«Mi dispiace» si scusò Sofia. «Filippo mi ha accennato qualcosa quando abbiamo cenato insieme. Mi ha anche raccontato dell’azienda, anche se ancora oggi mi chiedo come ho fatto a non capirlo» ammise un po’ a disagio, non sapendo ancora quanto potesse dire o se potesse solo accennare qualcosa della moglie.
«Non volevo tenertelo nascosto» disse Marco, con un tono neutro che sorprese Sofia. «I rapporti con mio padre non sono dei migliori, anzi sono praticamente inesistenti.»
Lei rimase sorpresa, ricordando le parole di Anna. «Io pensavo che tuo padre stesse poco bene…»
Marco la fissò, confuso. «Da cosa l’hai dedotto?»
Sofia arrossì d’imbarazzo. «Da ciò che ha detto Anna salutando Filippo la sera della grigliata a casa tua.»
Marco aggrottò la fronte e il suo sguardo divenne più scuro. Forse non avrebbe dovuto parlarne, si rese conto Sofia; se il padre stava davvero così male, non era il caso di causare altra sofferenza, quindi decise di cambiare velocemente argomento.
«Comunque sei stato molto fortunato» considerò.
«Fortunato?» le chiese Marco perplesso.
«Sì. Hai potuto godere di tua madre fino alla fine. Io invece ho due genitori vivi e vegeti, ma ricordo pochissimi momenti vissuti in loro compagnia.» Confessare quelle cose non era facile nemmeno per lei, ma se serviva a distogliere l’attenzione da un argomento ancora troppo delicato, ne valeva la pena. «I miei genitori sono sempre stati legati alla carriera. Non avendo nonni materni a cui affidarmi, poiché sono deceduti quando ero molto piccola, i miei nonni paterni erano il mio punto di riferimento.» Ancora oggi rammentava i momenti felici passati con sua nonna. «Ho cominciato a interessarmi alla pasticceria grazie a mia nonna, ma lo studio e il lavoro purtroppo mi hanno allontanata da loro.» Come sempre, il groppo alla gola non lasciava quasi spazio all’aria. «Ci rendiamo conto di aver perso qualcuno di importante, solo quando non c’è più. A volte la vita è proprio ingiusta non credi?» gli chiese cercando di ridere. Ma la smorfia che ne uscì non aveva nulla a che fare con un sorriso. Sentì il braccio di Marco circondarla, poi la fece avvicinare al suo petto.
Marco non era un tipo di grandi parole, né di grandi manifestazioni di affetto, perciò quel gesto per lei significava tanto. Il suo calore e il suo appoggio erano ciò di cui aveva bisogno in quel momento. Scesero silenziose lacrime sul suo volto e si sentì stupida, rendendosi conto che, per dare sollievo a lui, aveva aperto le sue ferite.
Era questo l’amore no? pensò. Scegliere di soffrire, piuttosto che veder star male la persona alla quale teniamo di più.
Non volendo proseguire lungo quel percorso insidioso, si staccò da lui, anche se controvoglia, per alzarsi e asciugare velocemente le lacrime. «Bè, avevo promesso una tisana ad Anna» disse con disinvoltura, avviandosi verso la cucina mentre Marco seguiva ogni suo movimento. «Hai qualcosa che mi possa essere utile?» gli chiese
«La domanda non è se ho qualcosa di adatto, ma se tu riesci a crearne qualcosa di commestibile» le rispose con un tono tra il serio e il divertito, tanto da ottenere un’occhiataccia dalla donna. «Hey! Cosa vorresti insinuare?» esclamò Sofia. Lui le si avvicinò, cogliendola alla sprovvista e baciandole la fronte. «Proprio nulla» mormorò in tono neutro, superandola e andando in cucina.
Sofia lo osservò per un secondo; ogni gesto, mossa o parola compiuta da quell’uomo sembrava racchiudere così tante cose che se non avesse fatto attenzione, rischiava davvero di farsi male.
***
Il giorno del compleanno di Anna era arrivato e Sofia non vedeva l’ora di mostrare il suo lavoro.
«E questa è l’ultima sfornata!» commentò felice, togliendo dal forno i cupcake.
Diede un’occhiata all’orologio, trasalendo. «È tardissimo!» Corse come una furia a cambiarsi, era un disastro. «Ma come ho fatto a ritardare così tanto senza accorgermene!» Infilò a grande velocità un vestito bianco, che arrivava al ginocchio, con delicati disegni di fiori di glicine, ultimo acquisto fatto al negozio di Chieti con Marco. Sistemò i capelli e corse in cucina a farcire i cupcake con la crema di lamponi.
«Sono carinissimi!» considerò con entusiasmo, non appena finì di decorarli. Il colore dei lamponi li rendeva femminili e adatti alla festa di una ragazzina. Li mise in un vassoio e uscì subito di casa con i dolci in mano. Più tardi avrebbe pensato a prendere la torta.
Notò diverse macchine davanti alla casa di Marco e a ogni passo, sentiva l’ansia aumentare. Fece un respiro profondo. «Forza Sofia! È solo una festa di compleanno, non una riunione aziendale, accidenti!»
Continuò a incoraggiarsi finché si trovò davanti alla porta, senza sapere esattamente come aprire,
avendo le mani occupate. Riuscì a suonare il campanello e con suo grande stupore le aprì una donna che non conosceva. Sembrava pronta per una sfilata di moda e la fissò sorpresa sbattendo le ciglia finte. Era sicura che quei ventagli non fossero dono di madre natura.
Okay Sofia riprendi il controllo, mostra il tuo sorriso migliore.
«Salve…»
«Oh, questi li prendo io» le disse la donna, interrompendo la sua, già difficile, presentazione e prendendole i vassoi. «Non sapevo che quest’anno Marco avesse ordinato dei dolci a domicilio!» stava nel frattempo dicendo la bambolina di fronte a lei.
Marco? Che diavolo di rapporto avevano, per chiamarlo per nome?
«In realtà sono…» fece per spiegarsi, mantenendo la calma, ma fu ancora una volta interrotta.
«La ringrazio per il servizio, arrivederci!» squittì per poi chiuderle la porta in faccia.
Sul serio?
Bussò immediatamente, mentre una musica allegra cominciava a invadere l’aria. «Apri la porta, bambolina dei miei stivali…» Non appena terminò la frase, la porta si aprì, ma questa volta non apparve la bambolina, bensì un’altra donna! Ma quante erano lì dentro?!
Minuta e dal viso acqua e sapone, aveva un sorriso dolce al contrario di lei che era rimasta con un braccio alzato a pugno e le gambe aperte, pronta a fare battaglia; la femminilità in persona.
«Sì?» chiese lei, scostando una ciocca di capelli neri dal taglio corto perfettamente acconciato.
Mostrando un’apparente calma, Sofia rimise le gambe in una posizione adeguata. «Salve, sono la vicina dei Rossini e…»
«Oh, prego» fece subito la donna, scostando la porta e facendola così entrare. Molto meglio, pensò Sofia ringraziandola. «Marco in questo momento si trova in cucina» le disse.
«Sì, so dove è» la informò con difficoltà, cercando di non pensare al fatto che anche questa donna avesse pronunciato il nome di Marco come se si conoscessero da tempo. Forse era così!
La povera, ignara dei suoi pensieri, le sorrise gentilmente. «Bene, allora la lascio.»
Sofia annuì vedendola andare verso la sala, dove udì diverse voci e fortunatamente ne riconobbe anche alcune maschili. Temeva quasi di essere entrata in un harem.
Varcò la soglia della cucina e vide Marco affaccendato con i vari snack. Le dava le spalle e quindi aveva un’ottima visuale del suo sedere, ma stavolta nemmeno le sue chiappe l’avrebbero salvato dal suo malumore.
Quando lui la vide le regalò uno dei suoi sorrisi mozzafiato. «Hey! Non ti ho sentita bussare.»
«Oh tranquillo, ci ha pensato Miss Amazzonia negli occhi che ha gentilmente preso il vassoio con i cupcake.»
«Molto gentile… aspetta. Miss Amazzonia…» disse perplesso Marco, ma venne travolto da Sofia, che era come un fiume in piena, o meglio come lava incandescente.
«Già, ha pensato che fossi una dipendente che consegna dolci a domicilio e mi ha chiuso la porta in faccia, Marco!» gli spiegò.
Lui sgranò gli occhi. «Oh, mi dispiace per il malinteso.»
«Tranquillo, poi è venuta in mio soccorso un’adorabile donna tutta sorrisi, mi ha fatta accomodare e mi ha indicato la cucina dicendo che ti avrei trovato qui, Marco!»
Quest’ultimo la fissò per un attimo in silenzio, prima di dire qualcosa, lentamente. «Bene, sono un po’ confuso, non so perché, ma ho la sensazione, dal modo in cui pronunci il mio nome, di essere nei guai.»
«Ci puoi giurare, chiappe d’oro» confermò Sofia, facendo ridere Marco, anche se era consapevole di rischiare grosso.
«Okay, di qualunque cosa sia accusato, posso avere prima un bacio?» Non le lasciò il tempo di rispondere, le assalì subito le labbra, cingendola con le braccia. Sofia avrebbe voluto mordergli quel labbro carnoso, per dispetto, ma non riuscì a resistere e si lasciò travolgere dal bacio stringendosi di più a lui.
«Ops, scusate!» L’esclamazione di sorpresa rovinò la magia del momento e Sofia fece per scostarsi da Marco in fretta, ma lui non mollò la presa.
«Dimmi pure, Pamela.» Pamela? Si voltò leggermente verso la soglia e vide una rossa che stava sorridendo a Marco come se lei non fosse in quel momento tra le sue braccia.
«Volevo solo chiederti degli snack, sai i ragazzini sono affamati.»
Come te, a giudicare dal tuo sguardo e non certo di cibo, pensò Sofia al limite della sopportazione.
«Certo, vi raggiungiamo subito» le rispose Marco con tono cordiale, ancora all’oscuro della tempesta che si stava per scatenare. La rossa annuì: «Va bene, Marco.» La stronza gli fece pure un occhiolino, ignorandola completamente.
«Cos’è quello sguardo?» chiese lui, notando la sua espressione accigliata.
«Effettivamente mancava solo la rossa, per completare la tua collezione.»
«Ma di che parli?» chiese, ridendo di gusto, mentre lo inceneriva con gli occhi.
«Solo del tuo piccolo harem, Marco!»
Lui scosse la testa. «Quale harem e perché continui a dire il mio nome in quel modo? Sono solo le madri delle amichette di Anna» si giustificò.
«Già, che a loro volta hanno voglia di diventare le amichette del padre, a quanto pare» ribeccò lei, cercando di contenere il fastidio.
Marco continuò a preparare piccoli tramezzini. «Spesso sono passate a casa mia per riprendere le loro figlie ed è capitato di bere un caffè insieme. Molte di loro sono felicemente sposate» precisò. Sofia alzò le spalle, poi si appoggiò al bancone e prese un pezzo di formaggio. «Per quelle non sposate è l’occasione buona per conquistare un tipo bello e affascinante, vedovo e per giunta solo a occuparsi di una figlia. Sei una calamita erotica per le donne» gli spiegò, dando un morso al formaggio.
«Hmm, non l’avevo mai pensata così» considerò Marco, con tono serio. «Forse ho dato davvero poco valore al mio potere. Domani magari lo concentrerò su Miss Amazzonia, per vederne gli effetti… Ahi, ahi, ahi!» urlò dolorante, mentre le dita di Sofia gli pizzicavano la pelle del fianco. «Quello è un punto delicato!»
«Ti ci porto io in Amazzonia, idiota!» disse Sofia, mollando la presa e prendendo il vassoio di tramezzini.
«Stavo scherzando!»
Fortunatamente Anna poté godersi un bellissimo compleanno, ma qualcosa in lei sembrava diverso, il suo sguardo era sfuggente e parlava poco. Ciò non preoccupò molto Marco, convinto che fosse solo un momento passeggero. Ben presto, purtroppo, si sarebbe reso conto di essersi sbagliato.
***
La sala del pub era gremita di turisti; erano i primi giorni di dicembre, e si respirava atmosfera natalizia ovunque. Marco era sereno e godeva di quell’aria di festa, anche Sofia sembrava felice.
«Ti stai divertendo?» le chiese.
«Come non potrei? Sono così felice che stia arrivando Natale, sai è la mia festa preferita. Negli ultimi anni ho trascurato molte cose e il Natale è una di queste. Più sto qui e più mi rendo conto di quanto superficiale fosse diventata la mia vita. È frustrante!»
«La cosa buona e che puoi ancora recuperare» la rincuorò Marco.
Alcune cose però rimangono perse per sempre pensò, ma evitò di aggiungere altro poiché non voleva rovinare quel momento di serenità.
«È tutto okay?» le chiese Marco notando forse la sua espressione pensierosa.
«Sì certamente» disse subito lei, cercando di fare un sorriso sincero, ma venne colta alla sprovvista quando Marco le si avvicinò ancora di più, mantenendo un’espressione imperscrutabile.
Che volesse baciarla? pensò, arrossendo all’idea che tutti potessero vederli. Non era abituata a manifestazioni d’affetto così esplicite in pubblico. Intanto lui aveva poggiato le mani sul suo viso e, istintivamente, Sofia chiuse gli occhi per ricevere il suo bacio, ma, improvvisamente, le sue mani divennero due tenaglie che le stavano pizzicando entrambe le guance. «Hey!» disse con difficoltà, aprendo gli occhi per linciarlo con lo sguardo. Lui, impassibile, ma con una nota ironica negli occhi, continuò con la sua tortura. «Non mi piace quando hai quell’espressione corrucciata. Mi ricorda il primo giorno in cui ti vidi… e ti confusi per una donna di una certa età» ricordò, con tono irrisorio.
«Senti chi parla… brutto eremita…» lo accusò Sofia, con difficoltà.
«Hey! Lavorare, lavorare!»
La voce di Lena s’intromise tra loro. «Lasciate il romanticismo natalizio per dopo ragazzi. Marco sei libero di aiutarci se vuoi» fu l’amichevole proposta della donna.
Per più di un’ora il pub fu pieno, poi piano piano iniziò a svuotarsi; Marco cercò con lo sguardo la figlia, e la vide seduta a un tavolo con un dolce.
«Sono esausto» sentenziò Crist, poggiandosi alla parete con un sospiro profondo.
«E pensa che siamo solo all’inizio. Mancano ancora un po’ di giorni a Natale» commentò Biagio con un sorriso rivolto al ragazzo, che fece una smorfia. «Questo è il mio ultimo Natale qui. Il prossimo sarò in giro per i vari negozi di Milano» commentò con l’aria sognante di chi immagina di essere già altrove.
«Se non sarai troppo stanco tra lo studio e il lavoro» considerò Lena, facendolo accigliare.
«Accidenti, odio quando hai ragione. Spero solo di poter gestire il tempo a mio disposizione.»
«Hai intenzione di lavorare e studiare contemporaneamente?» chiese sorpresa Sofia.
«Sì, i miei genitori tollerano a malapena il fatto che io lavori qui e non credo proprio siano propensi ad aiutarmi con le future spese di un appartamento e del materiale scolastico. Ho fatto richiesta per una borsa di studio, ma anche se riuscissi a ottenerla basterebbe solo per le esigenze primarie.»
Sofia fissò Crist, stupita dalla sua determinazione. «Wow Crist, sotto la tua chioma viola si nasconde un bel cervello» commentò scherzosamente, ma anche ammirata.
«Avevi dubbi?!»
***
Marco decise di andare da Anna per chiederle di unirsi a loro; si avvicinò a lei, con l’intenzione di farle il solletico di sorpresa. Quando fu quasi alle sue spalle, però si rese conto che qualcosa non andava.
«Anna» mormorò allibito, posando poi una mano sulla sua piccola spalla e portandola a voltarsi verso di lui. I suoi occhi erano lucidi di lacrime.
«Cosa…» chiese Marco più che mai angosciato. Anna non piangeva mai senza un valido motivo.
Sua figlia lo fissò un attimo sorpresa, poi si coprì il viso con le mani.
«Anna… cos’è successo? Dimmelo!» La bambina riprese a singhiozzare senza rispondergli.
«Marco? Che c’è?» gli chiese Sofia, che li aveva raggiunti.
Marco scosse la testa confuso. «Non ne ho idea…»
«Anna…» Sofia si mise vicino alla piccola. La sua attenzione però si focalizzò su Marco, notò il suo sguardo quasi terrorizzato. «Cosa ti prende?» gli chiese confusa. Marco non le prestava attenzione, un dubbio si stava impossessando della sua mente. C’era troppa gente in un luogo, sostanzialmente piccolo, per poter notare un volto in particolare. Agitato più che mai, si inginocchiò davanti a sua figlia. «Tesoro hai visto qualcuno? Ti hanno detto qualcosa? Dimmelo!» le chiese quasi urlando.
Sofia era senza parole, la sua agitazione le sembrava esagerata. «Marco…»
«Per favore Anna parla» continuò lui, ignorando la donna. Finalmente la bambina alzò il viso, continuando a emettere piccoli singhiozzi. «No… non è questo…» mormorò con difficoltà.
Marco ebbe un attimo di sollievo nel sentirglielo dire. Non era ciò che temeva.
«Okay, allora cos’è?» domandò ancora preoccupato e confuso.
Lei sembrava così a disagio da non riuscire a guardarlo negli occhi mentre mormorava tre parole che, se possibile, lo spaventarono ancora di più di ciò che aveva temuto.
«Voglio la mamma.»
Marco rimase a fissarla per qualche secondo, sgranando gli occhi. «Anna…» mormorò con difficoltà, sentendo un groppo in gola; la piccola gli si buttò tra le braccia, ricominciando a piangere. Lui la strinse forte a sé, poi alzò lo sguardo e notò ciò che aveva scatenato quel pensiero in lei: a un tavolo, a poca distanza da dove stava Anna c’erano due famiglie di turisti. Alcuni bambini stavano bisticciando e la madre cercava di separarli. Ciò che agli occhi di tutti poteva sembrare una normale famiglia, doveva aver scatenato in Anna qualcosa che non era riuscita a controllare. E se doveva essere sincero con sé stesso, da un po’ di tempo aveva notato come lo sguardo di sua figlia fosse diventato più pensieroso e riflessivo. Sapeva che un giorno sarebbe successa una cosa del genere; Anna, oltre a essere una bambina sveglia, era molto sensibile.
Sentì più che mai l’esigenza di incrociare lo sguardo rassicurante di Sofia, ma era certo che i suoi occhi avrebbero chiesto qualcosa che lui non poteva darle: risposte.
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