Capitolo Otto (Parte II)

Il cammino che separava la capitale dal villaggio terminò quando sulla pianura secca emersero tetti di paglia, disposti su mura di fango. Le capanne avevano il colore della siccità. Seung Hyun guidò i due compagni lungo una strada di terra battuta. Non osava sollevare la testa. Guardava solo l'ombra del cappello che macchiava i piedi.

Sulla riva del fiume si affacciava un maestoso albero di maehwa, i cui fiori sarebbero spuntati sotto il ghiaccio dell'inverno. I rami affusolati coprivano un gruppo di bambini che correvano attorno al tronco. Sulle radici sollevate sedeva un uomo dalla lunga veste azzurra, scolorita dal tempo. Cantava con la sua voce rauca, graffiando le parole come a volerle trattenere in gola. Vi era malinconia e amarezza di storie vecchie quanto il mondo.

Uno dei bambini più piccoli, per errore, finì contro Seung Hyun. Min Rin e Kang Jo rimasero dietro di lui in un silenzio comprensivo. Il bambino strofinò la manica grigia, consunta, sotto al naso. Quando incrociò il suo sguardo, però, sgranò gli occhi. Lo aveva riconosciuto. Uno squittio spaventato uscì dalle labbra. Tornò in fretta dall'uomo rimasto seduto sui tronchi dell'albero, e si nascose dietro di lui.

Il canto cessò. L'aria si riempì di gelo pungente. L'uomo fece leva sul bastone nodoso, schiacciato contro l'erba secca e si sollevò come una montagna nella sua statura pesante. Seung Hyun cercò i suoi occhi e vi trovò il bianco di ragnatele che velavano la vecchiaia. Le labbra indurite dalla lunga barba si torsero in una smorfia. I capelli sottili come la seta si raccolsero sulle spalle e finirono per toccare la vita.

Vi era disprezzo nella sua espressione. Briciole di un amore perduto, o mai esistito, tessevano le sue mani stanche.

Seung Hyun fece scivolare indietro il cappello per svelare il volto.

«L'odore di morte, tu te lo porti dietro. Infesti la terra come un demone che fa sanguinare le viscere e il cuore.»

Le parole funeste scossero i bambini, che si raccolsero uno ad uno dietro all'albero. Con alcuni di loro ci era cresciuto, ma sempre a distanza. Nessuno aveva mai rivelato il proprio nome, nel timore che avrebbe potuto usarlo per maledirli.

Seung Hyun si inchinò davanti al capo del villaggio. Con la coda dell'occhio riconobbe lo sguardo spaurito che Min Rin e Kang Jo si scambiarono. Ecco perché non li avrebbe voluti lì con lui. E in parte, aveva desiderato la loro presenza per lo stesso motivo. Solo, insieme, erano forza e debolezza.

«Se sei di nuovo qui vuol dire che sei stato respinto dai nobili di Seorabeol. La crudeltà feroce con cui si muovono i tuoi occhi non puoi nasconderla.»

Continuò a tenere la schiena curva. Il sole punse sulla testa con tanta ferocia che il sudore colò dietro al collo. Col rancore ci era cresciuto, ma il cuore aveva imparato a lasciarlo andare. Potevano credere ancora, tutti, che in lui albergasse uno spirito maligno, se avevano bisogno di odiarlo.

«No, Ahjusshi[1]. Sono stato accolto con generosità, e i miei amici sono qui a dimostrare che non sono stato cacciato. Sono tornato di mia volontà.»

L'uomo non li degnò di uno sguardo.

«Non c'è posto per te al villaggio, non più. Non permetterò che i tuoi respiri insozzino l'aria di veleno, dovessi anche vivere come un cane randagio e morire di stenti.»

«Come potete pronunciare parole così malvagie?»

Min Rin avanzò di un passo. Una del suo rango poteva permettersi di non mostrare rispetto ad un uomo di età avanzata cresciuto in povertà, e ne approfittò. I suoi occhi tondi si colorarono di astio innocente. «L'unica persona crudele che vedo qui, siete voi.»

«Ritirate ogni pensiero malevolo e scusatevi per ciò che avete detto fino ad ora» aggiunse Kang Jo, tirando tirando le maniche della jeogori fino ai gomiti, come se si aspettasse di ricevere indietro una bastonata.

Seung Hyun impedì alle labbra di sorridere. Nessuno aveva mai preso le sue difese. Non ne aveva mai avuto bisogno, ma se un amico funzionava in quel modo, aveva errato a non valorizzare l'amicizia.

Il capo del villaggio strinse la mano attorno ai nodi del bastone e tirò su col naso. I bambini nascosti gettavano ancora occhiate disperate.

«La gioventù dei vostri anni vi rende ciechi di fronte alla saggezza dell'esperienza. Le maschere dell'innocenza si scardinano nel momento in cui la vera natura prende il sopravvento. Le vostre parole sono sincere ma presto o tardi lo abbandonerete anche voi.»

L'uomo raccolse un grumo di saliva e la sputò ai piedi di Seung Hyun.

Min Rin lo afferrò per una spalla e lo spostò indietro. Raccolse la sua mano e la tenne ferma nella propria. Era calda, come la volta in cui l'aveva incontrata nella Casa dei Hwarang. Seung Hyun abbandonò la sua presa e si inginocchiò a terra, fra le proteste di Kang Jo.

La treccia di capelli accarezzò la schiena. La frangia cadde sul viso e questa volta non se ne dispiacque. Lasciò che il mento toccasse i fili d'erba.

«Se mi accoglierete, Ahjusshi, vi prometto che vivrò come ho sempre fatto fino ad ora. Non vi ricorderete nemmeno che sono tornato. Vagherò solo di notte e di giorno vi lascerò indisturbati.»

I bambini dietro l'albero irruppero in un grido. Uno di loro, il più grande, corse fin lì e agguantò la tunica dell'uomo.

«Ahjusshi, non potete accettarlo. Se lo farete soffriremo di nuovo a causa sua!»

Il capo villaggio volse un'occhiata protettiva verso il bambino, che accolse con un braccio. Nemmeno Seung Hyun fosse stato un gumiho[2], pronto a rivelare la sua natura demoniaca e a sventrarlo.

«Non c'è posto per te, qui» ripetè ancora «dopo che tuo padre ti ha lasciato a Seorabeol è tornato al villaggio per bruciare la casa in cui sei nato. Voleva eliminare l'influenza negativa che l'aveva macchiata per undici anni, ed è andato via senza guardare indietro. Solo così ha potuto mondare la vergogna ricevuta con la tua nascita.»

Il respiro divenne acre. Seung Hyun sollevò la testa lentamente. Le lacrime affiorarono sotto le palpebre e attraverso quel velo fissò l'uomo, per la prima volta, con rammarico. Kang Jo lo aiutò ad alzarsi quando nel tentativo di mettersi in piedi oscillò. Come un fantasma emerso dal vino versato su un cadavere che brucia, si allontanò dall'albero di maehwa. I bambini urlarono ancora quando attraversò le vie sconnesse del villaggio. Min Rin e Kang Jo lo seguirono senza dire una parola. Le donne affacciate sulla porte delle loro case, appena lo videro, iniziarono a lamentarsi, a maledirlo, a coprirlo di insulti.

Perché quella bestia è tornata?

Nessuna offesa aveva più valore ormai.

Quando arrivò sui confini della sua capanna, trovò solo macerie. Nessuno le aveva portate via. Trasformate in un liquido nero, secco, nascondevano ancora frammenti di legno carbonizzato. Forse, nessuno si era avvicinato per timore che fossero pregne di maledizioni. Di tutta la capanna era rimasta in piedi solo la porta di legno, la carta di riso si era annerita e in parte scomparsa. Sarebbe bastato un soffio di vento per abbatterla, eppure era ancora lì.

Seung Hyun si sedette davanti alle ceneri dell'incendio. Non aveva mai amato quel posto, ma lì aveva vissuto sua madre fra atroci sofferenza.

Mani leggere, calde, si posarono dietro le sue spalle. Min Rin e Kang Jo si sedettero ognuno al suo fianco con le gambe incrociate.

«Per quale motivo credono che tu...»

Seung Hyun impedì a Min Rin di continuare.

«Sia nato sotto una cattiva stella?»

«Che razza di sciocchezze» borbottò Kang Jo in una smorfia.

«Da generazioni la mia famiglia si è occupata di tenere in piedi il villaggio. Mia madre era molto amata, alcuni scherzosamente la chiamavano "mama", la regina di questa piccola terra. Quando mi diede alla luce rischiò di morire. Sopravvisse a stento, ma le sue ossa cominciarono a spezzarsi, come se le avessi manomesse mentre ero nel suo grembo. Più crescevo e più lei si ammalava, diventava debole, finché non smise di parlare. Divenne un'anima intrappolata viva in un corpo morto.»

«E hanno dato a te la colpa?» chiese Min Rin.

Seung Hyun annuì.

«Una mudang[3] che passò di qui, anni or sono, disse che era questo il destino di chi nasce sotto un'eclissi lunare. Col tempo avrei succhiato via l'energia vitale di chi mi aveva messo al mondo, e quando ne sarei stato sazio, avrei iniziato a sottrarla a tutti coloro che mi avrebbero avuto vicino. E come potete vedere, il villaggio ha creduto a queste parole.»

«Eppure non capisco. Se la tua famiglia da tempo si occupa del benessere del villaggio, avrebbero dovuto rispettarti come erede, ma sembra che l'uomo di prima abbia preso per sé tutto il potere.»

«Quell'uomo è mio nonno» sussurrò, la voce si nascose fra le pareti della gola «dopo che mio padre partì per la guerra, e mia madre si ammalò, tornò a prendersi cura del villaggio.»

«Come, come può un uomo trattare il sangue del suo sangue in questo modo?» gracchiò Min Rin.

«Le parole delle mudang hanno un incredibile potere. Credo ci abbia creduto, o semplicemente mi abbia odiato per aver perso la sua unica figlia. Ciononostante, quando ero troppo piccolo per nutrirmi da solo, si occupava di me senza che altri lo sapessero. Non vi è cattiveria in lui, solo ha messo il benessere del villaggio prima di suo nipote, ed è comprensibile.»

«Lo difendi come se non avesse colpe» mugugnò Kang Jo.

«La paura è un difetto, non una colpa.»

«Tu credi alle loro parole?»

«Oh, no. Non ci ho mai creduto. Se non fosse stato per me, molti di quei bambini che avete visto prima sarebbero morti di fame. Senza che nessuno lo sapesse, nei momenti di difficoltà, li ho aiutati nel miglior modo possibile. Se portassi sfortuna davvero, questo villaggio non esisterebbe.»

«Perché non hai lottato contro questa immagine che hanno di te?»

Min Rin portò le gambe al petto e poggiò la testa sulle ginocchia. I capelli caddero in parte sul viso. Ne rimasero scoperti solo gli occhi lucidi, e le labbra gonfie di compassione. Detestava quando qualcuno provava pietà per lui, quando aveva imparato a superare la sofferenza da solo.

«La povertà, le tasse che i nobili impongono, le morti improvvise dei loro figli, sono calamità che hanno bisogno di essere esorcizzate e io sono servito a questo, a prendermi addosso una colpa millenaria.»

«Non capisco perchè tu sia voluto tornare in questo posto orribile» soffiò Kang Jo, scagliando una pietra oltre la porta.

«Odio questo villaggio» sussurrò Seung Hyun. Si ripulì il mento dalla terra che poco prima aveva sfiorato e tirò indietro il viso. «Lo odio davvero, ma dovevo tornare. Ora che sono qui so che -»

Non ebbe il tempo di dar fiato ai pensieri. Il rombo di un tuono ferì le orecchie. Virò lo sguardo al cielo e ingurgitò solo un azzurro limpido. Nemmeno in lontananza, verso le montagne, vi era l'ombra di un temporale. Il suono mutò in un tintinnio di metallo, lento come le percosse di un tamburo.

Min Rin e Kang Jo si voltarono prima di lui e dai loro occhi capì che quello era il rumore di un'armatura. Come aveva potuto dimenticarlo tanto in fretta. Si alzò in piedi e ruotò fino a scorgere la figura che, così alta, oscurava il sole.

Occhi piccoli e stretti lo fissavano con acredine, e con quanta benevolenza. Le sopracciglia imperlate di argento si flessero fino a formare un'espressione più amara. Il Generale Kim era lì, lì per lui. Aveva abbandonato Seorabeol, fosse stato pure per punirlo, ma era lì. Baek Soo stava fermo al suo fianco. La fascia marrone stringeva una fronte corrugata e le labbra, per una volta, avevano cancellato i sorrisi.

Uno schiaffo duro come la pietra piombò sul volto di Seung Hyun. Le dita smisurate del Generale, simili agli artigli di una tigre, rimasero impresse sulla pelle.

Min Rin e Kang Jo sussultarono, ma questa volta non osarono difenderlo.

«Ho commesso un errore» disse il Generale, la sua voce era più scura del solito.

Seung Hyun piegò il mento. Una scia di calore irradiò l'interno della guancia. Quel dolore, in fondo, non sapeva di dolore.

«Perdonatemi se non vi ho portato onore come figlio» sussurrò in un bieco tentativo di anticiparlo.

«Ho commesso un errore» insisté l'altro «poiché ti ho dato un compito arduo, senza curarmi delle tue preoccupazioni. Si suppone che sia compito di un padre proteggere il proprio figlio.»

Se fino a quel momento non aveva trovato il coraggio di guardarelo negli occhi, lo fece solo allora. Le lacrime spuntarono fra le ciglie, ma le cacciò indietro con tutta la forza necessaria. Il Generale Kim interruppe il contatto visivo, e guardò verso le macerie nere.

«Entrambi dimenticheremo questo giorno, come non fosse mai avvenuto. Faremo ritorno a Seorabeol e riprenderemo la nostra vita quotidiana al campo d'addestramento.»

Solo allora Seung Hyun vide comparire sul volto di Baek Soo un sorriso radioso. Quello che era solito contagiare anche il suo umore controllato. Non poteva imitarlo, però. Dopotutto, il peso della colpa avrebbe gravato ancora a lungo.

«E se non vorrai eseguire l'ordine di cui ti ho incaricato: troveremo una soluzione.»

Seung Hyun chiuse le palpebre. I pugni si strinsero in una morsa feroce. Un sibilo simile al canto di un serpente si infilò nelle orecchie. Quanto era stato egoista. Non aveva fatto che scappare, solo per dimostrare a se stesso che non sarebbe diventato un demone, né il mostro che molti credevano fosse. E se invece, diventare il mostro lo avesse liberato dal rancore, l'odio, con cui era stato nutrito? Aveva abbandonato un padre che lo aveva accolto, e che aveva messo da parte la propria dignità per venire a cercarlo. Doveva ripagarlo, in qualunque modo possibile.

«Abeoji[4].»

Quella parola sussurrata ebbe il potere di rafforzarlo. Forse, non l'avrebbe usata mai più, almeno finché non ne sarebbe stato degno.

Non vi deluderò mai più, e farò qualunque cosa mi ordinerete di fare.»

**
Note: [1] Ahjusshi: Signore
[2] Gumiho: volpe a nove code
[3] Mudang: sciamana
[4] Abeoji: Padre

/ E alla fine, fuga o non fuga, il destino ti riporta sempre in riga. Dopotutto, Seung Hyun non era ancora così leale da arrivare ad eseguire un ordine di tale importanza. Abeoji è una parola che userà solo un'altra volta, in un momento particolare, e non in questa storia ma in quella principale (se poi non piacerà mi sentirò male perché ne parlo sempre ahah). La Mudang citata la ritroverete in Tutta la guerra si basa sull'Inganno, perché non è una sciamana qualunque... anzi. E' che amo i collegamenti, sono un po' folle per queste cose.

Non manca molto al termine del primo arco narrativo, molto presto i bimbi cresceranno. Ho già iniziato a scrivere i primi due capitoli di loro tre da adulti, e posso dirvi che Seung Hyun mi è sfuggito dalle mani. Lo immaginavo così asettico che a volte mi spaventavo da sola e invece... lo scoprirete presto.



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