portato il Regno di Gaya alla disfatta. Sono pochi e dubito che abbiano i rifornimenti necessari per contrastare il nostro esercito.»

Seung Hyun aggrottò la fronte. Aveva udito molte storie, al villaggio, sul Regno perduto di Gaya. Molti avevano preso in odio la consorte del Re, per la sua provenienza. Dicevano che avrebbe portato solo sfortuna al Regno di Silla, che la Principessa di un paese sconfitto era vestita di rancore. Silla aveva travoltato il Regno di Gaya poiché il loro Re si era dilettato nel coltivare la cultura musicale, ignorando la necessità di rafforzare la difesa militare della nazione. Forse, alcuni di loro non si erano arresi. Ma perché la consorte, la Principessa di Gaya, avesse tradito il proprio popolo, Seung Hyun non se lo spiegava.

«Non perdiamo tempo, Naeuri. Se Baek Soo è certo di averli trovati, allora dovremmo entrare nel monastero e disfarci di loro prima che possano raggiungere la capitale.»

La voce di suo padre era possente. Arrivò fin lì come la vibrazione di una corda pizzicata.

Kang Jo continuava a spiare dal piccolo foro nella carta. L'espressione del suo viso era mutata. La cuorisità si era sciolta, trasformandosi in un affanno. Quando si allontanò dalla fessura starnutì così forte che Seung Hyun cadde sul fianco. Il sangue raggelò nelle vene, poiché dalla stanza le voci si spensero. Un'ombra esile si presentò davanti alla porta. La aprì con una tale ferocia che Seung Hyun si accorse in ritardo della spada che Baek Soo aveva sfoderato, e puntava contro di loro. La lama ondeggiava ancora nell'aria, nel tintinnio del metallo. Suo padre accorse sulla soglia, con la mano stretta sul pomo della sciabola infoderata. Quando gettò un'occhiata fuori, e si accorse che non si trattava di spie, ma solo di lui e Kang Jo, sospirò. Baek Soo ritirò l'arma e scoppiò a ridere. Peccato che non ci fosse nulla da ridere.

«Aboji! [2]» esclamò Kang Jo, con le dita sotto al naso per fermare un nuovo starnuto. Si infilò nella stanza e si inginocchiò davanti al Ministro. «Non abbiamo sentito nulla volutamente. Non è colpa di Seung Hyun, l'ho trascinato io sin qui perché volevo mostrargli il giardino, e la casa, anche la casa!»

Seung Hyun rimase sulla soglia. Si rimise in piedi e chinò la testa. Il Generale Kim lo afferrò per una spalla e lo strattonò nella camera, gettandolo ai piedi del Ministro Choi.

«Porgi immediatamente le tue scuse» lo rimproverò.

Sdraiato accanto a Kang Jo, con le mani unite in segno di preghiera, Seung Hyun stritolò la lingua sotto ai denti. Era capitato esattamente ciò che avrebbe voluto evitare. Con la coda dell'occhio scorse l'espressione inalberata del Generale, con le braccia intrecciate al petto. Lo aveva deluso e si era reso ridicolo.

«Perdonatemi, Naeuri, per l'offesa che vi ho arrecato» mugugnò.

Quando sollevò il viso incontrò l'acqua di cui Kang Jo aveva paura. Il Ministro Choi, seduto dietro al soban, non si era scomposto. Era rimasto immobile, con le mani attorno alle ginocchia. Parte dei capelli erano intrecciati d'olio, sollevati sulla testa e stretti da un gancio dorato, mentre altri ricadevano sulle spalle. Le mascelle dure, spigolose, si aprivano su una fronte alta e lunga su cui emergevano un paio d'occhi invisibili. Erano lì, li vedeva, ma non c'erano. Era acqua fredda, gelida come l'inverno.

«Dunque questo è vostro figlio, Generale Kim, il ragazzo di cui mi avete parlato» disse il Ministro, senza badare né alle scuse.

Kang Jo raddrizzò la schiena e gli lanciò uno sguardo rammaricato. Perdonami, dicevano i suoi occhi. Seung Hyun, però, non riuscì a rimproverarlo. Dopotutto, nessuno lo aveva costretto a seguirlo.

«Sì, Naueri. Egli è il mio erede. Avrei preferito che lo conosceste in modo diverso, ma temo che ora lo giudicherete per questa sua scellerata azione.»

Le parole di suo padre lo ferirono. Solo un pò. Non era degno di presentarsi come Kim Seung Hyun. In lui vi erano ancora tracce del ragazzino cresciuto al villaggio dei pescatori. Credere di non essere più tale lo aveva allontanato dallo scopo che si era prefissato: diventare davvero un appartenente delle Vere Ossa.

«Giudichereste scellerato anche Kang Jo?» domandò il Ministro, senza spostare lo sguardo.

«Naeuri, non intendo dire questo» farfugliò il Generale.

«Aboji» mormorò Kang Jo, stringendo i pugni sulle ginocchia.

Seung Hyun li osservò nella penombra della stanza. Baek Soo era rimasto sulla soglia, con le braccia incrociate. La risata era svanita dalle sue labbra. Non doveva essere la prima volta in cui quell'uomo, così potente, metteva alle strette il Generale. E Kang Jo, evidentemente, non doveva amare quello scacco che il padre perpetrava nei confronti di altri.

«Mio figlio verrà punito per le sue azioni» sentenziò il Ministro «ma non si può cancellare un fatto: entrambi hanno ascoltato una conversazione che doveva rimanere segreta. Mi chiedo se io possa fidarmi di vostro figlio, Generale Kim. Terrà la bocca chiusa?»

«Aboji!» gridò ancora Kang Jo, che si sollevò per protestare, ma ad un'occhiata di suo padre piombò di nuovo a terra.

Seung Hyun masticò l'amarezza della saliva. Piegò la testa e la coda di capelli sfiorò la nuca. Aveva solo nove anni, ma il Ministro sembrava temere il mondo al punto da non potersi fidare nemmeno di un ragazzino. Se l'era cercata lui quella situazione e doveva uscirne fuori senza l'intervento del Generale.

«Vi aiuterò, Naeuri. Come avete saggiamente detto: non si può cancellare un fatto. Ormai conosco il contenuto della conversazione, perciò, affinché vi fidiate di me, lasciate che ne entri a far parte.»

«Kim Seung Hyun!» la voce del Generale tuonò in tutta la stanza.

Al suo richiamò lo guardò, pentendosi di non abbassare lo sguardo. La forza per continuare la trovò in Baek Soo, che lo incitò con un cenno del capo.

«In che modo vorresti aiutarci?» lo incalzò il Ministro.

Raccolse un sorso d'aria e lo spinse in gola. Le mani tremarono e la pelle pizzicò sotto battiti incontrollati.

«Non so nulla di schieramenti di eserciti, né di battaglie, ma ascoltando ciò che avete detto ritengo che sarebbe un errore attaccare il monastero. Mettendo a ferro e fuoco un luogo sacro, il nome del nostro Re si macchierebbe di un terribile peccato. Inoltre, svelereste l'elemento che avete a vostro vantaggio.»

Il Generale fece un passo avanti, per tagliare via il discorso, ma il Ministro lo fermò con un gesto della mano.

«Quale sarebbe?»

«Il tradimento della Consorte, la Principessa di Gaya. I superstiti credono di avere il suo supporto ed entreranno a Seorabeol convinti che nessuno sia a conoscenza delle loro intenzioni belliche. Si riuniranno, sia coloro che si nascondono nel monastero, sia coloro che sono riusciti a superare le mura della capitale. Lasciate pensare loro che abbiano la vittoria in pugno, che siano riusciti a penetrare nel Palazzo Reale senza essere scoperti, e allora li circonderete. La sorpresa li destabilizzerà e sarete certo, Naeuri, che nessuno dei superstiti vagherà ancora per Silla.»

Il silenzio cadde nella stanza. Si accorse che Kang Jo lo fissava con le labbra schiuse. Gli occhi lunghi e furbi divennero intrisi di timore. Persino il Generale e Baek Soo non emisero un suono, in piedi sulla soglia. Il timore peggiore, però, fu quando incontrò gli occhi del Ministro Choi. Erano soddisfatti e non era certo che fosse una cosa buona.

«Fate attenzione, Generale, perché ritengo che vostro figlio diverrà il vostro orgoglio.»

Si celava veleno in quelle parole. Seung Hyun lo riconosceva bene. Al villaggio aveva imparato a distinguere le parole cariche di preoccupazione, da quelle sincere. Chinò la testa, nella speranza che quella notte si concludesse presto.


***
Note:

[1] Naeuri / Nari: Termine utilizzato per appellarsi agli aristocratici, traducibile con "Signore".

[2] Aboji: Padre


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