Capitolo Quattro [Parte II]
Seung Hyun sedeva nella sala d'ingresso della dimora, per offrire i saluti mattutini a suo padre. Una domestica aveva accomodato un soban davanti alle sue ginocchia e tutto l'occorrente per il tè. Un rituale che aveva iniziato ad apprezzare solo da poco. Non aveva impiegato molto a comprendere come le bevande andassero versate nelle ciotole, e ora credeva di aver raggiunto una certa eleganza nei movimenti. Suo padre non si versava mai da bere da solo, lasciava sempre ad altri quell'incombenza. Baek Soo, talvolta, passava ore a servire il tè. Quella mattina lo avrebbe versato lui stesso.
Nell'attesa, fece un tentativo. Sollevò la teiera con la mano destra e raccolse la manica larga delle jeogori con la sinistra, per tenerla lontana dalla superficie del soban. Inclinò il contenitore con delicatezza e il tè fluì nella ciotola come l'acqua che cade da una cascata. Non ne versò fuori nemmeno una goccia. Sorrise, soddisfatto della riuscita.
Quando sistemò ogni elemento sul soban, perché non turbasse l'equilibrio delle cose, voltò la testa verso la porta che separava il porticato esterno dalla stanza. L'alba ferì la carta di riso in una luce rosa, candida come i fiori d'inverno. Era così diversa dai raggi freddi, infranti sulle acque del fiume che scorreva accanto al suo villaggio.
Un'ombra vi passò attraverso. Il suono tintinnante dell'armatura lo richiamò. Seung Hyun scattò in piedi e corse ad aprire la porta. Quando si affacciò riconobbe il Generale che – anziché passare da lui – si stava allontanando dalla dimora con passo pesante. In un pugno stritolava una lettera. Svanì dietro le mura di confine con lo svolazzare del mantello grigio.
Seung Hyun gettò un'occhiata indietro, al soban con il tè ormai raffreddato. Quella mattina non l'avrebbero trascorsa insieme, e lui si era allenato inutilmente. Sospirò, senza un briciolo di rammarico fra le labbra. Dopotutto, erano soliti trascorrere quel tempo in silenzio, senza mai scambiarsi un solo pensiero. Il loro rapporto era diventato muto, sottile come la carta, ma più che mai forte.
Richiuse la porta con lentezza misurata e vi appoggiò la schiena. Quando uscì dalla stanza, uno dei servitori lo fermò per comunicargli che un ospite era in sua attesa. Choi Kang Jo – come da lui promesso – si era presentato ad un orario improbabile. Ordinò che lo scortassero in giardino, insieme all'occorrente per scrivere.
Seung Hyun legò i capelli in una coda e si diresse verso il piccolo Padiglione arancione costruito su uno stretto specchio d'acqua. Lo stagno del Generale non aveva nulla a che vedere con quello del Ministro Choi, ma in fondo i salici che vi correvano attorno e lo chiudevano in una morsa verde, lo rendevano un angolo riservato e nascosto.
Kang Jo se ne stava affacciato lì, con una spalla schiacciata ad un palo di legno, su cui correvano pitture scrostate di verde. Suo padre non aveva molta cura della propria dimora e Seung Hyun, non appena avesse ottenuto maggiore potere, avrebbe predisposto di riordinare ogni cosa. L'apparenza, secondo lui, era fondamentale per i membri delle Vere Ossa e più che mai desiderava essere utile.
Quando raggiunse la piattaforma di legno Kang Jo si voltò verso di lui. Sorrise con i suoi occhi furbi, a mezzaluna, la fascia azzurra che separava i capelli lunghi dalla fronte e li gettava sulle spalle.
«Kim Seung Hyun» lo salutò con un inchino.
«Choi Kang Jo» ricambiò la formalità, facendo segno di sedersi.
Ci volle più di qualche istante per accomodarsi sulle assi. Seung Hyun strizzò le labbra sotto ai denti per mordere la fatica. I muscoli delle gambe erano flaccidi, contratti, e qualunque movimento diventava atroce. Non riuscì nemmeno a tenere dritta la schiena, che poco a poco si incurvò. Sarebbe stato un supplizio rimanere immobile l'intera mattina.
«Sei davvero convinto di voler intraprendere questa nuova avventura?» lo stuzzicò Kang Jo, quando i domestici portarono i soban con carta, pennelli e inchiostro. Suo padre aveva approvato di buon grado l'idea del figlio del Ministro Choi, e in ogni caso, non avrebbe potuto opporsi.
«Se hai cambiato idea e non vuoi più insegnarmi non insisterò.»
Seung Hyun si leccò le labbra e trascinò sotto agli occhi il libro che la sera prima il compagno gli aveva consegnato. Avvicinò l'inchiostro e distese meticolosamente la carta sul soban. Intinse il pennello e scelse il primo ideogramma incolonnato, per iniziare a copiarlo.
«Non così» lo fermò Kang Jo, trattenendo il pennello che stringeva ancora in pugno. «Devi imparare a copiarlo dal verso giusto, o ne verrà fuori una cosa diversa.»
Gli mostrò come fare. Kang Jo aveva una grafia elegante, la punta inchiostrata sfiorava appena la carta. Sorrise, appena concluse la dimostrazione e aggiunse: «Se avessi la tua determinazione ora sarei uno dei dotti studiosi benvoluti a Corte, mi chiedo se un giorno ti pentirai di questa scelta.»
Seung Hyun sorrise di sottecchi, senza prestare ascolto alla sua provocazione. Si limitò a copiare i nuovi ideogrammi così come Kang Jo li metteva su carta. Gli mostrò con accuratezza persino i disegni da cui essi provenivano. Era una sensazione nuova, per lui. Fatta eccezione per Baek Soo, nessuno si era mai preso cura della sua istruzione. Persino al villaggio aveva imparato da solo a gettare le reti nel fiume e a cucirle quando si rompevano se la corrente era troppo forte. La debolezza e la malattia di sua madre non lo avevano aiutato.
Infaticabile copiò diverse pagine di ideogrammi, finché il polso non divenne pesante. Quando si voltò verso Kang Jo, perché confermasse i suoi progressi, si rese conto che si era addormentato. Teneva un pugno stretto sotto al mento e le labbra schiuse in un respiro lento. Seung Hyun sorrise, ecco perché improvvisamente aveva smesso di parlare. Kang Jo era come il vento: impossibile da fermare e da catturare.
Si inginocchiò accanto a lui e lo punzecchiò alla spalla con la punta in legno del pennello.
«Mmm» rispose, serrando di più le palpebre.
Seung Hyun insistè, fino a scuoterlo per la jeogori, e Kang Jo finì per cadere di lato. Rotolò su se stesso, trovandosi in ginocchio. Ansimò, spaventato, e prese a guardarsi attorno.
«Sono innocente!»
«Lo credi davvero? Perché un precettore non dovrebbe dormire in un momento come questo.»
Kang Jo creò una smorfia sulle labbra, si rimise seduto con le gambe incrociate e si grattò la nuca.
«Sono un pessimo precettore.»
«Non è così, sto imparendo bene. Se solo non ti addormentassi ogni volta che ti distrai.»
Seung Hyun si impedì di sorridere, per ripagarlo con le provocazioni ricevute prima. Poteva anche non essere il miglior maestro che avrebbe incontrato sulla propria strada, ma non negava di essere contento per averlo lì, per avere qualcuno ad occuparsi di lui.
Kang Jo raccolse le pagine e le impilò, battendovi sopra le mani. Lo squadrò, inclinandò la testa da una parte. Eccolo che già pensava ad altro.
«Posso farti una domanda?»
Seung Hyun annuì.
«Dove hai imparato quello che hai imparato?»
«Non è una domanda molto sensata.»
«Il Generale Kim è considerato un grande soldato di Silla, mio padre si è sempre affidato a lui ogni volta che ne aveva bisogno. Questa volta, però, sembra aver ascoltato il tuo consiglio. Quello che hai detto la scorsa notte, ecco, hai parlato come fossi stato tu un Generale che ha avuto esperienza di guerre e battaglie.»
Seung Hyun sospirò e prese a battere il pennello contro il soban, producendo un rumore sordo. Raddrizzò la schiena, con tutti i dolori che correvano fra le fossa.
«E' solo il modo in cui ho vissuto fino ad ora. Il mondo è una guerra continua, che sia sul campo di battaglia o fuori di esso. Ciò che ho imparato a mie spese è che per sopravvivere bisogna aggirare gli ostacoli, trasformare la forza altrui in debolezza, evitare di lottare se non si può vincere. Trasformi il mondo, quando non hai la forza necessaria per contrastarlo.»
Kang Jo lo ascoltò col fiato sospeso. Le palpebre si erano aperte più del normale e i pozzi neri incastonati nel viso lo fissavano con maggiore interesse.
«Sai, ora mi è tutto più chiaro» sentenziò, strappandogli da sotto il naso il libro di ideogrammi «hai bisogno di divertirti e di esplorare questo mondo che ti ha afflitto così tanto. Ritieniti fortunato: sono il migliore amico che potesse capitarti.»
Seung Hyun fece crollare le spalle in basso quando l'altro scattò in piedi e gli tese una mano. No, eccolo di nuovo che aveva intenzione di trascinarlo in qualche guaio. Gettò una rapida occhiata alle pagine compilate, alle mani macchiate di inchiostro e di nuovo a quello sguardo pieno di vita. Era del tutto inutile che i muscoli ostacolassero i suoi movimenti, poiché il vento poteva scuotere l'acqua. Si lasciò andare, afferrando la sua mano.
«Devo tornare qui all'ora del cavallo[1]» gli disse, nella speranza che questa volta non avrebbe trovato una punizione al ritorno «Baek Soo mi accompagnerà al campo dove mio padre mi aspetterà per i nuovi allenamenti.»
«Torneremo in tempo, non temere.»
La rassicurazione di Kang Jo non era davvero tale, ma ormai non poteva tirarsi indietro. Lo seguì, ancorandosi stretto alla sua ombra.
Quando si immersero fra le vie di Seorabeol, Seung Hyun si rese conto che fino ad allora non aveva mai davvero guardato la capitale per ciò che era. I colori vivi fluirono davanti ai suoi occhi come lanterne che si innalzavano verso il cielo. I banchi che si affacciavano sulle strade erano colmi di tessuti pregiati, gioielli che brillavano quanto il sole, si confondevano al mercato dei banchi più popolari, dove si fruivano le vivande e gli odori pizzicavano le narici. Kang Jo ne approfittò per fermarsi ad acquistare una manciata di datteri e gliene offrì uno soltanto, quando ripresero a camminare.
«Me ne hai offerto uno perché credi che anche questa volta avrei rifiutato?» gli domandò Seung Hyun, inserendolo fra i denti.
Kang Jo annuì, gustando il sapore di quello che aveva assaggiato.
«Uno, perché ti saresti sentito in dovere di accettarlo in ogni caso. Uno, perché se ne vorrai ancora, dovrai soltanto chiedere.»
Seung Hyun sorrise. Il sapore era buono, ma non aveva fame. Non ora che il mondo stava acquistando tutte quelle meraviglie.
«C'è qualcosa che voglio condividere con te» farfugliò Kang Jo.
«Cosa?»
«Il mio sogno» sorrise, legando il sacchetto di datteri alla cintola «seguimi, sono convinto che ti piacerà.»
Era incredibile come Kang Jo fosse in grado di scuoterlo. Nonostante Seung Hyun avesse plasmato la propria vita nella solitudine, i suoi occhi avevano iniziato a vedere a colori. Non era così difficile affiancarlo e correre fra le strade insieme. Si fermarono solo in prossimità del Palazzo Reale, circondato da alte mura. Non si era mai avvicinato lì prima di allora. In realtà, non si era mai chiesto cosa vi fosse oltre quei confini. Il mondo delle Sacre Ossa sembrava precluso, troppo lontano anche solo per essere pensato, ma per Kang Jo, il cui padre aveva familiarità con quella vita, doveva essere ben diverso. Quest'ultimo lo invitò a proseguire lungo le mura, finché su una delle strade principali non passò una fila di giovani uomini.
Le spalle e le gambe erano ricoperte dal metallo di armature leggere, i capelli legati in cima alla testa e stretti da nastri azzurri, su cui sormontavano due antenne luminose. Non erano parte dell'esercito, nonostante sembrassero soldati. I loro volti erano incredibilmente delineati, come se un pittore li avesse dipinti. La bellezza che scivolava nei loro movimenti era simile ad una delle tante poesie che al villaggio nessuno comprendeva. Varcarono una grande porta rossa per svanire dietro a basse mura.
Kang Jo lo afferrò per la manica della jeogori e lo trascinò fin lì. Le mura, per un adulto, sarebbero state facilmente valicabili ma loro non erano abbastanza alti. Un albero cresceva lì accanto, le cui foglie verdi ombreggiavano lungo la strada secondaria che confinava con le mura del Palazzo. Kang Jo vi si arrampicò – e non doveva essere la prima volta – con grande facilità, sedendosi su uno dei rami più possenti. Seung Hyun lo raggiunse, avvinghiandosi alla nodosità del tronco.
Il gruppo di uomini che poco prima aveva visto sfilare fra le strade di Seorabeol si era riunito al centro di un ampio piazzale. Incredibilmente, ne trovò altri. Lo schieramento azzurro era posizionato in un rettangolo sulla destra, seguiti da uno schieramento giallo, rosso e altri colori che formavano un affresco vivo.
«Chi sono?» farfugliò Seung Hyun.
Kang Jo sollevò il mento e mostrò una certa soddisfazione di fronte a quella curiosità.
«I membri delle unità, sono i Nangdo.»
«Unità di cosa?»
«Questa è un'accademia per generali, solo i giovani uomini della nobilità di Silla possono entrare a farne parte. I Nangdo sono i discepoli dei Hwarang, ma la gerarchia è più complicata di così. Ed io un giorno, ne sono certo, diverrò un Hwarang» sospirò Kang Jo, fissando con ammirazione gli uomini all'interno del campo.
«Hwarang» sussurrò Seung Hyun «cavaliere in fiore. Qual è il loro scopo?»
«Difendere il Re e la propria patria. Sono soldati selezionati dalla Corte, bisogna essere intelligenti, forti e ancora più importante avvenenti. Io e te potremmo essere ottimi candidati, non pensi?»
La domanda di Kang Jo lo colpì. Lo aveva seguito fin lì solo per dare un'occhiata ad un sogno, non per condividerlo. Ciò che aveva davanti era solo una chiazza confusa di colori, parole che vorticavano nell'aria e un'impressione che non si era ancora formata. Era troppo, per lui. Il suo sangue aveva da poco acquistato un briciolo d'importanza, come poteva ambire ad un livello così alto. Seguire il Generale e diventare uno dei suoi soldati, questo si era prefigurato, ma diventare un Hwarang sembrava una follia. Di intelligenza ne aveva e se avesse continuato a correre con i sacchi di sabbia alle caviglie sarebbe anche diventato forte, ma avvenente, non era sicuro che potesse considerarsi tale. Si specchiava così di rado che non aveva mai compreso se vi fosse fascino nel suo viso.
«Non credi di essere adatto?» insisté Kang Jo, spingendosi in avanti per cercare i suoi occhi. Quel movimento lo destabilizzò e per poco non scivolò giù dal ramo.
Seung Hyun lo agguantò per una spalla e lo riposizionò in equilibrio. Cadendo da quell'altezza avrebbe rischiato parecchio e non aveva intenzione di riportarlo nella dimora del Ministro Choi in pessime condizioni. Aveva già avuto abbastanza guai.
«O forse non credi di essere bello» ridacchiò Kang Jo, per stemperare il pericolo della caduta «lo sarai, non temere. Anche la bellezza si può costruire. Cambierai idea quando ti mostrerò il miglior Hwarang di Seorabeol. Lo vedi? Lì, si sta allenando da solo. Il suo nome è Park Min Won.»
Seung Hyun seguì il suo indice puntato e capì subito. Colui che aveva colto l'attenzione dell'amico si distingueva dagli altri Hwarang ad una sola occhiata. Indossava una fascia gialla attorno alla fronte e anche le vesti ne imitavano il colore. In un angolo del campo si allenava con la sciabola. Ne affondava la punta in un uomo di paglia. I suoi movimenti, però, erano diversi da quelli che caratterizzavano i soldati di suo padre. Erano fluidi come l'acqua che sguscia fra le rocce, flebili come il vento che sospira fra le foglie, compatti come le pietre della terra, ardenti come le fiamme del fuoco. La sciabola era un prolungamento del suo braccio e il corpo la seguiva in una danza meticolosa. Era poesia, accompagnata dalla musica del metallo.
«Qualche anno fa non era bello così come appare ora. Anche lui era come noi, eppure guarda cosa riesce a creare» sussurrò Kang Jo, avvolto dalla cieca ammirazione.
Seung Hyun batté più volte le palpebre, per fermare quel volto illuminato da sole. Era vero, che fosse bello. I capelli schiariti erano raccolti sulla testa, il viso tondo dal mento allungato conferiva un'espressione severa, addolcita da occhi contaminati da gocce dorate, persino il naso appuntito, anziché renderne sgraziato il volto, garantiva una forma di fascino imparagonabile.
Il suono di un gong vibrò nell'aria. Kang Jo, spaventato, rischiò di cadere ancora ma si aggrappò al ramo con entrambe le gambe. Seung Hyun, come risvegliato da un lungo sogno, scosse la testa. Sollevò lo sguardo verso il cielo e il respiro si mozzò. Il sole splendeva alto al centro. Mancava poco all'ora in cui Baek Soo si sarebbe presentato alla dimora del Generale. Se non lo avesse trovato, suo padre sarebbe andato su tutte le furie.
«Mi sono trattenuto troppo a lungo, se tarderò mi troverò in guai ben peggiori di quelli che ho già avuto» sibilò Seung Hyun che senza neppure salutare scese dall'albero a gran velocità. Piombò a terra strusciando le braccia al tronco nodoso.
«Aspetta! Conosco una scorciatoia che ci farà arrivare prima!» lo fermò Kang Jo, che lo raggiunse.
Seung Hyun, se avesse potuto, avrebbe rifiutato. Non era così sicuro di potersi fidare, poiché anche questa volta se fosse stato colto in flagrante sarebbe stato a causa di Kang Jo. Al contempo, non era ancora pratico delle vie di Seorabeol e avrebbe solo rischiato di perdersi. L'altro lo afferrò per la manica della jeogori e lo trascinò lontano dal campo dei Hwarang. I vicoli della capitale divennero stretti, lunghi e si immersero nei colori più disparati. Scivolarono sotto ai banchi quando i cavalli si intromisero sulle loro vie, per guadagnare tempo, anziché aspettare che attraversassero. Come ladri in fuga i piedi non ascoltavano nemmeno le buche in cui inciamparono, rotolarono e si alzarono insieme, mentre la polvere si intrometteva nella loro vesti di seta. Kang Jo sorrideva con i suoi occhi e Seung Hyun non voleva imitarlo, non poteva. In una situazione simile, dove il cuore aveva preso a divampare nel petto quasi fino a scoppiare, non poteva ridere. Non c'era proprio nulla da ridere. Eppure il filo sottile su cui stavano correndo rendeva tutto più emozionante, il timore di non farcela, che i loro sforzi sarebbero stati vani, lo aiutavano ad aumentare l'andatura. Il vento che spingeva Kang Jo stava trascinando l'acqua in una burrasca.
Quando raggiunsero la mura della dimora del Generale, Seung Hyun si accorse che Baek Soo stava entrando dalla porta d'ingresso. Si fermò all'angolo della strada, il sudore colava sulla fronte e il respiro era ormai compromesso. Kang Jo batté una mano sulla sua spalla.
«Non è ancora tutto perduto, ti farò entrare dalla parte opposta, avrai il tempo di arrivare al giardino.»
«E come?»
Kang Jo lo trascinò dall'altra parte della casa. Si inginocchiò a terra e con un gesto gli indicò di usare la sua schiena come appoggio. Seung Hyun represse un singulto. Nessun nobile avrebbe osato imitare i comportamenti di un servo. Se il Generale li avesse visti, sarebbe stata la loro fine. Eppure, a Kang Jo sembrava non importare quel particolare così rilevante per le Vere Ossa. Pur di aiutarlo, era disposto a farsi calpestare.
«Avanti, cosa aspetti? Finirai per farti scoprire!» lo incitò in un sussurro.
Seung Hyun pestò la lingua sotto ai denti. Si ripulì il sudore dalla fronte e annuì. Montò sulla sua schiena e si arrampicò sulle mura. Prima di scavalcare dall'altra parte, si fermò a guardarlo.
«Grazie» sussurrò, mentre Kang Jo si rimetteva in piedi.
Era la prima volta che Seung Hyun ringraziava qualcuno. Non ne aveva mai avuto occasione. Smise di pensarci subito, appena piombò dalla parte opposta. Batté le mani sulle vesti per scacciare la polvere accumulata e corse nella direzione del Padiglione. Vi scivolò sotto, aprendo alla rinfusa il libro di ideogrammi. Finse di mettersi al lavoro, nonostante l'affanno che bruciava nel petto. Baek Soo lo raggiunse in quell'istante.
**
Note: [1] L'ora del cavallo in astrologia cinese corrisponde alle 11 - 12:59 di mattina.
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