Capitolo Diciassette

La veste azzurra che Kang Jo indossava scendeva giù con morbidezza. La manifattura non era perfetta, ma che importanza aveva, se poteva vantare di possedere un abito regalato da Min Rin.

Indossalo quando ti sentirai insicuro.

Gli aveva scritto questo messaggio, che aveva trovato in una delle maniche.

Quella ragazza non faceva che disubbidire, insinuandosi nella Casa dei Hwarang, col rischio che prima o poi suo fratello sarebbe arrivato a punirla. Ciononostante, quando Kang Jo la sorprendeva nei corridoi, anziché rimproverarla diventava suo complice. Si nascondevano insieme per spiare le danze dei Cavalieri in Fiore, o per udire i componimenti poetici che Seung Hyun declamava davanti ai suoi Nangdo. E poi la scortava via, tenendola per mano, mentre il cuore si affaticava a battere. Min Rin era rimasta la sola fiaccola ad illuminare il buio che si era costruito dentro.

Una persona saggia, come Seung Hyun, le avrebbe detto di non farsi più vedere nella Casa dei Hwarang, e di non mettersi in pericolo. Ma Min Rin amava vivere in bilico, ed era lì la sua bellezza. Non poteva essere chiusa in casa, né qualcuno avrebbe dovuto spezzarle le ali.

Soffiò via quei pensieri non appena si accomodò in una locanda. Nonostante fosse tramontato il sole, le strade erano ancora vive. Incrociò le gambe davanti a un tavolo rialzato. Si affacciò dalla veranda per adocchiare i vicoli più stretti che si dislocavano fra gli empori che al mattino mostravano miriadi di cianfrusaglie. Uno dei suoi Nangdo era certo di aver visto in quella zona aggirarsi i Ribelli, e da allora non aveva fatto altro che perlustrarla.

La proprietaria della locanda, come ogni sera, posò una scodella fumante sul tavolo.

«Vi ringrazio, Halmeoni[1].»

«Aigoo, sempre la stessa storia» sputò rabbiosa la donna, e lo schiaffeggiò con un pezzo di stoffa unta. «Sono troppo giovane per essere tua nonna.»

Kang Jo non la risparmiò da una risata e incassò il colpo.

«E' così che vorreste sentirvi, Halmeoni, più giovane?»

La donna portò le mani ai fianchi e arricciò il naso. Le labbra smascherarono la dentatura rovinata.

«Dai tuoi abiti si direbbe che tu sia un nobile, quindi perché ti ostini a venire qui quando potresti ingozzarti di carne ogni giorno?»

Di fronte a quella domanda smise di sorridere. La ferita dietro la spalla tornò a pulsare. Non ne aveva dimenticato il fastidio, ma il suo corpo sapeva come reagire quando il cuore si attorcigliava.

Spostò via i capelli dal viso e stese le labbra, per non mostrarsi scortese, o malinconico. Detestava far trapelare la tristezza, quando sarebbe bastato curare la propria mente e le proprie indecisioni.

«Trovo più calore in un pessimo pasto come questo che non nei banchetti che vengono serviti nella mia casa.»

La locandiera gli tirò ancora il pezzo di stoffa sul viso e sbuffò.

«Vedi di finirlo prima che diventi freddo.»

Annuì, lasciandola andare via. Tornò a fissare la scodella, ma quando la sollevò un paio di mani agili la sottrassero da sotto il naso. Sgomento, batté i pugni sul tavolo, pronto a inveire contro lo sciocco che aveva osato arrivare a tanto. Non appena alzò il mento, però, trovò una smorfia disgustata sul viso di Min Rin, la quale aveva appena mandato giù tutta la zuppa.

«Aish! Park Min Rin» la rimproverò «quello era il mio primo pasto da giorni.»

«Ritengo di averti fatto un favore» mugugnò, strizzando un occhio «era davvero orribile.»

Poteva anche avere un sapore disgustoso, ma era la sola cosa in tutta Seorabeol che fosse stato in grado, fino ad allora, di mandare giù con serenità.

«Hai ancora problemi di stomaco, Kang Jo?»

Non osò guardarla in viso. Detestava parlare di un fatto così puramente personale. Eppure, Min Rin aveva la capacità di scavare sotto tutti gli strati che si era costruito addosso. Sapeva esattamente dove era situato il vero se stesso, e non poteva che esserle grato, poiché talvolta anche lui lo dimenticava.

«Perché hai voluto incontrarmi qui?» le domandò di rimando, svicolando la sua preoccupazione.

Min Rin si sedette, ma questa volta fu lei a a spostare altrove lo sguardo.

Era bella anche così, sfuggente. Non si capacitava di come non si credesse bella. Poteva anche avere le labbra estremamente sottili, il mento affilato, e il naso troppo tondo, ma per lui non vi era nessuna ragazza a Seorabeol degna della stessa bellezza.

Le sorrise di nascosto, ammirandone il profilo, mentre accarezzava i lunghi capelli neri che si posavano sulla vita.

«Ti ho chiesto di venire qui per salutarti.»

Quella risposta lo destabilizzò.

«Sei in partenza?»

«Fra pochi giorni andrò via da Seorabeol e tornerò non appena avrò portato a termine i miei compiti.»

La saliva si macerò sotto il palato. Dal giorno in cui si erano conosciuti non avevano mai trascorso troppo tempo divisi, né aveva mai immaginato che sarebbe potuto accadere. Persino nei momenti più difficili e ostili erano riusciti a incontrarsi, mentre ora lei sarebbe andata via, ed era sicuro che non avrebbe fatto menzione del luogo, né dello scopo. Dopotutto, fra loro vi era sempre stato il tacito accordo di non svelare mai troppo sulle rispettive attività familiari.

Si sfiorò di nuovo la spalla, lì dove la ferita pungeva contro la veste.

«Immagino che tu non sia qui solo per questo» le disse, studiando il movimento delle sopracciglia arcuate. «C'è altro che ti preoccupa?»

Min Rin lasciò cadere lo sguardo sulla scodella vuota. Vi passò un dito sul bordo, nervosamente. Ah, ecco. Il problema era Seung Hyun. Cambiava sempre espressione quando pensava a lui.

«Temo che Seung Hyun sia nei guai. Mentre sarò via vorrei che lo seguissi, per assicurarti che sia solo una mia impressione. Ultimamente viene convocato spesso al Palazzo Reale, senza il Generale Kim.»

«Perché dovrei farmene carico?»

Kang Jo strinse le dita in un pugno. Non aveva dimenticato il modo in cui Seung Hyun era passato al suo fianco, il giorno in cui aveva salvato la vita di suo padre, il Ministro Choi. Distaccato, incurante della vergogna che lo aveva fatto inginocchiare a terra.

«Sei suo amico» soffiò lei, improvvisamente adirata. Cambiava così spesso umore, Min Rin, che era tanto facile scuoterla quanto calmarla.

«Ho smesso di esserlo molto tempo fa, e credimi, è un bene per entrambi.»

«Siete così testardi e sciocchi che a volte non vi tollero!»

La sua ultima esclamazione lo portò a socchiudere le palpebre. La spalla bruciava troppo, e il dolore si stava radicando ovunque. Non poteva più rimanere lì, col rischio che lei se ne accorgesse. In più, detestava il modo in cui aveva cura di Seung Hyun.

Affacciandosi di nuovo oltre la veranda, notò qualcosa brillare sotto i raggi della luna piena. Per poco non perse il fiato. Un uomo ammantato sfoggiava al polso un braccialetto di perle.

Il suo.

Non poteva essere...

«Devo andare, ora.»

Congedarsi in quel modo, se ne sarebbe pentito di certo, ma non poteva perdere tempo. Kang Jo saltò giù dalla veranda e senza aspettare le proteste di Min Rin, svanì nei vicoli per inseguire il fantasma in nero.

*

Non poteva che essere il suo braccialetto quello che il fantasma indossava al polso destro. Lo stesso che aveva donato a Eun, nel caso in cui avesse avuto bisogno di lui. Il sapore acre del dubbio si infittì sotto la lingua. Se fosse accaduto qualcosa a quel bambino, che aveva abbandonato con poca sapienza per strade pericolose, se ne sarebbe pentito per sempre.

Si fermò solo quando il mantello nero si infilò in un vicolo. Fili bianchi illuminavano una chioma corvina, spuntavano fuori dal cappuccio pesante. Kang Jo si nascose dietro al pilastro di legno di un emporio, e si affacciò per spiarne i movimenti.

Una freccia scoccata fischiò nelle orecchie. Diretta al centro del suo viso: avrebbe potuto prenderla in pieno, se non avesse fatto in tempo a schivarla. Oltrepassò il pilastro, rimanendo sull'imbocco del vicolo. L'uomo in nero si era voltato verso di lui, gli puntava contro una piccola balestra, carica di una nuova freccia.

«Perché mi stai seguendo?»

«Il bracciale che indossi, non appartiene a te» gli disse, portando lentamente la mano destra al fianco opposto. Doveva essere pronto a sfoderare le armi in caso di necessità.

L'altro avanzò verso di lui, e la luce della luna lo colpì in viso. Gli occhi erano circondati da un trucco scuro, che li rendeva ancora più sottili.

«Se è a te che appartiene, allora ho raggiunto il mio scopo nel trovarne il proprietario» confessò, senza accennare ad abbassare la balestra.

Il dolore alla spalla divenne più feroce. Muoverla sarebbe stato un problema, e tutto perché non aveva trovato il tempo di prendersene cura. Se avesse mostrato quella debolezza, però, sarebbe stato in svantaggio.

«Per quale motivo ti saresti scomodato tanto?» gli chiese.

«Per ringraziare colui che ha salvato mio figlio e...» puntò la balestra, sollevò il pollice sulla molla «per uccidere il figlio di colui che ha spinto il mio regno alla catastrofe» scoccò la freccia.

Non ebbe il tempo di ponderare quella rivelazione, che Kang Jo si spinse contro il pilastro per evitare la freccia. L'urto alla spalla lo destabilizzò. Sfilò dalla cintola due coltelli e si mise in posizione di guardia.

Di tutti i bambini che avrebbe potuto salvare, aveva salvato il figlio di un Ribelle. La sola idea gli contorse le viscere.

«Deve essere stato il destino a farci incontrare, allora, perché sono mesi che cerco di catturare almeno uno di voi. Potrò vendicare le morti che tu e i tuoi avete procurato.»

L'uomo non rispose, e sfoderò la spada per gettarsi contro di lui. Kang Jo si aggrappò al pilastro con la mano sinistra, vi compì un giro attorno e si ritrovò alle sue spalle. Lo spinse via con un calcio al fondoschiena. L'altro cadde a terra, ma si rialzò così in fretta che Kang Jo vide solo all'ultimo la punta della spada che stava per sfiorargli il viso. Incrociò le lame dei coltelli per bloccarne l'avanzata.

Più l'uomo spingeva la lama verso di lui, più Kang Jo la tratteneva, quando giunti al culmine della forza, sfilò di lato per farlo ribaltare. Lo afferrò per i capelli e lo spinse contro il pilastro. Questo, voltandosi con il sangue che scendeva dalle narici, si voltò per sferrare un nuovo colpo. Kang Jo, troppo vicino, non riuscì a schivarlo e la lama finì per segare la veste.

Indietreggiò, toccando il punto in cui era stato sfiorato. Il metallo non aveva inciso la pelle, ma ci era mancato poco.

L'uomo si posizionò davanti a lui, la lama stretta nella mano sinistra. Non era semplice intuire attacchi portati avanti da un mancino.

Kang Jo gli lanciò contro uno dei coltelli. L'uomo lo schivò a stento. Cadde a terra, ma rotolando per tornare in piedi, aveva afferrato la balestra e la freccia era stata scoccata al volo. Kang Jo, trovandosi col peso in avanti, non sarebbe mai stato così veloce da evitarla. Sarebbe finita così, in modo tanto sciocco, e tutto a causa della sua mediocrità.

Chiuse gli occhi in attesa che la freccia lo colpisse, ma al posto di sentire la carne trafitta, udì un mugugno. Quando riaprì le palpebre si trovò davanti Seung Hyun. Aveva il pugno sinistro chiuso attorno alla freccia, la cui punta si era conficcata nello sterno. Lo aveva difeso, diventando il suo scudo.

«Seung Hyun!»

Lui si limitò ad estrarre la freccia, da cui scesero gocce di sangue. Kang Jo strinse il coltello con foga, e fece per slanciarsi sul Ribelle, ma Seung Hyun lo fermò, permettendo al nemico di correre via nel buio del vicolo.

«Lascialo andare.»

«E' uno dei ribelli, se lo catturerò sapremo -»

«Se lo farai te ne pentirai, perciò lascialo andare.»

La voce di Seung Hyun era ferma, e Kang Jo non ruppe la barriera che aveva creato. Inghiottì rabbia quando vide svanire il mantello nero nelle ombre notturne. Una simile occasione non sarebbe più capitata.

Si soffermò davanti alla ferita di Seung Hyun. La punta della freccia non era penetrata troppo, doveva solo averlo scalfito, e lui era rimasto impassibile, come se il dolore non avesse mai fatto parte della sua carne.

«Perché ti sei intromesso?»

Seung Hyun gettò la freccia a terra, e spinse una mano contro lo sterno. Le labbra piene si incrinarono in una smorfia. I suoi occhi lunghi, umidi delle acque più nere, lo fissarono con arroganza.

«Se avessi lasciato morire il figlio del ministro Choi non ci sarebbe stato futuro né per me né per mio padre.»

«E' davvero solo per questo?»

«Cosa vuoi sentirti dire? Che l'ho fatto per l'amicizia fugace che ci ha legati in passato?»

Sì.

Certo che sì. Era questo che avrebbe voluto sentirsi dire. E ammetterlo era persino più doloroso che ricevere una risposta negativa.

Ciononostante, la freddezza di Seung Hyun non lo colpiva più. Non si sarebbe preso gioco di lui ancora una volta, come era accaduto in tutti quegli anni.

Lo afferrò per il bavero della jeogori e lo strattonò.

«Potrai anche ingannare il resto del mondo, Seung Hyun, ma non puoi ingannare me. Se fossi preoccupato solo del bene nei confronti del tuo clan, non ti affanneresti tanto a proteggere Min Rin, o me.»

Lui, anziché dar retta alle sue parole, guardò altrove. Si liberò dalla sua presa con estrema facilità.

«Ragioni nello stesso modo in cui muovi il tuo corpo: sei troppo rapido, e nella rapidità perdi precisione. Per questo, prima, hai rischiato più volte di essere colpito.» disse, affiancandosi a lui. La coda di capelli si mosse al soffio del vento. «Fascia la spalla per qualche giorno, hai perso molta energia interna.» Si posizionò alle sue spalle, e posando una mano sotto la scapola destra vi infilò due dita.

Kang Jo sobbalzò. Ecco perché non riusciva a controllare il dolore tramite respiro: alcune vie si erano bloccate e ora gli sembrava di esser tornato come nuovo.

«Seung Hyun» sussurrò, ma appena si voltò si rese conto di esser rimasto solo.


**
Note: [1] Halmeoni: Nonna 

Non so che idea sia venuta fuori sulla possibile ship, ma una di sicuro si realizzerà nel prossimo capitolo. Perciò... quale sarà mai? Vi lascerò nel dubbio per una settimana <3.

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