Capitolo 23
«Grazie Lorenzo.»
«Te lo dovevo. Non mi sono comportato molto bene l’ultima volta, me ne rendo conto.»
Sofia non se la sentiva di mettere il dito nella piaga, aveva sbagliato, l’aveva tradita e quello non poteva cambiare. Ma i suoi pensieri malsani erano stati probabilmente causati dallo stress accumulato da entrambi. Non poteva accusarlo di altro.
«È tutto a posto Lorenzo» disse un po’a disagio. «Ora devo raggiungere un’amica. Prendi quello che vuoi, non fare complimenti è tutto ottimo» gli consigliò, per poi allontanarsi velocemente.
«Sofia» la richiamò. Vide il suo sguardo che scivolava sul suo corpo. «Ora riesco a riconoscerti. Sei sempre stata molto bella.»
Gli fece un piccolo sorriso. «In fondo, sono sempre io.»
Stranamente, si rese conto Sofia allontanandosi, non riusciva più a sentirsi a suo agio come lo era prima, con lui. Qualcosa si era irrimediabilmente spezzato.
Cercò Marco e i ragazzi ma c’era molta gente.
«Sofia!»
Si voltò riconoscendo la bionda del compleanno di Anna, Francesca. «Ciao. Non pensavo di incontrarti qui.»
«Oh bè, perché no? Ho fatto alcune crostate nella speranza che fossero gradite…»
«Oh ma che carina» la interruppe Francesca, lanciando poi uno sguardo alle sue amiche. «Non avresti dovuto.»
«Ci tenevo a fare qualcosa per la comunità.»
«Assolutamente, sei stata adorabile!» disse una delle amiche, avvicinandosi al tavolo. «Dimmi, quali sarebbero le tue creazioni?»
Sofia indicò dei vassoi, cominciando ad avere qualche dubbio, ma cercando di mantenere un atteggiamento cordiale.
«Ma non hanno la forma giusta» considerò Francesca.
«Neanche il loro sapore è lontanamente simile a quello che dovrebbe essere» aggiunse un’altra delle donne che stavano con lei.
«Diciamo che c’è ancora del lavoro da fare.» Okay, era chiaro che volevano fare le stronze.
«Scusale tanto, cara» disse in tono rammaricato Francesca, sbattendo le lunghe ciglia. «Mancano di delicatezza, ma purtroppo hanno ragione, non sono adatte per una festa di questo tipo» commentò, mettendole una mano curata sulla spalla destra.
«Sono rammaricata che non siano di vostro gradimento» rispose Sofia, con tono neutro. «Non ho mai realizzato dolci di questo tipo, quindi è molto probabile che l’effetto non sia quello desiderato.
Avrei tanto voluto assaggiarli e così verificare di persona i miei errori, ma voi avete preso gli ultimi. Li hanno mangiati tutti…» Sorrise e girò i tacchi per andarsene, ma venne colta di sorpresa quando sentì qualcosa di denso scontrarsi con la sua schiena.
«Oh Sofia» esclamò Francesca. «Stavo per fermarti e farti assaggiare la crostata che la mia amica aveva in mano, ma sono così imbranata!» disse con un tono così serio, che chiunque ci sarebbe cascato. Ma le bastò vedere il luccichio di sfida negli occhi coperti quasi del tutto da quelle ciglia, per capire. Sofia mise una mano dietro la schiena, scontrandosi con della marmellata d’uva.
«Pensala così Sofia, adesso sai com’è…»
«Il mio vestito…» sibilò lei, con sguardo perso. «Marmellata d’uva sul mio vestito… Il mio vestito firmato. Razza di stronza ossigenata!» In un attimo Sofia le fu addosso.
Non fece caso alle urla intorno a loro, vedeva solo la marmellata d’uva e un paio di ciglia finte.
Improvvisamente sentì delle braccia forti che la afferravano, allontanandola dalla sua preda.
«Buona, buona Sofia!»
«Lasciami, mi hanno rovinato un vestito!»
Francesca, era riuscita a rialzarsi e Marco poté vedere il suo viso stravolto, con una ciglia in meno. «È impazzita! Mi ha aggredito improvvisamente e… ah!» esclamò toccandosi gli occhi. Notò che mancava qualcosa. «Mi ha strappato le ciglia! Mi ha strappato le ciglia!»
«Okay… credo sia arrivato il momento di andare…» sentenziò con difficoltà Marco, cercando di trascinare via Sofia.
«E la prossima volta che nomini Marco, ricordati che è già impegnato. Con me!» urlò Sofia alla bionda ossigenata, attraverso il petto di Marco che la portava via, beffeggiando il modo in cui lo nominava.
«Ragazzi posso chiedervi per Anna…» disse Marco, non appena venne raggiunto dagli amici.
«Tranquillo» lo rassicurò Biagio. «La troviamo noi e te la riportiamo a casa.»
«Ha bevuto?» domandò Lena, indicando Sofia che continuava a divincolarsi.
«No… questo è tutto concentrato naturale» commentò lui, sorridendo suo malgrado.
«Fammi scendere eremita dei miei…ah!» urlò, sentendo un colpo sul sedere.
«Ti faccio scendere non appena arriviamo in un luogo dove posso rinchiuderti. Ci vediamo dopo e grazie per Anna» disse Marco agli amici, correndo via con Sofia in braccio.
Riuscì a farla entrare in macchina, per poi avviarsi verso casa con il suo borbottio come piacevole sottofondo.
«Hai ancora intenzione di parlare da sola come una pazza?» le chiese quando arrivarono a casa.
Sofia scese velocemente dall’auto e si avviò a grandi passi verso la sua abitazione.
«Okay…» sospirò lui. «Mi dispiace» disse mentre la seguiva.
«Per cosa ti stai scusando esattamente?» chiese lei.
«Ho detto che mi dispiace, ma ammetto che ti devo anche delle scuse. Mi sono comportato male.» Sofia si fermò, ma rimase di spalle. «Ero molto probabilmente geloso. Lo sono tutt’ora» confermò lui, guardando la sua schiena. Abbassò lo sguardo, in difficoltà sentendosi vulnerabile.
«Io… devo dirti tante cose, che meriti di sapere. Ma che coinvolgono anche Anna e… devo proteggerla.»
Sentì dei passi e, alzando il volto, vide Sofia fissarlo perplessa. «La metterebbero in pericolo?»
Il bene che voleva ad Anna era così forte da dimenticare ogni cosa, si rese conto Marco con il cuore pieno d’amore per la donna di fronte a lei.
«In un certo senso» ammise con difficoltà. «Ma soprattutto, rischio di farla soffrire terribilmente.»
Sofia sgranò gli occhi scuri. «Tu, farla soffrire? Come potresti…»
«Le probabilità sono molto alte, ma credimi…» disse, sentendo un groppo in gola. «Tutto ciò che ho fatto e che farò, è solo per proteggerla.» Non riuscì a continuare, era troppo difficile. Sapeva che Sofia era una persona buona, ma qualcosa il lui lo frenava. Le sue mani cominciarono a tremare e dovette stringerle forte a pugno. «Mi dispiace Sofia… ma io…»
Improvvisamente sentì le braccia della donna avvolgerlo e stringerlo. «Va bene» gli sussurrò all’orecchio, accarezzandogli i capelli scuri. «Va bene, aspetterò. Passo dopo passo.»
A Marco non rimase che stringerla e assorbire il suo calore.
Passo dopo passo.
***
Sofia non voleva crederci. Quando aveva ascoltato la chiamata, aveva pensato che fosse uno scherzo di cattivo gusto, ma purtroppo non era così.
«Sofia, entro io. Tu lascia…»
Marco cercò di richiamare la sua attenzione, ma lei non lo ascoltava. Non avevano più affrontato l’argomento passato.
«State lontani!»
Quando entrambi se la sarebbero sentita, avrebbero parlato.
«Sofia.»
Ma avrebbe dovuto sapere, che niente resta invariato troppo a lungo.
«Sofia si sistemerà tutto…»
No, niente si sarebbe risistemato. La sua pasticceria, il luogo a cui aveva dedicato ore di lavoro e in cui aveva riposto tutte le sue speranze e i suoi sogni, era completamente distrutta.
Era paralizzata a osservare la scena, ignorando gli sguardi della gente che si era riunita ad assistere. Era notte fonda eppure Monteferrante si era risvegliata a causa dell’incendio.
«Aspettami qui, mi procuro una coperta. Sei gelata» constatò Marco, toccandola e notando la sua assenza di risposta le strinse la mano con sguardo addolorato. «Arrivo subito, amore. Stai qui» le raccomandò correndo verso una direzione precisa.
Polizia e pompieri nel frattempo erano già al lavoro e ormai le fiamme erano state domate. Sofia non smise mai di osservare la sua pasticceria, domandandosi solamente, perché? Perché le avevano fatto questo?
Ma poi ebbe un momento di lucidità, ricordando che all’interno c’era una cosa essenziale. Fece per entrare ignorando i richiami del poliziotto che in quel momento si era accorto di lei.
«Stia lontana signorina.» Ma Sofia non lo ascoltò continuando a camminare verso l’entrata. «Signorina è pericoloso, si fermi…»
«Mi lasci stare!» urlò, piena di rabbia. «Devo recuperare una cosa per me molto importante…» Si dibatté furiosa nel momento in cui l’uomo la fermò tenendola per le braccia. «Non mi tocchi!»
«Sofia!»
Il poliziotto notando l’avvicinarsi di un uomo che sembrava conoscerla, la lasciò. «Sta con lei?»
«Sì» mormorò Marco, mentre la teneva stretta.
«Marco, devo entrare lì dentro, c’è il ricettario di mia nonna e…»
«Non possiamo!» cercò di farla ragionare, scuotendola. «Non lo vedi che è tutto in fiamme? Mi dispiace,» mormorò dopo con tono più dolce «mi dispiace davvero, Sofia, ma probabilmente il ricettario è…» Non voleva dirle esattamente ciò che pensava, ma non ce ne fu bisogno.
«Marco, la mia pasticceria, ciò che rimaneva dei miei nonni, è tutto distrutto.» Non riusciva a parlare per quanto sentiva la gola stretta. «Cosa farò? Non ho più niente.» Le braccia di Marco le cinsero il corpo.
Cominciò a singhiozzare senza ritegno, il suono frenato leggermente dal petto dell’uomo che in quel momento era tutto il suo mondo.
Furono ore intense, difficili da gestire, arrivò l’alba e mai Sofia si era sentita così infelice di un nuovo giorno; voleva fermare il tempo per godere appieno della sua pasticceria, per osservare ogni asse e toccare ogni oggetto.
Non era rimasto più niente. Vide a malapena il color verde acqua sfuggito alle fiamme, rammentando il duro lavoro che lei e Marco avevano fatto per riverniciare ogni parete.
Alzò lo sguardo sull’insegna, che aveva deciso di preparare, come tocco finale. Dolci momenti.
Era ormai distrutta definitivamente.
«Mi dispiace nonna…» sussurrò Sofia con difficoltà. «Non sono riuscita a fare nulla di tutto ciò che hai fatto tu.» Non era stata in grado di realizzare un suo sogno e aveva distrutto quello di un’altra persona che aveva fatto così tanto per lei.
Si strinse nella coperta, lanciando poi uno sguardo a Marco che stava parlando con un poliziotto. L’ennesimo. Avevano provato a farle qualche domanda: aveva sospetti, qualcuno la odiava, ma non era riuscita a fare altro se non rispondere, non saprei.
Sì, aveva discusso con qualcuno, aveva anche picchiato la bionda ossigenata, ma poteva davvero fare una cosa del genere? Per quanto fosse facile pensarlo, non credeva potesse incendiare una pasticceria per delle ciglia finte. Suo malgrado sorrise.
«Hey.» Vide Lena, Biagio e Crist andarle incontro.
Le erano stati vicini per quasi tutta la notte e si erano allontanati solo per andare al Ritrovo e sistemare alcune cose. Lena la abbracciò, forse per la prima volta da quando si conoscevano. «Andrà tutto bene.» Sofia non aveva voglia di discutere quindi annuì solamente. Niente sarebbe andato bene.
«Per oggi abbiamo chiuso il Ritrovo, quindi possiamo passare del tempo tutti insieme» la informò Biagio, lasciandola di stucco.
«Come? Ma non era necessario e poi non ho voglia di uscire…»
«Vorrà dire che staremo insieme a casa tua» disse Crist sorridendole.
Sofia vide, in quella nube nera, uno spicchio di luce. Marco aveva un sorriso sicuro e rincuorante sul volto. Andrà tutto bene, la stava dicendo con gli occhi, e anche se era impossibile, per un attimo gli credette.
***
Erano trascorsi alcuni giorni dall’incendio ma l’umore di Sofia non sembrava migliorare. Biagio le aveva lasciato tutto il tempo necessario per riprendersi, e lei se ne stava rinchiusa in casa.
Marco aveva tentato più volte di farla uscire, ma lei rifiutava sempre. L’unica che riusciva a farla sorridere era Anna.
«Cosa farò Marco?» gli chiese un giorno, mentre stavano insieme sul dondolo. «Non ho più la mia pasticceria e con i miei ultimi risparmi è impensabile ricostruirla.»
«Sai che io ci sono Sofia…»
«Sì, ma non posso accettare il tuo aiuto. Non potrei mai ripagarti di tutto, se non tra qualche anno» disse amareggiata.
Marco la guardò intensamente. «Allora, cosa vuoi fare?»
Sofia stette in silenzio per qualche minuto, prima di parlare. «Io… io non lo so.»
Quella risposa fu destabilizzante per entrambi.
***
«Si può?»
Sofia alzò di scatto la testa verso la porta, sorpresa nel riconoscere la voce di Lorenzo. Le aveva scritto un messaggio dandole il suo appoggio, e lei gli aveva risposto, ma non ricordava cosa. Sapeva che anche lui aveva visto l’incendio quella notte, gliel’aveva detto Lena, ma lei lo aveva completamente dimenticato.
Stava ricominciando a comunicare con l’esterno come una persona normale e non a monosillabi.
La sera prima Lena l’aveva informata che Crist si era trasferito da lei. A quanto sembrava, all’ennesima discussione avuta con il padre, non aveva frenato la lingua, confermandogli ciò che sentiva e cosa avrebbe fatto di lì a pochi mesi, quando avrebbe compiuto la maggiore età. Suo padre non l’aveva presa bene e l’aveva cacciato di casa rifiutandolo definitivamente. Il ragazzo era andato a casa di Lena chiedendo di dormire da lei. Aveva un occhio nero. Forse quella era la spinta che serviva a Crist per lasciarsi tutto alle spalle e cominciare la sua nuova vita.
«Sofia sei in casa?»
«Oh, sì entra pure.»
Lorenzo varcò la soglia, guardandosi intorno. «Carina, era la casa dei tuoi nonni?»
Lei sorrise, orgogliosa. «Già e considera che quando sono arrivata non c’era nemmeno l’elettricità.» Rammentando il giorno del suo arrivo a Monteferrante le ritornò lo sguardo triste. La Sofia di allora sembrava averla abbandonata.
«Come stanno andando le indagini?» le chiese l’uomo.
Lei alzò le spalle. «Nessuna novità.»
«Sarà assurdo, ma sono davvero dispiaciuto per ciò che è successo.»
Sofia gli sorrise, indicandogli la cucina. «Vieni, prendiamo un caffè.»
«Marco non c’è?» chiese in tono indifferente.
«No, aveva delle consegne da fare. Perché me lo chiedi?»
«Che intenzioni hai adesso?» Sofia sgranò gli occhi scuri. «Io… io…» Non sapeva cosa rispondere.
«Ho bisogno di saperlo, Sofia» la incitò Lorenzo con tono serio.
Sofia lo guardò accigliata, smettendo di fare ciò che stava facendo. «Perché?»
Lo vide in difficoltà, deglutì poi la guardò. «Ho motivo di credere che questo non sia un luogo sicuro.»
Sofia ebbe un momento di esitazione, prima di parlare. «Che stai dicendo?»
«Quello che hai sentito» confermò Lorenzo. «Non è sicuro qui.»
«Penso di meritarmi una risposta più esaustiva, non credi?»
Lorenzo si alzò di scatto, guardandola negli occhi. «Okay, quanto sai di Marco Rossini?»
Sofia cominciava a spaventarsi. «Cosa vuoi insinuare…»
«Non sto insinuando niente. Ho ragioni fondate per dubitare di chi sta accanto a te.»
Sofia ebbe un brivido, la sua mente crudele la riportò automaticamente a ciò che si erano detti lei e Marco la notte della festa.
«Cazzo Lorenzo, parla per una buona volta!» gli urlò quasi.
Quest’ultimo prese il suo telefono e pigiò qualcosa prima di metterglielo davanti.
«Ecco.»
Sofia sgranò gli occhi. No, non era possibile… Mise una mano sulla bocca per trattenere un gemito di sgomento, mentre il cuore le batteva all’impazzata.
Marco Rossini, uno dei proprietari dell’azienda Flora, accusato dell’omicidio della moglie.
«No!» singhiozzò incredula, nonostante ciò che aveva letto. «Non è vero… Marco… non può essere lo stesso Marco…» Riusciva a respirare con fatica per il forte choc.
Lorenzo sospirò, aspettandosi quella reazione. No, nessuno poteva sapere cosa le passava per la testa in quel momento. «È tutto vero Sofia. E…» si fermò.
Sofia alzò con fatica lo sguardo verso di lui. «C’è dell’altro?»
«A quanto pare sua moglie era incinta di otto mesi Sofia, è stata accoltellata!» disse con enfasi, vedendola scuotere la testa.
«No, no, no! Non può essere!» urlò ormai sconvolta.
«Io… devo dirti tante cose, che meriti di sapere. Ma che coinvolgono anche Anna e… io devo proteggerla.»
«La metterebbero in pericolo?»
«In un certo senso… Ma soprattutto, rischio di farla soffrire terribilmente.»
La sua mente stava collegando tutto, i suoi silenzi, il suo voler mantenere una certa distanza da lei, era come se i pezzi del puzzle si stessero, pian piano, ricongiungendo per formare una chiara immagine. Si mise a piangere. Non poteva sopportare anche questo.
«Ma perché non è stato arrestato?»
«Mancanza di prove. Sul coltello risultavano le impronte di entrambi i coniugi e c’era solo un testimone che aveva ricevuto un messaggio vocale della donna, dove diceva spaventata che suo marito l’avrebbe uccisa un giorno.» La fissò. «Ma niente di concreto. Così dopo poco tempo le accuse sono cadute. Avrà avuto buoni avvocati, non c’è che dire» commentò aspro.
Sofia non riuscì a dire più nulla. Poteva incolpare solo sé stessa.
Le prove che le servivano a dimostrare le parole di Lorenzo erano tutte racchiuse nella sua mente. Doveva accettare la realtà.
Perché le aveva nascosto un fatto così importante della sua vita?
Come aveva potuto continuare a tacere, soprattutto se non c’erano prove a conferma di quell’atto orrendo? Tutto ciò fece nascere in lei un dubbio che sarebbe stato difficile da estirpare.
Piccolo spazio a me!!!
Eccomi qui con altri 2 capitoli! Spero vi siano piaciuti e come avete visto, la situazione si fa sempre più difficile e complicata. Cosa ne pensate? Marco è davvero chi dice di essere? Innocente o assassino?
Vi lascio con questa domanda fino al prossimo capitolo!
Alla prossima!!!!
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