Capitolo 5
«Cosa?»
Entrambi gli uomini espressero quasi contemporaneamente il loro sbalordimento, cosa che la divise tra il sentirsi divertita e infastidita.
Lanciò una prima occhiata perplessa alle sue spalle, dove Marco continuava a fissarla sgomentato, per poi voltarsi verso Biagio.
«Cosa trovate di strano?»
Biagio sgranò gli occhi, per poi scuotere la testa con decisione. «No, niente, solo credevo non fossi interessata...»
«Una donna non può cambiare idea?» lo interruppe, mettendo le mani sui fianchi, con aria decisa. Ma poi rammentò che quello sarebbe stato il suo futuro capo e quindi cercò di darsi una calmata.
«Ho pensato e riorganizzato la mia testa e credo che se voglio ricominciare la mia nuova vita, devo andarci a piccoli passi» spiegò, cercando di mostrarsi umile, professionale, senza rivelare troppo. «Vorrei avere un'occasione, se me lo permetterai...»
«Aspetta» la fermò Marco, afferrandola per un braccio. «Sei sicura della tua decisione? Non è un lavoro d'ufficio dove siederai sulla tua scrivania» le ricordò, ottenendo un'occhiataccia in compenso.
«Ti rammento che sono venuta qui, con le intenzioni di fare la pasticcera. Credi che non abbia compreso la mia situazione?» lo sguardo di Sofia era più che mai deciso e Marco non poté fare altro che alzare le spalle.
Biagio, che fissava entrambi ancora stupito, batté le mani tra di loro non appena comprese di poter intervenire. «Bene! Sei dentro la squadra e come membro avrai delle tue occupazioni e ovviamente avrai i tuoi giorni liberi e...»
Sofia stette ad ascoltare ogni informazione, fino a che il suo sguardo non cadde sul botanico. La sua fronte era corrucciata, ben felice della cosa, pensò la donna con ironia e un po' di fastidio ad essere sinceri.
Pensava che dopo averla aiutata la sua opinione nei suoi confronti fosse migliorata.
«Bene questo è tutto, per ora» continuò a parlare Biagio, non accorgendosi che la sua nuova dipendete fosse distratta «e ovviamente non vedo l'ora di vederti all'opera con i dolci.»
«Oh, ci puoi scommettere» mormorò, riportando l'attenzione sull'uomo. «Ho diverse ricette in mente e non vedo l'ora di impararne altre della zona.... »
S'interruppe allorché sentì la porta alle loro spalle chiudersi. Marco era uscito.
«Ehm, scusami Biagio» mormorò la donna, guardando la porta «ma devo andare, ci aggiorniamo più tardi e...»
«Va bene così, Sofia. Puoi cominciare domani alle otto» la interruppe Biagio con un sorriso di comprensione.
Sofia annuì sorridendogli, per poi correre fuori.
Vide Marco poco lontano camminare a passo veloce.
«Hey!» gli urlò la donna, cercando di raggiungerlo. «Aspettami!» ma Marco non pareva averla sentita, o forse l'aveva ignorata di proposito.
«Accidenti a te Marco, rallenta. Non posso correre con queste scarpe» gli disse col fiatone, non appena fu a pochi passi da lui.
«Allora non farlo» le consigliò Marco. Almeno le aveva parlato.
«Ma perché sei arrabbiato?»
«Chi ti dice che sono arrabbiato?»
«Ehm non so, forse il fatto che sei andato via senza neanche salutare?» gli rammentò, per poi guardarsi in giro, sentendosi osservata.
Effettivamente parecchia gente li stava osservando. Accidenti!
«Marco per favore, fermati e parliamo. La gente ci fissa!» lo informò, agitando le mani esasperata.
«Forse se evitassi di seguirmi la gente non lo farebbe.»
«Forse se evitassi di camminare e ti fermassi e parl...»
L'uomo, sorprendentemente, si fermo e per poco lei non gli sbatté contro.
Sofia emise dei sospiri profondi, sollevata di potersi fermare. «Ti ringrazio... adesso, vorrei sapere...»
«Devo fare la spesa.»
Sofia sgranò gli occhi, per poi guardare alla sua destra notando che erano di fronte al super market del paese.
«Adesso devi fare la spesa?» Sofia si tratteneva a stento dall'urlargli, mentre l'altro le lanciava uno sguardo innocente. «Credo che preparerò un pasticcio di carne» la informò entrando per poi prendere un cestino.
«Mi stai prendendo in giro?» gli urlò a quel punto Sofia, seguendolo dentro e il vederlo così preso sull'etichetta di un surgelato la rese ancora più furiosa.
«Ascolta, capisco che non mi trovi idonea come vicina e forse ti preoccupa anche il fatto che Anna mi trovi simpatica, ma credimi non sono una minaccia.»
L'uomo continuò con i suoi acquisti, come se quello che le stesse dicendo non fosse così importante, quando invece Sofia credeva fosse essenziale.
«Sono una donna abituata a stare in città, è vero, ma la mia permanenza qui non influirà sulla vita di Anna, a prescindere se siamo vicini di casa. Giuro che non la inviterò mai a giocare fuori, okay?» cercò anche di ironizzare, ma sembrava non fare effetto sull'uomo.
«Mi piace Anna. La trovo una ragazzina adorabile e intelligente, hai fatto un bel lavoro con lei, nonostante la mancanza di una madre.»
Questa volta, poté vedere una reazione nell'uomo, un irrigidimento improvviso l'aveva smascherato e ciò voleva dire che la stava ascoltando, eccome.
«Sei un uomo in gamba» continuò lei. «Non mi capita spesso di associare le due parole insieme, quindi sii onorato» rise, ma notando la sua espressione cupa, smise in fretta. «Bè volevo solo che ascoltassi queste parole. Non farò niente che possa in qualche modo far male ad Anna.»
Sofia rimase per qualche secondo ferma lì, ma notando l'indifferenza dell'uomo indietreggiò per poi voltarsi e andare.
«Sofia»
Quest'ultima si fermò, inclinando leggermente la testa verso l'uomo che finalmente si era deciso a parlare.
«Forse, una volta ogni tanto, ti darò il permesso di giocare con Anna.» La frase di Marco, resa in modo spiritoso, per Sofia fu segno di una pace definitiva e di accettazione.
Gli sorrise. «Grazie.»
Il lavoro in un pub era più duro di quanto si potesse immaginare.
Fin dal mattino, si ripulivano i banconi e il pavimento, si annaffiavano le piante e i fiori, controllo della dispensa e adesso la preparazione dei vari dolci.
Proprio in quel momento arrivò Crist con delle buste piene di prodotti.
«Ecco a voi signorina» disse il ragazzo, scostando una ciocca tinta di viola dagli occhi. «Controlla che non ti manchi niente, non ho intenzione di uscire un'altra volta.»
Sofia rise di gusto, mentre svuotava i sacchetti. «Hai paura di rovinare l'acconciatura?»
Lui le lanciò uno sguardo serio. «Ovviamente! Sai quanto ci metto ogni mattina a sistemarli?»
«Non posso immaginare la fatica.»
«No, direi di no, a giudicare dai tuoi capelli» l'accusò l'altro, attirando così l'attenzione della donna che lo fissò sorpresa. «Cos'hanno che non vanno i miei capelli?»
«Stai scherzando vero?» Il ragazzo alzò un sopracciglio, perplesso. «Sei seria? Continui a mantenere un'acconciatura così... seria!»
«Lo prendo per un complimento.» Sofia alzò le spalle, per poi mettere istintivamente, una mano sui capelli in quel momento acconciati strettamente in alto. «Non sono così male» si difese alla fine, con una punta di dubbio insinuato dentro di lei «e poi siamo quasi a luglio e fa caldo. Così sono comodi e non mi danno fastidio a lavoro...»
«Se vuoi essere bella devi soffrire un po', mai sentita questa frase?» la interruppe il ragazzino.
«Bè immagino che mi basti la mia dose di sofferenza giornaliera» mormorò, prendendo il suo cellulare, cercando varie ricette.
«E sarebbero?» domandò Crist, incuriosito.
«Avere a che fare con un ragazzino che non fa altro che ricordarmi quanto sono vecchio stile, per esempio» rispose con tono pragmatico.
«Ha, ha, ha» Crist emise una finta risata, facendo divertire l'altra. «Su, su ti racconto qualcos'altro di Milano, se vuoi.»
Il ragazzo alzò le spalle. «E cosa? Non credo che Milano possa nascondermi più nulla, mi hai raccontato tutto ciò che è possibile sapere» disse, aggiustandosi delle spille col nome di una band inglese a lei sconosciuta. «So persino che università frequentare dopo le superiori.»
Sofia poggiò gli avambracci sul bancone, incuriosita. «E sarebbe?»
Crist la guardò, sbalordito dall' inutile domanda. «L'università di moda e design, ovviamente!»
Ovviamente. Sofia trattenne un sorriso lanciando un'occhiata all'anziano uomo seduto da quella mattina in uno dei tavoli, vicino alla finestra.
Biagio le aveva detto che l'uomo veniva spesso lì e stava tutto il giorno a gustare cibo e vino, dedicandosi ai suoi fogli dove lo vedeva scrivere pagine intere. Chissà cosa c'era scritto. Non sapendo come comportarsi, aveva evitato di avvicinarsi all'uomo.
Dalla porta della cucina ne uscì in quel momento Lena, con un vassoio pieno di panini riempito oltre modo, di vari ingredienti.
«Ecco qui, pronti per il pranzo» disse esponendoli nel piccolo espositore.
«Non sono un po' troppo... abbondanti?» provò a dire Sofia, ricevendo un'altra occhiata sgomentata.
«Ma li hai visti i paesani? Potrebbero persino mangiare te, se avessi addosso della maionese.»
«Oh, bè sarebbe meglio allora che ti aiutassi a farne degli altri allora, se voglio sopravvivere...»
«Sta tranquilla, ne ho preparati altri in cucina» la fermò la donna, mentre si adoperava a esporli.
Sofia la fissò, impressionata dalla sua velocità. «Sei veramente in gamba, prepari tutto in poco tempo e sembri anche ben organizzata.» la lodò.
«Si deve essere così» intervenne Crist, mentre finiva di spazzare, «quando si è solo in tre a gestire un locale.»
«E lui?» chiese, indicando con il pollice, l'uomo seduto vicino alla finestra.
«Lui è un bonus» emise improvvisamente Lena, causando l'ilarità generale.
Sofia, dopo aver passato del tempo con loro, stava cominciando a comprendere il duro lavoro che vi era dietro una attività, cosa che non aveva mai notato quando lavorava in una azienda dove i dipendenti erano in centinaia, così tanti da non riuscire a ricordare il nome di tutti e ognuno aveva un'unica mansione.
«Siete davvero grandiosi, io non credo che ci riuscirei» ammise alla fine Sofia.
«Perché dici così?» domandò la donna, guardandola con serietà. «Infondo stai lavorando qui per poter pian piano risistemare la pasticceria di tua nonna. Questo non è da sottovalutare.»
«Forse, ma non è così semplice» disse Sofia, un po' scoraggiata.
«Niente è semplice» le disse Crist, con tono annoiato. «Quando abbiamo aperto il Ritrovo, non abbiamo avuto molto supporto, anzi quasi nessuno credeva potessimo farcela. Ma guardaci ora?» disse indicando con la mano l'ampio spazio. «Adesso il ritrovo è un punto d'incontro di diversi turisti e non solo.»
Lena rise, di fronte alle parole di Crist. «Il migliore!»
Sofia rise di gusto, sentendosi molto meglio. Forse davvero la determinazione poteva essere un'arma potente e non da sottovalutare.
La porta d'entrata si aprì in quel momento, sovrastandola con il suo corpo. «Hey, va tutto bene qui?»
Biagio, come sempre sorridente, aveva in mano una cassetta piena di barattoli, come la prima volta che l'aveva visto.
«E' quasi raro vedere quei due da soli senza litigare» commentò l'uomo a Sofia.
«Non dovremmo litigare, se il ragazzino non mi rubasse la tinta ogni volta che l'acquisto.» Si difese Lena, prendendo il contenuto della cassa.
«Se l'acquistassi anche per me, non dovrei rubartela» aggiunse Crist, con tono infastidito.
«Per sentire la ramanzina dei tuoi un'altra volta? No grazie.»
Sofia, incuriosita, si voltò verso Crist. «Ai tuoi genitori non piace il tuo modo di acconciarti?»
Per la prima volta, da quando lo conosceva, il suo sguardo divenne scuro e serio. «Ai miei non piace niente di ciò che riguarda me.»
Sofia si trovò inizialmente senza sapere che dire, di fronte a quel tono duro, ma non poté domandare altro giacché una voce femminile e delicata chiamò il suo nome. «Sofia!»
Alla soglia, vide un' Anna sorridente, ancora con lo zainetto addosso.
«Ciao Anna» la salutò, raggiungendola. «Sei andata a scuola?»
L'altra annuì «Era l'ultimo giorno, da oggi sono ufficialmente in vacanza!»
«Forse dalla scuola, ma non dai compiti.»
Sofia alzò gli occhi, incrociando lo sguardo color verde muschio, insieme alla solidità del suo corpo asciutto.
«Oh papà» mormorò la bambina in tono lamentoso. «Non rovinarmi la festa!»
«Qualcuno ha detto festa?»
Biagio si avvicinò al trio e non appena seppe che per Anna era finita la scuola, emise un suono entusiasta. «Bisogna festeggiare!» detto ciò, la prese in braccio, che per una bambina era come stare su un palazzo alto cinquanta piani, dato che si trattava di Biagio, o anche di più.
Sofia rise nel sentire la risata gioiosa della bambina mentre veniva trasportata dagli altri due.
«Non vedeva l'ora di venire qui.»
la voce di Marco, le rammentava la sua vicinanza. Non che se ne fosse dimentica, era abbastanza difficile non notarlo.
«Davvero?» Chiese sorpresa.
L'altro alzò le spalle larghe, evidenziate da quelle camicie a scacchi che sembrava tanto amare l'uomo.
Personalmente li aveva sempre odiate, ma adesso le trovava sexy.
Sexy? Sul serio?
Non che non lo avesse notato, aveva sempre ritenuto Marco un bell'uomo dall'inizio e nemmeno l'antipatia nei suoi confronti era riuscito a togliergli quell'aria da uomo sexy, figuriamoci adesso che il loro rapporto era diventato più amichevole. Davvero sexy... basta Sofia! Riprendi gli ormoni impazziti, donna!
Nel frattempo Marco, ignaro che la sua mente stesse facendo fuochi d'artificio, continuò a parlare.
«Sì, penso che si sia affezionata a te.»
Quella frase la riportò alla normalità. Si voltò verso Anna che in quel momento si trovava seduta sul bancone insieme a Biagio, mentre rideva di gusto nel guardare Crist che veniva colpito con la mano da Lena.
«Davvero?» Sapeva di sembrare un' oca ripetitiva, ma era davvero sorpresa.
Non sapeva se i bambini le piacevano o se a loro piaceva la sua compagnia, poiché era la più piccola della famiglia e il suo lavoro non era proprio adatto alla compagnia di piccoletti. Come le cene fuori per lavoro e le feste aziendali.
Ma il sapere che Anna provava già dell'affetto per lei la faceva sentire... emozionata.
«Scusami, ma mi hai colto alla sprovvista» ammise alla fine all'uomo. «Io non ho mai avuto a che fare con i bambini.»
«Questo si chiama, dono naturale» le disse l'uomo, sorridendo divertito alla sua espressione. «Come va invece con l'elettricità? Ho visto che sei ancora al buio, quindi ho supposto fossi tuttora in quelle condizioni.»
«Questo invece si chiama, destino crudele» scherzò la donna, alzando le braccia.
«L'elettricista non ha ancora avuto modo di raggiungere casa tua?» domandò l'altro, stranito.
«Oh, alla fine ho deciso che avrei fatto tutto da sola» asserì in tono vago Sofia, sotto lo sguardo ancora più perplesso dell'altro. «Tu? Oltre ai tetti te la cavi anche con l'elettricità?»
Questa volta toccò a lei alzare le spalle. «Oh sai, guardando su internet... un filo va collegato a un altro e così via...» buttò lì.
Marcò inarcò un sopracciglio castano. «Hai discusso con l'elettricista» intuì.
«Moltissimo!» Ammise alla fine Sofia, mettendo le mani sul viso. «Non appena mi ha detto che avrebbe ritardato qualche altra ora per prendere delle attrezzature, di cui non ricordo nemmeno il nome, gli ho detto dove poteva infilarsele...» gemette, per poi scostare le mani. «Non credo che tornerà tanto presto, quindi se qualcuno ne avrà bisogno, date pure la colpa a me.»
Marco rise senza riuscire a trattenersi, cosa che seccò la donna. «Non è per niente divertente! Sono destinata a sentire perennemente l'odore della cera.»
«Scusami» mormorò l'altro, senza riuscire a trattenere del tutto la risata. Ma non appena incrociò lo sguardo infastidito della donna, cercò di smettere. «Comprendo che non sia facile» bisbigliò.
«Stai ancora ridendo!» l'accusò la donna, sconcertata.
«Ma, no!»
«Ma se sei rosso come un peperone.»
«Va bene, va bene!» Marco fece un respiro profondo. «Ho smesso, giuro» disse sotto lo sguardo sospettoso della donna.
«Che ne dici se provo a dare un'occhiata al tuo impianto?» Propose alla fine, ottenendo uno sguardo sconcertato. «Cosa...»
«Ma sì, non si tratta di sistemare da cima a fondo una casa nuova. Darò un'occhiata all'impianto e vedrò dove sta il problema. Certo se per te non è un....»
«No!» urlò quasi la donna «No, assolutamente nessun problema. Va bene stasera?» Si rendeva conto di star quasi per supplicare il suo vicino, ma poco le importava se poteva gettare nella differenziata quelle maledette candele.
«Perfetto, allora vada per stasera» acconsentì.
«I due laggiù, si renderanno conto della nostra presenza?»
La voce di Crist, gli ricordò che non erano soli e che diverse teste erano voltate verso di loro.
«Prima o poi» aggiunse Biagio.
Entrambi si voltarono verso il gruppetto, che in quel momento li stava fissando con sguardo ironico, mettendo entrambi in imbarazzo.
«Sapete, papà e Sofia adesso sono amici» l'informò Anna, entusiasta, l'unica innocente in quel gruppo di imbecilli.
«Oh ma davvero?» Lena, lanciò ai due un'occhiata di sottointesi, mentre quest'ultimi si avvicinavano a loro.
«Sapete? Siete peggio delle pettegole in parrucchieria» scherzò, anche se non del tutto, Sofia.
«Oh, se così, faremo a meno di voi per la nostra gita.» Lena lanciò uno sguardo alla bambina, ridendo sotto i baffi.
«Di quale gita state parlando?» Chiese incuriosito Marco, quanto Sofia.
«Si avvicina agosto» parlò Crist, con entusiasmo crescente «e anche le vacanze, quindi pensavamo di andare una domenica di queste alle cascate del Rio Verde.»
«Cascate del Rio Verde? Non credo di conoscerle» disse Sofia, incuriosita.
«Le Cascate del Verde sono le Cascate Naturali più alte d'Italia» la informò Marco. «il percorso è impegnativo, ma ne vale certamente la pena.»
«Perché non ci siamo mai andati, papà?» domandò, con tono offeso Anna. Eppure avevano più volte percorso le boscaglie del luogo insieme.
«Il percorso non è di certo facile da seguire ed è a quasi mezz'ora di strada a piedi. Non pensavo fossi ancora pronta, piccola scout.»
Sofia era tra l'emozionata e preoccupata, non avendo mai fatto campeggio o scampagnate in vita sua. Non sapeva cosa aspettarsi, ma era felice di essere entrata quasi involontariamente in un gruppo di amici, togliendola dalla desolazione di solitudine da quando era giunta lì.
Incrociò lo sguardo di Lena, che le sorrise. «Domani, in pausa , provvederemo al tuo guardaroba. Credo sia arrivato il momento di cambiare anche quello.»
«Non prima di aver acquistato degli scarponi» aggiunse Sofia, con finta serietà. «Ho già perduto diverse paia di scarpe e non ho intenzione di perderne altre.»
Erano già le dieci passate, quando Marcò bussò alla porta di Sofia.
Sapeva che al pub, a parte il weekend, i loro orari erano più flessibili. Gli era bastato dare un' occhiata fuori e vedere la sua bici per capire che era in casa.
«Arrivo!»
La voce della donna sembrava affannata.
Poco dopo sentì il rumore di qualcosa che cadeva e un' imprecazione. Silenzio.
Che fosse morta sul colpo?
«Maledizione!»
No, era sopravvissuta, dedusse l'uomo, per poi averne conferma dal suono dei suoi passi.
La porta finalmente si aprì e poté vederla in tutto il suo splendore... quasi.
Si era messa il pigiama con roselline rosse su una base bianca, l'unico capo colorato che avesse.
I suoi capelli erano umidi e un pettine fucsia risaltava sul capo, in mezzo a quella massa bionda.
«Ehm, hai qualcosa...» disse ironicamente, segnando con l'indice sopra la sua testa.
«Già, stavo cercando di pettinarli quando sei arrivato. Dello sciroppo di amarene mi è caduto sopra la tetsa, mentre stavo prendendo un arnese, ho fatto un movimento brusco e così....»
Marco dovette alzare le mani per interrompere quel fiume in piena. «Sono qui come temporaneo elettricista, no come confidente.»
Sofia gli lanciò uno sguardo infastidito, lasciandogli spazio per entrare. «Prego, vai in fondo al corridoio e poi troverai una porta e lì...»
«Trovo lo scantinato, lo so, ci sono già stato» la informò Marco, anche se si diede dell'idiota nello stesso istante, consapevole che avrebbe scatenato la ovvia domanda. «Sei già stato qui?»
Marco fece un sospiro interiore. Ma in fondo non c'era nulla di male se ne veniva a conoscenza.
«Ho già avuto modo di dare un'occhiata all'impianto elettrico di questa casa, tempo fa.»
Era stato dopo la morte del nonno di Sofia.
La signora Vitali era sola e così indifferente alla cosa, come se ormai non le importasse nulla se ci fosse luce o buio, che lui non aveva avuto cuore di lasciarla sola in quel momento.
Da quel giorno, aveva compreso di aver trovato un' alleata.
«E io che pensavo che fossi un vicino scorbutico che cerca in tutti modi di non interferire con la vita degli altri.»
La voce della donna lo riportò al presente e il suo sguardo vagò un po' in giro, rendendosi conto di essere circondato da candele. Faceva quasi paura.
«Almeno la mia casa non assomiglia a quella della famiglia Addams.»
«Oh» fece un finto gemito la donna, mentre lo superava per aprirgli la porta dello scantinato «questo è un colpo basso.»
Marco prese una delle candele per farsi luce prima di scendere. «Non quanto il voler uccidere qualcuno con dei tacchi a spillo.»
«Touchè.»
Marcò dovette fare attenzione a diversi oggetti sparsi in giro, con la poca luce a sua disposizione, prima di raggiungere il contatore.
«Non hai pensato di acquistare delle torce?»
«Troppo costose prenderne tante. Le candele non sono inquinanti e se prendi quelle profumate, rilasciano un odore piacevole.»
«Sì, quella di carne bruciata. Lo sai quanto hai rischiato?» Le domandò, sinceramente preoccupato che le potesse succedere qualcosa, con tutte quelle candele in una casa vecchia come quella.
«Oh credimi conosco il rischio» ribatté l'altra, << l'ho scoperto dal giorno in cui ho rinunciato a tutto per venire qui.>>
<< E ancora mi domando il perché>> mormorò l'altro, mentre cercava una luce elettrica nella borsa degli attrezzi.
<< Adesso, se permetti, mi dedico in pochi minuti a risolvere il danno che avresti causato per un bel po' di ore.>>
Sofia sbuffò, mettendo le mani incrociate sul petto. << Frase tipica da maschilista.>>
<< Frase tipica di una femminista>> rimandò con lo stesso tono sarcastico di cui ormai stava abituandosi.
<< Sta tranquilla conosco l'impianto.>>
Sofia fissò la schiena dell'uomo, incuriosita. <<Come fai a conoscerlo?>>
<<Oltre al fatto che sono quasi tutti simili?>> A quella frecciatina, Sofia stava per rispondere a modo, convinta che la stesse ancora prendendo in giro. Ma venne interrotta dalla frase successiva, che la sbalordì.
<<Sono già stato qui.>> Rivelò l'uomo, deviando alcune verità, continuando a lavorare. <<I tuoi nonni ebbero un problema con lo stesso impianto e, anche se pensi che tutto vada contro di te in questo paese, anche loro ebbero problemi con l'elettricista di turno. Ma almeno i tuoi nonni ebbero la saggezza di chiedere aiuto al loro vicino di casa.>>
Per l'ennesima volta, Sofia rimase sorpresa nello scoprire un altro aneddoto del rapporto di vicinato con i suoi nonni.
Era sempre più vogliosa di sapere altro, sul loro rapporto, ma era ben consapevole che non avrebbe ricevuto altre informazioni da quell'uomo così introverso.
Dovette ammettere che la sua curiosità andava oltre a quello. Si chiedeva se i suoi nonni avessero conosciuto la defunta donna dell'uomo o se avessero avuto modo di parlarne.
Guardandolo, nonostante la poca luce, vedeva le sue spalle ampie insieme al suo corpo asciutto e le venne difficile immaginarselo un giovane ragazzo già sposato e con una figlia piccola di cui occuparsi. Si chiese se prima fosse stato un ragazzo gioioso e con un sorriso spontaneo, probabilmente molto innamorato della moglie per decidere di sposarsi così giovani.
Marco si alzò spolverandosi le mani sui suoi jeans. «Dovremmo aver risolto il problema>> spiegò, mentre riponeva la lampadina, riportando la donna al presente.
<<Non dirmelo, finalmente rivedrò la luce>> scherzò, anche se il suo tono esprimeva un po' di sincero sollievo.
<<Dovremmo controllare non appena accenderemo, a proposito dove sta l'interruttore?>>
La donna fu presa alla sprovvista, cercando di orientarsi con la poca luce e allo stesso tempo ricordandosi dove fosse l'interruttore. <<Eehm, sì...>> rispose con tono vago.
L'uomo la fissò, anche se non poteva vederlo, con sguardo scettico. << Sai dove si trova, non è vero?>>
<<So dove si trova, solo che la poca luce...>> stava giustificandosi lei, facendo nel frattempo passi a caso e alzando le mani nella speranza di trovare la parete. Ma qualcosa andò storto allorché inciampò su qualcosa e istintivamente emise un piccolo urlo di paura, colta alla sprovvista.
In pochi secondi sentì il grido d'avvertimento dell'uomo per poi scontrarsi con qualcosa di duro, seguito da imprecazioni e un altro scontro con qualcosa di solido che dedusse fosse, finalmente, qualcosa di stabile. Non credeva di poter sopravvivere ad un altro scontro.
Riprese a respirare solo quando si rese conto di essere sul pavimento, per poi sentire dei gemiti al suo fianco. <<Stai bene Marco?>> chiese lei controllando già che c'era anche sé stessa, fortunatamente illesa.
lo sentì mormorare qualcosa che Sofia non riuscì ad afferrare, avvicinandosi. <<Cosa...>>
<<Vai ad accendere quella, dannatissima, luce>> lo sentì mormorare con tono di chi stesse trattenendo a stento la rabbia, al punto da frenarla dal fare una battuta e scattare in piedi.
Dopo un po' di movimenti a tentoni, riuscì a trovare l'interruttore. La luce era finalmente arrivata a casa Vitali.
La scena che le si presentò davanti la portò a raccogliere tutto il suo autocontrollo per non scoppiare e lasciarsi andare ad una risata.
L'uomo di una stazza, non indifferente, adesso si ritrovava disteso a terra come un orso dopo essere stato abbattuto, con una mano a coprire gli occhi.
<<Stai bene?>> mormorò Sofia, mantenendo un tono neutro.
Marco ci mise qualche secondo prima di esprimere il suo stato. <<Credo di essermi rotto la schiena.>>
A quel punto Sofia non riuscì a trattenere uno scoppio d'ilarità, portandola a poggiare le spalle sulla parete.
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