Capitolo Nove

Il nero era incolore, buio, profondo come la notte, senza stelle a raccolta. Ci si poteva sprofondare nel nero e dimenticare tutta la propria esistenza, come cadere nell'abisso di uno stagno.

Lo avevano vestito così, Seung Hyun. Con un fazzoletto scuro a coprire metà del volto, i capelli raccolti sulla testa e strati di cotone neri a oscurare il corpo. In vita pendeva un pugnale la cui fodera anonima batteva contro la coscia. Baek Soo lo aveva aiutato a legare la fascia attorno alla fronte, perché le sue, di mani, avevano tremato per tutto il giorno.

E anche ora che il tramonto era corso via, le dita fremevano. Era la prima volta in tutta la sua vita che la paura lo attanagliava. Col coraggio ci era cresciuto, ma ora sembrava averlo perso tutto.

Rinchiuso nelle stanze della Principessa di Gaya, si nascondeva dietro a un drappeggio trasparente che non bastava a coprire la sua minima statura. In piedi, con la testa bassa, contava i respiri per non perdersi nel tempo che aveva già iniziato a dilatarsi. Le finestre chiuse impedivano di guardare verso una via di fuga. Le decorazioni della camera, i colori vivi e alternati, lo schiacciavano in un vortice di timore.

Era tutto troppo, per lui che era vissuto con niente.

Fermò la mano sul pomo del pugnale. Gli ordini di suo padre non ammettevano errori: il Capo dei Ribelli sarebbe stato accolto dalla Consorte del Re, da lei invitato in segreto, mentre il resto degli uomini sarebbero penetrati indisturbati nel Palazzo. Il Generale Kim avrebbe sguinzagliato i propri soldati per trucidare i portatori di un vessillo perduto, ma lui, lui doveva compiere un semplice omicidio. Tirare fuori la lama e conficcarla in un punto vitale, lontano dalle fiamme della battaglia.

La saliva scivolò in gola, puntuale come il sudore sulla fronte.

Quando il gong nel cortile del Palazzo segnò la fine dell'ora del cane[1], Seung Hyun finì con le spalle al muro. Il suono metallico che rimbombava fra le pareti accompagnò la porta della stanza, che si aprì.

La Principessa di Gaya mosse un passo all'interno. Respinse fuori le dame di corte che l'avevano seguita. Un abito scuro dalle fitte decorazioni in oro le scivolava addosso come acqua. Le maniche larghe si posavano sui fianchi, mentre morbidi capelli neri ricadevano sulle spalle. Solo una treccia posticcia correva sulla testa, su cui brillavano gemme rosse. La dolcezza di quel viso sembrava dipinta dalla mano esperta di un pittore, ma quanta durezza ricamata dentro i suoi occhi lunghi.

«I tuoi respiri pesano come la volta del cielo» lo richiamò, accortasi del suo nascondiglio. «Vieni fuori.»

Seung Hyun allentò la stretta della fascia nera e accarezzò la punta dei capelli. Spostò le tende rosse, ma non abbassò il fazzoletto legato attorno al volto. Lei, nel vederlo, increspò le labbra.

«Sei meno adulto di quanto credessi» mormorò «ed è stato affidato a te un compito simile? Mi chiedo se tu sia incredibilmente coraggioso, o se tu abbia avuto più paura nel rifiutarti.»

Nonostante il tono fosse infervorato, era anche mite.

Seung Hyun non rispose. Si limitò a osservare i movimenti eleganti della donna. Vi era la tristezza di chi si era arreso al mondo. Si sedette davanti al grande tavolo rotondo, dove abbandonò un braccio. In quella posa non vi trovò nulla di regale. La stanchezza aveva vinto.

«Rimani così lontano perché hai paura di me?» lo invitò ad avvicinarsi. Nonostante la giovinezza dei suoi anni, vi erano rughe di apprensione sulla fronte. «Le dame di corte – sebbene ritengano che io non ne sappia nulla - mi chiamano la Principessa delle Peonie. Puoi immaginarne il motivo?»

Seung Hyun coprì la distanza, come le ombre che intessono incubi notturni. Si fermò sotto ai suoi occhi, che appartenevano al Re soltanto. Lei, se avesse voluto, avrebbe potuto punirlo per tanta avventatezza.

«La peonia è così bella che Sakyamuni e Maitreya hanno combattuto su di essa per governare il mondo, ma resta fiorita per meno di dieci giorni» rivelò quanto aveva imparato dai libri letti insieme a Kang Jo. «Hanno vita così breve che talvolta è disperante osservarle, appassiscono in una tristezza gloriosa.»

La Consorte annuì. Sfiorò una delle peonie in sboccio versate in un vaso rosso. La raccolse e la girò fra le dita.

«Fu l'Impertatore dei Tang a inviare le peonie a Silla, ma pur immensamente belle, mancano totalmente di profumo. Vivono appena per concedere al mondo di essere ammirate e poi, come hai detto tu stesso, appassiscono nella loro tristezza gloriosa.»

«Il Regno di Gaya, quello che vi ha dato i natali, è come una peonia. E' appassito troppo presto. Per questo motivo vi chiamano Principessa delle Peonie e, forse, è per questo che avete tradito i vostri sudditi?»

Doveva mordersi la lingua. Baek Soo lo aveva ammonito spesso: non poteva dire tutto ciò che gli passava per la testa. Ancor di più se davanti ad un rappresentante della famiglia reale.

Quegli occhi mesti, però, erano inebrianti. Vi era una lotta continua fra desideri avversi. Se ne incuriosì, voleva capire se davvero il tradimento aveva per doppia faccia la lealtà.

«Dunque sei qui per coraggio» commentò lei, abbandonando la peonia. «Il regno di Gaya è ormai perduto, a causa della debolezza di mio padre. Ciò che muove i ribelli è solo il rancore, ma le loro azioni non permetteranno a Gaya di risorgere. Indebolire Silla, arrivando ad uccidere Re Jijong, permetterà a Goguryeo e a Baekje di diventare più forti. Gaya sopravviverà con me, sotto la luce di un nuovo Regno, ma ho bisogno che Silla rimanga integra.»

La donna allungò una mano verso il suo viso. Seung Hyun le impedì di sciogliere il fazzoletto e si allontanò di un passo. Non voleva essere guardato, non ora.

Rammaricato, chinò la testa in una muta richiesta di perdono.

«Non hai ancora compiuto nulla per cui tu debba sentirti in colpa, ma la colpa già ti scorre dentro. Temi che, non riuscendo nell'intento, tradirai chi ti ha ordinato di venire qui? Temi male, allora, poiché non sono le persone a tradire, ma le circostanze.»

Seung Hyun strinse i pugni. Sollevò il mento e la punta di capelli sfiorò la schiena.

«Un uomo è spinto al tradimento solo quando non è in grado di accontentare entrambe le fazioni avverse.»

La voce si plasmò dal fazzoletto, divenne opaca. A lungo si era sentito tradito. Da quel padre naturale, ad esempio, che aveva seguito l'esercito di Silla, lasciando indietro sua madre, troppo malata per poterlo crescere; da quel padre naturale, ancora, che aveva bruciato l'unica casa in cui aveva trovato conforto in quegli undici anni.

Quando una lunga ombra comparve davanti alla porta, affacciata sulle scalinate del Palazzo, la Consorte lo spinse via. Seung Hyun si celò dietro la tenda rossa.

Un uomo, le cui vesti in cotone erano insozzate di terra, si palesò nella stanza. Le braccia e le gambe erano fasciate da un'armatura fatiscente. La corporatura esile e le guance smunte, su cui cadevano capelli sfibrati, dovevano essere una conseguenza delle perdite di Gaya. La fascia scura che correva attorno alla fronte ne copriva l'altezza. Una spada dentellata pendeva al fianco destro.

Seung Hyun aggrottò le sopracciglia. Doveva essere mancino. O forse no. L'uomo si prostrò davanti alla donna, ma il braccio destro rimase attaccato al fianco. Dunque, doveva essere ferito. Tanto meglio per lui, non tutti i guerrieri erano in grado di usare la mano sinistra.

«Gongju Mama[2]» mormorò il ribelle «le vostre indicazioni sono state precise e i miei uomini sono riusciti ad entrare nel Palazzo senza affanni. Sono disposti nei punti in cui mi avete indicato e appena avrò lanciato il segnale, occuperanno ogni antro.»

La Consorte, rimasta in piedi, annuì. I capelli scivolarono a incorniciarle il viso.

«Permettetemi, Gongju Mama, di onorare la memoria di vostro padre e lasciate che sia io ad occuparmi del Re di Silla.»

Seung Hyun strinse la mano attorno al pugnale. Doveva attendere il momento adatto.

«Goo Myung» intervenne lei, la maniche dell'abito si sfiorarono «la morte di un Re spetta anche al proprio popolo. Non vi è nulla di grande nel lasciar morire un monarca nell'ombra.»

L'uomo sollevò la testa. I capelli arruffati da cui scendevano fili bianchi, nonostante la giovane età, si posarono attorno alle guance. Intorno agli occhi erano disegnate linee nere che rendevano le iridi più piccole e nascoste.

«Gongju Mama, vostra sorella mi ha ordinato di porre fine alla sua vita. E' lei l'erede di Gaya, perciò vi prego di comprendere la mia difficile posizione.»

«Mia sorella è al comando dei ribelli?» sussurrò la Principessa. Cadde sulla sedia, le palpebre si immobilizzarono e le labbra si schiusero in un principio di affanno.

«Sì, Gongju Mama.»

«Dove si trova, ora?»

«Nel monastero fuori Seorabeol, dove abbiamo trovato rifugio. Non ha ritenuto necessario raggiungervi, poiché si fida di voi.»

Goo Myung, il ribelle, si alzò in piedi e si inchinò ancora. Il braccio destro, sgombro di muscoli, rimase attaccato al fianco. Le occhiaie nere si mescolavano al pallore.

Una lacrima, simile ad un cristallo di brina, scivolò sul viso della Principessa. Le guance si illuminarono di un tiepido rossore.

Ecco, qual era il desiderio avverso. Il richiamo del sangue era forte quanto il sangue che aveva scelto. Con eleganza la donna non permise al pianto di salare la pelle e raccolse la lacrima con l'indice destro. Vi soffiò sopra, per scacciarla via.

«Gongju Mama...»

Il ribelle avanzò, costernato dalla sua reazione.

Era il momento adatto. Seung Hyun sputò via tutta l'aria che aveva incamerato e scostò la tenda. Quando si fece avanti, corni di guerra scossero le pareti. Dalla carta di riso comparvero ombre di fuoco che si innalzarono verso il cielo. Il clangore delle spade risuonò in una tempesta di suoni, nuove grida saettarono come impazzite e il Palazzo intero si illuminò, ormai sotto attacco.

Troppo presto.

Il Capo dei Ribelli si voltò verso la porta, sguainando la spada. Il sudore inumidì la fronte alta.

«Siamo stati scoperti» gracchiò «Gongju Mama, dovete seguirmi prima che» si interruppe, piegando le sopracciglia. Una nuova consapevolezza, mascherata da un freddo sospetto, si allineò su di lui.

La Principessa non osò fiatare. La sua espressione divenne una maschera priva di apprensione. La severità incatenava le mandibole contratte.

«Gongju Mama!»

La voce dell'uomo si insozzò di timore. Sulle dentellature della spada chinata si specchiarono i vivi colori della stanza. Il petto si gonfiò, assetato d'aria, e il rancore si immerse nella lucidità di occhi traditi. La Consorte indietreggiò.

«Non è con la vendetta che mia sorella troverà pace. Non posso permettere che distrugga ciò che mi è rimasto!»

«E avete preferito tradire i vostri sudditi e le vostre radici! Eravate la nostra unica speranza, l'unica che abbia scosso i nostri animi pur di riacquistare la dignità perduta!»

La spada si erse in un canto, la puntò contro di lei.

«Se il destino del Regno di Gaya è che perisca, allora perirete con esso.»

Seung Hyun lo raggiunse alle spalle. Gettò via la fodera del pugnale e lo strinse con entrambe le mani.

Troppo tardi.

Goo Myung, nel riflesso della spada, lo vide. Si voltò per puntare la lama contro il suo cuore. Le dentellature sfiorarono il mento.

Seung Hyun fece un passo indietro. La Principessa distese un filo di seta attorno alla gola dell'uomo. Il Ribelle gettò la spada e le graffiò le mani per liberarsi dalla stretta. Boccheggiò, straziato, senza trarre aria. Spinse indietro la donna, incastrandola contro il tavolo alle sue spalle. La Consorte mollò la presa, si trovò col volto schiacciato contro il legno.

Ora.

Seung Hyun cacciò via i respiri di troppo. Forzò le mani sul manico del pugnale. Corse verso di lui e piantò la lama nel fianco, lì dove la sua altezza gli permise di arrivare. L'uomo arrancò, con il metallo infilato sotto strati di carne. Lo sfiorò con una tale rabbia che avrebbe potuto estrarlo senza badare al dolore.

Invece, cacciò un grido e raccolto il vaso di peonie lo batté contro la sua testa. Un dolore acuminante, come aghi conficcati dietro la nuca, si sparse fino a raggiungere la base del collo.

Seung Hyun si inginocchiò, stringendo le orecchie con entrambe le mani. Il rumore della battaglia sul campo esterno mutò in echi pallidi, sempre più lontani. Piombò di lato, agganciando il pavimento con la spalla. Batté le palpebre più volte ma la vista si offuscò. La Principessa giaceva a terra, avvolta dalle sue ampie gonne nere. Il Ribelle strisciò lontano.

Qualcuno raccolse Seung Hyun fra braccia calde, unte di polvere e sangue. Riconobbe il viso di Baek Soo che si era gettato su di lui, sollevandolo dal pavimento.

«Seung Hyun! Seung Hyun, puoi sentirmi?»

Fuoco, ombre, colori che si annidavano fra rumori affusolati. Grida spente, otturate e consumate. Il mondo precipitò in un immenso alone nero.

**
Note: [1] Ora del cane: Dalle 19:00 alle 20:59 di sera.
[2] Gongju Mama: Principessa, Vostra Altezza.

Questo capitolo non è venuto fuori come lo avevo in mente, l'ho scritto a inizio Luglio ma per quanto lo abbia rivisto continua a non convincermi. Ho deciso di pubblicarlo lo stesso, più avanti magari proverò a revisionarlo.

Ad ogni modo, per chi segue "Tutta la guerra si basa sul'inganno", ebbene, vi svelo che la Principessa di Gaya non è altri che la madre di Chung Ho. Sorpresi? :D
In un modo o in un altro lui qui verrà citato. La relazione fra lei e Seung Hyun crescerà molto, qualcuno dovrà pure metterlo sulla cattiva strada, giusto? Più avanti si capirà meglio.
Inoltre, qui c'è il punto di svolta che farà precipitare le cose, e che porterà Seung Hyun a cadere sempre più in basso.
Alla prossima!

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