Capitolo Diciannove

Quella notte Seung Hyun, anziché circolare per la casa dei Hwarang, sarebbe dovuto rientrare nei dormitori, cambiarsi d'abito e cancellare la ferita sullo sterno. Invece, le gambe lo avevano condotto altrove, verso un filo rosso così teso che si sarebbe potuto spezzare.

Sul confine, accanto alle mura, fu semplice riconoscere le vesti bianche di Min Rin. Era avvolta da uno stretto abbraccio di Kang Jo, come fosse stato un mantello.

Sorrise con un tale sforzo che le labbra si sarebbero potute spezzare. In fondo, non era quella solo la conferma dei suoi sospetti?

Chiuse una mano nella stoffa viola, lì dove batteva il cuore. La Consorte del Re aveva ragione: non aveva ancora imparato a morire dentro. Vi era molto in lui che non aveva saputo reprimere. Il filo che lo legava ad alcune persone era ancora intero.

Min Rin non poteva amare uno come lui, che viveva perennemente in bilico fra scelte imposte da altri. Min Rin poteva amare solo qualcuno del cuo animo sarebbe stata certa, qualcuno di cui fidarsi anche quando la fiducia sarebbe venuta meno. E per quanto Kang Jo fosse stato generato dal Ministro Choi, non aveva nulla di lui.

Se lo aveva sospettato, da tempo, allora perché il dolore aveva iniziato a irradiarsi nel corpo?

Seung Hyun li abbandonò sotto la luce della luna, che si era appropriata della veste bianca di Min Rin. Si rifugiò nelle sue camere, nella parte del dormitorio più solitaria. Non appena varcò la soglia, un accesso di tosse lo immobilizzò. Qualcosa si muoveva nel petto, nei polmoni. E quando il fastidio scomparve, non vi badò più.

«Doryeonim[1]!»

La voce di Baek Soo, più chiara delle fiamme, lo raggiunse. Era seduto a terra, a gambe incrociate, con una smorfia di disappunto.

«Il Generale vi attendeva questa sera ma non vi siete presentato. Sarà in collera con voi se la prossima volta che... Doryeonim?»

Seung Hyun non lo ascoltò. Si liberò della veste viola, sostenendo nuovi colpi di tosse, come se fosse stato infettato da un raffreddore. In abiti intimi, si accomodò sulle coperte distese sul pavimento. Non si premurò nemmeno di slegare la coda, che quella notte era più stretta del solito.

«Doryeonim, siete ferito» lo rimproverò Baek Soo, quando si accorse del sangue che aveva macchiato le vesti.

«E' solo un graffio, domani me ne occuperò.»

Si voltò dalla parte opposta, per non guardare il compagno in viso. Detestava quando riusciva a carpirne i pensieri. Non amava essere guardato dentro. Poi, però, un nuovo accesso di tosse lo soffocò. Si puntellò sui gomiti e curvò la schiena da un lato. Coprì le labbra col dorso della mano, che si macchiò di sangue. La gola si compresse ancora, finché non passò più aria, ma solo un risucchio di dolore.

«Doryeonim!»

Le grida di Baek Soo si persero nel fondo delle orecchie.

Seung Hyun tossì di nuovo, e questa volta insieme al sangue emersero tracce di petali. Batté un pugno al petto quando finalmente tornò a respirare. Fra le mani trovò petali unti di sangue. Petali di crisantemo.

Baek Soo si gettò ai suoi piedi e ne afferrò le mani.

«Doryeonim, da quanto tempo...»

Seung Hyun sciolse la presa e tornò a stendersi, senza preoccuparsi di asciugare il sangue che colava dagli angoli delle labbra. Le lacrime che ne illuminarono la vista erano comparse per il dolore fisico, non per la sua miserevole condizione.

«Non da molto. La malattia è solo nella fase iniziale.»

Il compagno batté un pugno sul pavimento, nella sua insistente richiesta di ascolto. Il viso tondo si trasformò in una maschera di apprensione.

«Dovete farvi curare.»

Un sorriso comparve sulle labbra di Seung Hyun, che leccò via le tracce di sangue.

«Esiste una cura per questa malattia, Baek Soo? Non credo esista, a meno che io non smetta di amare, o la persona che amo non mi ricambi. Cosa che non accadrà mai.»

La malattia del fiore era rara, capricciosa, sfuggente, imprevedibile, ma non ne aveva paura. Se tanto la morte doveva sopraggiungere, sarebbe annegato fra i fiori che più lo rappresentavano. Inoltre, quella malattia avrebbe potuto liberarlo dalle scelte, dalle costrizioni, perciò che importava guarire? Lui non voleva trovare una cura.

«Non farne menzione con il Generale.»

*

Il campo di addestramento, regno legittimo di suo padre, non era mutato così come non era cambiato il Generale Kim.

Seung Hyun osservò i soldati da lontano che impugnavano le armi sotto la supervisione di suo padre. Gli occhi lunghi e stretti fendevano l'aria senza nemmeno dover sfoderare la spada. Il timore che incuteva era degno di un drago. Chi, se non lui, era nato per la guerra e solo per essa? Di rado lo aveva visto indossare abiti che non fossero armature, o stivali pesanti sotto i piedi.

Solo quando intercettò il suo sguardo Seung Hyun coprì la distanza. Lo affiancò, tenendo le mani dietro la schiena, mentre il resto dei soldati continuava ad allenarsi davanti a loro.

«Temevo di aver dimenticato la forma del tuo viso» lo rimproverò il Generale con voce rauca. «Da quanto tempo non mi onori con la tua presenza?»

Nonostante suo padre avesse serrato i pugni, non lo guardava. Così di rado si perdeva nei suoi occhi.

«Merito una punizione per le mie mancanze, Sabunim, ma oltre ai miei doveri di Hwarang tento di accontentare le richieste del Ministro Choi.»

Come lui, dopotutto, aveva desiderato che facesse. Poteva forse contestare il volere di un padre che lo aveva accolto nella propria casa, rendendolo erede di una degna casata?

«E questo fa nascere in te un sentimento di pentimento?»

Seung Hyun sorrise appena, chinando la testa verso i propri stivali. Come al solito, il Generale non vedeva nulla oltre la punta del suo naso. Era semplice, quanto ostinato, e aveva già superato da tempo il suo intelletto.

«In quanto membro del clan Kim non è mio compito porre dubbi, ma è bene che io esegua ciò che mi viene ordinato di fare. Se arriverà il giorno in cui sarete stanco del Minsitro Choi...»

Il tentativo, anziché incoraggiare la conversazione, fu interrotto da un brusco mormorio del Generale. Si voltò verso di lui, con le mani chiuse sotto ai fianchi.

«Quel giorno non arriverà.»

Ed era esattamente ciò che Seung Hyun temeva. Quanto ancora avrebbe potuto resistere sotto quel massacrante giogo di scelte?

Le palpebre calarono e le mani affondarono nella seta viola.

«Io e il Ministro Choi condividiamo un unico grande sogno: vedere il Regno di Silla unificato a Goguryeo e a Baekje» continuò il Generale.

Un sogno deleterio, fatto di sangue. Unificare la penisola dei Tre Regni per contrastare gli edotti Tang, e forse anche per controllare il dominio dei mari contro la terra di Nihon. Seung Hyun, che era vissuto in un mondo piccolo, avrebbe voluto solo servire la propria famiglia.

«Sono venuto qui per salutarvi, Sabunim[2]. Partirò per Chang'an oggi stesso» cambiò sbrigativamente discorso.

Suo padre si limitò ad annuire, mentre una smorfia cresceva sulle labbra.

«Dimenticavo che in questo periodo ti dirigi lì per continuare il tuo addestramento. Dunque, ci rivedremo quando i crisantemi fioriranno di nuovo.»

Annuì, e si inchinò con doveroso rispetto. Si congedò, voltandosi solo dopo qualche passo. Le mani si strinsero in pugni serrati. La lontananza da Silla, almeno, lo avrebbe aiutato a schiarire le idee.

Seung Hyun uscì dal campo di addestramento, pur con il sapore amaro sotto il palato. Prima di andare via, però, vide una donna avvicinarsi. Un copricapo giallo faceva ombra sul viso, su cui scorreva un lungo velo trasparente. Non avrebbe badato a lei, se non lo avesse fermato per un braccio.

«Sono così irriconoscibile?»

La donna sollevò il velo e si affacciò dal pesante copricao. Un sorriso divertito si delineò sulle labbra, nel suo solito moto canzonatorio.

«Seguimi.»

Non ebbe il tempo di replicare, che Min Rin lo afferrò per la manica della jeogori, trascinandolo sulla strada principale. Si fermò solo sotto ad un albero, posto al centro di un crocevia. A poca distanza da lì vi era un carro, su cui se ne stava seduto un uomo dal volto coperto da un cappello di carice, e un bambino annoiato.

«Stai partendo per Chang'an?» gli domandò Min Rin.

«Domani mattina raggiungerò il porto, tornerò solo alla fine della stagione, come ogni anno.»

Min Rin sollevò il velo e lo sistemò sul copricapo. Persino rintanata fra quelle ombre il sole vi passava, come se fosse stato richiamato dal suo bel viso. Nonostante da bambina non fosse mai stata così bella, le forme erano mutate fino a trasformarla in una ragazza apprezzata da molti. Persino le sue labbra, troppo sottili, che tendeva a chiudere spesso sotto ai denti, erano per lui motivo di fascino.

«Speravo di salutarti in tempo. Partirò anche io, ma non so quando ci rivedremo.»

Seung Hyun piegò le sopracciglia. L'infiammazione ai polmoni si agitò appena, ma governò il principio di tosse.

«Dove sei diretta?»

«In un posto meno lontano del tuo» confessò, abbassando lo sguardo. Quando lo rialzò, la tristezza ne permeò l'espressione. «Vieni con me, Seung Hyun. Non riesco ad andare via a cuor leggero sapendo che tu rimarrai qui. Vieni con me, lascia tutto il resto indietro.»

Seung Hyun studiò il pallore del suo viso, le occhiaie di chi aveva trascorso una notte insonne. Solo poche sere prima quel viso era stato sfiorato dalle mani di Kang Jo. L'idea di non poter fare altrettanto lo torturava, ma non era uno sciocco. Non si sarebbe fatto avanti, conoscendo la risposta.

«Sai che non posso, Min Rin.»

Lei schiuse le labbra e portò le mani ai fianchi.

«Il tuo nome non è nemmeno tuo, Seung Hyun. Saresti libero da questo peso, dal Minsitro Choi, e mio padre sono certa che troverebbe il modo di accoglierti.»

Forse, se quella richiesta fosse giunta prima, al momento adatto, ci avrebbe riflettuto. Ora non poteva tornare indietro.

Seung Hyun le afferrò una mano e la strinse nella propria.

«Tu tradiresti il tuo nome solo per far fronte a un desiderio personale?» le chiese.

Min Rin, i cui occhi si erano gonfiati di lacrime, scosse la testa. Sorrise di fronte a quel gesto, ancora infantile. Si avvicinò, sollevandole il mento. Lei dovette provarne timore, nonostante si fosse immobilizzata, con la schiena incastrata contro il tronco dell'albero. Seung Hyun si spinse in avanti e la baciò all'angolo delle labbra. Un tocco leggero, sulla pelle, più vicino alla guancia.

Il cuore tremò e i polmoni si caricarono di nuova sofferenza.

«Prenditi cura di te, Min Rin.»

Le diede le spalle, allontanandosi da lei in fretta, perché non potesse corrergli dietro. E non lo avrebbe fatto. Sapeva che quel gesto l'avrebbe lasciata senza fiato.

Nell'incamminarsi lontano da lì, un accesso di tosse lo scosse. Dalle labbra uscì un rivolo di sangue.

**
Note: [1] Doryeonim: Signorino
[2] Sabunim: Maestro
Chang'an è la capitale dell'Impero Tang. 

Quella di Seung Hyun è visibilmente una Hanahaki Disease, una malattia immaginaria nata dal manga "La ragazza dei fiori", che poi ha spopolato moltissimo in altri campi. E' la malattia dell'amore non corrisposto. 

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