La seconda paura
Wolfram era pronto a girare la maniglia, secondo i suoi conti Sophie avrebbe dovuto ormai essere riuscita a superare la prima delle sue paure; sperava con tutto il cuore che il "Teletimorviaggio" avesse funzionato, ma, vista la sua bravura nel combinare pasticci, non poteva esserne poi così sicuro...
Fece un respiro profondo e si decise: sentì un sordo cigolare, poi lo sportello della macchina si aprì e vide davanti ai suoi occhi la piccola Sophie.
Bastarono lo sguardo della bambina e il sorriso che portava in volto a fargli comprendere che aveva funzionato, era riuscito davvero a mettere in moto quell'ammasso di ferraglia.
Non c'era in quel momento uomo più felice sulla terra del vecchio Wolfram, che col cuore colmo di gioia strinse in un abbraccio Sophie.
"Wolfram ci siamo riusciti, è stato incredibile; ero in un bosco e poi mi sono ritrovata davanti un lupo, sembrava tutto così reale! Ma come hai fatto? Mi ero addirittura dimenticata di come potessi trovarmi lì!"
Non si reggeva quasi più in piedi dall'emozione e così Wolfram si adagiò su uno sgabello, in realtà leggermente spostato rispetto al vecchio, che così si ritrovò a gambe all'aria. Una risata riempì la stanza, seguita dallo sbuffare dell'inventore:
"Perdindirindina, lo sgabello era sempre stato qui! Va beh, insomma, Sophie, tornando all'invenzione, ricordati che quello che vedi sono solo immagini che la macchina crea nella tua mente, nulla di tutto ciò è reale..."
"Lo so, ma sembra tutto talmente vero che è impossibile pensare che siano solo immagini finte. Ad ogni modo, Wolfram, la tua invenzione ha funzionato e adesso i lupi non mi spaventano più."
"Bene, ne sono felice... Sei stata bravissima. Per ora comunque hai affrontato solo la prima delle tue paure. Sei pronta per la prossima?"
"Certo! Sai che non vedo l'ora di tornare a casa."
Wolfram riempì un bicchiere d'acqua e lo porse alla piccola Sophie; si tirò su gli occhiali che erano scivolati sulla punta del naso e la osservò mentre beveva tutto d'un sorso.
"Okay, cominciamo!"
Sophie entrò nuovamente nella macchina e Wolfram, dopo aver chiuso lo sportello, girò la manovella.
*
Nero: cupo, profondo e pauroso nero, il colore che per Sophie più rappresentava la paura. Non vedeva nient'altro, solo quel terribile buio. Nessun rumore, solo il suo respiro affannoso e il battito accelerato del suo cuore.
Quante volte nella sua cameretta non era riuscita a prendere sonno per colpa del buio; in quei momenti solo le fiabe della mamma avevano potuto farla sentire tranquilla. Ora però era sola: chi avrebbe potuto aiutarla? Si alzo e cominciò a camminare senza meta; cosa fare? Si guardò intorno: a destra solo buio, a sinistra anche, ma dietro?
Un brivido la attraversò: c'era una piccola luce. Corse verso quel bagliore che poco alla volta diventava sempre più chiaro; era la luce di una lanterna e c'era qualcuno a portarla, ma ancora non riusciva a capire chi.
Si avvicinò ancora e la vide: un abito rosso ampio e un mantello di velluto, due occhi azzurri come il ghiaccio e un sorriso che sprigionava speranza.
Quando la vide, la ragazza posò la lanterna e si inginocchiò; il vestito si allargò in un cerchio frusciando sul pavimento.
Sophie era ormai davanti a lei quando si tolse il mantello dal capo e ricaddero sul viso della giovane lunghi capelli dorati; solo allora Sophie notò brillare sul capo della ragazza qualcosa: era una corona.
"Ciao mia dolce e piccola Sophie, io sono Iris, la principessa dell'Isola di Smeraldo. Per affrontare una paura devi capire cosa della paura stessa ti fa più paura."
Detto ciò, Iris scomparve e Sophie si ritrovò nuovamente sola.
Cosa significavano le parole della principessa?
"Cosa del buio mi spaventa di più?"
Sophie ci pensò e poi giunse alla conclusione che ciò di cui aveva più paura era che a un certo punto qualcuno di spaventoso le comparisse davanti. Allora le bastò convincersi che attorno a lei non c'era nessuno, e così il buio non le sembrò più così terribile.
Poco alla volta iniziò a guardare tutto quel nero da una nuova prospettiva e il battito del suo cuore iniziò a rallentare. Un sorriso si dipinse nuovamente sul suo volto: anche la seconda paura era ormai passata. E così il nero poco alla volta si colorò e diventò l'interno del "Teletimorviaggio."
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